Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 6 - dicembre 1977

diamo, non dobbiamo temere perché è proprio la cosa a cui si deve rinun– ziare. SANDRO STROZZI: Possiamo di– re a questo punto che sul piano per– sonale si può ancora parlare di coe– renza, intesa come fedeltà alla guida dello Spirito, mentre è a livello so– ciale che il problema della coerenza non si pone più perché esso sottende la pretesa di governare il mondo così come si governa se stessi. G!ANNI BAG ET: La coerenza 1n senso stretto significa che posso ve– rificare la rispondenza della mia prassi ad un criterio di carattere nor– mativo; ciò vuol dire, in fondo, po– ter razionalizzare la mia prassi. EDOARDO BENVENUTO: Tu in– tendi per coerenza ciò che lega la prassi storica alla fedeltà allo Spiri– to; qui sono pienamente d'accordo con quello che hai detto. Io intende– vo riferirmi ad una coerenza interna nella prassi. Ad esempio, io che so– no animato dallo Spirito mi trovo di fronte a numerosi problemi par– ticolari; ciò mi suggerisce strategie diverse d.:-,seguire, alcune sono coe– renti con ~a mia scelta, con la mia elezione ed altre non lo sono. Ci sono i.elle cose che mi so– no proibite, ci sono delle scelte sto– riche che alla fine dei conti contrad– direbbero e renderebbero morta la mia fede. Ecco, qui si pone il proble– ma della coerenza. La coerenza non va vista certo come un obiettivo, ma alla fine va verificata. Posso capire che la coerenza è un qualche cosa che è opera dello Spirito, ma a poste– riori debbo accertarmi se questa coe– renza c'è stata. GIANNI BAGET: Non accetto il senso che mi attribuisci del termine « coerenza ». Per me coerenza, e per questo la respingo, significa la suffi- bibliotecaginobianco cienza della legge morale naturale a fondare la prassi. In realtà, propria– mente parlando, la morale può dare soltanto, in ultima analisi, criteri ne– gativi. Ciò che diciamo legge natu– rale, morale indica sempre il non agendum, porre dei limiti. Ma il pro– blema della prassi non è il non a– gendum ma il quid agendum. Il quid agendum allora è tale che per essere risolto occorre affidarsi alla guida dello Spirito Santo perché diversa– mente si cade sotto la guida dei po– teri etici, morali, delle consuetudini, di ciò che abitualmente è considerato giusto, della morale socialmente sta– bilita. La morale infatti non opera solo come fattore negativo, ma in fondo, come fattore di norma positi– va, come uno stile di vita che rassi– cura, che ha una funzione antiango– scia. La Rivelazione invece dà il mo– dello del Cristo che è il modello per– manente universale, ma la traduzio– ne del modello di Cristo non è la sua materiale applicazione; non c'è solo la missione del Verbo Incarnato ma anche quello dello Spirito santifica– tore, cioè non c'è solo il Cristo che è venuto ma anche lo Spirito che con– duce alla seconda venuta. Lo Spirito Santo interviene nella prassi come tale e quindi nel quid f aciendum, per cui il cristiano è definibile, come ab– biamo sempre detto, come colui che mostra lo Spirito Santo, e l'ispirazio– ne dello Spirito Santo; è la prassi cristiana, e questo contro le potenze morali, sociali, politico-culturali e così via, cioè contro il consueto, con– tro l'abitudinario, contro il rassicu– rante ed il giustificante ed infine contro l'istituzione intesa, come lo si fa oggi, come il punto fondante di tutte le rassicurazioni. Allora veniamo al punto. Quando ci si riferisce al modello Cristo è giu– sto dire che bisogna mantenersi a Lui fedeli; mi pare, da un punto di 27

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