Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 6 - dicembre 1977
biblio se realtà secolari; cioè il cristiano si occupa di qualsiasi cosa, ma essendo eristico, salva ogni cosa senza che debba fare gruppo, far partito. Se è così, che spazio ha l'annuncio esplicito del Cristo che si è incarna– to, è morto, è risorto e che ritorne– rà? Cioè questo annunzio tipicamen– te cristiano è ancora un compito per il cristiano che vive nell'età secola– re? O questo è solo riservato al sa– cerdote? Ancora una domanda: se è tuttora legittimo parlare di sacerdozio, lo è anche parlare di laicato, oppure no? Ed infine: il carisma che si manifesta con locuzioni, dovrà estendersi a tut– ti i cristiani o appartenere solo ad alcuni in modo tale che le distinzio– ni tra sacerdote e laico si possano ri– proporre in questo tempo nuovo co– me distinzione tra cristiani carisma– tiGi e non carismatici? Tu poi hai ac– cennato a terribili prove che atten– dono questo nuovo tempo della Chie– sa; a che cosa pensavi? GIANNI BAGET: Mi pare giustis– simo quanto Claudio ha detto, che il primato papale assume la figura sim– bolica del primato personale. In fon– do nella storia, è sempre stato così. La concentrazione nel primato del Papa del primato dell'ecclesialità ha significato la distinzione tra la Chie– sa e società politica e quindi anche, in certo senso, la distinzione, in li– nea di principio, tra le persone e la società. Gregorio VII, ad esempio, che è la più pietrina delle figure papali e, in un certo senso, la più grande, ha con più forza espresso questo mo– mento. Quindi ciò che diciamo oggi su questo punto, indica semmai la emersione visibile di un elemento che è sempre stato tale. La norma, nella Chiesa, è che non sopravviene mai nessuna novità che non sia un ritorno all'antico; ogni novità, infatti, è un ritorno alle pa- 24 inobianco role del Cristo perché tutto è conte– nuto in Gesù Cristo, nella sua prima venuta e quindi anche la figura del Papa quale simbolo della persona. Ciò che ora emerge è in realtà la fi– gura del papato da sempre. Veniamo alle altre domande, alle quali, evidentemente, •non mi sento di dare risposte precise; perché non credo di poter andare oltre ciò che ho già detto. Non si può andare oltre la visione e la comprensione che il tempo consente. Inoltre le domande mi sembrano meno centrali rispetto al tema. Si può pensare che il cari– sma, avendo sempre una dimensio– ne particolare, possa creare delle di– stinzioni; ne possono derivare situa– zioni storiche problematiche .. Se i ca– rismi stessi crescono, susciteranno si– curamente dei problemi; ma di essi ora non posso dire niente. Certo, del carisma si può usare co– me di un ministero e conseguente– mente il problema si potrebbe porre in termini simili in cui si è posto il probl_ema sacerdozio-laicato. Da par– te sua il carisma stesso può dar luogo ad un abuso di potere; qui non c'è il minimo dubbio. Per quello che riguarda poi la pri– ma domanda, la risposta mi sembra ovvia: la prassi spirituale, di cui ho parlato, non comporta il silenzio sul Vangelo. Sarebbe una singolare de– duzione. È ovvio che il cristiano possa par– lare del Signore. Quando ho distinto la diaconia sacerdotale e la prassi spirituale dei cristiani non ho voluto fondare una separazione; così come la diaconia sacerdotale è tenuta alla prassi spirituale, così la prassi spiri– tuale è tenuta alla testimonianza del– la Parola. Quanto alle « prove», mi riferivo al fatto che una situazione di gran– de passaggio nella vita ecclesiale non avviene mai senza delle resistenze,
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