Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 5 - giugno 1977

Relazione: La ricomparsa dei cristiani Il cristiano può essere definito con Paolo come colui che ama la parusia, il ritorno del Signore. Ma amiamo il ritorno del Signore? La domanda può essere proposta in primo luogo a ciascuno di noi: e tutti vedremo che siamo trovati deficienti da questa domanda, deboli ed infermi, perché siamo troppo radicati in questo mondo, abituale oggetto della nostra più comune esperienza, per poter dire, con lo Spirito e la Sposa: vieni Signore Gesù. Ma vi è anche una deficienza di noi come Chiesa nel tempo, che porta avanti il peso del giorno temporale e della sua fatica, una deficienza nel no.– stra linguaggio, nei nostri modelli, nei nostri comportamenti, nelle nostre isti– tuzioni. Che cosa vuol dire attendere, come segno storico, sul piano stesso della storia, il ritorno del Signore, amare la sua parusia? A questa domanda è egualmente difficile rispondere. E perciò la affron– terò mediante una deviazione. Questa consiste in una proposizione: la crisi della Chiesa che noi v1v1a– mo, ci ha avvicinati a capire un po' di più quel che vuol dire attendere la pa– rusia del Signore. E, accanto alla crisi della Chiesa, la crisi della condizione umana, il punto oscuro e ricco della storia universale in cui stiamo .passando. Considererò il primo punto, poi il secondo. Abbiamo conosciuto una Chiesa potente come istituzione, custode della Legge; una Chiesa che era sicura di poter dire agli uomini ciò che essi do– vevano fare e che costituiva un miraggio anche per coloro che la combatte– vano: provocava al combattimento, perché era un avversario <lignificante. I radicali, i massoni, i socialisti, i comunisti erano in fondo troppo con– vinti del non praevalebunt, per pensare che mai la loro impugnazione avrebbe potuto scheggiare la roccia, diminuire la solidità del fondamento. È questa roc– cia che abbiamo conosciuto: a un livello profondo ne sentiamo, forse qualcuno la nostalgia, forse semplicemente l'assenza. Ma in questa Chiesa straordinaria, potente, sicura, non si poteva parlare: il modello istituzionale poneva limiti tanto rigorosi al linguaggio, da far sì che la libertà di pa~ola fosse assicurata, in limiti determinati, solo agli esperti. Ciò conduceva ad abbassare il livello della comunicazione del messaggio ai fedeli. Così era impossibile parlare, a li– vello di linguaggio cristiano corrente, di divinizzazione. La mistica appariva come una via straordinaria, faceva parte del mondo dei santi, concepiti an– ch'essi come categorie straordinarie. La via istituzionale alla santità era la vita religiosa: persino quella presbiteriale non era considerata sicura. I preti erano esclusi da questa prefigurazione, deputazione istituzionale alla santità, e si 6 bibliot:\Jdginobianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=