Vi saluta la Chiesa che è in Babilonia - n. 5 - giugno 1977

Discussione MARIO PROFFER: Come si fa a comunicare le cose dette nella pre– cedente relazione a un pubblico di– verso di fedeli? GIANNI BAGET: Faccio un esem– pio concreto: quello della mia par– rocchia: viene in genere della gente che si accontenta di fare il proprio dovere per essere in pace con la co– scienza e con la Chiesa, e non vuole sentire cose troppo diverse da quel– le tradizionali. Di fronte a un simile pubblico sarei tentato di scandaliz.– zare di dire tutta la verità; solo che ' poi ho scelto il criterio di non fare la mia volontà, ma di seguire le co– se così come il Signore le disporrà. Non fare scandalo, in questo ca– so, significa rinunziare ad avere un risultato immediato, rinunziare a ve– rificare l'efficacia di ciò che si dice; in pratica non sono io a voler fare una riforma della Chiesa, ma lascio che la faccia lo Spirito Santo. È l'i– spirazione dello Spirito che fa capire cosa si deve fare e che dà anche la misura con cui va fatto. Con la ra– gione però si può dire che se volessi veramente riformare la Chiesa do– vrei dire che tale tipo di parrocchia è una ipocrisia vivente, che non com– prende veramente chi è Dio, e che ha unicamente il senso di un certa tradizione capace di rassicurare, ma che non ha il senso vero del divino. Quando l'uomo vuol fare il meglio fa il peggio, ma non ho dubbi sul fatto che condurre una parrocchia di questo tipo, per niente progressista, sia trattar la come un gregge e non come popolo di Dio. Tuttavia non mi sento di dire cose contrarie a quanto dice il parroco ufficialmente; si deci– de anche in base al livello di com– prensione di ciascuno. MARIO PROFFER: Si può, in que- bibliot 14 inobianco sta situazione, riferirsi a una norma oggettiva di comportamento? G!ANNI BAG ET: Il linguaggio che viene usato ecclesiasticamente, come per esempio « fate il vostro dovere e avrete la benedizione divina», non è il linguaggio della rivelazione; que– sto lo dico persino come teologo. MARIO PROFFER: Quando parli a questa gente i risultati quali sono? GIANNI BAGET: Che non mi ca– pisce; poiché la gente, in genere, vie– ne in chiesa per ascoltare le cose che sa già, e si difende moltissimo con– tro ogni verità, soprattutto contro il dare troppo alla dimensione spiri– tuale. La consuetudine si dimostra così un limite, e questo rischia di far retrocedere la vita cristiana a una forma di difesa della vita, propria della religione pagana. Nella Società dello Spirito Santo si può par lare un linguaggio molto più ampio perché c'è una lunga at– titudine ad ascoltare questi problemi. Il problema non riguarda tanto la comprensibilità in sè del discorso, quanto la incapacità, in chi ascolta, di inserir lo nel suo sistema mentale, così che la parola diventa oscura. In fondo il popolo fedele ha uno spazio di attenzione predeterminato, entro cui alla fine nessuna innova- ' ' zione può entrare, buona o cattiva; per questo, massimamente nel clero; c'è una tendenza diffusa a limitare il discorso. Sono i preti, infatti, e non tanto i fedeli che conservano il siste– ma delle opere buone. Nelle parroc– chie non sanno che cosa vuol dire Grazia. Faccio l'esempio del matri– monio: io credo che facciamo un bel po' di matrimoni nulli, perché si con– sidera solo il contratto e non il Sa– cramento. Chiediamo se il tale è di– sposto a usare il matrimonio e ad a– vere figli, e non ci preoccupiamo del– la vita divina. Diciamo che la fede

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