Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 41/42 - giu./lug. 1993

L'impressione generale è quella di una totale assenza di governo, perché non si presenta alcuna prospettiva programmatica di insieme, cioè un governo del futuro. Poiché gli interessi costituiti sono ancora più legati alla percezione immediata del danno o del beneficio, di quanto non lo siano gli organi del governo, la concertazione con i predetti interessi rappresenta una forza che lavora contro la possibilità di una elaborazione organica da parte dei responsabili politici di un quadro programmatico di insieme. La qualità del personale politico fa il resto. Ma la consapevolezza che il governo del presente sia un non-governo si fa sempre più estesa, sia presso i governi che presso le forze sociali. E la richiesta di un governo del futuro, dovrà necessariamente mutare il modello delle relazioni di una concertazione sociale che finora si è solo esercitata - con scarsissimi risultati effettivi - sulle emergenze e le contingenze. Tenteremo qui, per flashes significativi, di disegnare quale mutamento la concertazione sociale, ed in primo luogo la contrattazione collettiva dei sindacati, dovrebbe operare per mettersi in condizioni di non ostacolare, ma anzi favorire, la sia pure lenta introduzione di un governo del futuro da parte dei sistemi di governo delle economie occidentali. Faremo ovviamente anche un rapido riferimento alle caratteristiche di mutamento strutturale di dette economie nei prossimi decenni rispetto a quelle dei decenni passati, tali da caratterizzare anche il nuovo modello di concertazione sociale ipotizzato. 11contesto strutturale futuro C'è ormai una diffusa constatazione che i tentativi di equilibrio di bilancio, mediante politiche monetarie e finanziarie (su cui si è fondamentalmente concentrata la politica economica in quasi tutti i paesi Ocse negli ultimi due decenni, dopo le delusioni e le sconfitte della programmazione economica negli anni 60) non abbiamo conseguito alcun successo neppure G. Balla D!LBIANCO ~ILROSSO • n•~•a-m ;J Utensili futuristi (1922) nei loro limitati obiettivi. L'inflazione è stata controllata, ma non si è affatto controllato il disavanzo finanziario dello Stato. La forza delle cose premerà pertanto per una gestione del tutto nuova del debito pubblico. La riduzione complessiva del tasso di sviluppo tipica di una società postindustriale, ha ridotto e quasi annullato l'effetto «moltiplicatore» della spesa pubblica (di keynesiana memoria) e del debito pubblico e ha neutralizzato la tecnica, diciamo risanatrice, del «deficit spending». Il riequilibrio economico non avviene più attraverso lo squilibrio finanziario (così come giustamente teorizzò Keynes per la sua epoca, ancora di forte «industrializzazione» compromessa solo da una crisi di domanda e di potere di acquisto) 11 • In una situazione, come quella presente oggi nelle economie sviluppate occidentali, di saturazione della domanda di beni di consumo industriali, producibili a tassi di produttività crescenti, e - al contrario - di tendenziali e aumento della domanda di servizi a produttività bassa o nulla, il debito pubblico finanzia solo queste ultime attività, senza possibili incrementi di redditività come effetto. Quindi, il 61 debito pubblico si trova solo a realizzare una semplice dislocazione di risorse, che incontra sempre un vincolo quantitativo complessivo, senza creazione di «nuova» ricchezza (come avviene invece nello schema keynesiano). Su questa dislocazione semplice, occorre fare delle scelte consapevoli ex ante, piuttosto che registrare ex post quelle del «mercato» (che tuttavia rimane - in mancanza di meglio - un ottimo rivelatore delle preferenze). E, per queste scelte consap.evoli ex ante - magari fatte in sede di concertazione sociale - si dovrebbe sviluppare un sistema organico di programmazione economica e sociale, a medio e lungo termine. In questo quadro, anche il debito pubblico, e i disavanzi finanziari del settore pubblico rispetto a quello privato, e perfino una eventuale inflazione, diverrebbero strumenti di un governo programmatico, suffragato da una adeguata concertazione sociale, con obiettivi e scelte a medio e lungo periodo. Oggi i risultati della contrattazione collettiva fra sindacati e imprenditori, e anche tra sindacati e governo, sono messi in crisi dalla ingovernabilità delle forze di mercato e dalla assenza di obiettivi a medio e lungo termine (come si è già detto) che vadano oltre i meri equilibri monetari e finanziari; sono questi ultimi infatti che vengono fallacemente considerati come degli obiettivi in sè, invece di essere considerati degli strumenti per il conseguimento di «altri» obiettivi, di natura socio-economica, che invece sono oggi inesistenti, appunto a causa dell'assenza di una adeguata concertazione sociale. È quindi probabile, oltreché auspicabile, che nel prossimo futuro, in presenza di una programmazione socio-economica, la concertazione sociale (finora rappresentata dalla contrattazione collettiva e dagli accordi di governo) diventi una concertazione sociale «di piano». Questa dovrebbe includere in tal modo simultaneamente tutti gli aspetti dello sviluppo interessanti le parti sociali, aspetti strutturalmente interrelati, e che non posso-

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