{)!LBIANCO ~ILROSSO tiiili•it;i gliori ma solo chi porta il distintivo del Lion's o del Rotary è un rischio reale di cui per il momento - purtroppo - pochi sembrano preoccuparsene, travolti dall'ingenerosità più totale verso i pochi aspetti positivi del vecchio regime dei partiti). Rinnovare in toto il ceto politico non è dunque così difficile da immaginare, nonostante si possa avvertire quanto di ingiusto e di sgradevole vi sia in questa richiesta popolare di facce nuove. Tuttavia è un po' patetico cercare di fermare i fiumi in piena. Possiamo solo sperare di immettere qualche grumo di razionalità attraverso qualche predica inutile, forse di una qualche utilità almeno a cose fatte. Volenti o nolenti, le grandi transizioni (siano esse di regime o interne al regime democratico) non vanno troppo per il sottile e non hanno tra le loro caratteristiche principali quelle della giustizia e dell'equità. E allora torniamo all'altro corno del problema iniziale. Come e con chi attuare il rinnovo nella pubblica amministrazione di questo paese, senza la quale il ricambio di ceto politico rischia di essere operazione illuministica e trasformistica al tempo stesso? Qui non abbiamo nessun personale alternativo capace di sostituire i funzionari pubblici inetti. Le possibili trasformazioni - se ci saranno - avranno tutte come orizzonte il lungo periodo, e di idee sensate sul come fare anche questo percorso in circolazione ce ne so7 no ben poche, a meno di non credere alla «favola bella» sulla separazione netta tra politica e amministrazione, tra funzioni di indirizzo e funzioni di gestione, quasi che l'amministrazione non fosse attività politica per eccellenza (come insegna un qualsiasi manuale elementare di «politiche pubbliche»). Certo, anche questo governo ci sta provando a riformare la pubblica amministrazione, con un impegno a dire il vero sconosciuto in precedenza. Ciò non toglie che lo scetticismo sia d'obbligo vista la propensione italica a fare e a disfare ogni cosa ad ogni cambio di governo. Per non parlare dell'assoluto vuoto di proposte per quel che riguarda i livelli di governo nel nostro paese: 2 camere, 21 regioni, un numero ormai imprecisato di provincie, oltre 8000 comuni, piu Ussl, consorzi, comprensori, comunità montane, distretti e chi più ne ha più ne metta. Non si tratta di invocare un'impossibile semplificazione dei poteri ma - vivaddio - almeno uno straccio di idea su di un loro possibile riordino lo si potrebbe attendere dai tanti Soloni delle riforme istituzionali. Invece si partorisce quella sorta di mostro giuridico - vero e proprio monumento allo spirito demagogico del momento - che è la proposta unificata della commissione affari costituzionali della Camera sulla riforma delle regioni. L'esperienza passata delle regioni italiane, nelle quali si dava l'autogoverno sancito dall'e- " r ·:;':.'. '~ :=~t -~ :tnco:; . r : • ii . ·t..., ~--· ! I il
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