quasi la metà del campione, condannate a pene detentive brevi, abbiano i requisiti per poter usufruire di misure sostitutive come «l'affidamento in prova al servizio sociale». Nei confronti di queste ultime il carcere può poco e non può che peggiorare certe condizioni di disagio. Perché allora non applicare quelle misure che la riforma carceraria ha ampiamente previsto? Altri aspetti di grande interesse approfonditi dalla ricerca riguardano i rapporti delle detenute con la famiglia, i figli, il partner. È un dato di fatto che lo stato di reclusione incida profondamente sulle relazioni del detenuto con l'esterno e problematizza il mantenimento del rapporto con i famigliari. E ancora più grave si configura il problema delle madri detenute e costrette a lasciare i figli «fuori»o a tenere i bambini, di età inferiore ai tre anni, in cella con loro. Controversa la questione relativa alla preferibilità di tenere i bambini in stato di detenzione e seguirne la crescita nei primi anni di vita anche se in ambiente sfavorevole. Questa appare una scelta minoritaria, sono 63 le donne con figli al di sotto dei Ire anni, mentre soltanto dieci hanno deciso di tenere i figli con loro. Accanto al problema delle donne detenute madri, da apprezzare l'ampia attenzione dedicata alla analisi della situazione famigliare. Particolarmente complesso e diversificato il {)!LBIANCO o.L.ILROSSO f-1NINIM quadro dei rapporti con la famiglia di origine e il rapporto con il partner. In sintesi, un saldo legame con la famiglia, presente prima della condizione detentiva, tende a mantenersi tale e a consolidarsi. Non è sempre così nel ~~1 l1ltru1tll1 Enz.o f'ln"t'V\-n..nll~ Fran~~ ValeriGa iordano 'làmarPitch Donne in carcere Ricercasulla detenzione f mminile in Italia 60 caso di rapporti famigliari conflittuali, se infatti le relazioni sono buone in origine, avranno scarsa possibilità di peggiorare ulteriormente. La famiglia di ergine rimane tuttavia una risorsa importante. Non vale questa regola per i partners, con i quali i colloqui possono diventare meno frequenti, e avere rapporti negativi in origine significa in prospettiva un potenziale peggioramento e l'azzeramento di essi come risorsa. Non potendo in questa sede dedicare giusta attenzione a tutti gli aspetti indagati dai ricercatori che meriterebbero eguale considerazione, rimando alla lettura del testo. Ma vorrei infine segnalare come gli autori della ricerca non abbiano tralasciato, accanto alla analisi dei dati e alla loro sistematizzazione in un quadro interpretativo sociologico-giuridico, di dare voce alle donne soggetto/oggetto dell'indagine attraverso, oltre la scelta metodologica del questionario, la raccolta di commenti, critiche, proposte, idee delle stesse detenute, pubblicate a complemento del libro. Una scelta valida e indicativa della consapevolezza di dover partire dai problemi concreti della carcerazione, per offrire uno stimolo alla riflessione ed ad intraprendere un percorso progettuale e propositivo di cambiamento, sia in termini di risorse a disposizione sia in termini di irrogazione della pena.
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