la Ceca sorta sulla base dei più concreti interessi lasciati dietro dalla guerra, alla Cee che nello schema sopranazionale inglobava l'agricoltura; dall'unificazione del mercato e l'attuazione delle tre libertà di circolazione - delle merci, dei capitali, e dei cittadini con le loro qualifiche professionali - al disegno di una sola moneta gestita da una banca centrale unica; e a coronamento, un parlare dell'Europa al mondo «con una sola voce», l'abbozzo inarrestabile di una comunità, che lungo la via perdeva l'aggettivolimite «economica», per farsi Unione e per farsi politica. È un segno del tempo che è trascorso, che l'acciaio, per non parlare del carbone, sia diventato palla al piede e litigiosa tra europei; che la politica agricola, dopo essere stata per tre decenni l'unica reale politica comune, sia nota solo come la più costosa e reazionaria, finanziariamente e politicamente. È di oggi, o dell'altro ieri, di nuovo prendendo ad evidenza il primo «no» danese, la percezione popolare dell'incompletezza della strombazzata «Europa senza frontiere», proprio all'incrocio che più conta, con le voglie e illusioni del qualsiasi cittadino, per esempio in una sala partenze e arrivi di un qualsiasi aereoporto. Alla sola lettura - per chi ne abbia avuto tempo e voglia - degli articoli sudati, scritti e riscritti, del trattato di Maastricht, l'Unione così detta politica rimane, al meglio, un oggetto misterioso. Glossata, dopo il no danese, dai Dodici a Edimburgo con il coperchio impronunciabile della «S-word» (loro pronunciano, «sussidiarietà»), è fondamentalmente un'Europa che chiede scusa presentandosi, che ha vergogna dei panni che riveste, che inciampa e cade sul primo orlo di tappeto nella sala del vasto mondo. Dopo il fiasco dell'entrata in scena nella ex-Jugoslavia, mentre rullavano i tamburi delle pretese e delle pie intenzioni, in Bosnia Erzegovina l'Europa non è mai arrivata. Anche se vi ha lasciato dei morti, e anche se è ancora e sempre attesa da altri in procinto di morire. Infine l'unica moneta. Chiesta, non a gran voce, ma con la forza dell'argo- {)li, BIANCO ~ILROSSO • Nil ;J1t l+I i •►1 H1 §1 nH ;:_::H, ln' ; 't't-1 ! ,uthn.1w. I• C~t'\~ '>l~ltl·~ •c0frffi.1.1 hr .n:,ùlid·:, , T•1nr cnit~:nvniu. pt1uni:; q u t crccnt· . •• 1mHmn n(ì ff1fiìtt( •' '"iJ. fl..! .t\ . n.. lit ,w\:/viù,,• · •, • b:c {. t,vunn'.f:\)fr i 'e·~-- '\:t'tl'tl.ì\'· {~.1111:_:Ztt.!'H' · , ' l'1!!1LÌ\'tU011Htqu<i(' . ' ' .. · 1 ti: r .._~qc,:q}~u1 <{nt ~t\~itn idt rn\n n.ir .111\"'l't.h.3 ihn· '\' ,n ,, ('l~1· ' .. ~ ~ ♦ i, ~ ~ h: ndd1k ·:pL1cu 7 ~-x:o Ift(;_nr{t ;e fr nt,· 5 ,t1i lit, {"X o· ,m'(tPr, I,Hy, (1{\ u. mentare, dal mondo degli operatori dell'economia, sarebbe stata di per sè - per l'importanza inevitabile dei ricaschi che avrebbe comportato, istituzionali e di controllo democratico sui poteri di una banca centrale europea - obiettivo trainante in direzione di un'Europa politica, se anche si fosse lasciato per tempi migliori l'«oggetto misterioso» di cui sopra. Invece siamo al punto in cui, anche se scritta formalmente in un trattato, l'unione monetaria appare di nuovo il tema di un libro dei sogni, quali i tanti progetti che si sono succeduti negli anni per finire nei cassetti. Nessun allibratore accetterebbe attualmente, per quanto vantaggiose per lui, scommesse sulla data dell'entrata in vigore, dopo gli avvenimenti tumultuosi che hanno visto lira e sterlina uscire dal meccanismo di cambio, peseta, escudo e «punt» svalutarsi (nell'ultimo caso certamente senza giustificazioni sul 52 terreno economico e di bilancio), e in una situazione che vede il franco francese passare da mani socialiste a quelle della destra nello stato in cui versa ormai da mesi, vale a dire «forte»e insieme palla al piede dell'economia per i costi che comporta proprio la sua forza, eppure simbolica ultima trincea di un sistema monetario europeo. Da un polo all'altro dell'Europa dei Dodici, la politica ha barato con l'autorità monetaria: in Germania non parlando chiaro ai cittadini sui costi dell'unità tedesca; in Italia rinviando negli anni, e indipendentemente dalla congiuntura, favorevole o avversa, l'avvio di risanamento della spesa pubblica, che avrebbe forse troncato Tangentopoli. Situazioni perfettamente speculari, a ben guardare, per Bundesbank e Banca d'Italia: con la differenza certo che quest'ultima ha dovuto «obtorto collo» cedere, laddove la prima può tenere, per quanto rendendosi invisa tanto in Germania quanto altrove. La svalutazione della lira ha raggiunto punte paradossali, e tuttavia reali sui mercati, non delle valute ma dei beni, un solo esempio il settore dell'auto. Senz'altro è pura fantascienza l'ipotesi di un correttivo che consisterebbe nello svalutare addirittura il marco, ma certo esprime l'allontanarsi del calendario di Maastricht. Non si tratta oggi di rivedere - per alleggerirli - i criteri di ingresso nel club monetario incorporati nel trattato; si tratta di dire con onestà che ci vorrà più tempo del previsto affinché un numero credibile di paesi riempia quei criteri. E sempre che un secondo, e ultimo, «no»della Danimarca, trascinando con sè l'abbandono di ogni sforzo di ratifica da parte di John Major, non metta la parola fine sul trattato di Maastricht quale firmato nel febbraio del 1992. Quali sarebbero le alternative? È questa la domanda che, dal livello europeo, riconduce a quello delle forze politiche le quali - nel progressivo scomparire delle famiglie tradizionali che, contro o in assenza della cultura politica del marxismo di allora, «pensarono» la costruzione europea come
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