{'!LBIANCO ~ILROSSO OXfSSOHII Una«nuovaD» cadegemonia ecclesiasticarinnovata? è un turning point, e una svolta significa- I tiva, che i politologi non hanno messo al fuoco delle loro analisi in questi ultimi mesi in cui molto s'è mosso nel sistema politico italiano. Essoattiene al cambiamento-ribaltamento di ruolo intervenuto nelle relazioni tra due soggetti politici centrali nella storia dell'Italia repubblicana: la Dc e la gerarchia ecclesiastica. Dagli anni cinquanta, l'età del centrismo, il soggetto forte, tra i due, era divenuto la Dc: oramai consolidata nello Stato, presente nella società, unica diga anticomunista credibile. Di lì a poco le riserve etiche sul centrosinistra diverranno armi spuntate per la Cei del cardinal Siri, e al congresso Dc di Napoli, 1962, Aldo Moro potrà con sicurezza affermare che la Dc era ormai pronta ad assumersi la propria responsabilità e a correre da sola il proprio rischio. Non era stato sempre così: anzi si può ben dire che alle origini della Dc ci siano stati vari ingredienti, tra i quali certamente anche una memoria del migliore popolarismo; ma indubbiamente la legittimazione, ad Alcide De Gasperi, ad Achille Grandi, a Luigi Gedda, era venuta dall'esterno: dalla gerarchia ecclesiastica italiana, anzi, per la conformazione storico-religiosa del nostro paese, vaticana. Si parlò allora di supplenza cattolica al crollo dello Stato e, come risposte possibili a questo, di linea Montini (concentrazione dei cattolici in un partito), poi vincente e di linea Tardini (predi Giovanni Tassani senza dei cattolici in vari partiti), presto bloccata. Le conseguenze del sopraggiunto potere Dc sulla chiesa italiana, non nel senso ovviamente di un immediato servaggio, ma di una delega consensuale in temporalibus, sono durate a lungo: si può dire fino ai giorni nostri. Nella fattispecie si trattò di un potere di neutralizzazione delle spinte centrifughe dagli ambienti cattolici: marginalizzate quelle a destra, condannate o deprecate quelle a sinistra. Il • J:er11ooqt t - - 48 A ben vedere la «scelta religiosa» dell'Azione cattolica ebbe questo doppio carattere: una essenzializzazione «solo religiosa», ma anche una funzione «ideologica», nel senso di una distinzione di compiti del religioso dalla politica (leggi: dalla Dc), mantenendo però lo stesso quadro di riferimento e nei fatti una materiale cooperazione con essa. Non a caso la Fuci, non riassorbita centralisticamente, come i «rami» di Azione cattolica, nei nuovi statuti del 1969, restò invece esposta al «contagio» di sinistra. Una chiesa guicciardiana dietro lo schermo del potere Dc: una gerarchia ecclesiastica che ha costantemente avallato la forza autonoma della Dc non potendone più controllare e condizionare la natura. È utile rileggere oggi i documenti con cui gli aspiranti rifondatori laici ed ecclesiastici della Dc, a più riprese, nel '75 con Zaccagnini, nell'81 con gli esterni all'assemblea nazionale, cercarono di condizionare la linea politica Dc, e confrontarne il radicalismo verbale di allora con le modalità lessicali degli odierni rifondatori, ad esempio di «Carta '93». Si ha l'idea di un certo qual depotenziamento, si nota la sparizione di toni ultimativi e viceversa si constata immediatamente un senso di «appartenenza» forte, che ai riformatori passati mancava. Quali le ragioni di tale cambiamento? Appunto, il turning point intervenuto negli ultimi mesi. Fino ad un anno fà la Dc realizzava ancora quella «autonomia del politico», di fronte alla quale anche le gerarchie ecclesiastiche eran destinate a
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