Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

società civile, il patrimonio di cui sono portatori, se la Dc si libererà dalla gabbia della centralità, se saprà rinunciare a ciò che l'ha resa perno del sistema politico della prima repubblica. Se insomma si trasformerà in qualcosa di completamente nuovo. Non a caso Mario Segni ha dovuto lasciare una Dc che non riusciva ascegliere tra il nuovo rappresentato dai Popolari per la Riforma e il vecchio di Gava e di Andreotti mentre RosyBindi e gli autoconvocati di Modena hanno messo in evidenza l'impossibilità di costruire l'avvenire del cattolicesimo democratico dentro il vecchio contenitore della Dc. Non può non colpire la somiglianza delle parole usate da Rosy Bindi per definire il processo di superamento della Dc in una nuova formazione con quelle con cui Achille Occhetto disegnò ed intraprese la fondazione del Pds. Ma è possibile costruire una nuova formazione cattolico-democratica? Potrà vedere la luce il nuovo «Partito Popolare»? Ormai, i cattolici si collocano in formazioni politiche diverse, nella Lega, nella Rete, nel Pds, si schierano in formazioni di destra e di sinistra, sicché il termine «cattolico», isolatamente preso e senza altre specificazioni, perde di significato politico. Molti cattolici, pur facendo esplicito riferimento alla propria ispirazione cristiana, si definiscono anche conservatori o progressisti e tendono a collocarsi nella futura democrazia delle alternanze. Una formazione politica del cattolicesimo democratico tende invece a configurarsi ancora come un partito di cattolici. Ora, il rischio del corto circuito integralista tra fede e storia, tra fede e politica ha costituito una delle tentazioni e delle preoccupazioni permanenti del cattolicesimo democratico. Tale rischio è inevitabile se «cattolico» diviene l'unica connotazione di identità politica. Paradossalmente proprio la necessiDl.LBIANCO 0-Z..ILROSSO OXil-H1§0 ;J i,.m, fapi• fr 1 1m1.1:11.t'~ 111 ro ti .,pu ,hl ' 'B.'.\• tà di essere centro del sistema politico, di mantenere la maggioranza dei consensi, ha aiutato in passato la Dc a sfuggire ai rischi del minoritarismo integralista. Come ritrovare oggi le ragioni limpidamente non confessionali di una presenza di cattolici democratici? Il cattolicesimo democratico certo è anche portatore di un patrimonio di 45 valori, di idee politiche, di esperienze sociali e civili, accumulato nel corso della storia ormai centenaria del cattolicesimo politico. Ma oggi occorre fare i conti con le nuove condizioni, i nuovi problemi, le sfide inedite di questi anni. Tutte le grandi culture politiche di questo secolo sono interrogate e messe in discussione dalla tumultosa rivoluzione che il mondo sta vivendo. La prima sfida per i cattolici democratici italiani sarà quella della piena accettazione della democrazia dell 'alternanza. A differenza del passato, una formazione di cattolici non potrà che «prendere partito», collocarsi sulla base delle proprie scelte di valore di programma nell'uno o nell'altro schieramento, accantonando definitivamente ogni illusione di potere, perché cattolici, mantenere una centralità, magari costituendo il cosiddetto «terzo polo». La cartina di tornasole di una reale innovazione sarà la scelta su come completare la riforma elettorale, dopo il referendum del 18 aprile: una scelta limpida, non un pasticciato compromesso. A suo tempo anche De Gasperi rifiutò, pur avendo la maggioranza assoluta, di formare un governo monocolore democristiano. Oggi è più che mai necessario prendere atto della parzialità di ogni formazione politica, anche di quelle di ispirazione cristiana; significa decidere e saper convergere alla pari alla costruzione di quelle alleanza democratiche fondate sui programmi di cui il Paese ha così grande bisogno. Ma allora nessuna formazione potrà dirsi «il partito dei cattolici» o pretendere avalli privilegiati da parte dell'Episcopato. Ed è auspicabile che, da parte sua, la Gerarchia sappia parlare alle coscienze e non giudichi i fedeli sulla base della loro collocazione politica. Non vi dovranno più essere, insomma, in politica cattolici di serie A, «più vicini alla Chiesa», e cattolici di serie B.

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