tempo politico, a un partito di idee, di progetto, di programma». Puntare sulla «identità» è il rovescio del pragmatismo, e - secondo la miglior tradizione cattolico-democratica - contemporaneamente lo è dell'integralismo. È necessario, cadute le ideologie per loro natura massificanti, - ci deve essere - uno spazio per linee culturali che danno vita a progetti politici non di necessità contrapposti, ma che - perché distinti - arricchiscono la vita democratica. La Dc un partito nazionale popolare, ispirandosi, con la autonoma mediazione politica e laica responsabilità, all'insegnamento sociale della Chiesa, in esso riconosce una sua specifica «cultura». È vero che nelli;iDc non si sono mai trovati «tutti» i cattolici italiani; ancora in minore numero vi si trovano oggi; diverse sono le esperienze che i cattolici vivono, facendo politica in altri paesi. Ma perché, se la Dc ha avuto, col consenso popolare, un ruolo importante, questa «formula» dovrebbe essere abbandonata oggi, in chiara presenza di crisi di culture diverse - dal marxismo al laicismo - e essendo in campo - o in ipotesi - forze e aggregazioni politiche dai contenuti sempre più incerti? i)!L BIANCO ~ILROSSO 1111J.1§t•M;J Si parla di due possibili «poli» nell'immediato futuro, conseguenti al sistema elettorale che appare vincente: uno progressista e uno conservatore. Ma che significato hanno oggi queste parole, visto che non si è ·più d'accordo nemmeno su «destra» o·«sinistra»? E la collocazione del nostro paese, l'internazionalismo dei poteri dell'economia, dell'informazione e di altri meno palesi ma potenti, ci garantisce che ci sarà davvero nel nostro paese un «polo» «progressista» secondo la terminologia tradizionale che lo fonda sulla solidarietà? Non a caso si è sempre più settoriali, anche nelle scelte di impegno politico: o istituzioni, o ecologia, o territorialità. Ma perché la globalità della politica (istituzioni, economia, cultura, solidarietà, ambiente, pace) che davvero caratterizzerebbe un forza politica o un sistema di alleanza stenta ad avanzarsi? Fa un certo effetto l'autodefinizione di «progressista» che si dà chi ha magari una prospettiva istituzionale «nuova», ma mortifica lo stato sociale, rifiuta di fatto la solidarietà, relegandola a «popularismo». E conservatore chi sarebbe in questo clima? Per questo credo che decideremo allora se, come, con quali forze, con quale nome affrontare il domani nel . . ·········· .. · ·· • momento in cui si costruirà; uno, due, tre «poli»? chi lo sa! Oggi è la riscoperta e l'aggiornamento della identità, quello che conta: il carattere popolare, solidaristico, la fedeltà agli ideali coniugati a modernità ed efficienza. Si vedrà se pochi o tanti cattolici si ritroveranno su questa linea; importante è «esserci»: «una realtà politica accanto alle altre» diceva Moro, «per costruire la democrazia». Anche la «unità» intorno ai valori cui i cristiani sono autorevolmente invitati, deve trovare modalità nuove per realizzarsi. Martinazzoli parla di un congresso Dc costituente, aperto ad ogni forma nuova che consenta di formulare una politica organica, globale, che può essere accettata da tutti gli italiani, all'interno della quale si collocano «anche» i «valori» tipici della esperienza cristiana; abbiamo imparato dai nostri migliori (Sturzo, De Gasperi, Moro) che non ci siamo costituiti in partito politico, nazionale, popolare solo per «difendere» questi: ma per essere una forza politica che con tutti dialoga, alla pari. La politica che per brevità potremmo definire «clericale» non è stata nella nostra storia di ieri, non sarà in quella di domani; noi, cattolici democratici, nella Dc lavoriamo per ricostruire, nei tempi nuovi, questo «domani». I -'-'-.--------Bt-t I Il Il 43 Il • TilJ-OlC. =-!=..:~ !::. 111111·11f ;1.··:.
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