Montini e a De Gasperi, a Moro - si pone al servizio di una ipotesi politica di marca cattolico democratica, anche se di segno anticomunista; è politicamente ambiguo quando è il cattolicesimo democratico che resta costretto entro le maglie di una unità caratterizzala dalle logiche della appartenenza ecclesiale, che non è nemmeno genericamente moderata, è di fatto trasformista, e subalterna a sua volta ad altre strategie. E gli anni ottanta sono definitivamente questo. L'effetto più grave, infatti, della mancata rimozione della radicale difformità delle due logiche sia nel fatto che si sono andate coprendo con i richiami teorici del cattolicesimo democratico, politiche ora francamente e onestamente conservatrici, ora populiste per ragioni di bottega, spesso abborracciale e casuali per ragioni di una mediazione che era più mediazione fra calcoli di convenienza contrapposti che fra interessi, proprie delle logiche di pura sopravvivenza di un ceto polito cresciuto all'ombra della sua impunità e, spesso, anche biograficamente e interiormente estraneo a quella tradizione politica. Cosa direi di più della Dc se non che è staia il luogo materiale, il simbolo, di questa mistificazione e contraddizione? E che il suo degrado interno non è un imprevedibile rischio aggiuntivo, slegalo dalla sua natura, ma la forma che ha assunto, nelle dinamiche interne, la prevaricazione di quanti, per ragioni politiche o per calcolo personale, dovevano impedirvi l'egemonia cattolico-democratica? Bisogna infatti pur dire che, nell'universo cattolico che si è riconosciuto nella Dc questa è l'unica tradizione politica consolidata, che possa avere l'ambizione di durare e dire ancora la sua. Infatti se il cattolicesimo sociale ha una lunga storia di presenza e lotte nella società, rinnovata nel volontariato e nell'associazionismo, se il cattolicesimo liberale mantiene un suo fascino di natura culturale legalo al valore del rapporto fra fede e libertà della coscienza, l'uno e l'altro, in termini di cultura politica, in tanto sono in quanto si sono fusi, e rinnovano tale fusio- ' {)!LBIANCO ~ILROSSO • 11•~-sJ •I ;I ___... ..._!!!!!I!!!:!--~=::::::!:~~ -~ I ✓. ,: ■ ne, collocandosi in una concezione alta e esigente della democrazia, del suo valore, del rapporto fra regole e obiettivi. È mancata invece, e forse la ragione sta proprio nel!'avere combattuto la sua battaglia tutta entro l'imposizione della unità cattolica, la maturazione di una destra rispettabile, in grado di difendere senza integralismi i valori della tradizione e rappresentare democraticamente il ruolo di freno della prudenza, del pessimismo storico. Più articolato il discorso a sinistra, dove la crisi del cattolicesimo apocalittico dell'utopia e dell'opposizione a ogni costo, lascia spazio a soggetti, voci, elaborazioni che ritrovano punti comuni, e a loro volta possono arricchire, la componente cattolico democratica. Da tutto questo deriva una convinzione di fondo, che viene prima e va oltre gli scandali: la Dc come partilo che abbiamo conosciuto, come ragione sociale, caratterizzata da quella sintesi contraddittoria che abbiamo dello, è finita da tempo come soggetto in grado di governare «polilicamenle»la storia e lo Stato. Essa permane nella vita politica italiana come un'ingombrante e disastrosa presenza, che impedisce di fatto non solo l'evoluzio37 ne del sistema politico ma la stessa assunzione di responsabilità coerenti da parie dei singoli e dei gruppi che siano in grado di farlo, lo stesso configurarsi delle strategie possibili. La forma con cui si riconosce il chiudersi di questa storia è cerio anche quella della riforma elettorale, che cancella, con la proporzionale, le ambiguità della collocazione al centro, le tentazioni dell'elettorato di pronunciarsi in nome di identità anziché per opzioni politiche, il rinvio delle decisioni reali agli accordi trasformistici fra gruppi di potere. Le due domande che premono, non solo a quanti di questa storia hanno fallo parie e non intendono cancellarla, ma anche a chi è impegnato a costruire le nuove ipotesi per domani, questa fine trascinerà con sé quel pezzo di storia della democrazia repubblicana italiana che è stato il cattolicesimo democratico, trascinerà con sè quello che si chiama con qualche ambiguità, il ruolo politico dei cattolici? La vicenda di questa settimana è drammatica davvero. Con la denuncia del complotto dei pentiti, motivato da attacco alle istituzioni, ma anche anticamera del rifiuto della autorizzazione a procedere, siamo infatti in presenza di un ultimo tentativo della Dc di difendere il proprio passato nella sua totalità, come un tutto inscindibile, come un retaggio comune, e insieme, con le dimissioni di Segni e la riunione di Modena degli autoconvocali di affermare finalmente una discontinuità, il calore e il senso di una frattura: la Dc si rinnova, se si frattura, se diviene altro da sé. Questo compilo tuttavia non è difficile solo per le resistenze, i colpi di coda del vecchio establishmenl; impone un salto di qualità nella ridefinizione del proprio ruolo politico, reso più difficile dalla retorica dell'identità consolidatasi in questi anni in proporzione diretta del venir meno di una politica. C'è cerio consapevolezza, basti pensare a Carla 93, che questo passaggio esige una ridefinizione programmatica; che il ruolo di un partilo di ispirazione cristiana si rifonda a partire da un giudizio sui problemi del
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