{)!L BIANCO ~ILROSSO • 11•>-1§t •M ;J Unitàdeicattolicinpolitica? Ildilemmattuale L' esperienza della Democrazia Cristiana nel nostro Paese è stata quella di un partito popolare di ispirazione cristiana che ha raccolto il consenso di una larga parte del variegato mondo cattolico ed anche di chi, non cattolico, si è ritrovato nel suo programma politico e nella sua prassi partitica. La Dc è stata perciò anche un modo concreto dell'attuazione dell'unità di molti cattolici in ambito politico, una unità che ha dato vita a quell'esperienza che si è connotata come l'esperienza dei cattolici democratici in Italia. Dopo i fatti del1'89e in questo tempo di transizione ed anche di questione morale - e questione penale che investe alcuni democristiani sia pure ancora sul piano non dei rinvii a giudizio né dei giudicati, ma soltanto delle indagini preliminari - è spesso e su più fronti ritornata la domanda se questa esperienza unitaria dei cattolici democratici meriti ancora di essere mantenuta o non sia piuttosto utile che, come in altre esperienze europee, i cattolici si disperdano in varie formazioni politiche. Il problema non trova soluzione né sul piano dogmatico né sul piano della fede ma, posta la necessità che quella del cristiano deve essere una scelta coerente con la fede anche in campo politico, soltanto sul piano di una valutazione storica operata con l'ascolto della comunità ecclesiale, con un retto discernimento e nella libera maturazione della propria coscienza. Da questo complesso giudizio nascono due posizioni diverse. La prima di Raffaele Cananzi è quella dell'auspicio della diaspora, della dispersione dei cattolici in tutti i partiti, nel convincimento degli stessi cattolici di poter far valere in quelle prassi partitiche e in quei programmi politici i valori antropologici e morali discendenti dalla fede cristiana, e nel convincimento di molti altri che quei valori non hanno che una dimensione intimistica e che, quindi, è molto meglio che sul piano politico scompaiano o abbiano un tale annebbiamento della loro identità da svuotarli di ogni contenuto autentico. La seconda posizione è quella di molti cattolici i quali ritengono ancora non solo utile, ma necessario che attorno alla «idea democristiana» (valori cristiani, storia del movimento cattolico italiano, programmi e prassi di testimonianze del Partito Popolare di Sturzo e della Democrazia Cristiana di De Gasperi, La Pira e Moro) si ricomponga un chiaro partito popolare e di ispirazione cristiana. Costoro, in fondo, considerano la diaspora una «tentazione»non solo nel senso della dispersione di un patrimonio storico di qualità, ma anche nel senso dell'abbandono di una strada maestra per una forma di incarnazione storica dei valori evangelici, di liberazione e di dignità della persona, di giustizia e solidarietà, gli unici che hanno vinto il collettivismo comunista e gli unici idonei a costruire una economia di mercato con regole idonee a far vivere le comunità nazionali e la comunità umana in un clima di giustizia e di fraternità. È evidente che nessun integralismo e nessun fondamentalismo è in questa seconda posizione quanto piuttosto l'efficacia di una cultura e di una pras35 si politica la cui identità ha bisogno di necessarie mediazioni nella vicenda democratica, mediazioni che è bene non far avvenire nel trasversalismo partitico, ma nella competente sede istituzionale, là dove l'etica incontra la politica per dar vita a quella mediazione - la norma giuridica - che consente all'etica di uscire dall'astrattezza e alla politica di acquisire la sua dimensione di globalità, di servizio al bene comune, di, per i cattolici, esigente forma della carità cristiana. Per recuperare questa autentica dimensione è in atto una rifondazione della Dc di Martinazzoli che non intende rinnegare il patrimonio storico del partito, ma che intende fortemente innovare nella prassi personale e collettiva del partito stesso. Nella consapevolezza che il processo di rifondazione non è scontato, occorre qui chiarire a quanti sono nella prima posizione che le riforme istituzionali e quella elettorale non solo non escludono la Dc e il suo processo di rinnovamento, ma in qualche modo aiutano questo processo per la Dc e anche per gli altri partiti. Dal punto di vista della riforma istituzionale la Dc ha dato il buon esempio. Niente ministri che siano parlamentari; maggiore autonomia del partito dai gruppi parlamentari; non ingerenza del partito nelle attribuzioni di responsabilità e nelle nomine di enti pubblici ed ecomici. Lo spazio istituzionale viene così preservato da forme di indebita ingerenza del partito e viene restituito alla libera determinazione degli organismi stabiliti dall'ordinamento. È chiaro, poi, che su questo
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