Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

dalla segreteria Martinazzoli ai Popolari per la riforma, ad un associazionismo attento e protagonista del movimento referendario, ad altre esperienze più disponibili alla denuncia che al progetto politico. Non si tratta oggi di sezionare in modo schematico e sommario vecchio e nuovo, ma di vederne il processo; non si tratta di contenerlo o esasperarlo, ma di governarlo verso un obiettivo fondamentale: lo schiudersi di una nuova esperienza politica del cattolicesimo democratico. Questo obiettivo va pensato, esplicitato, organizzato nella sua fondazione culturale e programmatica, senza alcuna pretesa di averlo già compiuto. Nel rispetto delle proprie specificità, si tratta oggi di lavorare insieme intorno a questo progetto; il rischio è essere trascinati in quell'impazienza del nuovo che compromette e allunga inutilmente i passaggi di fase. La segreteria Martinazzoli non va solo incalzata nei suoi propositi; essa stessa deve percepirsi come parte di un movimento più vasto con cui con- " frontarsi in vista di una iniziativa politica nuova. Non si tratta insomma di valutare semplicemente l'adesione ad un appello, ma di sentire quell'appello come un processo aperto, che andrà oltre la forma di questo partilo e che investa insieme alla segreteria Martinazzoli i Popolari per la riforma, l'associazionismo cattolico, parti del movimento referendario, esperienze sparse ovunque nel Paese. Il partito nuovo dovrebbe essere il diagramma di tutto questo. L'asse Segni-Martinazzoli, proprio nella sua popolarità e nel suo senso va tenuto e non va scisso; va tenuto come apertura di un processo che rifiuta la logica dei contenitori, siano quelli dell'attuale Dc che altri possibili; che rifiuta l'irrigidimento delle singole prospetti ve. È fuori dal mondo pensare di andare verso una Convenzione cattolico-democratica che, a partire da più storie, dia vita ad una prospettiva politica {)!L BIANCO ~ILROSSO IIIl@tlDlil nuova? Se è un passaggio imminente, guai ad andarci sparsi, in una frammentazione che rassicura inutilmente il vecchio e ritarda disperatamente il nuovo. Segni deve essere una prospettiva della Democrazia Cristiana che va oltre se stessa, non per salvare un pezzo di partito, ma, appunto, «per la creazione di una grande forza che interpreti le speranze di milioni di italiani». Non credo che ad altro possa portare la segreteria Martinazzoli se non vuole esaurirsi in un lavoro tutto interno, diligente ed onesto, ma assai al di sollo delle trasformazioni in atto. È proprio dalla serietà di questo lavoro che nasce l'urgenza di un salto; l'intuizione di un partito che è già oltre questo partito. Oltre non vuol dire altrove, non vuol dire accanto, ma dentro i 34 processi di trasformazione che eccedono le vecchie forme, le antiche liturgie. Si invocano segnali forti dalla Democrazia Cristiana, è una domanda reale: insieme a un lavoro di organizzazione interna va fatto un lavoro di aggregazione strategica che sia già oltre l'attuale forma partilo. Il rinnovamento della segreteria Martinazzoli non può che vivere in questa prospettiva se vuol essere all'altezza dei problemi posti dalla fase. Il Congresso del partito o sarà un Congresso di rifondazione o sarà quello di un dignitoso declino. Per questo non vanno disperse le forze, per questo non va chiusa né una tensione né un conflitto: essi vanno latti giocare politicamente per «ricominciare» una storia diversa. I referendum, certo, sono un passaggio cruciale, ma è appunto per il dopo, per quella democrazia dell'alternanza che tutti aspettiamo, che va attrezzata l'iniziativa politica, che va pensato il nuovo partito; un partito non di Martinazzoli, non di Segni, non dei Popolari per la riforma, non della Democrazia Cristiana, non dell'associazionismo cattolico, ma di tutti loro in una sintesi politica alta. C'è il rischio, dicevo, dell'impazienza dell'attesa; come c'è il rischio di non pensare la rifondazione come processo, ma come disperata restaurazione anche sotto le piu buone e belle intenzioni. Il problema è oggi andare oltre, pensare appunto ad un partilo diverso che non disperda la memoria del passato, ma sappia declinarla al futuro. La Democrazia Cristiana se vuol rifondarsi deve cambiare radicalmente, non limitarsi a vivere o a frenare una transizione al declino. Deve pensare a strutturarsi come un nuovo partito. La posta in gioco è altrimenti il dissolvimento di una autonomia politica, la preparazione di un vuoto raggiunto il quale non ci sarà più nulla da fare.

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