Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

{)~BIANCO W.ILROSSO iil•ii•ili delle donne bosniache violentate. Simpatico! Soprattutto per uno molto addentro al mondo vaticano ... E potevano mancare, su «La Stampa», gli intellettuali telefonici? No, certamente. Nessuno, quel pomeriggio, ha letto il testo del Papa, ma tutti si sentono autorizzati a pontificare. E infatti arriva Franca Rame: «Sua Santità manca di carità cristiana, pensa al nascituro, ma non alla madre ... Sono allibita. Il Papa non immagina la tragedia di queste donne, ha l'occhio corto. É una vergogna». Anche Baget Bozzo incautamente si fida del giornalista al telefono: «Che il papa dica adesso a queste vittime di non abortire è perlomeno singolare. Al massimo nella sua qualità di Pontefice della Chiesa di Roma potrebbe appellarsi a dei cristiani, ma non certo a delle donne musulmane». In realtà proprio al vescovo, e alle comunità ecclesiali il papa si era rivolto. Bastava conoscere il testo. Anche «Repubblica» va giù pesante, categorica, fin dal titolo sparato in prima pagina, grande: «Wojtyla senza pietà». C'è poi un articolo di Baget Bozzo con un altro titolo, sprezzante: «Un atto di guerra contro quelle donne». L'articolo non contiene alcuna citazione, ma è tutto basato sul presupposto, falso, che cioè il Papa abbia preteso di comandare a quelle donne, musulmane, di non abortire. E anche qui segue il rito: la furibonda Magli, l'eccitata Carmen Llera: «Come ha fatto a dire una cosa simile? É facile, per lui. Ma al dramma di quelle donne non pensa?» Magli e Llera parlano, parlano, ma non hanno letto il testo. Arruffone anche loro. Non arruffone, ma falsificatore con lode, invece, chi ha telefonato a loro, e anche a Baget Bozzo, per il commento a caldo. Il giorno dopo, 28 febbraio, è domenica, e tutti dovrebbero ormai parlare e scrivere sulla base della conoscenza del testo, ormai pubblicato sul1' «Osservatore». E invece sulla prima del «Corriere» c'è la solita Dacia Maraini che ancora accusa, recrimina, condanna, lamenta, ricorda i miti greci, i sacrifici delle donne, e Apollo, e fatti suoi. Cultura sul mercato, ma al posto sbagliato. Peccato. Possibile far peggio? Sì. E lo fa «IlManifesto», perché nel pezzo di Filippo Gentiloni sta scritto che l'autore ha letto il testo «con attenzione», ma vi ha trovato solo «lacondanna dell'aborto», non 24 «quella degli stupratori», né «la pietà verso le donne violentate». Eppure la condanna degli stupri c'è, nella lettera, - basta leggerla senza pregiudizio -, e soprattutto va tenuto conto di un fatto, e cioè che quello è il quindicesimo intervento del Papa con riferimento esplicito agli stupri per «pulizia etnica». In particolare ne aveva parlato, durissimamente, il 25 febbraio, tre giorni prima. I giornali, anche «Il Manifesto», se ne sono infischiati, ma un giornalista legge anche le fonti. Ma purtroppo non basta: la tesi del «Manifesto», come dice il titolo, è che il Papa pensa solo alla sua coerenza con se stesso, e la prova starebbe in questo: «Lo stesso Nuovo Catechismo enumera lo stupro tra i peccati contro il sesso, dopo la masturbazione. Niente di più». É vero? Anche qui basta andare a leggere il testo del «Nuovo Catechismo». Al n.2356, che per scrupolo traduco dall'originale francese, è scritto così: «Lo stupro è l'intrusione brutale, per mezzo della violenza, nell'intimità sessuale di una persona. É attentato alla giustizia e alla carità. Lo stupro ferisce fortemente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all'integrità fisica e morale. Crea un pregiudizio grave, che può segnare la vittima per tutta la sua vita». Uno può chiedersi, rileggendo i singoli punti della analisi di questa definizione, se si potrebbe dire meglio, anche dal punto di vista delle donne, e degli studi psicologici sugli effetti degli stupri. Occorrerà pensare che i pregiudizi tolgono lucidità a tutti, quando ci sono, anche agli intellettuali che scrivono su «IlManifesto»? Ebbene sì. E la conferma viene subito dopo: «Ci si poteva aspettare che il Papa condannasse duramente gli stupratori, magari con una scomunica». Ma si può ignorare che gli stupratori serbi sono o atei marxisti o cristiani ortodossi, e quindi non scomunicabili dalla Chiesa cattolica? Tutto fa brodo. E i politici? Hanno taciuto, e hanno fatto bene, con una eccezione. Sui giornali appare una fondamentale dichiarazione di Achille Occhetto: «Sono totalmente in disaccordo col Papa», ( «Repubblica», 28/2), « Wojtyla sbaglia», ( «Il Giorno», 28/2). Prudente «L'Unità», quel giorno: riferisce la precisazione della Santa Sede, che con ritardo spiega il senso della lettera e dello spirito dello scritto del Papa, e preferisce non riportare

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