Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

{J!.LBIANCO Ol..ILROSSO iiiiiil•P tra l'atto di deprecabile violenza, subito da parte di uomini smarriti nella ragione e nella coscienza, e la realtà dei nuovi esseri umani, venuti comunque alla vita. Quali immagini di Dio, queste nuove creature dovranno essere rispettate ed amate non diversamente da qualsiasi altro membro della famiglia umana. Con massima chiarezza andrà, in ogni caso, ribadito che il nascituro, non avendo alcuna responsabilità in quanto di deprecabile è accaduto, è innocente e non può, perciò, in nessun modo essere considerato come aggressore. Tutta la Comunità, pertanto, dovrà stringersi intorno a queste donne cosi dolorosamente offese ed ai loro familiari, per aiutarli a trasformare l'atto di violenza in un atto di amore e di accoglienza. Il Vangelo ci ricorda che alla violenza non si deve reagire con la violenza (cfr. Mt 5, 3841). Alle barbarie dell'odio e del razzismo si deve rispondere con la forza dell'amore e della solidarietà. Ai cristiani di Roma, perseguitati da un potere ostile, non raccomandava forse l'Apostolo Paolo: «Non rendete a nessuno male per male. Procurate di fare il bene dinanzi a tutti gli uomini (... ) Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rom 12, 17.21)? Sono certo che anche le altre Chiese, non solo d'Europa ma di ogni parte del mondo, sapranno trovare modi adatti per venire in aiuto delle persone e delle famiglie poste in condizioni di così grave difficoltà materiale, psicologica e spirituale. A tali iniziative benefiche va il mio incoraggiamento più cordiale nel ricordo della parola di Cristo: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me» (Mc 9, 37). Nel caso, poi, di bimbi orfani o abbandonati, desidero rivolgere una parola di apprezzamento a quanti si prodigano per favorire i procedimenti di adozione: quando ai piccoli viene a mancare il sostegno di chi li ha generati, è gesto di grande valore umano e cristiano offrire loro il calore di un nuovo focolare. Nell'assicurare a quanti sono nella prova la partecipe sollecitudine di questa Chiesa di Roma che «presiede alla carità», invio a Lei, venerato Fratello, come pure agli altri Presuli della regione ed alle popolazioni tanto duramente provate una speciale Benedizione Apostolica, che accompagno con l'assicurazione della mia assidua, accorata preghiera. Dal Vaticano, 2 febbraio 1993 Giovanni Paolo II Papa,donnebosniache,aborto: unacatastrofedisinformativa di Giovanni Gennari apita, talvolta, di doversi vergognare per e la mancanza di professionalità, o peggio, di onestà, dei giornalisti italiani? Capita. Di recente la cosa è avvenuta un paio di volte. La più grossa, al limite del modello della truffa, a proposito della lettera del Papa all'arcivescovo di Sarajevo. Vale la pena di ripercorrere la vicenda per capire come chi ha in mano i media possa diventare professionista della disinformazione. 20 1. Il fatto. La lettera del Papa, datata 2 febbraio, è stata resa pubblica il 26 febbraio mattina, e pubblicata sul!' «OsservatoreRomano» del 27, in edicola, come al solito, il pomeriggio del giorno prima. Credo che, di fronte al testo, - che in queste pagine abbiamo davanti agli occhi, come lo avevano, o avrebbero dovuto averlo i colleghi giornalisti e i commentatori che ne hanno parlato e scritto-, due cose vadano immediatamente annotate.

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