{)!LBIANCO ~ILROSSO iiiki+iliii Quandol'informazione disinforma: uncasoesemplare Pubblichiamo, qui di seguito, il testo integrale della «Lettera» di Giovanni Paolo II all'arcivescovo cattolico di Sarajevo, mons. Vinko Puljic, - che tanto ha fatto clamore sui nostri giornali e settimanali-, e una riflessione in materia di informazione-disinformazione. Questo è, da noi, in Italia, un argomento sempre di attualità, per mille e mille ragioni diverse, ma tutte convergenti a danno del lettore, e a discredito di media e giornalisti. La speranza è quella di suscitare un briciolo in più di vigilanza critica nei lettori e, ma senza illusioni, un briciolo in più di responsabilità negli operatori dei media, giornalisti e cosiddetti intellettuali. Ne hanno ambedue molto bisogno, e questa vicenda, ridicola nella sua inarrivabile cialtroneria, ne è una buona dimostrazione. Servirà? (G. G.) GiovanniPaoloII all'Arcivescovo diSarajevo,mons.VinkoPuljic Venerato Fratello nell'episcopato! La preghiera, che abbiamo elevato in Assisi nei giorni 9 e 1Ogennaio per la pace nella regione balcanica, ci spinge a sperare che le violenze e le tribolazioni in atto possano cessare quanto prima, per dare luogo alla riconciliazione e alla pace. Con questa mia lettera desidero testimoniarLe che mi sento particolarmente vicino alle sofferenze dei Pastori e delle popolazioni deila Bosnia Erzegovina, su cui gravano le conseguenze disastrose della prolungata devastazione materiale e spirituale. Penso con trepidazione alle condizioni di estremo disagio a cui sono sottoposte molte famiglie e in special modo i bambini, per i quali soprattutto sento il dovere di fare appello alla solidarietà e alla generosità di tutta la Chiesa. Sarà proprio all'interno delle famiglie, specialmente di quelle colpite dalla perdita di qual19 cuna dei membri e dall'esperienza di violenze particolarmente efferate, che dovrà ricominciare il faticoso cammino della pacificazione. Non potrà, infatti, non avviarsi dalla famiglia, santuario della vita e dell'amore, lo sforzo di pacificazione sociale, a cui occorrerà dedicarsi non appena le armi avranno cessato di far udire il loro frastuono di morte. Compito dei Pastori è perciò di prevedere fin d'ora opportune iniziative, capaci di incoraggiare le famiglie a porre gesti di riconciliazione, di generosità e di amore cristiano. In particolare, occorre che i Pastori e tutti ifedeli responsabili della pastorale familiare si facciano carico con urgenza della situazione delle madri, delle spose e delle giovani che, per sfogo di odio razziale o di brutale libidine, hanno subito violenza. Queste creature, che sono state fatte oggetto di così grave offesa, devono poter trovare nella Comunità il sostegno della comprensione e della solidarietà. Anche in una situazione così dolorosa bisognerà aiutarle a distinguere
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