Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

D!.LBIANCO ~ILROSSO J;ilililiihi in occasione del suo 5° congresso avallerà le lotte del marzo '43, benché finalizzate al conseguimento di aumenti salariali e delle razioni di viveri, sostenendo che alle popolazioni affamate non si poteva domandare semplicemente «insorgete contro i tedeschi ed i fascisti», tanto più che «la lotta per il pane portava nello stesso tempo all'insurrezione nazionale». Le agitazioni vengono represse dai fascisti sul nascere con arresti e provvedimenti disciplinari durissimi. Perciò l'Unità raccomanda cautela e, prima di dare inizio alle lotte, consiglia una preparazione più attenta. Alla fine del dicembre 1942 il Comitato del fronte Nazionale rivolge ai lavoratori Fiat un appello per chiedere una pace separata immediata, per la costruzione di rifugi antiaerei più sicuri, per la possibilità di alloggiare nei palazzi semivuoti dei ricchi i sinistrati, per l'esenzione dal pagamento dell'affitto e delle bollette della luce e del gas da parte dei sinistrati e degli sfollati, per una adeguata assistenza in generi alimentari e di vestiario a favore dei sinistrati, per il diritto agli operai a rifugiarsi nei sicuri ricoveri al segnale di allarme, per la costituzione di gruppi di volontari ad estrarre le vittime dei bombardamenti, per un salario adeguato al carovita, ed infine per sabotare produzioni ed impianti onde abbreviare la guerra. Gli scioperi partono timidamente il 5 marzo a Torino per opera di gruppi operai e sono limitati a singoli reparti con rivendicazioni quantitativamente contenute e quasi esclusivamente economiche. Dopo una settimana le astensioni si estendono ad interi stabilimenti della Fiat, ad aziende come la Diatto, alla Blasetti, alla Microtecnica, alla Grandi Motori, alla Westinghouse, alle Officine Savigliano, alle Ferriere Piemontesi, alla Pirotecnica. A Milano i maggiori successi di partecipazio18 ne allo sciopero si hanno verso la fine del mese di marzo alla Falk di Sesto, alla Caproni, alla Pirelli, alla Ercole Marelli, alla Borletti, alla Brown Baveri, alla Face, alla Bianchi, alla Cinemeccanica, alla Olap, alla Motomeccanica, alla Magnaghi Turro, alla Kartes, ecc ... Nelle altre regioni le agitazioni sono più limitate e sporadiche. Il successo degli scioperi - almeno come adesioni - è rilevante e preoccupa i gerarchi fascisti tanto che lo stesso Mussolini interviene personalmente nell'azione repressiva, destituendo innanzitutto il capo della polizia Senise per non aver saputo soffocare sul nascere le agitazioni, e utilizzando in sinergia l'Ovra, che opera alcune centinaia di arresti, gli attivisti del regime per creare confusione, la confederazione nazi-fascista degli industriali e le sue organizzazioni periferiche per imporre alle direzioni aziendali il blocco assoluto dei salari. La tattica adottata sarà elastica, in pratica del bastone e della carota. Si promettono aumenti salariali per il 21 aprile, che verranno poi decretati nella misura di 10 lire per gli operai (6 per le operaie), 15 per gli impiegati (8 per le impiegate) delle aziende situate nelle zone dove si svolgono azioni belliche. Per tutti gli altri gli aumenti verranno corrisposti nella misura di 6 lire per gli operai (4 alle operaie), 8 per gli impiegati (3 alle impiegate). Farà una eccezione Valletta concedendo un anticipo di 300 lire «a tutti gli operai di quei reparti che si manterranno disciplinati al lavoro»; forse è proprio in questa occasione che hanno origine i premi antisciopero. Nella maggior parte dei casi però le promesse di aumenti salariali non verranno mantenute oppure saranno barattate con la liberazione degli operai arrestati. Ciononostante questa lotta conclusasi con la fine di marzo inciderà positivamente su quella dell'anno successivo e creerà seri problemi nel rifornimento degli armamenti.

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