{'!LBIANCO a-L, ILROSSO t+iiiiil•ii 1943: crisieconomica. El'Italiariscoprelosciopero di Franco Castrezzati R icorre in questi giorni il 50° anniversario degli scioperi che a macchia d'olio si sono sviluppati in Italia nel marzo '43. Siamo in un periodo critico dell'ultimo conflitto mondiale. La grande spinta offensiva degli eserciti del!' asse si è ormai esaurita e da alcuni mesi si registra ovunque un capovolgimento di fronte: in Russia i sovietici riconquistano Stalingrado; in Africa, dopo la perdita dell'impero (Etiopia, Somalia, Eritrea) l'Italia con l'alleato tedesco che ormai egemonizza la guida di tutte le azioni belliche, sta per essere invasa dagli anglo americani. I bollettini di guerra, smessa l'euforia di una vittoria lampo, si rifugiano nella retorica degli sganciamenti tattico-strategici. La dittatura fascista, con la soppressione di tutte le libertà, può utilizzare il monopolio della informazione a suo piacere, ma la gente si trova davanti ai fatti più eloquenti delle non più credibili versioni ufficiali. In più gli italiani scoprono che i comunicati diffusi dalle radio alleate (da radio Londra in particolare) trovano riscontri sempre più attendibili. Le classi giovani sono impegnate sui vari fronti di guerra, al sud, all'est e all'ovest e sono testimoni dirette dei rovesci militari causati oltretutto dalla povertà e dalla inadeguatezza dei loro equipaggiamenti. Nel territorio nazionale i più anziani, occupati negli stabilimenti, sono costretti ad orari massacranti per fabbricare armi mentre i primi bombardamenti provocano contrazioni sempre più consistenti delle risorse produttive destinate alla guerra. Ormai con la vita stessa dei lavoratori sono in pericolo anche quelle delle donne, dei vecchi e 16 dei bambini. Le case, gli ospedali, le scuole ed i mezzi di comunicazione vengono sistematicamente demoliti da massiccie incursioni aeree che sconvolgono l'esistenza di popolazioni terrorizzate ed allo stremo delle forze. Anche le fasce della piccola e media borghesia che pure avevano favorito l'avvento del fascismo sostenendolo, in cambio di privilegi, specie nelle sue manifestazioni folcloristiche, vedono avvicinarsi la catastrofe. I morsi della fame si fanno sentire in quasi tutti gli strati popolari, anche in quelli meno poveri che devono scambiare i gioielli di famiglia con i generi di prima necessità. È in questo quadro che maturano gli scioperi del marzo 1943 che avranno il loro epicentro a Torino ed a Milano, soprattutto nelle grandi fabbriche, ma che si estenderanno, sia pur in misura ridotta, nelle regioni Piemontesi, Lombarde, Liguri lambendo anche altre zone meno industrializzate come il Veneto, l'Emilia Romagna, la Toscana, ecc ... fino ad interessare la stessa Sicilia. Nel gennaio e febbraio del '43 agitazioni e scioperi più contenuti precederanno e prepareranno quelli ben più vistosi del marzo. I lavoratori più anziani hanno solo un vago ricordo di queste forme di lotta democratica perché da un ventennio è rigorosamente vietata. Inoltre gli stessi Governi liberal-borghesi pre-fascisti non avevano certamente assecondato queste manifestazioni di libertà sindacale. I lavoratori più giovani, che ancora non hanno l'età per essere chiamati alle armi trovano impiego nelle fabbriche insieme alle donne che l'industria bellica comincia a fagocitare, non sanno neppure cosa sia lo sciopero. A rendere più difficili le agitazioni
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