{)!LBIANCO ~ILROSSO J;JliiilAM Droga:larepressione nonserve.Anzipeggiora di Annalisa Quaglia n tremendo delitto è stato commesso ed è stato nascosto per quattro anni dietro le U mura di S. Patrignano, comunità terapeutica per tossicodipendenti, fondata da Vincenzo Muccioli quindici anni fa e che accoglie ora più di duemila ragazzi. Al di là della configurazione giuridica del delitto commesso, sia esso preterintenzionale o sia esso volontario, e sulla complicità di chi sapeva e di chi ha taciuto, su una cosa non si possono avere dubbi, è difficile escludere una responsabilità morale di Vincenzo Muccioli. È stato detto che quello che è successo a S. Patrignano non è S. Patrignano, ma è conseguenza di una «cellula impazzita», però il fatto è successo e non è di poco conto. Non si possono, poi, non ricordare gli episodi che alcuni anni fa hanno visto Muccioli e i metodi della sua comunità al centro di una vicenda giudiziaria. Tuttavia i maltrattamenti e le catene utilizzate non sono Il !I 14 stati considerati penalmente perseguibili dalla Autorità giudiziaria, perché parte integrante di un trattamento terapeutico necessario. Se a questo aggiungiamo le affermazioni di Don Oreste Benzi, fondatore della associazione Papa Giovanni XXIII, che da operatore del settore, ritiene o sa, che dietro le «fughe dalle comunità» si nascondono dei «desaparecidos» tra cui potremmo scoprire «cadaveri», non solo vittime della droga, ma forse anche vittime della comunità, allora il quadro si fa ancora più inquietante. Di conseguenza si riapre il problema della scelta delle metodologie e dei criteri con cui affrontare la tossicodipendenza, fenomeno che presenta sicuramente aspetti complessi e sappiamo di non facile soluzione, sia sul piano del trattamento che sul piano degli interventi. Ciò di cui possiamo essere certi è che a S. Patrignano doveva essere affrontata la verità, qualsiasi essa fosse. Non si può intraprendere un percorso educativo fon-
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