Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 39 - aprile 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO Miililitd Apropositodi«complotto». Quellovero e'e statofinora di Giovanni Gennari G ran parlare, in questi giorni, - dopo il primo avviso di garanzia inviato dai guidici di Palermo a Giulio Andreotti -, di «complotti» contro la classe politica, e in particolare contro la Dc. I due capigruppo della Dc, al Senato e alla Camera, hanno addirittura presentato un «esposto», con il consenso del nuovo gruppo dirigente. I pentiti, e i magistrati che danno loro credito, naturalmente in combutta con i giornali, sarebbero i complottardi. Sarà, ma c'è qualche cosa che non va, in questo ragionamento, e nella testa di chi lo fa. Non è infatti necessario, per non condividere l'esposto Dc, essere convinti che Giulio Andreotti sia stato, in questi anni, il capo vero, il cervello a Palazzo della mafia, fatto che, nella sua enormità, è paradossale quanto per esempio credere che l'onorevole Cicciolina sia ancora illibata. Tutto può essere, in questo paese di misteri, ma fino a prova contraria il discorso deve restare in materia politica: al resto, oggi, ci pensano i giudici. Di loro compentenza sono tutti i crimini e tutti i reati, tra cui evidentemente anche quelli contro la legge sul finanziamento dei partiti. In verità in questo campo forse tutti sapevano: politici, magistrati, giornalisti ed elettori, e tutti facevano finta di non sapere. Dire basta è giusto: meglio tardi che mai. .. Eppure la totale infondatezza della denuncia di un complotto, dei giudici, e persino dei giornali, contro la Dc, è di una evidenza solare. Basta non aver perduto la memoria. Ho sotto gli occhi un articolo di Pier Paolo Pasolini («Corriere della Sera», 19settembre 1975),oggi pubblicato anche in «Lettereluterane». In esso, quaranta giorni prima di essere ucciso, Pasolini, citando «L'Espresso» del 10 marzo 10 74, riferiva il testo di un «dialoghetto» telefonico, - così lo chiamava lui-, tra Amintore Fanfani e Giulio Andreotti, non smentito. Fanfani minacciava Andreotti di rivelare «imbrogli sul finanziamento dei partiti», e Andreotti replicava minacciando«rivelazioni a proposito dell'affare Montesi». Non basta: in quell'articolo Pasolini riportava anche la citazione di un'intervista di Piero Ottone a Carlo Donat Cattin, allora ministro dell'Industria. In essa Donat Cattin riferiva di possedere «ladocumentazione degli abusi e degli intrallazzi intorno a Gioia Tauro», di averla «passata ad un settimanale», che tuttavia non l'aveva pubblicata, «perché sono coinvolti i socialisti». In Pasolini nasceva allora un interrogativo, sul dialogo Andreotti-Fanfani: «E la Magistratura? Non c'è stato nessun magistrato che abbia provato la curiosità di ascoltare, in merito a due reati così importanti due testimoni così autorevoli?» Era, allora, un interrogativo retorico. La Magistratura, evidentemente, non c'era, e se c'era, non vedeva, e se vedeva non ricordava, e se ricordava, non poteva parlare, per tutelare, evidentemente, il segreto d'ufficio ... Sulla rivelazione invece di Donat Cattin a Piero Ottone, Pasolini faceva una riflessione: «Se un ministro possiede una documentazione sugli abusi e intrallazzi ... non passa tale documentazione a un settimanale: la passa a un Procuratore della Repubblica». Occorre ammettere che anche oggi, «se un ministro possiede qualche documentazione», forse è facile che la passi ad un settimanale, ma questo, oggi, in genere la pubblica. Questo, ricordato citando da Pasolini, è solo un piccolo esempio, uno tra i tanti, ma ci dice che se il complotto c'è stato, non è quello di oggi, ma quello che ieri è durato per tanti decenni.

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