L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXVI - n. 22 - 1 aprile 1945

Anno XXXVI (nuova serie) N. 22 : Zurigo 1° Aprile 1945 QUINDICINALE SOCIALISTA REDAZIONE 8 AMMINISTRAZIONE. Casella~postaleNo. 213, Zurigo 6; - Conto :postale No. VIII 26305; - Telefono: 23 70 87 - ABBONAMENTI: 24 numeri Fr. 6.-, 12 numeri Fr. 3 - UNA COPIActnt. 30 GUARDAREAVANTI Superstite dal naufragio senza precedenti, alla provata umanità si prepara un'epoca severa, un'epoca che però potrà pur avere una sua rude e vigorosa bellezza. Perchè questo sia, pcrchè dal fondo oscuro della guerra (in cui noi, forse appunto pcrchè più ne siamo stati preservati, a volte più ci sentiamo smarrire) si possa tornare alla luce stringendo nelle mani un fiore di speranza e di salvt:.za, occorre guardare avanti, al domani, e agire fin d'ora risolutamente tenendo conto delle esigenze che si imporranno. Lasciati dietro le spalle gli errori del passato che hanno diviso la classe lavoratrice nel mondo, che l'hanno divisa entro una stessa famiglia di nazioni, che l'hanno divisa entro i confini di una stessa nazione, occorre guardare al domani con una visione più vasta e comprensiva delle nuove condizioni e delle reali necessità dei lavoratori, al fine di non ripetere quegli errori che hanno pure éontribuito alla rovina di oggi. Occorre liberarsi dai vecchi schemi e dai vecchi nomi coi quali ancora si dcfiniscono contrasti che, alla base, sono spesso superati dai fatti e dal diYenirc stesso delle nuove generazioni che non conoscono differenze. Esse non sanno di frazioni, non comprendono il perchè di divisioni che tanto male hanno fatto alla classe lavoratrice, e mentre vanno scoprendo da sole le ragioni ideali e la necessità della coesione profonda in cui già vivono e operano, maturano soluzioni che non potranno non imporsi domani come logiche conseguen::c. Aderire a questa nuova realtà è il compito dei socialisti, il chè significa abbandonare le posizioni particolari, e, senza rimpianti per una castità che resterebbe sterile, affrontare il problema cosi come e!>!>sOi pone guardandolo bene in faccia. Riorganizzare la società su nuove basi: ceco in quali termini si porrà storicamente al socialismo. Per risolverlo, è necessario attrarre tutte le forze che a tale riorganizzazione possono e debbono avere interesse. Occorrerà riconoscere che i termini della lotta di classe stanno ora oltre i limiti del proletariato vero e proprio; occorrerà dare al classismo degli operai e dei contadini un soffio più ampio, e, direi, universale nel senso che esso dovrà estendersi dalla Basta sangue Quello che qui pubblichiamo è, nella sua forma genuina cd espressiva, un rendiconto di quanto accadde ad un patriota della brigata « Matteotti » che operò in val d'Ossola al tempo della sua liberazione. Non si tratta dunque di avventure, ma di una cronaca vera, vissuta e sofferta. La mattina del 10 ottobre 1944 mi trovavo con mia moglie nell'albergo di Mergozzo quando venne a svegliarci, verso le ore 7, improvvisamente, l'albergatrice dicendoci che il paese era circondato da nazifascisti. Ci alzammo di scatto, e dopo esserci sommariamente vestiti ed aver raccattato la nostra roba alla meglio, cercammo di sgattaiolare fuori in cerca di una via di scampo. Vista preclusa ogni fuga, dato che l'albergo era già circondato, nascosi mia moglie in una stanza, la roba in un'altra, e, portatomi sul solaio, incominciai una furiosa sparatoria col lancio anche di parecchie bombe a mano, sempre nell'intento di aprirmi una via. Dopo un'ora di inutile resistenza venni catturato insieme a mia moglie. Per prima cosa fummo letteralmente spogliati di ogni nostro avere tanto che ci lasciarono seminudi, proprio con il solito stile nazi-fascista. Mi furono sequestrate tutte le armi e quant'altro possedevo. Venni separato da mia moglie e accompagnato, a piedi nudi e in maglietta, davanti al tenente comandante la compagnia, dopo di essere, naturalmente, passato attraverso tutta la sbirraglia che mi coprì letteralmente di sputi, di percosse e delle più volgari e basse ingiurie. Il tenente, dopo avermi sghignazzato in volto mi disse: « Ah! sei un bandito ... benissimo! ... di pure la tua ultima << Ave Maria» perchè hai finito di vivere». Prese il mitra, lo caricò, e mi ordinò di mettermi con le mani sul capo e di fare dieci passi avanti. Credetti giunta la mia ultima ora, ma non feci una piega. Dopo aver fatto tre passi avanti mi volsi verso uno sbirro che sapevo di Milano e lo pregai di portare il mio estremo saluto a mia madre e alla mia bambina. In quel medesimo istante uno sbirro parlò ali' orecchio del tenente e questi, dopo un « va bene, lo fucileremo dopo » m1 fece accompagnare dal capitano comandante il reggimento, il quale, dopo avermi rivolto due o Ire frasi insolenti, mi consegnò a due sbirri con l'ordine di tenermi sorvegliato e di consegnarmi al comandante delle SS tedesche appena fosse arrivato. Venni accompagnato in una piazzetta, e lasciato lì, appoggiato ad un muro, sempre con due angeli custodi per sorvegliarmi. Dall'altra parte della piazzetta vidi mia moglia anch'essa sorvegliatissima che mi guardava con fierezza e con gli occhi pieni d'interrogativi. Cercammo con segni di farei coraggio, vicendevolmente. Poco dopo il capitano si avvicinò a lei e incominciò ad interrogarla. Ella rispondeva con disprezzo, ma con calma, a tutte le domande rivoltele. Ad un certo momento il tenente si avvicinò a me accompagnato da una decina di brutti ceffi e mi disse di andare con lui « per un certo lavoretto ». Venni accompagnato presso un ponte, da noi mi- BiL nato in feced,nza, , mi o,din•rnno 1,vm l• DOOUMENTO PARTIGIANO mine. Essi si misero tutti intorno a cinquanta metri di distanza, con i mitra spianati ad evitare una mia evasione, ed io cominciai il mio lavoro che durò ben cinque ore! Ringraziando Iddio levai tutte le mine senza che nulla si verificasse. Dopo di che venni riaccompagnato di nuovo nella piazzetta, ove trovai mia moglie disperatissima perchè credeva mi avessero fucilato. ·Approfittando di un momento di distrazione dei militi mi avvicinai a lei e dopo averla rincuorata, vedendo inoltre la scarsa sorveglianza alla quale era sottoposta in quel momento, la pregai di fuggire al più presto per recarsi a Milano onde avvisare il Comitato della mia cattura. Dopo poco ella riuscì a scomparire. Pregai Iddio mentalmente per lei. Dopo un paio d'ore mi si avvicinò il capitano, domandandomi dove fosse andata. Risposi che la cercasse e che io nulla sapevo. Dopo diverse minaccie al mio ed al suo indirizzo diede ordine di cercarla. bestemmiando e imprecando con tutti. Solo a sera arrivò il comandante tedesco al quale venni consegnato. Egli mi fece portare nella cantina di una villa, adibita a comando, nell'attesa di essere interrogato, e lì passai la notte camminando in su ed in giù per riscaldarmi un po' àato che nulla mi venne consegnato, nè per coprirmi nè per coricarmi. Alla mattina incominciarono gli interrogatori scientifici tipo nazi-fascista, punteggiati da percosse a sangue, da minacce, ecc. ecc. il tutto aggravato dal fatto che nello zaino sequestrato avevano trovato dei documenti atti a far sospettare ch'io fossi il comandante in capo di una banda rossa. Convinti di ciò, come tale mi trattarono, volendo sapere da me molte cose. Per farmi «cantare» mi lasciarono sei giorni senza mangiare, senza giaciglio e senza nulla per coprirmi, co11 continui interrogatori giornalieri e relative torture e busse. Per intimorirmi venni accompagnato sei volte al muro per essere fucilato. La terza volta fu per me la più terribile e la più tragica ... Ricordo che il capitano tedesco, constatato che ,, non cantavo», mi fece tradurre ad Ornavasso. Qui mi vennero legate le mani dietro la schiena, fui condotto presso una villetta con il plotone di esecuzione alle spalle. Di fronte a me, vicinissima, vi era una finestra spalancata che guardava nell'interno di una stanza e in questa tre persone: una donna di giovane età che mi guardava con le lacrime agli occhi, un giovanotto che passeggiava in su ed in giù nervosamente, e una vecchia della presumibile età di ottanta anni che, seduta su di una poltrona, vicinissima alla mia finestra, tutta tremolante mi guardava con degli occhi stralunati, vitrei, quasi volesse scrutarmi l'anima. Quello sguardo non lo dimenticherò mail ... Dopo pochi istanti venne vicino a me il capitano tedesco e dopo avermi brutalmente scosso mi disse gridando: ,, io dire: eins, zwei, drei ... se tu al drei non parlare, caput I » e freddamente scandl l'ordine ... Non fiatai, non mi mossi ... Il mio pensiero in quel breve spazio di tempo era unicamente fisso a mia madre, alla mia piccola bambina ed alla mia donna che mai più avrei rivisto. Al « drei » mi raggomittolai su me stesso avendo la percezione netta di senlirmi le pallottole nella schiena. Passarono alcuni secondi lenti, rappresentanza degli interessi di una classe propriamente detta a quella degli interessi di tutte le forze del lavoro. • Far comprendere, ad esempio, alla piccola borghesia, che la socializzazione delle grandi aziende, lél nazionalizzazione del credito, la abolizione del latifondo sono mètc sue non meno di quanto lo siano delle délssi particolarmente interessate, significa mobilitare altre forze del lavoro per quella riorganizzazione sociale che è nell'interesse comune. Sui ruderi di una società che si è autodistrutta, le forze tutte del lavoro saranno domani le sole vive, capaci di ricostruire. Tra piccola borghesia e proletariato non esiste più un dissidio che possa essere conciliato o meno a seconda che si adottino gli espedienti del riformismo o l'intransigenza classista. Le esigenze dei lavoratori, a qualunque classe e categoria appartengano, sono oggi e saranno ancor più nel dopoguerra le stesse. Bisogna tener presente questa nuova realtà se si vuol parlare un linguaggio .che non suoni incomprensibile per coloro che, finita la guerra, vorranno lavorare, vorranno cominciare a lavorare per viYere. ' .. • Us. terribili ... Ad un tratto, mentre il capitano, scuotendomi violentemente, imprecava contro di me, forsennatamente, la vecchia che mi stava di fronte si alzò di scatto, tutta tremolante e con un gesto rapido · :.i sporse dalla finestra e presomi il capo fra le mani m'impresse un bacio in fronte, indi, aiutandosi con un bastone usci dalla villa, mosse incontro al capitano e gettatasi ai suoi piedi ed abbracciandogli le ginocchia, piangendo, con voce rauca gli gridò: « Noi no, basta sangue, bastai Se proprio volete ucciderlo andate via di qui, andate lontani ... Dio, Dio mio!». In quel momento ricordo confusamente che venni trascinato via violentemente e portato in una stanza delle scuole. Un nodo mi stringeva la gola, sentivo il cuore scoppiarmi, e per la prima volta, mi buttai a terra e piansi tanto. Il settimo giorno venni tradotto ad Infra e portato al Comando tedesco e lì mi gettarono in una lurida stanza. Qui, con un misto di gioia e di dolore, ritrovai parecchi partigiani che conoscevo, anch'essi catturati in quei giorni. Sorvolando i particolari, per brevità, dirò subito che, con continua ossessionante tragica prospettiva di esser fucilati fummo tradotti alle carceri di Novara. Dopo 37 giorni di sofferenze, di fame, freddo e sporcizia, essendo stati destinati alla deportazione in Germania, venimmo inviati alle carceri di S. Vittore a Milano e ammassati con tanti altri in un lurido raggio, una specie di bolgia infernale, in attesa della partenza del convoglio. Giorno e notte il mio pensiero lavorava incessantemente onde trovare un mezzo per fuggire. Giurai a me stesso che in Germania non dovevo assolutamente arrivare, anche a costo della vita. Sapendo per esperienza che veniv;imo tradotti su vagoni per bestiame, ermeticamente chiusi, pensavo che l'unico mezzo di scampo sarebbe stato quello cli fare un buco nel vagone, onde buttarsi dal treno durante il viaggio. Per attuare il mio disegno m'occorrevano però dei ferri. Avevo un temperino che per miracolo era sfuggito alle diverse perquisizioni subite, ma non bastava. Ci voleva un ferro robusto, una leva, insomma. Nella cella ove mi trovavo vi era un pezzo di spranga di ferro conficcata nel muro, che serviva ad agganciare la branda. Il problema era quello di poterlo sconficcare dal muro, senza essere scoperto. Presi accordi con parecchi miei compagni e dissi loro che alla mattina della mia partenza essi dovevano trovare un pretesto per litigare con le due guardie che ci sorvegliavano, gridando il più possibile onde sviare la sorveglianza e per coprire il rumore che io avrei fatto per svellere la spranga di ferro. E così avvenne. Nel trambusto io ed un mio compagno prendemmo la branda a quattro mani e cominciammo a menare colpi sopra colpi sulla spranga sin quando questa si sconficcò. Sorvolo i particolari su come ci fu possibile sottrarre l'arnese alle diverse perquisizioni che dovemmo subire prima di salire nel vagone. Dirò subito che fra uomini e donne eravamo complessivamente in 450, appartenenti a tutte le classi sociali e a tutte le età. Continua In aeoondapagina DaYaltaa SanFraneiseo Dumba,rton Oaks. Yalta, San Francis_co, ~re iappe sul cammino \·erso la nuoYa organ1zzaz10ne mondiale alla quale sarà affidata la pace del mondo. La conferenza delle J1azioni unite (alla qn&lc ·aranno invitate tutte le nazi<;>ni in g~erra con la Germania, comprese le 11ltune arrivate, Turchia Eo-itto ccc. ma escluse qnellc che furono in 1 pas~to alle~te d_ell'«~sse », c~mc l'Italia) avrà 1uoo-o a an Fran<:1sco 11 25 aprii<!. Il 24 la Russia d~vrà denunciare o rinnovare il proprio patto di amicizia con il Giappone: la situazione mondiale potrebbe dunque notevolmente mutare per tale data. Intanto i giornali di tutto il ~o~d~ commentando le <:lccisioni di Yalta, e le op1moru delle va rie ten,denze poli tiche sono tu t faltro che concordi. Il Times, del 13.3.45 crivc: . . « ... I fondatori de"/la Socielit delle Naz1,oni si preocc11µarono talmente dei diritti delle nazioni, che non poterono stabilire un ordine effettivo: I promotori del progetto di Dumbarton Oaks si ingegnarono a ragione per evitare questo errore, e con ciò si sono esposti al rimprovero opposto, di esaltare l"ordine a detrimento dei diritti nazionali. Occorre trovare una giusta misura applicabile. Tra fotte le forme di governo, i principi democratici sono i più difficili da applicare. l,a formula adottata dalla conferenza di Crimea per completare il programma di Dumbarlon Oaks può essere pienamente giustificata. da questo punto di vista pratico. Secondo qtiesfa_ fo_r~ mula, le grandi potenze accellano che i. dz_ssid~ che le concernono siano discussi da'l Consiglio di sicurezza. L'unico veto riservato alle grandi potenze concerne la messa in vigore rii sanzioni contro di loro. Ma questo veto deriva impliçita1nente dalla natura stessa di qualsiasi organizzazione internazionale . .. Tuttavia questo progetto è onesto perchè non promette più di quanto possa ragionevolmente compiere. Non dii naturalmente nessuna garanzia sicura contro il ricorso a"lla, guerra, nel ca90 in cui le potenze principali non arul~s~ro . più d"accordo; questa. P,aranzia, nessuna 1stztuz10ne, nessun patto potrebbe d'a,lfr01ule darla ... :o. * Yia William B~veridge. liberale, autore del famoso piano. sempre sul T~mes risponde: . . < ... il sistema pone le cinque potenze principali al di sopra del diritto stabilito per le altre nazioni ... Un piccolo paese in conflitto con una delle cinque potenze ... è formai mente privato di ogni speranza di protezione effettiva da p~te dell'organizzazione mondiale per la pace. Il nsultato inevitabile s:irà che i piccoli paesi dovranno cercare la loro sicurezza in alleanze o nella dipendenza da una o dall'altra delle ~~aneli poten: ze. Questo sistema, con le sfere d znf luenza, il famoso equilibrio, 'la corsa agli armamenti e tutta la sequela di oecchi trucchi ci conduce diritto a una terza guerra mondiale. » * L'Humanité, organo ufficiale del partito com1:1nista francese, nel suo numero del 17 febbrruo ha commentato le decisioni di Yalta in un editoriale dal titvlo significatirvo « Ya'lta, la nostra vittoria». Il giornale mette in rilievo la ferma volontà dimostrata dai tre grandi di distn1ggere il fascismo in Germania ed elenca i vantaggi che le decisioni di Yalta procurano alla Francia: posto onorevole nelJe r.>ro56ime conferenze inter.nazionali, parteciipaz..io~e all'occupazione della Germania e alla commissione di controllo di Berli,no che dovrà regolarne le 60r!i per il prossimo dopoguerra. Conclude che la Francia è già sul cammino per rid~ventare una gran?e poten~, ~a eh~ per questo occorrono gli sforzi concord1 di tutti 1• < Che nessuno si ritenga soddisfatto perchè ha parlato della grandezza della Francia! Si tratta di realizzare con gli atti le condizioni effettive di questa grandezza. » Il giornale non fa alcuna critica vera e propria al progetto di Yalta. * Il giarnale parigino Temps présen_t, socialista indipendente, critica violentemente 11 programma elaborato a Yalta. nel suo numero del 23.3.45. < ... I francesi non sono tanto ingenui da immaginarsi che i padroni dell'ora facciano gara di disinteresse e di altruismo. Ciò che li urta non è tanto il sordido realismo che ispira 'le decisioni prese, quanto la patina di idealismo con cui sono state imbrattate. Quando si mette fEuropa sotto tutela, amerebbero saperlo e udir chiamare le cose col loro nome . . . E' triste che la morte di diecine di milioni di esseri umani conduca a ciò. Il fatto è che i'l mondo è diviso da un triumvirato in zone d'influenza - "la parola è ancora modesta - che non lasciano alle piccole nazioni che il diritto di baciare la mano a quella delle tre grandi che le asservisce ... La feudalità non è morta: f eudalilà economica all'interno, in- . ternazionale all'esterno. La democrazia ha le spalle solide . .. ,, * Il gionale Combat (16.2.45), scrive ,pure in questo senso: . < ••• Il mondo sarebbe, in pratica, governato da un direttori-O di cinque potenze. Le loro decisioni sarebbero sempre applicabili a tutte le altre nt1zioni, ma se si rivolgessero contro una di loro, qriesta potrebbe sempre eluderle mediante l'esercizio del suo diritto di velo. I cinque conserverebbero così sempre 'la libertà di movimento che verrebbe sempre negata agli altri ... Certo, la Francia conserva 111 sua. Ma il compito della Francia è proprio cli proclamare ad alta voce che ciò non è giusto e che questa via sulla quale ci si conduce in nome della realtà, non tiene conto delle terribili realtà. che sono la potenza e la conquista, e che domani ci condurrwmo a nuova ,norie ... ». * A San Franci co la Francia sosterrà quesla coraggiosa tesi? Co~ì sembra leggendo un comunicato dell'agenzia ufficiosa francese d'informa.zioni .AiFP in daia 22 marzo. nel quale tra l'altro è detto: « ... il governo france se fa rilevare che la sicurezza collettiva rttppresenla una forza. Ma se 1nale orgaJiizzata, può anche essere causa cli debolezza. La Francia sarebbe disposta ad impep;narsi più di quanto non lo contempli il progetto di Dumbarton Oaks e al:l acconsentire a limitazioni della sun sovranifit in cambio di una migliore organizzazione internazionale. Si ammette tuttavia che nel periodo immediatamente post-bellico il mantenimento della pace dipende soprattutto daL 1a buona intesa delle grandi potenze"· A nessuno può sfuggire l'importanza di! qnesto chi-aro atteggiamento da parte del governo di De Gaulle.

Bil •• Basta sangue ! •• Continuazionedi prima pagina per avere delle medicazioni. Tutte le volte accompagnata dalla scorta di tre militi armati. Di questi ultimi due si trattenevano abitualmente vicino alla porta nel corridoio ed il terzo, col mitra spianato, faceva da guardia a/l'ingresso dell'ospedale che si intravvedeva da un finestrone del corridoio stesso. Mi trovavo dunque nascosto da poco quando mia moglie arrivò. Erano esattamente le 14. Le esposi in breve il mio piano e le dissi che alle 15 in punto essa doveva nuovamente trovarsi li dato che alle 15,30 partiva un treno per Milano ed io intendevo prenderlo a Beora, paese sito a 7 km. dalla città stessa. Attesi con ansia indescrivibile l'ora. Alle 15 precise essa arrivò tutta trafelata dicendomi che aveva preso la scusa di una medicazione e che i militi stavano al di là della porta in agguato. Non volli sentire nulla, in un attimo la travestii, poi piano piano, aperta la porta d'uscita, guardai fuori, indi feci segno a lei di seguirmi. Attraversai di buon passo, sempre con lei, il tratto che ci separava dall'uscita principale. Avevo il cuore in gola, la vita d'entrambi era in giuoco. Passando vicinissimo al finestrone con la coda dell'occhio vidi il milite che con il mitra spianato ci guardava con aria tranquilla. Sorrisi di compiacenza e strinsi f ortemenle il braccio alla mia compagna. Passarono pochi istanti e già ci trov,avamo nella strada. Ci mettemmo a correre sinchè raggiungemmo la bicicletta. La inforcai e dopo aver alla meglio caricata mia moglie, pedalai disperatamente. Dovevo guadagnare tempo e mettere la maggior strada possibile tra mc e gli eventuali inseguitori. Ma la disdetta volle che poco dopo una gomma mi si affievolisse; maledissi tutte le biciclette del mondo ma non di meno continuai a pedalare. Al quinto chilometro non ne potevo più, sentivo che se avessi continualo sarei caduto. Scesi dalla bicicletta lasciando la stessa a mia moglie perchè continuasse la strada ed io la seguii correndo a piedi. Finalmente, esausti, arrivammo al punto da vedere il vagone di coda del treno che partiva. Quel contrattempo non ci voleva! Non mi demoralizzai; nascosi mia moglie alla meglio nelle rocce, mi levai il travestimento onde rendermi presentabile e andai a cercare nel paese un luogo dove passare la notte sino alla partenza del primo treno del mattino e cioè alle ore 4. Anche questa volta la sorte mi favori e poco dopo una casa sicura ed ospitale ci accolse entrambi. Ma anche quella notte trascorse insonne per l'apprensione di essere da un momento all'altro scoperti, dato il gran numero di f ascisli che si trovavano nel paese. Al mattino ci dirigemmo verso la stazione ed in attesa de/l'arrivo del treno ci appiattammo in mezzo ai binari. All'arrivo del treno, in un baleno, ci trovammo sullo stesso, e questo senza che alcuno dalla stazione si accorgesse della nostra partenza. A Pallanza scendemmo. Poco dopo prendemmo il tram per Infra. Da qui un barcaiolo, a/traversando il lago, ci accompagnò a Baveno. Erav~mo salvi! Appena approdati ci abbracciammo con le lacrime agli occhi senza parlare, dato che la gioia ci soffocava entrambi. Canticchiando ci dirigemmo alla stazione esprimendo la nostra gioia anche con dei sorrisi di compiacimento che rivolgevamo ai militi che si incontravano ed alle 14 arrivavammo a Milano. Alle 14.30 raggiungemmo la nostra casetta dove trovammo mia madre, con amici e parenti che ci accolsero con grande gioia e commozione. Poco dopo, abbracciata mia madre con mia moglie e la mia piccola bimba, con occhi umidi di gioia, elevai il mio pensiero a Dio ringraziandolo della grazia che ci aveva concesso. Ancora una volta ai nazi-fascisti vennero strappate delle vittime! Una volta di più ero pronto a riprendere l'azione con /'apporlo della mia minuscola pietra alla grande costruzione della santa Causa che in un giorno ormai vicino porterà l'Italia a quel regime di libertà, di giustizia, di benessere che tutti, tutti i buoni italiani desiderano ed auspicano. Aldo S. La scorta destinata ad accompagnarci nel viaggio era composta da 220 ceffi della Muti armati di tutto punto i quali presero posto, una parie su due vagoni speciali corazzati e gli altri sulle diverse garritte dei vagoni. Fummo ermeticamente chiusi in 35 per ogni vagone e per vera fortuna a noi destinarono il vagone di coda. Appena rinchiusi e in attesa che il treno partisse, ci mettemmo subilo al lavoro, onde effettuare il nostro disegno. Con il temperino ,pazientemente, praticammo diversi fori nella parete di coda del vagone, cercando di occultarli con della mollica di pane ad evitare spiacevoli sorprese. Finalmente dopo 5 ore di sosta, verso le 20, partimmo. Lasciammo che il treno prendesse velocità, poi introducendo la provvidenziale spranga di ferro nei fori, facendo leva, incominciammo a svellare le tavole. Venti minuti dopo l'apertura era pronta! Ad uno ad uno, silenziosamente, ci calammo in mezzo ai binari. Qualcuno, data la velocità del treno, si fece del male più o meno gravemente. lo fortunatamente rimasi illeso e, finalmente, libero! Guardai sorridendo il treno che scompariva ed ebbi l'impressione che lutto, tutto ciò che mi circondava, sorridesse con me. L'unica amarezza era il pensiero per quei disgraziati che in quell'istante correvano verso la maledetta Germania. Che Iddio li accompagni sempre, pensai! Rimessomi un po' dall'emozionante momento, mi misi in cammino seguendo i binari con l'intenzione di trovare qualche persona per farmi indicare la località dove mi trovavo e la strada per Milano. Ad un tratto, in lontananza, vidi tre figure che a me parvero tre militi armati. Di scatto mi buttai, ventre a terra, sulla scarpata, fiancheggiante i binari, trattendo il fiato e con il cuore in gola. Appena i tre giunsero a pochi metri riconobbi chiaramente che si trattava di tre ragazzi armati di fucili da caccia che fungevano da guardiaf ili. Udendo che uno di di loro diceva: « bisogna vedere se c'è qualche altro ferito e soccorrerlo » istantaneamente un'idea mi colse. Appena quello in coda mi passò avanti mi alzai e messogli un dito in un fianco, a mo' di pistola, gli gridai: ,, mano in alto! ». Immediatamente i tre alzarono le braccia implorando pietà. Scoppiai in una franca risata e battendogli una mano sulla spalla gli dissi in perfetto meneghino: « lassa perd ... va là! tira giòo i man e pariemen pii». Spiegai loro chi ero pregandoli di darmi aiuto. Mi offersero ospitalità in casa di uno dei loro dove mi rifocillai, mi ripulii e mi feci la barba (datava di un mese) onde essere almeno presentabile. Dopo di avermi accompagnato sulla strada buona, con tutte le indicazioni, mi lasciarono facendomi gli auguri più caldi. Camminai tutta la notte e per buona parte del giorno e finalmente giunsi verso le ore 13 a Milano. Lascio immaginare al lettore l'incontro con la mia bambina e con mia madre che mi credeva ormai fucilato da tempo. Di mia moglie seppi solo che da alcuni giorni era partita per cercare di ricuperare almeno le mie spoglie ma dove fosse diretta nessuno lo sapeva. Rimasi a letto quattro giorni con un febbrone da cavallo dovuto agli strapazzi subiti. Appena alzatomi, e dopo essermi munito di nuovi documenti, onde poter circolare liberamente, mi misi alla ricerca di mia moglie. Fjnalmente venni a sapere che essendo andata a Domodossola per cercarmi, era stata riconosciuta e arrestata dai militi delle Brigate Nere, accusata di spionaggio, e in conseguenza delle busse subite nell'interrogatorio ed ai patimenti di ogni genere, era stata ricoverata a/l'ospedale della città stessa e lì stava ancora piantonata giorno e notte. Senza perder tempo presi il treno diretto a Domodossola dove giunsi alle ore 23,30. Sapevo che in quella città, dove avevo trascorso molti giorni durante l'occupazione, in qualità di partigiano, ero conosciutissimo, ma ero deciso a tutto usare pur di liberare mia moglie dalle mani di quelle belve. La stazione e la città erano gremite di militi armatissimi. Mi diressi, cercando di nascondermi alla meglio, in un albergo di mia conoscenza dove mi diedero rifugio per la notte. Si intende che dormii con gli occhi bene aperti in quanto nelle camere adiacenti dormivano i « pezzi grossi» delle Brigate Nere. Il mattino mi recai all'ospedale e, per mezzo di persona di fiducia, che per ragioni ovvie non posso precisare, malgrado la stretta sorveglianza, potei parlare a mia moglie. Domani ... Anche i bambini sanno che domani, a guerra finita, tutti potranno viaggiare in aeroplano. Chi oggi non si lascia tentare da fanta.stici piani avveniristici? Basta pensare un attimo al gigantesco sforzo di produzione e cli industrializzazione realizzalo durante questa guerra, per rendersi conto che quando tutte le macchine che gli uomini possiedono potranno produrre beni per il consumo civile, invece di armi, non solo la ricostruzione - per quanto estese siano state le distruzioni - potrà avvenire in modo rapiclissmo, ma lo stadio ste~ so d'ante-guerra sarà sorpassato d'impeto e il mondo, ritrovata la pace, s'incamminerà orgoglioso verso nuove sicure mète. . . . . Chi avesse dubbi su questa poss1b1l1tà d1 ripresa, guardi quanto s'è fatto in questi ultimi anni. Gli alleati hanno trasportato sulle.. coste della Manica interi porti smontabili messi in opera in poche ore; Stalingrado, rasa al suolo, dopo pochi mesi, « rispondeva » e manda\·a al fronte nuovi carri armati. Non v'è carenza di materia prima cui non si sia rimediato con geniali surrogati, sicchè anche i calcoli dei mineralogi che una volta usavano prevedere l'anno in cui il mondo si sarebbe trovato eenza petrolio o senza carbone ormai non ci spaventano più. L'umanità, nonostante la guerra, è sempre meglio agguerrita per asservire ai suoi bisogni le forze della natura. La nostra fantasia ha tutti i diritti di sbizzarrirsi. Eppure inconsciamente sentiamo che qualcosa ci trattiene dal prestar troppa fede a questo beato ottimismo, e il dopoguerra lo vediamo più facilmente nero di lutti e di miserie. Quali timori ci preoccupano? I giornali ogni giorno li esprimono. Da un lato l'uomo moralmente disfatto (il banditismo dilaga, nei paesi liberati; l'odio risponde all'odio, la violenza alla violenza); dall'altro il ristabilirsi cli vecchi antagonismi (caste che si aggrappano ai loro privilegi; occulte forze - ormai ben note - che sabotano generosi tentati vi cli rinno\'amento; la giustizia paralizzata da ignobili connivenze che sopravvivono tenaci al dolore della guerra). Più o meno, è ùappertu tto così. E le voci di colo1~0che vogliono rinnovare il mondo - abolire le frontiere. socjalizzare la produzione - suonano utopistiche alle orecchie cli chi guarda la realtà Tra questo dualismo estremo, il semplice buon senso scompare. E proprio in questo «semplice buon senso» sta la chiave del futuro che ormai ci appartiene. L'incontro rimarrà in me impresso fino all'ultimo La politica ci delude. Chi ha fame non h~ tempo di badare alla politica, e i politicanti giorno della mia esistenza! Cercai di rincuorarla sembra provino un sadico piacere ad arzigoraccomandando/e di esser calma e tranquilla e le golare tra di loro. Ogni partito proclama indissi di tenersi pronta per una eventuale fuga, dan- transigente ch'egli Bolo detiene il vero segredole le istruzioni del caso. Ripartii per Milano un to per dare agli uomini pace giustizia bene& sere. Ogni partito promette pace, giustizia e po' più sollevato formulando piani per una possi- benessere. E prima di tutto la pace. bile evasione. Dopo tre giorni il piano era trac- Ora, oggi, è divenuto molto difficile inganciato. Allo scopo di poter travestire mia moglie mi narci, perchè certe teorie economiche e politimunii di un. cappotto, un velo nero, scarpe e calze che, che una volta erano riservate a chi aveva. tempo di leggere grossi trattati. sono pa5:5ate dell'egual colore e un paio d' occhiali. Per me invece nella coscienza comune. La 6 uerra ha d1mouna tuta d'imbianchino, uno straccio di berretto ed strato l'infondatezza tanto di chi saccenteuna sciarpa di lana. Fatto un pacco di tutto quanto mente proclamava la burocrazia dell'URSS d d b l incapace di promuovere l'industrializzazione partii per Domodossola spe en o, come agag io di un paese cosl vasto e primitivo (ripetendo il appresso, la mia bicicletta. Vi arrivai alle 11,30. mito del colosso dai piedi d'argilla), quanto Svincolai la bicicletta e mi allontanai nella campa- dei rivoluzionari che negavano all'industria cagna per travestirmi. Dopo di che mi diressi all'o- pitalistica anglo-ame1:icana (b~·iU_ante'sl: m3: caotica e incontrollabile} qualsiasi capacità d1 spedale. Prima di entrare lasciai !n un vicolo vicino uno sforzo concorde, assiduo, coordinato. Le la bicicletta appoggiandola al muro e augurandomi necessità della guerra hanno fatto compiere mentalmente che non scomparisse. Appena in ospe- ad ambedue i sistemi miracoli mai visti sino dale incaricai la persona già accennata di avvisare ad oggi: sbarchi operati. con la precisi_one di 11 l d un movimento d'orologeria; valanghe d1 fuoco mia moglie della mia presenza. Vicino a a sa a i esatte come una lama di coltello (i proiettili medicazione si trovava una piccola stanza d'aspetto arrivano, vengono sparati, ma subito ve ne dove mi nascosi. In questa stanzetta v'erano due sono altri, intanto si raccolgono i boSS?li. e porte: una verso un'uscita secondaria e l'altra che nelle fabbriche si lavora, una linea ferroviaria. dava nella sala di medicazione. In quest'ultima poi interrotta è subito riparata, la benzina, compiuto il giro del mondo, giunge esattamente una porta serviva per l'accesso dei malati dall'in- nel serbatoio del carro armato che non si ferterno dell'ospedale. Mia mogUe, spesso, s· r-ecav2 i ~dli uomini mangiano, dormono, si danno il turno. rice\·ono regolarmente cioccolatta e sigarette, i feriti ono subito curati, evacuati, i morti sepelliti, il loro nome registrato e telegrafalo alle famiglie. ma comunicato con i debiti riguardi, l'aeroplano non manca mai dorn la fanteria 10 i-hiama per telefono. le cl onne riparano gli ahi ti dei soldati, i soldati vanno in licenza per sposarsi, per vedere il figlio appena nato, i giornalisti sanno tutto dappertutto, le navi viaggiano, malgrado i sottomarini, la -scienza, nei laboratori. fa progressi da giganti, dietro il fronte si allestiscono teatri per gli S\·aghi della truppa, nessuna energia è trascurata, non un bisogno è dimenticato). La guerra d'oggi è il più bel miracolo che la tecnica sino ad oggi abbia compiuto. Che soltanto la guerra possa stimolare gli uomini a' compiere miracoli? L'avvenire minaccia di nuovo la disoccupazione. E ormai tutti sanno che la disoccupazione è l'inizio cli una nuova guena. L'evidenza di questo dilemma non sfugge più a nessuno: l'umanità possiede una macchina; perchè gli uomini possano vivere dev~n0 poter consumare i beni che questa macchrnit produce (cibi, abiti, case, automobili ...}; ma per questo occorre che la macchina li occupi tutti, rimunerandoli per il lor 0 lavoro, perchè soltanto col rica\'ato del pl'Oprio lavoro ognuno può partecipare al consumo dei beni socialmente prodotti. :-.;on v'è problema - teoricamente - più semplice; la realtà dimostra che in pratica è il più tenibile rompicapo che assilli l'umanità. E la realtà ha anche dimostrato che poichè l'uomo non può attendere pe1· mangiare che i politicanti. gli economisti, gli scienziati abbiano risolto questo rompicapo e si siano messi d'accordo, al primo screzio che ai verifica, al primo vagone di caffè gettato nel mare perchè invenduto e al primo operaio licenziato perchè le venclit~ sono in regresso. i governanti non hanno che una via possibile: afferrare il megafono della propaganda, parlare di onore, di potenza e di gloria; ~hiudere le frontiere, aprire le fabbriche di armi, e aspettare tranquillamente che un'altra guerra maturi. « Questo scherzo - dice l'uomo della strada - è durato abbastanza. Che la colpa aia di Dio o degli uomini, per mc, poco impo1-ta. Esistono uomini - politicanti, economisti, utopisti o realisti che regolarmente mi promettono pane e pace perchè li ficgua; e il mondo mi dà fame e guerra; ma non per questo i falsi profeti disarmano. e riprendendo il loro ritornello, cercano d'ingannarmi ancora. L'unica vendetta è di lasciarli soli, e cli pensare ai fatti miei». Naturalmente questa non è una soluzione. Non importa: il quadro del mondo non è ancora completo. Il mondo è dominato eia un irrefrenabile progresso tecnico (che segue il progresso scientifico puramente speculativo) sicchè la macchina di cui abbiamo parlato produce sempre di più con meno lavoro, fraziona il lavoro rendendo gli uomini sempre più - necessariamente - solidali tra di loro, aumentando da un lato le ricchezze prodotte, diminuendo dall'altro le possibilità d'impiego. Sempre più complcs.sa, più fragile, più pericolosa da maneggiare, diventa questa macchina, e le crisi, se si verificano, diventano sempre più catastrofiche, irreparabili, uni versali. Mentre ancora si cerca la soluzione dei problemi di ieri, già i dati di oggi li hanno sorpassati, e come l'uomo che ha fame, non può aspettare per mangiare che il mondo sia « n. posto>'. così gli scienziati, afferrati eia un processo che li domina, non si fermano per aspettare che gli uomini pratici abbiano adeguato il mondo alle conseguenze delle loro scoperte. E ancora un'ultima constatazione. Le meraviglie tecniche della guerra odierna hanno però riconfermato che la mente degli uomini non solo è capace di organizzare la produzione, ma anche la distribuzione (cioè quanto più manca in tempo di pace), che è capace di pianificare il mondo, coordinare gli sforzi, far giungere ad ogni generale i cannoni che gli occorrono, ad ogni soldato le sigarette senza le quali non starebbe tranquillo, tutto questo µurchè una necessità superiore lo esiga, pt11·chè il bi. ogno sia chiaramente oggetti~ Yato (e per ogni parte, l'oggetto finale degli sforzi è il supel'ameuo clclla parte avversa}, purchè \•i sia costJ"izione, neceseità cli vincere, pena la rnol'tc. E, come per incanto, questa me1·avigliosa organizzazione svanisce quando più nulla divide gli uomini, quando non esiste più un nemico noto che ci dica: « e domani trecento cannoni non saranno in quel posto, il nemico passerà e \'errà ad ucciderti». Ci manca un ll)io che ci governi. Dobhiam 0 rassegnarci alla nostrn congenita in:-;apacità. di auto-governarci? Il mondo di domani, il mondo che facilmen1" ci immaginiamo in questi anni terribili, mondo di pace, cli armonia, di benessere, don-à sempre rimanere soltanto un sogno? ~o, assolutamente no, noi lo vogliamo. sapoiamo che \·erl'à, se non per noi, per i nostri figli. Gn amico comunista in questi giorni mi clice\·a: « Se fino acl oggi il li\•ello medio di vita dei la\'Oratori ncll'UR'S è rimasto in generale inferiore a quello di altri pape i capitalistici, la causa va ricercata nella necessità per l'UHSS di risparmiare ogni ricchezza appena superflua per industrializzare nel più breve tempo possibile un paese ch'era tra i più arretrali del mondo. E quando l'industrializzazione fu a buon punto, la guerra si profilò all'orizzonte, icchè i bisogni della vita civile dovettero essere ancora una mila trascurati di fronte alla impellente necessità cli armami per vincere la guerra. ~la il giorno in cui ogni minaccia dall'e terno sarà scomparsa, allora si vedrà la importanza per i larnratori di vivere in un pae e do,c lo stato socialista non solo sviluppa mcioclicamcntc la pl'Oduzionc, ma assicura al contempo la ripartizione clei 'prodotti a ciaf;Cun0 secondo i suoi bisogni. Il livello medio di vita non solo raggiungerà, rua sorpasserà rapidamente quello di tutti gli altri paesi, e mano a mano che nuove scoperte scientifiche permetteranno di produrre di più lavorando meno, Si ridurranno per tutti le ore di lavoro, mantenendo inalterato il benessere, anzi migliorandolo, concedendo a ciaecuno maggiori ozii e maggiori libertà per sviluppare liberamente le proprie capacità, fisiche o intellettuali. Al regn 0 della necessità, secondo Marx, sarà subentrato il regno della libertà». Che pensano i conservatori di questo progrnmma, i conserq1.tori in senso largo, cioè coloro che non ritengono che l'ordinamento capitali tico della società debba essere radicalmente rirnluzionato? Pensano che anche loro lo saprebbero realizzare, o piuttosto che si realizzerebbe da è, mediante l'iniziativa pri- \ ata, la libera concorrenza, la politica della porta aperta, la legge della domanda e della offerta ... Anche loro. consci ormai della necessità di evitare le crisi - non fosse altro per non perdere lo strumento del loro dominio, dato che oggi s·è visto che le guerre toccano anche i capitalisti, nel paese vinto, ed è improbabile che i capitalisti tedeschi si salvino, se non fisicamente, almeno in quanto capitalisti - anche loro sanno che debbono trovare sempre nuovi acquirenti per i loro prodotti, e che questi acquirenti non possono essere che i loro stessi salariati, ai quali occorre aumentare co tantemente il potere d'acquisto: anche loro. in definitiva, pronosticano nel mondo di domani - senza guerre - un maggior benessere per tutti. Gli uni conf'idano nelle virtù taumaturgiche dello tato, gli altri nelle virtù auto-equilibratrici della libertà. Li accomuna un identico presupposto: la necessità cli conservare al mondo la pace, che si traduce nella medesima conseguenza: un fatale progresso del benessere di tutti, un fatale: « lavorare meno e vivere megTio ». Tra queste due tendenze estreme esistono infinite sfumature, ma ciò che importa è che nessuna prevede freddamente le guerre quale toccru;ana di ogni crisi, che tutte pronosticano per la vita degli uomini una continua a.scesa verso un maggior benessere. Lungi da me di voler mettere tutti i « sistemi» economico-politici sullo stesso piano. Li differenzia non soltanto una più esatta valutazione «scientifica» della realtà, ma anche una buona parte di mala fede che, a lume dei fatti. appare oggi lampante almeno per co1oro che in nome della giustizia predicano la difesa di patrimonii male accumulati o in n0me della libertà, il diritto di conservare i propri privilegi. i\Ia prescindendo da quella che è la politica vera e propria, da quello che sono i « sistemi » intesi come mezzo, una comune affinità li avYicina, questi diversi «partiti>', come raggi verso un unico centro, al quale più o meno sapranno in pratica avvicinarsi, centro che racchiude in germe la medesima deficienza per tutti. Avrà la vittoria i 1 « partito » nel quale si saranno schierati gli uomini che avranno saputo superarla. Si promette agli uom1111il benessere. Che cos'è questo benessere. al quale fatalmente andremo incontro, se saprem 0 evitare le guerre? 1ei cinema degli Stati Uniti vengono oggi proiettati dei piccoli film di propaganda che, per incitare il pubblico a sopportare i disagi della guerra, lasciano intravvedere quale potrà er;sere il m0ndo di domani: un signore, per esempio, riceve degli amici nel proprio appartamento; combinando impulsi elettrici sopra una tastiera, ottiene immediatamente tutto quanto desidera senza alcun intervento umano: cibi e bevande d'ogni genere, qualsiasi gradazione di luce. qualsiasi temperatura dell'aria, musica classica o leggera, televisione, giornali dell'ultima ora. Tutti fumano, l'aria condizionata rimane sempre pura. Non è difficile immaginare il resto da sè: moriranno uno ad uno i misteri del nostro pianeta che ancora oggi ci affaacinano; il minimo viaggetto di piacere ci condurrà come nulla alla Terra ciel Fuoco; ma la televisione ce l'avrà già fatta conoscere e si tratterà soltanto di controllare la perfezione raggiunta nella trasmissione delle immagini, dei colori, dei suoni, degli odori. La medicina ci farà vivere più a lungo, senza malattie. Scendere in paracadute sarà uno scherzo. Gli aeroplani atterreranno sui tetti. In ogni stagione, in ogni luo-

Problemi elettorali Italiani Oantlnu•~lane 12. Abbiamo dello nel numern precedente che la stabilità ciel governo., necessaria all'ordinamento dello Stato. si ottiene, a noslrn giudizio. soltanto con la formazione di una omogenea maggioranza parlamentare e ohe, cli conseguèJna, il partito socialista e i partiti democratici dovrebbern ricercare un sistema elettorale il quale consenta e aiuti la formazione della maggioranza. Tale ~istema, cui altri ha già accennato, po• frebbe essere a un dipresso quella di cui indi- -chiamo qui le lince generali. Stabiìito il numero dei deputali as cgnali al! .. Camera (il tradizionale numero di 508 deputati fu portalo, dopo l'altra guerra. a 535 in seguilo :ill' an ucssionc di nuove provincie); de. limitate le circoscrizioni eletlorali, le quali dovrebbero a,·ere carattere interprovinciaic, essendo risultale troppo vaste quelle a base regionale: assegnato ad ogni circoscrizione il numero dei deputati ad essa spettante, e nui proporremmo cli stnbilirc un deputato pe1· ogui !l0.000 abitanti: le elezioni dovrebbf'rO aver luogo in due ·rrntini: il primo per eleggere, col sistema della proporzionale, i tre .quinti dei deputali assegnali alla circoscrizione; il secondo, da tcner!,i a distanza -di 15 o 20 giorn.i, per ekggerc gli altri due quin~i, ma non p{ù con il islcma della proporzionale, sibbene con il si tema maggioritario, assegnando gli interi due quinti a quella li ta che consegui se il maggior numero dei voti. Come ognuno vede il isl.ema propost? è un sisl.cma ibrido: ma quc:51.oin sè è co a d1 scarsa importanza. Un sistema elettorale non è uri sistema scientifico, ma un mezzo per raccogliere la ,olonlà dei cittadini. Le JJecessitù pratiche e politiche debbono perciò ,prevalere su ogni considerazione astratta e pura men t~ dottrinaria, quando si riesca a raggithngere gli scopi prefissi. L'obbiettivo del i tema è di conseguire la costituzione di una maggioranza di governo: e vi si riesce, con il secondo scrul.inio. Il primo scrutinio vedrebbe lo schieramento autonomo dei partiti, e i risultati costituirebbero una 'Preziosa guida di cnndotta ,politica ed elettorale per il econdo scrutinio. Il quale si ter• rebbe a distanza di 15 o 20 giorni iper dar modo ai partii.i politici, tratta dalla prirn~ prova la realtà della situazione, di prepararsi al nuovo cimento con chiara coscienza dellf: possibilità e delle conseguenze. Si intende che al secondo scrutinio i partili don-ebbero avere facoltà di presentare nuove liste, senza che !c. !Presentazioni, le dichiarazioni e le accetta· zioni del primo ::crn tinio. costituis ero ,incoli <li sorta. Per la assegnazicne. a secondo scrulin.io. dei due quin li dei seggi, non si richiederebbe, nece.,sa.riamente. la maggioranza as oluta dei voti, e la lista che conseguisse il più alto numero di suffragi guadagnerebbe per intero i seggi medesimi. ~lussisterebbe, perciò, è ver_0. la possibilità di villoria della minoranza più forte, e ehe questa minoranza diventasse maggioranza di gover.no; ma tale possibilità sarebbe una conseguenza voluta dalla volontà e dalla sovranità popolare e non già l'effetto della leo-ge elettorale. I partiti politici non i~norer<ilibero la portata e la decisiva iafluenza del secondo scrutinio: ed i risultati elettorali del primo sarebbero lì con la insuperabi_lE: el?<1~1en~a~elle cifre a ~re~n~unciare le dec1s10ni finah, L uro a. da apnrs1 <l1nuovo. non sarebbe più cieca. Tutto invece, sarebbe chiaro e manifesto, a meno che un pentimento 110n intervenisse nel corpo elet~orale (e ii secondo scrutinio servirebbe anche a far :,ì che i risultati definitivi rappresentassero, in profondità, i senti_me.nti popola_ri e non_ una fiammala di entusiasmo od un impelo d1 rea• zione). Chiaro e manifesto, in modo che i partiti po· trebbero decidere, a ragion veduta, se coalizzarsi perchè la vittoria arridesse alla maggioranza assoluta o combattere divisi e lasciare il successo alla minoranza più forte. Nessuno avrebbe il diritto di dolersi della decisione. go si potranno mangiare fragole, meloni, ostriche freschissime. Eppoi? Un mondo senza guerre non potrà esaere che un mondo di ghiottoni ? Rimangono le « facoltà fisiche e intellettuali» che si avrà tutto l'agio di sviluppare. Secondo la stessa tesi marxista, dunque, il mondo della libertà, il mondo di domani. implica un capovolgimento della prasei, fondamentale per la nostra vita .. Mentre _si~o ad oggi le preoccupazioni economiche cost1tu1vano il centro della nostra attività, e il nostro fervore attivistico si eeauriva nella dura lotta per procacciarci gli alimenti, domani, sempre più liberi e materialmente pìù ricchi, le attività contemplati\·e e speculative dovranno prendere il posto lasciato vuo~o da_lle _P_reoccupazioni economiche? Ma l'ozio dei m1l10nari e la noia che li uccide, non è una vana met~fora. Quanti sono gli uomini cJ-~e hanr.io saputo esaurire il loro « slancio ~1tale » m pure atti vi tà speculati ve, lottando cioè con se steSSi e non con i loro simili? Socrate, .Montaigne, Kant... Gli artisti lotta_no coI1: le p~- role con la materia, con i suoni, con 1 colon. Gli 'scienziati lottano conti;o i mi.steri della natura. Senza contare ch'è difficile dire fino a che punto quooti grandi non abbiano pure « lottato », col pensiero se non con la forza, contro il pubblico che li doveva a.scortare. E gli altri? Nemmeno in un mondo di benessere scompariranno le mogli infedeli, i mariti gelosi, gli uomini b_elli e gli uomini brutti, gli intelligenti e gli stupidi, coloro che la voce della coscienza imbarazza e coloro che non se ne curano i deboli e i forti, i felici e gli infelici. Vi sarebbe sempre chi è felice senza accorgersene e chi sa di essere infelice. J\.essun uomo potrà mai far ecomparire quoote umili realtà che oono il fondament~ dell'unica vera felicità o infelicità che <'.,ontl per l'uomo. Chiamiamole ingiustizie di Dio, o giustizia di Dio a noi inconnscibile: sono là, nessuno le può spostare, sono il nostro cibo. I patriottismi e le guerre, lo spirito di corp_o e le rivalità tra gruppi umani nascondono mirabilmente nella gioia di presunte vittorie o nel dolore di immediate sconfitte, queste « umi- !: realtà.-4. c°'neto_,,çhe Juòm,p nn viva cn Ove i rpartiti org·anizzali lascia scrn Jjbcra hi strada al pù numeroso. e creassero volontaria. mente la possibilil.à di Yittoriu alla pu:·J maggioranza legale, è c,·idente che quest'atteggiamento avverrebbe perchè il risultato non costi tu ir~bbe, nelle preYisioni. nè un perico!o nè una minaccia; e per i pericoli concreti clw potessero essere portati dall'ulteriore sviluppc, dcli.a situazione politica sarebbero remora s1• cura. oltre le guarentigie costituzionali cli ca· ratte re generale e pcrma nen le. l'isli tu to elci rcferend um popolare cd il diritto di iniziativa e di revoca che un regime democratico clonù avere in onore. Noi siamo e restiamo fedeli al principio cl<' mocratico che il go, cmo spetta alla mnggi,,- ranza, ma respingiamo il criterio che nessuno debba g·ovcmare quando il paese si frazion·1 in tante mi,noranzc: e -pensiumo ed affermi;i. mo che un sistema elettorale il quale non impedisce alla maggioranza cli formarsi e di govc!·narc e nel~o stesso tempo ~onscnle a tull.c le mmoraozc di avere un egg10 ed una Yocc. quel sistema è veramente e profondamente' democratico. Se invece la soluzione della maggioranza r<'.· lal:va apparisse danno a ed inopportuna sin dai comizi elettorali, i partiti si coalizzeranno fra di loro. Ma la coalizione che i vecchi istemi cli rappresentanza proporzionale lasciavano agli eletti cd alle manovre parlamentari, dovrebbe farsi, per la nuova legge, orima delle elezioni, al co petto degli elettori. Fatte darnnti al co1po elettorale le coalizioni a vrebbcro senza dubbio una serietà cd una durata di gran lunga maggiore nlla durala ed alla consistenza degli accordi parlamentari. 1n tal modo l.Q conlinuil:ì del governo sarebbe assicurala. 13. Certo. il sistema proposto non può anda.ri: esente eia critiche. Si è, infatti. detto che con il scc()ndo scrutinio tale sistema potrebbe portare a risultati opposti a quelli prefissi, nel senso che. cono ciuli i risultati del primo crutinio eletloraìe. potrebbero i partili minori coalizzarsi fra loro all'unico scopo di impedire la vittoria ciel partilo maggiore: coalizione puramente elettorale che non si trasformerebbe in una coalizione di governo, ma si scioglierebbe ubito ad elezioni avvenute. Con la conseguenza che verrebbe mantenuto il frazionamento dei partiti. mancherebbe ogni magg·ioranza governativa e resterebbe danneggiato o diminuito il part~to maggiore. L"obbiezione merita la_ m~gg1or riflessione. Se essa fosse esalta 11 sistema perderobbe la sua ragione di essere. Ma, !~1 verità. a chi scrive l'obbiezione appare ptu un'ipotesi astratta e dialettica che l'enunciazione di una pos ibililà pratica e concreta. Quarant'anni di esperienza a collegio uninominale accertano che, in votazione di ballol.- taggio, i partiti minori non si coalizzano fra loro soltanto per avversione al partito più forte, ma si raggruppano secondo le affioitù programmatiche o ideologiche. Non c'è ragione ~ dubitare che così non sia anche nell'avvemre. H. Se così non fosse. dovremmo deciderci senz'altro per un sistema maggioritario ad u,n\co scrutinio con la proporzionale per le m111oranze analogamente a quanto abbiamo pro:postc., per le elezioni ammin.istrative. Bisognerà al· lora assegnare alla maggioranza i tre quarti o almeno i 2/3 dei seggi statali, ossia trecentonovanta o almeno trecentoquaranta deputati su 520 seggi e lasciare i rimanE;nti alk minoranze; e bisogperà far luogo a circoscrizioni regionnli e non già interprovinciali, affinchè la ripartizione dei seggi tra le minoranze avvenga in misura più equa, senza sacrificio di alcun partito. Non paia eccessiva l'assegnazione proposti:! per la maggioranza. Per quanto forte, uJ1 partito politico od una coalizione non riuscirà mai a vincere in tutte le circoscrizioni elettorali. Ci saranno sempre, nel paese, alcune zone in funzione di una lotta è oggi talmente diffuso che già si propongono surrogati agonistici delle guerre: gare sportive, rivalità scientifiche o tecniche, tornei d'arte e cli cultura. Assistiamo al tentativo di una ultima codificazione della guerra. Ma che la guerra d'oggi abbia travolto quel poco che s'era sinora praticamente codificato dovrebbe farci riflettere sulla vanità di simili riforme dall'esterno. Cosa faremo in un mondo senza motivi di lotta? Li inventeremo? Oppure dobbiamo ri· nunciare all'idea che possa esistere un giorno un « mondo migliore », e rassegnarci a sopportare guerre sempre peggiori? La debolezza di questa domanda, e ognuno faccia un sincero esame di cosc1cnza, sta tutta nella proounziont- che il mondo migliore che vogliamo cootrnire sia un mondo migliore per ognuno di noi, un mondo socialmente migliore che compia il miracolo di essere anche individualmente migliore. Vogliamo un mondo che garantisca ad ognuno la propria felicità.· Vogliamo guarire mali inguaribili. ~è le guerre, nè la miseria sono mali inguaribili, ma lo saranno fin tanto che fallaci illusioni ci spingeranno a sperare dalla guarigione di queeti mali trascendenti miracoli che sfuggono al dominio degli uomini. V'è una i ngi uslizia terrena e una ingiusti zia divina che anche i miscredenti non possono negare (e che i credenti spiegano col mistero del peccato originale e della redenzione). La prima ingiustizia (guerre, miserie, inutili dolori che vanamente ci procacciamo nel desiderio di superare il nostro miserevole stato), è per nc,i un impegno d'onore di vincerla; ma non a\'remo l'animo mondo pe1· affrontarla fin tanto che non avremo trovato in noi (con Dio o senza Dio) una « ragione sufficiente,, per sopportare l'ingiustizia divina. Il bimbo si fa uomo quando ha imparato ch'è inutile picchiare lo spigolo contro il quale ha battuto la testa. Meno chiederemo e più otterremo (dalla politica, dalla scienza, dalla tecnica, dal nostro proosimo). Se il mondo di domani verrà, non sarà nè un mondo di ghiottoni, nè un mondo di felicità: sarà soltanto un moneto pulito, un mondo nostro, una dolce vendetta degli uomini di fronte ai cluri misteri dell'in· conoscibile. L. c. in cui quel partito o q11rlln coalizion" 1pur essendo la più numero~a. considerata nella g·cneralità della nazione) arà in minoranza. f n concreto. la maggioranza riuscirà sempre i11fcnorc u 390 e a 340 e la minoranza risulter.i !-Cmprc upenorc ai 130 o ai 180 deputali. E se per an·enturn accndessc che. pur con i sistemi maggioritari qui proposti. il -partito o la coalizione più forte non riuscisse a raggi1111. gere la maggioranza assoluta -dei seggi in conseguenza della ineguale distribuzione delle forze politiche sul terril.orio nozionale. tutt.a- , ia quel partilo o quella coalizione conqui• sterebb(' certamente un gruppo di rap,presenlanti talmente numeroso eia potere con estrema facilità accordar i eo11 11n altro gruppo e rormnre la maggiornnza. I, •01•,li ne di elezione 15. La 1·apprescnlanza proporzionale, così come era stnln congegnata <lalla legge del 1919 e dalle successive, presenta,·a anche altri difetti. minori certo di quello rclati,·o alla formazione di una maggicranzn di governo ma tale sempre da richiedere nondimeno la loro rimozione. Que.sl.i altri difetti derivano da i criteri adottali per la dete1111inazione dell'ordine di elezione, e più precisamente dcrirnno dall'aYere ia legge in!roclotti i voti di preferenza ed i voti aggiunti. Che co a siano questi Yoti e come giuochi110 nel meccanismo elettorak ognuno lo sa; e chi ne ha veduti gli cffel.li i11 ltalia nelle elezioni politiche del '19 e del ·21 sa che tali Yoli creano competizioni di caraltcre personale verame11le poco edificanti frn i candicluti della medesima li ta. E per eh più, conseguenza anche peggiore, avvenne inoltre tal rnlta che i maggiori centri della circoscri· zionc elettorale, disponendo di un maggiore e più compatto numero di voti, riuscirono a fac cleg·gcre i proprii candidati a prefcrenzn ed a danno dei candidati dei piccoli centri e delle campagne. 1·eccorta alchimia dei comitati elettorali. i quali si erano industriali a dosare la lista con rappresentanl.i di tutte le zone territoriali influenti. veniva sconvolta dalle predilezioni incliYiduali fiche degli elettori. Ne C'onscguiYa che molte zone non veclcnrno fra gli eletti i propri preferiti (nell;i circoscrizione di Firenze, ad esempio. nella elezione del '21 su 14 deputali 6i ebbero eletti 12 candidati di Firenze città, e due soli fra 1 Yari candidati di tutte le altre zone) e che tra quelle zone e gli eletti si Yerificava una scissione. I rrupporli fra i piccoli centri e gli eleth Yenivano meno con delusione degli, elettori i quali finivano per avere l'impressione di non aver più rappresentanti propri. L'eletto. dal canto suo. trascuraYa le località minori un po' perchè l'ampiezza della circoscrizione elet: torale rencle,·a faticoso il suo lavoro, un pù perchè tali localil-ì influivano debolmente :mi risulrali personali della votazione. La cura dc- ~li interessi nmministratiYi del piccolo centro. la stessa µropaganda politica in esso riman~- vano abbandonati, di regola, ai comitati dd luogo. Tutt'al più il deputato vi compariva all'avvicinarsi delle elezioni, e questo era uno spettacolo pocc educatiYo. Per stabilire l'equilibrio fra le varie iparli delle circoscrizioni elettora I i e togliere una sorgente di competizioni meschine. bi~og'11~• abolire i Yoti di preferenza ed i voti agg1unt1, e congegnare un altro metodo -per tablirc l'ordine di elezione. 16. Uno scrittore ha proposto di conservare le :preferenze, limitandole ad un solo voto e disponendo che il candidato, il quale raccol~a il maggior numero di voti preferenziali abbitt. per leg"'e, la facoltà di designare fra i candidati rleila propria lista quelli che debbono ri• coprire i seggi spettanti alla lista medesima. T n tal modo lo scrittore crede cli e"itare gli inconyenienti derivanti dai YOli preferenziali; ma tale credenza ci appare del tutto errnt.a. Con un metodo siffatto le gare tra i cand-i<lati non cesserebbero e continuerebbero a sussistere gli altri inconYenienti a cui abbiamo accennato perchè attorno ai più a~t<?revoli d\ ~iascuna lista si formerebbero distinte coal1z1oni di compagni i quali off rireb~ero i v~ti preferenziali cli cui potrebbero disporre 1n cambio dell'impegno di essere poi designali qual i eletti. 17. J n alcuni sistemi elettorali l'ordine di elezione è dato dall'ordine di lista; ma anche questo metodo ha sollevato e solleva numerose obbiezioni. Si è detto, sopra tul.lo, che i comitati clcltorali acquisterebbero troppo ampi poteri se potessero stabilire anche rordine di elezione. Questa obbiezione, inYero, non sembra abbia molta consistenza. Una simile potestà costituirebbe certo una facoltà minore della potestà, che i comitato hanno, di co1:1pilar_e la lista. Poi non è nemmeno vero che 1 comitati siano gli arbitri assoluti in ~ateria di elezioni: di rc17ola, i lavori dei comitati sono sempre controllati, modificati? app~ovati 1alle assemblee di partito. Tutt al p1u considerare l'ordine di lista come ordine di prcf erenza e di elezione potrebbe dispiacere ai candidali che non si trovassero ai primissimi posti. Ma questa sarebbe faccenda di ca~attere personale e di caral.lere interno di ciascun partito; e se per-ciò molti declinassero la can· dida tura e 11011 si l.rovassero candidati oltre un certo numero, non sarebbe un gran male. Le liste conterrebbero una buona volta solo quel limitato numero di candidati che avessero probabilità d·i riuscila: e ne guadagnerebbe la serietà delle competizioni elettorali. Contro l'ordine di lista, inYece, sta a nostro giudizio un'altra obbiezione, la quale a noi s~mlna fondata e <lcfinitirn: rordine di lista porterebbe nl sacrificio dei centri minori a Yantaggio dei maggiori, ove, di regola, i partii.i sono più numerosi e più organizzati. Questi centri maggiori serberebbero a sè i primi posti e ne risulterebbe. per altra via, lo stesso grave inconveniente. del q1ialc abbiamo parlato a :proposito dei Yoti <l~ preferenza, di escluder~ . i pi-ccol-i centri dalla rappresentanza politica. Nemmeno l'ordine di lista risponde, dunque. alle <lovute esigenze: anzi esso ci offre una :nuova spinta a ricercare _un diyerso mc_tod~ il quale non porti con se gli inconvenienti lamentati. E.L.S. Continuazione e fine al prossimo numero Redattore: E r I eh V a I li r - Zurigo TI po g r a f I a : S. A. Arti Grafiche già Veladlnl & C. - Lugano Qoestioni di stile Si parlò mdl/o una volta - si direbbe, secoli or sono - dello< stile fa.9cista >. Ricordiamo: non era mollo ben definito. Era, ora il « me ne frego» degli squadristi, ora la grandezza imperiale della E. .J2, ora il fufuris,no di Marine/ti, ora rarte • sana, di Farinacci. Il duce voleoa <t incidere sul cosfome , secondo unE1 sua frase preferita. Ambizione cli ogni riooluzione o pseudo-riooluzione, nelle sue forme più soggelle 11llt1moda (il calendario rivoluzionario di Fabre d'Eglantine era diventalo - perchè no? - l'« Era Fascista.») rivelt1 lutlaoia una esigenza profondt1: 11n molo innovatore non può dirsi tale finchè non è giunto n modificare i rapporti più consueti e triti. Non è un paradosso dire elle una rivoluzione è tale, t.olo a condizione di creMe wrn sua tradizione. Ma lo sii/e 110n si modifica per decreto minisleri;;1le nè imponendo il « voi . l?icordiamocelo. Ricordiamolo, e proprio noi, e proprio ora. Ci vien fallo di leggere e di sentire, qua e là, locuzioni, espressioni, giri di frase, nrlicoli del più puro « sfle I ascisli:t >, o per meglio dire di quella retorica barbar,1 e grottesca nella quale sembra essersi convoglialo tutto qnel che di ,narcio, di fnlso, e di cartapesta ha composto il repertorio del giornalismo e dell'oratoria degli ultimi, non diremo venti, ma quarant'anni: svolnzzi dannunziani, frasi lapidarie> del dillatore, eloquenza col tremolo alla. Delcroix - e in più, /u.lto il repertorio che !e dittature naziste e fasciste avevano già sapulo così ben imitare dalla rivoluzione sovietica. Ci sono degli articoli sui partigiani, cui basta sostiluire la parola. <squadristi» e datare 192.J, perchè la musica suoni ili stessa canzone. Ci capila di leggere di un< Fronte della Cultura,>: per ques[a via ci sentiremo dire un giorno: < Libro e moschetto _ anfif ascisfn perfetto>. Un ministro italiano termina 1111 discorso con la parola < vinceremo». La parola <eroe» è di uso corrente. Va bene che in U.R.S.S. oltre agli Eroi ciel Lavoro ci sono anche (vedi la rivista ,. Trails >) le Eroine della J,fa/ernifà: ma preferiamo credere che nella lingua russa la parola eroe suoni diversamente che d11 noi. Noi sappiamo di tanfi (davvero eroici), compagni cadu.{i che, se fossero vivi, disprezzerebbero quella qualifica, lroppo grande e lroppo piccola. Ma come fare? Sembra che non si possa vivere senza le parole d'ordine e le «consegne» e le frasi fatte: una psicologia da quattro· soldi (falla, in fondo, di pigrizia mentale e di scetticismo) ci ripete che l'animo delle masse esige lutto ciò. Ebbene, bisogna dire, che è proprio questo che noi rifiutiamo ài ammettere, è proprio quella psicologia che ci proponiamo di carribiare. Non ci si venga a dire che son cose senza importanza. Le sole cose veramente importanti son le questioni di dettaglio che arrivano ad essere di dettaglio, quelle che toccano alla persona. Noi sappiamo bene che queste seguono alla lontana - e non sempre, purtroppo - le modificazioni della struttura generale della società: ma, in Italia, si è così sofferto di un.a così mostruosa inflazione verbale, di una così profonda corruzione del costume e dello «stile,, («sagre» e <giornate,, e <a.il unate > e < sorw fiero di voi >...) che ci sentiamo rivoltare in profondo quando vediamo (e pur Marx ce lo aveva insegnato!) che è più facile imbracciare un fucile - per alcuni, beninteso - che mutar coscienza, pensiero e sintassi. Non si versa il vino nuooo negli otri oecchi: di più, non c·è vero vino nuovo senza otri nuovi. Un esempio: quando Cromroell decise cli decapitare Carlo I d'Inghilterra, le sue truppe accampate digiunarono e cantarono salmi per tre giorni perchè lo Spirito del Signore le visitasse e suggerisse loro se si doveva o meno condannare il Re. Quando si volle condannare Luigi XVI, i rivoluz1orrnri, giusta il carattere istituzionale e giuridico della Grande Rivoluzione, istruirono wi complesso e clamoroso processo. Nel 191?, la nwrte dello Zar era cosa di così scarsa importanza. che (come racconta Trotzkij) il telegramma da Ekaterimburg fu comunicato semplicemente ai Commissari del Popolo, per riprendere subito le trattande della. seduta. Questioni di stile: dovremo riparlarne. F. F. SezioneMrndrisio-Chiasso Vita del Partito Il 10 CO'J.Tente s~ è riunita a Mend,risio la Assemblea delila Sezione, presenti un gran numero di compa.gni. Una Te1ruzione è stata fai.WJ ~n merito all'Av- \. eniire dei La,voratori, i, COiill.pagni -pre....,;,enti hanno eG'pTesso le loro opinioni .f,wcendo varie i·aiccomandazioni da trasmettere alla Redazione percllò ne tenga iil debito conto. U.n'am-pia discussione fu 1poi fatta .sulJa mozione dPll'Esecutivo dell'Alta Italia. I !Presenti hanno m.a.nife~taJto il J.oro ,con6€n- .so ,con le direttive traociiato dahla. Dio·ezione. Errat.a-co1•rige =--:ell'al'ticolo appal'so sul nostro ultimo numero « Ritratto {o quasi) di Calandrino» siamo involontariamente incor,,i in un errore di stampa che pregiudi~a il significato di una fraee. Dove infatti si legge\·a: « ... e da nessuno richiesta perchè l'autore NO ha pagato con la prigione e con la tortura il suo, non recente, òesiderio cli evasione politica e morale ... », è stata aggiunta per sbaglio la negazione NON. Calandrino è stato infatti imprigionato e tortura.to dai nazi-fascisti.

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