L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXVI - n. 21 - 15 marzo 1945

Bi Anno XXXVI (nuova serie) N. 21: Zurigo 15 Marzo 1t•5 QUINDICINALE SOCIALISTA REDAZIONE I AMMINISTRAZIONE Casella postala No. 213, Zurigo 6; - Conto postale iHo. VIII 26305; - Telefono: 23 70 87 - ABBONAMENTI: 24 numeri Fr. 6.-, 12 numeri Fr. 3 - UNA COPIA cent 30 IDEEE UOMINI R_afforzare il partito, fortificarne i quadri, rinvigorirne la struttura. Questo - abbiamo detto nel numero scorso - il dovere dei socialisti che moltiplicando le proprie attività e prodigandosi p~r l'attività del partito, fanno cosi la sola cosa concreta che necessita per l'avvento del socialismo. Ma come, con che mezzi, con quali obbiettivi immediati? L'incertezza di taluni appare meno ingiustificata di certo criticismo inconcludente di altri. La guerra ha imposto e impone continue revisioni di metodi, continui adattamenti e spostamenti di mentalità e di sensibilità e se i primi tergiversano, i secondi presumono gratuite previsioni. Gli uni e gli altri restano passivi. Se ognuno ha il dovere di dare al partito il meglio di sè, delle proprie capacità e delle proprie energie, la situazione impone a tutti, dal filosofo all'operaio, di non straniarsi dalla vita quotidiana del partito. di non disdegnare i compiti più modesti. Il partito vive solo di questa collaborazione di tutti, che è insieme un processo costruttivo e critico. Il partito non è un club di amici simpatici con cui si fanno chiacchiere intelligenti; il partito non è il trampoli no di lancio delle proprie realizzazioni personali. C'è, in ogni partito, e nel nostro come negli altri, una quantità di lavoro anonimo, ingrato, privo di soddisfazioni personali che molti ricusano di compier~ perchè, a loro dire, « hanno cose più importanti da fare». Un lavoro metodico e pratico, un lavoro che, se fatto con solerzia, giorno per giorno, e suddiviso tra compagni affiatati e volonterosi, non grava che in piccola misura su ognuno e non danneggia nessuno, anzi rafforza i vincoli di solidarietà tra i compagni ed evita i personalismi. L'esempio deve venire dai dirigenti. Presumere di poter prescindere dal contatto con la massa degli iscritti, è negare nella pratica quotidiana dei fatti quel concetto di democrazia interna che è una delle ragioni d'essere e una delle caratteristiche del nostro partito. La sua forza educativa e formativa, il suo costante valore di rinnovamento t di rinsanguamento dei quadri, la grande duttilità che agli organismi del partito arreca, devono essere contemperate con un minimo di autodisciplina e di coordinamento delle attività particolari senza del quale la sua concreta e complessiva efficenza non si realizzerebbe mai o correrebbe il rischio di frantumarsi al momento delle iniziative e delle lotte che ancora ci attendono. Un socialismo che restasse teoria e non si proiet- ! ,!>se nella organizzazione politica dei lavoratori avrebbe un alto valore culturale ma sarebbe politicamente improduttivo perchè anche la più alta scuola u1 filosofia o una accademia di studi scientifici non sono ancora e non possono essere un partito. Il partito è una organizzazione tecnica per la realizzazione di concreti obiettivi politici, sociali, economici, assistenziali, educativi ecc. Dopo la crisi che da venticinque anni travaglia il mondo, il socialismo ha oggi da rinnovarsi per affrontare l'avvenire, ha da precisare la propria fisio· nomia e la propria posizione. Un partito che non sia anche un partito di idee cesserebbe tosto di avere una sua funzione e sarebbe destinato a dissolversi. Un partito che si lasciasse paralizzare da dogmatismi superati e un socialismo che rimanesse libresco e non !>1calasse in una organizzazione politica concreta, dinamica e sensibile alle esigenze della lotta per le conquiste economiche e sociali della classe lavoratrice: ecco i pericoli da evitare. E, per questo, quanto più ogni socialista parteciperà alla vita del partito, t;mtQ più la scissura tenderà a saldarsi, perchè è solo nella vita del partito che le idee e gli uomini fanno la loro prova e si collauda la verità che recano in sè. Us. -FEDERALI S MO E SOCIALISMO Tornare a parlare di federalismo ai lettori di questo giornale, ai quali ne è stato pru·lato giù tante volte, può sembrare superfluo, ma no11 è:. Alla vigilia della con vocazione di quellu confcre11Zn che a S. Francisco doHù cominciare .ad abbozzare il disegno dell·assetto del mondo nel dopoguerra, è necessario che si cerchi cli fissare i.n term~ni concreti e precisi la forma e i limiti iu cui la nostru azione di p.adito deve cercar d1 foggiare l'auspicata federazione, e soprattutto di fissare in quali rapporti il programma federalista debba porsi coi fini fondnmentali e peculi.ari del nostro partito. A tale intento .può recare un utile contributo la meditata lettura del quarto fascicolo recenlc· menie uscito, ,delle « Nuove edizioni di Capolag·a », il quale contiene uno scritto su Socialismo e Federazione di ,Barbara Wooton, insigne competente del partito laburista inglese, e un'appendice costituita dalla dich.iarazione federalista presentata da Eugenio Colami, nell'agosto 1943, alla Direzione del P~tito Socialista Italiano, perch& fosse inserita nel programma, e due ariicoli di L. e di F.B., pubblicati su Libera Stampa. La Woolton osserva che, insieme coi motivi comuni ad altre correnti di pensiero politico, il partito socialista ne ba uno specifico per desiderare la creazione di ttn ordinrunenro federale, in quauto questo, portando su un'area più va.sta la possibilità di pianificazione economica, rende possibile la soluzione di problemi e l'adozione di prOY· vedimenti che contribuiranno in larga misura ad accrescere il benessere sociale. Ma i motivi pii:1 immediati, a cui la Wootton dà importanza prevalente, sono quelli che il nostro partito h.a i:.vmuni con altre correnti, cioè la realizzazione, nel campo internazionale, dei principii di democrazia e soprattutto la creazione di un ordinamento che assicuri una pace durevole. L'esperienza del 1914, osserva la Wootton. ha dimostrato che la so. lidarietà internazionale proclamata dai partiti :,Ocialisti e dalle organizzazioni operaie non è valsa a impedire la guerra e che J1ella maggior parte dei paesi il ,proletariato, ben lungi dal proclamare lo sciopero che aveva minacciato per il ca o che la guerra fosse dichiarata o apparis-se imminente, si è schierato a fianco della borghesia e del governo del suo paese. el 1939 il fenomeno s1 è verificato con carattere anche più accentuato. l fatti hanno dunque dimostrato che la separazione ,dei popoli in Staii divei-si, ognuno dei quali è dotato di sovranità e l'esercita per il raggiungimento di fini particolari, crea una situazione con. tro cui non ha forza di com.battere efficacemente l'astratto internazionalismo delle classi lavoratrici. Solo riunendo in una federazione i vari Stati. sottraendo ai governi nazionali ogni attributo di mdipendente sovranità, soprattutto la facoltà di regolare i rapporti esterni e di disporre di forze militari, e lasciando tali compiti esclusivamente al governo federale, si potrà stabilire un. ordine elementare nel campo internazionale ed eliminare occasioni di guerra: al modo stesso che lo Stato nazionale, a mano a mano che si organizzò, fect: cessare l'uso di risolvere con la forza del pugne, o con le armi le controversie fra individui. Direttiva ben diversa da quella della Woottou, segue il compagno L., il quale, recensendo il 5 settembre, in Libera Stampa, l'opuscolo di Storcnosu Gli Stati Unili d'Europa, a.fferma che la federazione è, da sola, impotente ad assicurare ia pace; che è inoltre assurdo voler creare w1.a soprastruttura giuridica prima che ne sian poste le basi con la creazione cli un adeguato ordinamento economico, dal quale, in un successivo momentu, essa ~orgerebbe per forza spon tane.a; che. infine, il socialismo è l'unico ordinamento atto a condurre all'auspicata unità dei popoli europei, perchè esso solo crea le condizioni di una ef fettivn e sincera solidarietà internazionale. In contrapposizione, F.B., nel nwnero del 12 settembre delle, stesso giomale, difende con calore le idee di Storeno, afferma che sarebbe grave errore che i socialisti rimanessero lontani dal movimento fedcrulista solo perchè altre correnti vi partecipano e ne hanao anzi preso l'iniziativa; sostiene l'im• portanza, anche dal punto di vista socialista, della organizzazione federale, come realizzazione di democrazia e garanzia di pace. e conclude che. per attuare un tale ordinamento, occorre la volontà di crearlo e non l'inerte attesa di una germinazione spontanea. * * * Questo {lisscnso di socialisti sul problema della federazione può opportunamente incitare ttllti i compdgni pensosi e studiosi a cercar di farsi s.ull'argomen to una propria con v:inzione precisa, in modo che si venga formando su di esso un peniero socialista, che il nostro partito possa adottare, in tutti i paesi cui il problema interessa, come guida dell'azione che esso dovrà pLUe iniziare al più presto, se non vuol tradire gli inie• ressi e le speranze del proletariato rimanendo assente da questa faticosa preparazione dell'assetto del dopoguerra. A questo intento qui si vuol date un modesto contributo. Dico su.bito che sarebbe pericoloso alimentare. la speranza che la federazione offra da sola uua sufficiente difesa contro i pericoli di guerra. An · àtutto, nessw10 dei federalisti si illude che la federazione possa abbracciare tutto il mondo. I più parlano degli Stati Uniti d'Europa; Storenu. ne e cl ude la Russia. paese che si ritiene pos n aYer prossima.mente una costituzione democratica; la WooUon inclina a restringerla ai soli pae 1 dell'Europa occidentale (quali?). E' a surdo, comi' os erva L., illuder i, anche per un secondo olo che tra i paesi federati e gli a Itri che restau fuori della federazione non abbia mai a na cere pericolo cli guerra. Sarebbe cieco <:hi non s'avvedes5e che, con una federazione europea, da cui la Russia fosse - secondo la proposta di toreno e della Wootton - lasciata fuori. e l'Inghilterra aYcsse. come è probabile, almeno nei primi tempi, una posizione preminente, potrebbe profilarsi un pericolo imminente di guerra, per allontanare (ma non di trnggere) il quale sarebbe pertanto necessario o modificare l'esten ione territoriale dellu federazione. o accompagnare la costituzione cli essa con qualche altra opportuna misura. on ostante ciò, io non solo non mi sento cL dichiararmi contrario o agnostico rispetto al programma della federazione, ma credo anzi che i socialisti facciano bene a sostenerne l'idea, anche associandosi alle correnti federaliste scaturite da altri partiti. Se non è possibile arrivare d'u.n <:olpo a riunire in un organismo armonicamente ordinato tutti i paesi e tutti i popoli, ciò non t e 1anco significa che non ~i possa e non si debba c:crcdf di nrrivarYi per gradi successivi. Ogni riunione c.11 più paesi in una unitù più n,mpia può rapprcScntnre un vantaggio, se In organizzazione atwnta poggi su llJla base di vera democrazia. I benefiC'idi maggior sicurezza e di più largo respiro che la federazione può offrire ai pae i che ne facciaHo parte co tituirà per gli altri paesi un impulso a<l entrarvi; e s'intende che, fin daJ suo costifi1irsi. la federazione dovrà esser dichiarata aper. ta a tutti quei paesi che vorranno farne parte, purchè rispondaino a determinate condizioni e si impegnino a rispettare le norme elle co~t.ituiscouo il patto federale. Ma il benefico effetto che In federazione può avere come difesa contro il pericolo di guerra non esclude In neces ità di altri provvedimenti che concorrano allo stesso fine. Per quanto possa essere felicemente redatto il patto federale, es o non può garantire: contro ogni pericolo di attrìti e conflitti fra gli Stati stessi che fan parte deila federazione. Si pensi alla guerra di secessione. combattuta fra gli 'tati prevalentemente industriali de!Jn Federazione americana, che erano antischiavisti e proiezionisti, e gli Stati agricoli, che erano in,·ccc schia,·isti e favorevoli alla libertit degli scambi. Fu 1111 dissidio di interessi che generò quella guerra; e un dissidi.o di intere si, o qualsia.si altro motiYO, potrebbe generare u,na guerra fra Stati della Federazione europea che hanno oggi, e conti1rnerebbero ad avere domani, profonda diversità di condizioni, di tradizioni. di indole, di interes i. E' strano che la Wooton. for e per l'indipendenza che il laburismo inglese vuol mantenere e quasi ostentare di fronte al marxismo, arrivi a negare le cause economiche delle guerre recenti, dalle quali ormai ogni studioso di storia e di politica, a qualunque corrente appartenga, rico. no~ce l'efficienza: tra questi, un altro autorevolissimo laburista, il La.ski, che non è certo nn bigotto del marxi mo, e cl i cui sarebbe sta lo in tcressante riprodurre, nell'opuscolo che c,,aminiamo, i pas i che u cirono giù tradotti nel numero del 16 febbraio 19H di questo giornale, sotto il titolo: li socialismo e l'uni/ii enrepea. r:· YC'roquel che clice la Wootton che la Germania traeYa un rnntaggio economico in ignificante dalle colo11icche le furono tolte e può pertanto embrare esatto affermare che la Germania le ri,endicò i.nsiste11temente negli anni che precedettero la presente guerra. e clu<;ivamcntc per ragioni di pre ligio e di puntiglio. e che l'Inghilterra ne rifiutò la restituzione per motiYi di paura. Ma paura di che? Paura che dai porti di quelle colonie nn ,·i tedesche poi es ero muo,·cre a distur· bare i traffici inglesi e il predominio inglese sul mare e a minacciare la sicurezza delle colonie iJ1. glesi piL1 ricche. Dietro il prestigio e la paura rispunta il motivo degli intere~si antitetici. Che contrasti economici siano stati le cause prevalent.i della guerra coppiata naJ 191 t quando una sovraproduzione non trovava sbocchi ufficicnti diede alla Germania l'impressione che le fosse conteso il « posto al sole~. è verità incontrovertibile, dimostrata da acute ricerche e analisi di economisti, storici e politici di ogni tendenza. E per In guerra attuale, in attesa di studi organici che verranno, i leggano intanto le interessanlibCittà tede■ehe !,e città tedesche croUano una dopo l'altra, distrutte dal cielo, svenlratr, dai grossi calibri, rase dalle «Stalingrado» di casa propria. Ogni {Jiorno la radio e la stampa ci offrono visioni sp,npre più apocaWtiche dPll'inaudita bu{era l'/1e imperversa sul popolo {Jermanico. Che cosa ,. rimasto di Koenigsberg? Da oltrr; un mese è 11rlla stretta di fuoco delle armate di Rolwssow- .,/;i. AltunP f/i1·isioni di {lrnatici votano sè e la città alla uwrtP pur rli far vivere un'ora di più il na:iorwlsor-ialismo. A Koenigsberg nac- <111Pe a lanyo cisSP Emanuele Hant. Possia1110 {are n meno rii pensarci? Breslavia, città notale di Ferdinarulo Lassalle, brucia co11tc 1111atorcia, fra poco i fanti di Koniev vi si riposeranno su muri .sbrecciati, in piazze anneri/,e e deserte. Che ne è di Stotcal'lla:> Un tempo PrrL anch'essa una (Jl'Clnclecittà, e vi aprì gli occhi al mondo II eael. I eri dopo selli1nane d'assedio Patton ha espugnato Treviri, e la Reuter ci ha detto che neppure la casa nativa di Carlo Marx è scampata al flagelw. Ora sar(i la 1iolta del villaggio sassone di Fichte, della cittd di Feuerbach e di Engels, degli allri lottatori del pensiero socialista. · Le loro immagini nella nostra memoria si associano ibridamente al disperato epilogo della tragedia nazista. Ci ricordano, forse cl)n dubbici opportunità, che la storia registra altre Germanie oltre a quella di Hitler. Non deve dir nulla questo? Da quel popolo uscirono i precursori del socialismo moderno, gli eredi spirituali e formidabili continuatori di Rousseau. Essi hanno dato all'idea socialista la linea filosofica e scientifica nella quale dopo di loro si è imperniata l'azione progressista e rivoluzio. naria dei partili operai e11•,,1ir:. La storia, si sa, di degno ha soltanto delle occasioni: il pensiero, solitario nei secoli, dei profeti della gi11stizia umana: lumicini nella grande notte. Ma è ad essi, soprattutto. che noi vogliamo guardare. · T. sime rivelazioni contenute nel diario dell'ex-aro basciatore degli Stati Uniti a Berlino (1933-38), William E. Dodd, e parzialmente iradotte nel numero del 30 maggio di questo giornale. Vi si leggerà, fra molte altre cose di grande interesse. quest'amara riflessione scritta il 20 settembre 1938 e suggerita dalla constatazione che banchieri e fabbricanti di armi ameri.cani, francesi. inglesi avevano somministrato in quei giorni -denari e materiale al governo nazista, per il riarmo <l.eila Germania. < Gruppi di grandi capitalisti cd industriali - scrive il Dodd - non sono stati capaci di comprendere la necessità di una collabQ'8,zione internazionale dopo il 1920. Alcuni dei loro capi han.no fatto di tutto per ostacolare gli sforzi di Ginevra per la pace mondiale, perchè riteneoano la oendita di materiale da guerra e di armi più importante della pace mondiale. Altri gruppi si sono ostinati a sostenere le barriere commerciali.» La.scia.mo altre citazioni che si possono leggere nel .numero citato dell'Aooenire dei Laooratori e che hanno importanza, non perchè rivelino cose nuove, Irut perchè convaJidano affermazioni piu rnlte ripetute con l'autorità di chi, per ragioni del suo ufficio, è lontano da ogni abitudine e sospetto di demagogia. Non solo, dunque inesorabili contrasti di interessi sono motivi poderosi di guerra, ma Yi sono gruppi, nell'ambito di ogni nazione, che s'adoperano ad acuire questi cou - trasti per i profitti più alti che i loro capitali ri· traggono dalla guerra e dalla sua preparazione. Può essere anche vero quel che d:ice Storeno clu! confliiti possano nascere anche fra Stati socialisti, ma è fuor di dubbio che quando si sia tolta la possibilità che, per ingordigia di guadagni, finanzieri e fabbricanti d'armi cerchino cli mantener continuamente sospese, sulla vita dei popoli, minacce imminenti di guerre e arrivino a fornir denari e materiale al nemico del loro paese, che se ne servirà domani per uccidere i loro connazionali e devastare e straziare il territorio, le citw., gli abitanti della loro patria, evidentemente potenti stimoli alla guerra saranno stati eliminati. E se sia tolta inoltre la possibilità che, dopo avere, per la ricerca di più alti profitti, creato un~ grossa situazione di supercapitalizzazione e di sonaproduzione, i gruppi capitalistici che ne sono responsabili vegga no nella guerra la sola o la più facile soluzione alla crisi imminente e ri_e. scauo a diffondere nel paese l'opinione che occorra difendersi con le armi dal soffocamento tenta lo da paesi invidiosi e rivali, altri impulsi di guerra saranno eliminati. E potremmo fare anèhe altri esempi. l~videntemente, perchè avvenga questa eliminazione di impulsi alla guerra è necessario che l'esercizio di certe attivitit economiche non sia In• sciato alla libera iniziativa di paesi capitalisti, la cui attività ha per fine supremo la ricercu degli alti profitti. A tal fine due vie si presentano: o costituzione di un controllo statale sulla privata ini7jativa o socializzazione delle aziende che in mani private possono esser fonte di terrib"il1 flagelli. Nessuno vorrù scegliere la prima via. dopo che l'esperimento fascista e nazista hanno dimostrato come quel controllo, non solo non riesce a impedire torbide manovre e prevalenui sul pu.bblico interesse di illeciti interessi privati, ma accresce anzi la gravità del male e, mentre paralizza le sane e oneste iniziative, illlcoraggia le disoneste e malsane, con uno spaventoso d.iiff ondersi di immoralità e corruzione. Non c'è quindi altra via d'uscita che la socializzazione, la quaJe appare così no.o solo come mezzo di maggiore giustizia sociale e cl.i più alto tenore generale di vita, ma anche garanzia di pace più durevole e più sicura. Su questa conclusione non abbiamo bisogno di insistere e diffonderci tanto più che la socializza-

«Nei casi di ogni giorno, sappiamo e l os~iamo dire co,i certezza se 1111 animale esiste rJ 110: mu una ricerca più precisa ci diÌnosf ra che la cosu è talvolta estremamente complicélfu, con,e lo sanno benissimo i giuristi che si sono s/orzilli invu- ,w di stabilire il limite razionale a purtire d,1/ quale uccidere un bimbo nel grembo mt1lemo pu<ì chillmarsi assassinio >. Così scrivevc1 Federico Engels nella sua introduzione al "Soooerfimenfo della scienza del signor E11genio Diihring •. Lu /rase cade come un esempio f or/11ilo ed è to~lo sorpassata dalla foga polemica. Engels non attribuisce molta import;nza in sè tl questa constatazione: è un dato di fatto sul quale sarebbe ozioso discutere. E aggiu.nge: e Ed è pure impossibile fissare il momento della morte, poichè la fisiologia dimostra che la morte non è 11n avvenimento unico e istantaneo, ma un fenomeno abbastanza lungo >. Oggi pensiamo spesso ulla morte: è tanfo vicina, tocca I anti nostri amici ( amici che I alvoltu riconosciamo solo dopo che la morte li ha toccati e che vorremmo far rioioere per toglierci il rimorso di averli ma/conosciuti) che quasi ci sembra un'ingiriria considerarlu semplice fenomeno fisiologico. Tanta gente cade ogni giorno precocemente colpita: perchè muore? Si muore sui campi di buftaglia, si muore nelle città, sotto i bombardame11ti, si muore nelle carceri, si muore di freddo s11//e montagne, si muore di sete sperduti nel mare, si muore affogali di notte di giorno, si muore per sbaglio colpiti da una sparatoria f ortuila, si nwore negli ospedali zeppi di feriti e di malati. Ma non li conosciamo, questi morti, e non sappiamo che pensare di loro. Di pochi amici o pnrenti invece che conosciamo e che l>Ollo scomparsi, di quelli ci sembra che la morie sia stnfa sin da principio il fatale coronamento della loro oita, buona o cattiva, la morte sembra cac/11fII su I loro capo come un. abito che li ha /alti, per sempre, eroi o traditori. Quando lessi sul giornale, in treno, che Eugenio Colorni era caduto a Roma, pochi giorni prima che la liberazione delfo citlù lo liberasse dlii pericolo al quale era conlinuame11le espo~fo per la sua attioitù clandestina, le parole sfamp<1fe sembravano saltellare sulla carta al ritmo che si f aceoa ossessionante del placido correre del vagone sulle rotaie. E prooai corne uno sfringimenfo alla gola che sul momento definì; < un gran dolore>. Mi si inumidirono gli occhi, e rividi, chissà perchè, Co/orni che vuolnoa accu.rutamente la pipa d"un gesto familiare e mi diceva: « Ln paura? Basta non pensarci >. Poi fui ripreso dalla necessilù di scendere dal treno, di andare a casa, di mangiare, di continuare la lettura di un libro interrotto che rifcneoo mollo importante da leggere. Ma Colomi era morto, e questo pensiero mi preoccupava. In fondo, non ero molto affezionato a Colorrri. Lo conoscevo da poco, e i nostri contatti erano sempre rima11ti piuttosto superficiali, sebbene nutrissi per lui una grande simpatia e una grane/e ammirazione. Anch"io gli ero simpatico. almeno mi sembrava. L'idea. che fosse morto e che non l'avrei più rivisto non mi andava: cadeoan~ nel_ vuoto tante cose che volevo dirgli quando l aorer rivisto. Intanto continuavo a leggere quel libro che ritenevo idile alla mia cu!tura, spesso dooevo ricominciare tre o quattro volte lo stes.~o brano, tanto mi sfuggiva il senso delle parole, preoccupato com'ero della morte di ~olo~ni. Preoccupato in che senso? Ripresi 11 giornale: era una laconica ,wtizia, non daoa alc11n particolare. Nei giorni e nei mesi che seguirono, ogni _oo/fa che la mia mente si soffermava a Co/orni, Cli- , duto a Roma pochi mesi prima della. liberazione, la preoccupazione mi riprendeva, ma andao,~ sempre più confondendosi can un de_siderio di conoscere maggiori particolari, di saperP come fosse morto. Venne la notizia che a una ~ia di Roma era stato dato il suo nome. Lo vidi, lì, zione delle industrie di guerra c di tutta l'indu: stra pesante, come anche dei grandi organismi_ bancari, che regolano la vita economica e le s~rt1 dei popoli con arbitrio sovrano e_ irresponsab1lc, appare ormai possibile e necessari~ ancl~c ,a correnti economiche e politiche che sin qui I hauno giudicata assurda e dannosa: anche il GoYcr_no francese ha messo nel suo programma la soc1«- lizzazione di alcune categorie di aziende; e correnti cattoliche ne affermano la necessità. non ostante il diverso parere degli ambienti Vaticani: persino nlcuni seguaci di un rigido liberism~ (aJ es. l'Einaudi) riconoscono da tempo che le 1nd11· strie degli armamenti non possono esser più oltre lasciate in mano di privati capitalisti (e chi oggi può segnare i limiti delle ind11slrie di guerra?). Concludendo: chi voglia veramente accrescere og·- gi qu&D.to è possibile le ga ranzic di pa_ce_dev~ lottare per la federazione e per la. soc1ahua~1one. Fra i due fini, personalmente io ritengo c~1c il secondo abbia maggiore importanza del pnmo, ar~- che per la sua maggiore eff_icacia a fugare minacce di guerra; ma sono dLSposto ad ammettere che essi siano posti accanto, nel nostro programma ,del dopoguerra, senza stabilire_ 1ma prcced.eILZ{ldell',uno o delfaltro. Ma vorre1 che, d_a~ canto loro, i federalisti sinceramente democraltc1 eh sono fuori del nostro partito ricono cessero eh: per attuare quella democrazia . integrale ~ quella speraJILZadi pace cui essi auspicano la costituzione. federale deve essere integrata da prov - vedimenti di sociali2zazione. MUG. Bib 10 eca l:;1no ~ Perebè si muore si profila. 11 mondo è fui/o una prima linea, conlirw;1me11/e. E si ufi,nenlu semJlre di nuooe spenmze, nella illusione di fermarla. sospe~o nll'olfena del primo pi!lno, incii:;o so[Jru 1111è1 l:tp,de di mu11110 biunc-o, <11u,f ,iome e/re r,rr me non !.1~111/ic1Hhtpirì 111111 I 11 fAJ. tmo ,,,_ n11e ogni giorno II distnb11i1e /(;de, r, u1./1 il suo nome, con 1111 numero indicante lc1 ClHa, e 11 11 èllfro 11om<!indic,mte il c/esfinafuno. I id; solfo lt1 fllr#a /"iscriziClne p11lrioln . (S<> t111corn rro11 c-·è, cerlumenfe ln1 q11..ilche dec·int.1 cranni h, si dovri, mellere. poichè le generazioni future non potranno sempre ricordltrsi chi è sfato l~upe11io Co/orni). Vidi /"iscrizione pafriolu, e le due date fra parentesi che racchiudono la. sua otfil. Dopo questa guerra s'intitoleranno molte oie tt nomi di patrioti cad11ti. I e generazioni future, incuriosite corne a volle 11cct.1denei moment; di noi 11, di tristezza o di grande f elicitù, vorranno ogni tanfo chiedersi donde deriva il nome della oia in cui abitano. Volgeranno gli occhi alla fnrgu dioenufa onnui grigia, e dall'iscrizione urllla alla dufll, cnpiranno che non si fratta. di un plllriofu del Hisorgimento, bensì di un cadido nella Loffa contro i tedeschi che il fascismo aoe011 attiralo per h1 seconda oo/ta in lfalia. Trovavo assillante che fosse così semplice morire. Mti nspeffavo .~empre di conoscere n11.ooidetfogli sullu sua morie. Nella motivazione 11/ficialf che ormai ogni oolfa accompagnava il nome di Ce,/orni era detto: ~ èaduto mentre diri~eoa le sq11adre d"azione cittadine~- La parola < clirigevn, cosl nsala m'aoeoa recalo nuooa inquieludine poichè mio malgrado mi sforzavo di rappresentarmi Cofomi in piedi sopra una bt1rricata, /;i sciabola sguainala, incitando i cifladini al cumbaffimenfo, in un quadro !limi/e u q11el/e oleografie che nei libri di scuofa perpetuano il ricordo delle cinque giornale di Milano. Eppure sèlppiamo benissimo che nè oggi nè mai si è morfi così.. Le motivazioni per le medaglie d'oro, gli affisananfi discorsi o i qrwdri dei pittori che non sono mai uscili dal loro studio hnnno creato 1,n insopportabile diaframma fra noi e ln vita, Ira noi e la morte. Ci hanno staccato du fanti amici che non l>appiamo più riconoscere a questo modo. Fint1lmenfe arrioò una /eflern che aoeoa impiegnto mollo tempo fra tanfi distisfri a giungere fino a noi. Così seppi finalrnenfe come Colorni Pm morto. A.ooerfilo da una telefonala canvenziont1/e poco prima uppunto della liberazione di Roma, che si !lBrebbe doo11to incontrare in un caffè con defeg1tfi militari di altri partili, decise di recarvisi nonostante Si fosse accorto da tempo di essere a volte pedinato. Si era assunto una linea di condoltu e penso c1,e non l>i dooesse oenir meno proprio nei momenti essenziali per raggiungere lo scopo prefisso. Giunto nei />ressi del luogo del conoegno 4 due individui gli si avvicinarono e gli chiesero confidenzialmente se sapesse dove e quando dovesse aver luogo in quei paraggi una. riunione di comunisti. Co/orni rispose che lo sapeva, che oi andava anche lui, indicò 11n luogo diverso da quello stabililo, e aggiunse: « Vengo subito, oado firw all'edicola a cmnperare il giornale,._ Comperò il giornale, girò attorno all'edicola e fuggì. Quei due che raspelfaoano vedendolo correre gli spararono con la rivoltella e lo colpirono. Trasportalo a.1/'ospedale privo di conoscenza, dopo due giorni, (non si sapeva chi fosse, le carte che aoeoa erano false}, riuscì a pronunciare l'indirizzo di una sua zia, che fu aooerlila. Arrivò al s110 capezzale in tempo per vederlo spirare. Tutti questi deflagli si seppero da.i due poliziotti che ravevano ucciso e c11e stesero il verbale delraccaduio. La mia preoccupazione che mi tormentava ogni qualvolta lèl mente mi porf,,oa al ricordo di Colorni, caduto a. Roma poco prima della liberazione, è forse scemata ora che conosco le circostanze derla sua morte? E' mutata, non è scemata. Ma improvvisamente m·è parso di aoer ritrovalo un amico che vaghe immagini tentavano di falsa re nel ricor'do che ne serbavo. Freddamente, volendo ricostruire i /èlfti. è indubbio che se Colorni, preso alla sprovvi'!ita dai due sconosci11li, uvesse conservalo il suo san:we freddo, avesse negato tulio, senza poi dover ricorrere nlla .5cappafoia di indicare un luogo ?iverso, e di inventare una scusa per poter /uggi,e, aoes.5e mostrato i documenti che recava con sé, mollo probabilmente non sarebbe morto. Lu sua. fine dolorosa. e tragica me lo rende infinitll.- menle più caro. lnfinilamenfe più vicino. Quel momento di smarrimento che gli fu fafnle - e lo aedo fuggire il giornale irwlile in ma.no, ansioso ancora di oioere - è 1"11/fimo segno delln vita ch·era in lui e che lc1 retorica clefferoismo fende ora. a offuscare, quel oano ienla.tioo di fu~- oire ci saluta come ["addio di un uomo che ab- o . biamo conosciuto, prima di scompnrire per sempre. fi;on è scemala la mia. preoccupazione, perchè all'irritazione di perdere il ricordo di rm amico nell'incertezza assurda di vaghe notizie, subentra l'inquietante mistero della realtà che ogni 11iorno ci tocca di gustare, per vivere, come un doloroso cibo che non varremmo toccare e che la nostra f a~ie reclama impellente. Un eroe cli infinite aovenfttre, scampalo per miracolo a inf inile merli, itn comballeRfe, rimase ucciso in un banale incidente stradale; e raccontando il fatto a. lavo'la, udii q11alc1Lno esclamare: , Ha fallo 1111afine ingloriosa, che non era fo sua,. neo E" morto per sbaglio , commentò un olfrr .. Si muore sempre per sba~lio: ere(' il pen~1ero clw m; u~sillu. Ma tutto quanto ~t ,/, nr,<1, si su ive e si dice fende u illuderci del , frc1ri1 1. Cadono pii eroi. C 1do110 i vili, e I• morie e il loro giu.\(O ClViligo. Agli eroi la mo, fr, r·onvie11e perc/1è puri/irn il loro eroismo, e permette che senzu .~crupoli si im111orfalin-0 nelle lapidi i loro nomi. L1;1,norie appresa, 111 morie buro rraficu, /;1 morfe della lelleralur11 uccide l'uomo nel ric·ordo dei soprnovissuti. Un giorno, a un comizio in etti lii disc11feva interminabilmente d; noiose questioni, immaginai che 1111oratore si afzusse e chiedesse: < Chi di voi crede nel/"immorfalil.ì dell'anima?>. lmmaginui unche ltt s(·enn che .~arebbe seguila: sfnpore di sollevare questioni importune in un lungo ir1t1dallo, ognuno che aflende d11/ vicino il primo gesto, silenzio, e ogni mano rimane 11bbussafa, unche Ili m.in, ma quel ge~to non compiuto mi coslu un cocente dolore, quasi fosse ru1'i11giuritt ad amici scomparsi, che 11speita110 u11 nostro gesto affettuoso. E pensai: se f"oralare importuno inoerfisse la domanda e chiedesse: , Chi di ooi non crede al- /'immortalif1i dell'anima? i, qualcuno avrebbe rolla quella sterile unanimità? Esistono dunque questioni, fra noi, tutti presi come sitlmo dei problemi che travagliano il mondo, che non si debbono pirì sollevare? La credenza o meno nell'immortalità dell'anirntt è 11n affare de1 tulio personale che ognuno deoe dibattere nella propria coscienza, per sè stesso? 11 mondo sarebbe un arido deserto se ogni piacere non si potesse dividere con nessuno, con un amico, con una donna amafFI. (,e buone pietanze t1rraffate d'asfu,zia bruciano la lingua di eh; non sia privo di cuore e le voglia divorare rallegrandosi di sfuggire alla fame che uccide il suo prossimo. Del resto, all'irnmorlalifi, dell nnima, a/fu oifo futun1, alla resurrezione così come Il, propongono le oarie religioni, è difficile dnre ogg; la I orma di un11 credenza unanime su/Ili quale si fondino gli atti che la "legge sancisce. Ma che sia un pro. blema da dibattere ne/rinlimo dellu propria coscienza, un proofenUl indioiduale, che sia l>Ollanto da sapere se /'immortalifù mi competa o no, personalmente, che debba crederai o no unicamente per assumere un atteggiamento di fronte 1,//a mia morte, no, 11.0,mi ribello, tanfo oa1e dire che l'immorlalifù delranima è 11n concetto assol11ta,nente decac/11/0. Chi pensa alla proprin morte? Lo sbaglio che mi ncciderà lo ignbro. E lo conoscerà. solo eh; non ne sarà colpilo. Mi piacerebbe donarla agli amiti, l"immortaWit della loro umana natura, dello spiri/o che soffiava nelle loro membra, per non dovermi morfi/ icare di.i ricordi che la. mia. mente Si ostina a riprodnrre come piatte fotografie. Dove sarù Co/orni a ques(orn? E" una domanda che polrit sembrare irriveren le solo a chi non riconoscesse /"irriverenza dei pomposi e reloric; elogi con i quali i oivi pretendono di onorare i nwrli. Co/orni è forse stato meno pnro e meno amabile soli anfo perchè voleva oioere? Del resto, l'ho detto, lo conosco pochissimo. ulla so del suo pasl>afo. So soltanto che aveva raggiunto una chiarezza di idee e una veduta lucida del mondo, per cui gli sembrava che questi beni andassero spesi per fruttificare. Aoeoa qualcosa da dare. L'unica cosa che sapeva di non dooer dare era la vita: gli /11 vresa.. Tentò di f11.ggire, ma gli fu presa. Sapeoa che gli pofeoa venir presa da un momento all'altro, non imporla _jn qrrnl modo. E aoeva. paura. che gli venisse presa, lo diceva sempre. Jfa non pensava alla paura, ed ern coraggioso. Percliè senfioa di non poter che spendere quanto aveva guadagnalo, aprendo gli occhi, guidnndo per mano coloro che tentennanti Si agitavano pieni di confusi rancori in una nebbia opaca ch·egli aoeoa lentamente diradalo col meticoloso lavoro della su,, vita. Vorrei poterlo pensare immorf aie e non mi riel>Ceche di pensarlo morto. Dunque l"immorfalità detranima è moria, almeno per molt; di rioi, ed è dubbio se sin ttncora nostra da paleria accordt1re agli amici che abbiamo amalo? Che fare del pensiero di fufli i morii clre ogni giorno cadono, amici lontani e sconosciu.ti, morfi come bambini che giocano con gli ordigni scoperti nei boschi, bambini che non amavano fa guerru ma la oita e che sono morti? En ,,efs grave Luana dalla cattedra delle 511eope. re o~lurninose. Quando Marx morì e lo lasciò solo, scrisse accorato: « Marx non è piri, e l'erba già cresce siti/a sua. tomba>. Si commosse 11n attimo e ritornò impavido alla clif esa della loro opera comune. Quanto ci sembra oano que~fo llftimo di commozione. Una parentesi. Come il cinese che si chiedeva. se aoesse sognalo di essere rrna farfalla, o se fosse una. farfalla che sognas.~e di essere un uomo, la. parentesi t1 volte ci sembra racchiudere tutta una vita che sfugge dalla oila che crediamo cli oivere nei çliscorsi, nei gesti, negli afleggiamenti. li minuto di silenzio, il mesto necnlogio, le tombe e i fiori, i monumenti bmlfi _o belli, le notizie da commentare rnpidamenfe, prima che invecchino e altre le soppi.antino, le araomenfazioni dei materialisti contro gli idealisti ; oiceoersa, non tolgono una briciola nl/a rea/ti, che ci stringe da ogni parte con fanti ouoli che non sono i nostri vaniloqu,i a colmare, ma nuove oile pronte a m.orire, la nostra morte stessa che I morii ingombrano il nostro pensiero. /,asciamo un posto agli amici, nel ricordo, tanto per non parere troppo cinici. Non sarebbe pirì onesto dire /rw1cwne11fe che nemmeno di quelli sappiamo che f 11r<e11e.Sono morfi. Per sbaglio. E' forse colpa nostra? eppure non .~imuore sempre per sbaglio. Qualche volta si sa di dooer morire. Si pensa che no11 sia Pero e si indossa /'abito più bello per non stonare nel giorno che sorride, sollo il sole che ri1rnscerù domani, con funesti presentimenti che soltanto il proprio cu-0re accetta e nasconde con mesto pudore. Voglio r11cconft1re un ulfro episodio, che m'h11 pure toccufo da oicino. Si l!ra da tempo senza nulizie di un mio cugino ch'era stato sorpreso dal- /' armistizio dell'B settembre t94J can un piccolo presidio ilaliano, che egli comandava, qu.ale capifono, in un'isola greca. Per un anno non si seppe n11lft1della sua sorte. Finch.è giunse un si..o compagno che potè raccontare. Alcun; giorni dopo l'armistizio i tèdeschi li attaccarono. La popolazione, che li aveva conosciuti da vicino, e non li odiaoa, li aiutò. Battuti, senza munizioni, la resa si profilò ineoital>ile. Gli ufficiali nascosero la divisa e indossarono gli abiti dei soldati_ Mio cugino non poteva. Se oenioa meno anche lui, a cltt avrebbero dovuto guardare quegli uomini ch'egli aoeoa poco prima incitalo a combattere? Si mise /,1 giubba, fece alzare la bandiera bianca, e si recò dai tedeschi per trattare la resa. Non fece ritorno. Gli uomini furono deportati in Polonia. Gli altri ulf iciali si saloarono, e qualcuno ruscl anche a fuggire in Italia. Uno di essi per /'appunto Ci ha riferito il fatto. Qualche oolta si sa di dover morire e di non poter più oioere senza morire. Esiste una immorf alilà terrena che i oioi si tramandano nel ricordo de; morti che hanno conosciuto. Eppure, anche se la morte non è sempre uno sbaglio, ma diviene improoo"isamente necessaria come una oirtù, qualcosa in noi si ribella al peso di questa fatulitù. Non è una fatalità. E non è l'angoscia di aoer perduta la fede nell'imm·ortulif à dell" anima, per cui non sappiamo più dooe pensare gli amici scomparsi e freddo è il loro ricordo, quanto più ci tormenta. Sentiamo vagamente che sulla immortalità dell'anima non sappiamo più aoer opinioni, perchè qualcosa c'impedisce di giungere con la mente fino addentro a questo problema. Una stnina angoscia ci ferma giil sulla soglia di ogni speculazione. Il materialismo di Engels nè ci attrae nè ci sgomenta: pare 1111ricordo di tempi lontani. Allora Si poteva ancora parlare della morte prescindendo da, morfi. E chiedersi perchè si muore avrebbe f alto l>Orridere i saccenti di tanta ingenuità. Che mai è accaduto? La risposta è vicina. Si ha paura a dirltt. Uccisi sono stati, questi morfi, qualcuno li lrn uccisi. E" morfo Colomi perchè l"hanno ucciso. r;· morto mio cugino perchè /"h11n110ucciso. Non sarebbero morti, se non li avessero uccisi. Ed è per questo - lo so, lo sento, anche se dapprima pare assurdo, - che non riesco a immaginarmeli che morti e non immortali. Sembrava che la loro oifa fatalmente si dovesse sublimare nella precoce morte. Non è oero. La loro oita è stata rubala. Qualcuno, che ora oive, li ha uccisi. Si è sempre ucciso, mi si dirà, da secoli e il pensiero non si è mai imbarazzato di simili scrupoli. Può darsi. Forse erano 11.ecessari la11.lisecoli di guerre perchè affine divenissimo coscienti che è impossibile continuare a uccidere, e il rimorso di un mondo risuonante di uccisioni a migliaia a rnilioni penetrasse fino all'ultimo recesso della T1ostra anima a toglierci ogni respiro, a toglierci ogni gioia di oioere ancora. Abbiamo ucciso troppi uomini e gli eroi che abbiamo voluto non lì sappiarno piri onorare. Le targhe con i loro nomi si burlano di noi; il sorriso dei de/unti i;'è fatto amaro; cinico il nostro giubilo di vivere e di vincere: triste la oifloria ch"è costata troppi morti. Possiamo vivere in un mondo di uccisori? La vit,, apparlie11.e ai morti; i vivi l"hanno perduta. Ecco perchè ad ogni amico che e.ade si stringe il cuore di paura, al pensiero che con lui muore per noi l'uomo che l'ha iicciso. Si muore perchè Si uccide, è il pensiero che mi assilla, e soltanto quando non si ucciderà più il mio pensiero potrà ritrovare un filo col passato, un filo con l'avvenire, rivivnmno le idee, gli uomini, le cose, di oita propria e non di ridicola parvenza di oifa, ùf!lat.a d111111confifluo interminabile lutto. L. c. Sottoscrizione per l'Avveniredei Lavoratori « L'emancipazione dei lavoratori sarì.t. opera dei lavoratori stessi.~ Carlo Marx. Diamo ali'« Avvenire dei Lavoratori» i mezzi occorrenti per le buone battag'lie anti(asciste, a~- licapitaliste, per la dif e~a e le conqu~ste <?Pe:a1e, per la diffusione delle rdee e le rea.l,zzaziorw socialiste. .\fel prossimo numero p~bb~icheremo l'elenco nominatirn degli offerenti. Fmo ad oggi è stata raccolta la somma di Fr. 263.60. Redattore: E r I eh Y I I l r - Zurigo TI po Il r a I I a : S. A. Arti Graflohegià Yaladlnl & C. - Lugano

Problemi elettorali I va1•l slste,nl eletto1•all 8. Qualunque iu lu forma di go,crno che la costituente vorrù pre ceglicre. negli ordinamenti politici del nuorn . lato ci arù !'empre una u"- c;cmblea nazionale di rapprc. entanli popolari da eleggere mediante elezioni a suffragio universale se il regime prescelto sarù. come 11011 t' lecito dubitare. un regime democratico. P<>rciò Ira le leggi non fondamentali a cui la costituente dovrì1 provvedere dovrù esserci anche la legge elettorale in ba~e alla quale si faranno le elezioni politiche subito dopo che la costituente avrù chiuso i suoi lavori. Bib Niente vieterebbe che la legge preordinata pc:- lc elezioni alla costituente rimanesse in vigore per le elezioni successive; ma se la legge avesse la portata da noi sopra indicata, fosse cioè una legge che applicasse integralmente il sistema della raippresentanza proporzionale. noi riterremmo impolitico a1>plicare senz'altro tale sistema ulle elezioni ,per la formazione della Camera dei deputati. La continuitù del Parlamento, la natura d<-i lavori parlamentari. la amministrazione dello stato hanno esigenze che un'assemblea di breve durata come la costituente non ha· od ha in misura tanto minore; e tali esigenze devono essere tenute presenti quando si formi la ordinaria legge elettorale. Questa costituisce lo strumento attraverso il quale si manifesta e si attua la volontÌt popola.re e si addiviene nello stesso tempo alla formazione del goverJ10. Perciò la scelta del sistema elettorale rappresenta un ,problema delicato e ,cli importanza non secondaria. Dopo la sua unificazione, l'Italia ha provato or l'uno or l'altro dei sistemi elettorali, e nessuno di essi, può dirsi. ha pienamente soddisfatto. Si cominciò adottando il sistema del collegio uninominale con ballottaggio, il quale sistema vigeva già nel Piemonte sin dal 1848; nel 1882 si ricorse allo scruti.o.io di lista con voto limitato; si ritornò nel 1891 al collegio uninominale; poi nel 1919 si adottò la rappresentanza proporzionale integrale e con questo sistema furono fatte le elezioni politiche del '19 e del '21. Nel 1923 il regime fascista riuscì a fare approvare dal Parlamento wn nuovo sistema a scrutinio di lista con grandissime circoscrizioni (16 in tutto, a base regionale) e con voto limitato. assegnando i due terzi dei deputati a quella lista che avesse ottenuto il mag0for numero dei voti, cioè la maggioranza r«:· iativa cd almeno il 25 % dei votanti e distribuendo proporzionalmente l'altro terzo alle liste di minoranza. La riforma del 19"23 ebbe vita bre,-e; nel 1925 la Camera fascista approvò una legge la quale ripristinava il collegio uninominale, ma questa legge non ebbe alcwna applicazione e nel 1928 veniva approvata la legge che costituirn la Camera dei fasci e delle corporazioni. con la quale legge la scelta e la nomina dei deputati al Pa.rlamcn• to nazionale fu sottratta aJla volontà popola re ed affidata alle gerarchie. Distrutto ora il regime fascista. ripre a in Italia a guerra finita la vita politica. quale si. sterna elettorale donanno darsi gli italiani per la elezione dei loro rappre entanti? Il eollegto unino,nlnale 9.TI collegio uninominale con ballottaggio fr11 i due candidati che abbiano ottenuto il mag. gior numero di voti a primo scrutinio (e nes suno, bene inteso. abbia raccolta la maggioranza assoluta dei votanti. e cioè il 51 %) con• serva tuttora fautori ardenti. Anche di re cente se ne è fatto paladino un autore,·ole rappresentante del partito liberale. Di solito contro il collegio uninominale si sollevano due ,principali obbiezioni. Si dice che esso non consente la rappresentanza delle minoranze e riduce la lotta elettorale ad una competizione più di persone che di idee. La prima obbiezione è vera soltanto in par.te. In una nazione un partito non è mai maggioranza assoluta in tutto il territorio nazionale in guisa da conquistare tutti i collegi elettorali. La distribuzione delle forze politiche nor, avviene mai uniformemente; e un partito che è maggioranza in una regione è minoranza in un'altra. Di conseguenza, anche i partiti di minoranza riescono a farsi luce pure con il collegio ,uninominaJe e ad ottenere rappresentanze più o meno corrispondenti alle loro for. ze effettive. Non si può dubitare di questa verità ,perchè è provata da lunghe e differenti esperienze, e principalmente dall'esperienza i~- glese e dall'esperienza italiana. Certo, con ;I collegio uninominale le minoranze ,non sono quasi mai rappresentate in misura esatta~ente corrispondente alla loro forza n umer1ca, ma il rilievo è di scarso valore politico perchè essendo l'ufficio delle minoranze quello di con. trollare e di incitare, questo ufficio non viene meno per il fatto che ~a o~izione sia C?- stituita da tLn numero mtnore dt componenti. Fondata, in vece, appare la seconda obbiezione; ma rispetto a questa potrebbe dirsi che l'inconveniente lamentato più che del sistema è proprio della scarsa educazione politica del corpo elettorale. In un ,paese fortemente educato, la persona del candidato verrebbe subordinata aJ programma ed aUe idee. D'altra parte non è men vero che quando le doti personali del candidato hanno influenza sull:i sorte di una battaglia ele~torale, i partiti_ po: litici sono indotti a sceghere come cand1dat1 i migliori. Quando invece ciò non è e le votazioni avvengono per scrutinio di lista. com~ nella pr~porzionale, accade talvolta che dietro le figure dei leaders riescano ad essere elette persone le quali, a collegio uninominale. sarebbero state respinte per la loro insu_ffi<:ienza. _on può negarsi che il Parlamento italiano d~l 19 e del '21 riuscì inferiore. come livello cli coltura e di ingegno, al Parlamento italiano di ante-guerra: a questo abbassamento, di quanto contribuì il sistema proporzionale? Non può negarsi che costituivano preg! del collegio uninominale la presenza qua I costante del deputato nel. suo collegio, i suoi frequentissimi rapporti con gli elettori e con le. amministrazioni pubbliche del luogo, il controllo diretto e permaJJente che gli elettori facevano sull'attività politica e morale del pro prio eletto. LSi dovrebbe dopo di ciò concludere per iJ ritorno in Italia al veochio collegio uninominale? Non diremmo. Le prossime battaglie politiche saranno, per noi, le batt~gli_c s~~reme per i grandi id~ di lil?ertà e ~ _g1u.st1Z1aso· ciale. Con la d1Seducaz1011e politica prodotta Oontinuazlane da ,·enti anni di dittutura fu cista. il colle~io 11ninominalc po11ebhc l.i-,c-iare 1nc,alcre talmen te le con-,idera/ ioni cl i cara Ilei-e persona le da prnd111re dfelli as~ai gra\'i: e per di pii'1 quando c:;i hanno collegi. pcr-.onnli e !(li elelli non s0110 'ì0tto il controllo cli partiti politici fortemente organizzali. gli eletti possono facilmente piegar.i alle r.igenzc di ceti plutocratici. ,\fa i rilievi. che abbiamo fatto sui pregi del rollcgio uninominale bi,:;ognerù tenerli presenti quando -.i trullerà di ddinire nella so,:;tanza za e nelle modalità il . i tema clettorulr da noi preferito. La p1•opo1•zlonale 10. Nel 1919. quando fu propo la ed aipprovula la prima legge sulla rappresentanza proporzio: nale, i socialisti ccl i democratici furono quasi tutti proporzionalisti. 1 n teoria la proporzionale appare lo trumcnto elettorale più sicuro e più giusto: e sa riproduce esattamente_ le condizioni politiche in cui versa il paese; rnduce :rii elettori a seguire cd a scegliere indirizzi di idee e di programmi più che di persone, elevando di conseguenza il tono delle competizioni elettorali e contribuendo in modo notevole alla educazione politica dei cittadini: dà a ciascun partito una rapprct,cntanza corrispondente alle sue forze reali; impedisce alle maggioranze di sclùacciare le minoranze e di escluderle dai cC1nsessi politici ed amministrativi: costituisce garanzia di lenta ed ordinata evo! uzione. I.a prntica non realizzò in Italia tutti i n1ntaggi promessi dalla teoria e mise in e,,idenza che anche la proporzionale, come ogni altro sistema elettorale, ha. con i pregi, i suoi difetti ed i suoi inconvenienti. ( problemi politici in generale ed in special modo quelli elettorali debbono essere considerati esaminati e valutati in concreto, cioè rispetto alle condizioni in cui, di fatto. si trova 11n determinato \laese. Qualildo in ,uno stato sono di fronte so tanto due grandi partiti, come in Inghilterra, ogni sistema elettorale p_uò dirsi buono. Si anù in ogni caso una maggioranza ed una minoranza. Che quella sia pletorica o ridotta: che <1uesta sia un po' più od un po' meno numerosa. la sostanza non cambia: la maggioranza adempie all'obbligo suo ed al suo diritto di governare: la minoranza al suo ufficio di controllo. di critica, di propulsione, che un un rey;ime democratico è essenziale all'attivitù giuridica dello stato cd allo s,olgirncnto della stessa vita ci,•ile. La Svizzera dove i grandi partiti in contesa sono tre, e dove il sistema federativo non accentr!I. nella capitale la totalità della vita dcL la nazione, il sistema proporzionale non presenta grossi inconvenienti. riusc<-ndo facile con l'accordo di due partiti la formazione di una maggioranza di governo. Ma dove i partiti sono numerosi tutti i sistemi elettorali risultano. qual più qual meno. difettosi: il collegio uninominale perchè danneggia le minoranze: la proporzionale perchi> ostacola la formazione di una maggioranza. La proporzionale infatti, consentendo a tutti i partiti di essere rappresentati secondo le forze numeriche, fraziona eccessivamente l'assem. blea rii guisa che diventa necessario il concorso di parecchi gruppi politici per formare_ una maggioranza, con 1!3- c~nse~e.n~~ che gl_1_~ccordi diventano faticosi e d1ff1c1h e perc10 111stabili, e che i gruppi il cui concorso diventi necessario avanzano esigenze di gran lunga proporzionat_e alla loro imp_~rta~za nu_m~rica e politica ed alterano con c10 gli stessi risultati elettorali. Formatasi poi a fatica una mag0foranza. basta spesso un piccolo contra5to perchè un gruppo, irrequieto od irr1;spo~sabile crei una crisi con leggerezza. D1 qui la ins~ilità del governo e le crisi a ripetizione: fenomeno dannosissimo non solo percbè la stabilità governativa è elemento e condizione di buona amministrazione, ma anche perchè le crisi ripetute creano uno stato perm~nen!e di agitazione nel paese e generano la sf1duc1a ,·erso le istituzioni rappresentative ed i regimi democratici. Ora un sistema elettorale che per le particolari condizioni del paese, porti a queste condizioni e conseguenze non !PUÒ essere adottato se non dopo matura riflessione e dopo le correzioni opportune. Il sistema elettorale deve essere idoneo a ral?'- gi ungere i suoi scopi naturali che sono quel)i di dare al paese un governo od una amministrazione. La elezione dei rappresentanti non è fine a sè stessa ma è mezzo per go,·ernare od amministrare. 'Nessuna astratta considerazione teorica deve prevalere sulle nece.;sitù politiche di creare un ordinamento vitale du· revole. Questa <-sigenza sarà tanto più f?rle domani perchè l'Italia per la sua resurrezione avrà bisogno. come non mai. di continuità di indirizzo e di opere. La pletora dei l?artiti è_ ~n vecchio mal~ italiano. Nelle elezioni pobhchc del 1924, s1 presentarono in lotta 23 liste differenti. cioè 2.3 partiti. La Camera dei deputati uscita dall_c el~zioni del '21 aveva nel suo seno 12 gru pp1: ed altrettamti quella del 1919. Senza l'accordo dei due gruppi maggiori (il socialista con 150 deputati, ed il cattolico con 100) per formare una maggioranza di g~verno occorreva una coalizione di 7-8 gruppi. e di conseguenza l.1 ituazione era tale che il gruppo dei cattolici aveva acquistato una influcn1.a ed una importain7..aenormemente superiori alle ~ue forze effettive cd era diventato. di fatto. l'arbitro dcllu vita parlamentare. La prossima ripre a ,politica italiana. purtroppo, non vedrù un numero minore di partiti. Le avvisaglie ono, sotto questo aspetto. poco confortanti. La rappresentanza proporzionale conI ribu iscc largamente anche a f ,I\ ori re i fra7ionamcn ti dei partili. Cn gruppo di minoranza il quale . a di poter con<;cguire c-crlamenle. c-0n la proportionale. la sua rappreca:entanza. i· portalo naturalmente alla autonomia <-d alla intran igrnza. Bi ogna tener pre enti que. te ,·eritù. La stabilità del gove1•no 11. La tabilitù del (J'ovcrno si consegu<' oltunro con la formazion~ di 1111a'>Olida maggioranz..a. Ogni norma regolamentare ~- l_egislativa _r·!1_c credesse di ottenere tale stabilita con la d1sc,- plina dei voti parlamentari di fiducia o con la nomina dei ministri da parte del parlamento, risulterebbe un espediente illusorio tutte le volte che la maggioranza parlamentare venisse a mancare. Quando il parlamento respingerù una proposta di legge, il governo od italiani il mini'ilro proponente ra .cgnrrù le dimi:;- ,ioni: nit 111c poti ·bbc e, ilare queste con e- ~11 '11zt:. '-l' 11011 Il I divc,,o c-o<;tumc politico, c-lic non ,i crcu all'impro, vi o. roi potdc di·porrc che la reic1.ione di una legge non abbia significato di ,·oto di sfiducia. mu se il go, erno od il mini tro altri bui cc a quella legge 11n ,·alorc cd un significato particolari. la norma resterà lettera moria. Voi potete magari dic;porre che solo il parlamento abbi.a iJ potere di revocare i ministri e che quei mini tri i quali abbiano ra segnato le dimis ·ioni· per pure' ragioni politiche non potrat:!JllO e sere rieletti durante la legislazion<- in corso; cd allora l'oppo izione darà al volo cli sfiducia il dichiarato significato ,di un voto di revoca, e i avrà la crisi. D'altra parte, il principio di far nominare ai corpo elettorale il capo dello stato o il capo elci governo cui affidare la scelta dei ministri i quali non ri pondano della loro opera da- ,·anli alle Camere e nou possano essere rovesciati da queste, è principio che rende facile la formazione delle dittature, e di conseguenza, a nostro giudizio, deve essere fermamente respinto. Certo ruppare preferibile che la nomina del capo del governo e magari di tutti i ministri. sia affidata al Parlamento anzi che al capo dello stato, riuscendo più impegnativa la nomina che la ratiifica; ma anche in questo caso tutto sarebbe affidato alla solidità della maggioranza. Se questa solidità non si ottiene, basteranno le dimissioni di un ministro ed il distacco di un gruppo per creare lu crisi. Fin che i gruppi cd i gruppetti parlamentari sarll!nno numerosi, rincostanza di alou,ni di essi darà luogo a maggioranze mutevoli e le crisi saranno certe e frequenti. Fin che la maggioranza sarà composta di troppi gruppi eil!- rogenei, nemmeno l'accordo su di un program ma comune risulterà sufficiente cemento o legame perchè un im.proHiso fatto saliente della vita nazionale od UJl avvenimento di carat tere internazionale od un notevole incidentt amministrativo riuscirà a rompere runioue. Un sistema che sancisse, come avviene in Svizzera, la incompatibilità tra le funzioni cii ministro e le funzioni di deputato, potrebb1' costituire una remora alla crisi; ma se il sistema non si accoppia a un austero costume politico e parlamentare la remora si appaleserù ben presto insufficiente e dari!, oltre l'in ·tabilitù governativa, il risultato gravissimo di escludere dalla vita parlamentare i più preparati ed i migliori, a causa della incompatibilità di cui so:pra e delle decadenze che nt· derirnno. E se il sistema consegui e i ri u Itali di stabilità prefissi potremmo cadere in un inconveniente di diversa natura ma n1>11 trascurabile, potremmo cioè raggi ungcre u 11u stabilità eccessiva che perdura a decenni r che rimane spesso sorda ai mutamenti ed alh~ nuove correnti che si marùfestano ,nel pac:.c. Per la regolarità e la serielii della vita politie:u basterà invece raggiungere l'intento di formare un governo che resti in vita, di regola, du rante una intiera legislatura e che permanffa o si rinnovi poi, in tutto od in _parte. seconcto i risultati delle nuo,·e elezioni. (.lucsto intento. che concilia la necessità di lLlla amministrazione durevole con la necessità di far posto al rinnovamento continuo della vita politica, non può essere rag~iunto, a J1ostro giudizio, che ricercando un sistema elettorale il quale. senza snaturare il regime democratico, consenta ed ai11ti la formazione di una maggioranza parla men tare omogenea. Non. dovrebbe es ere impo sibilc trovarlo. Ne tratteremo. conc-ludcnclo. nel pros-,imo 1111mero. (continua) Uomini E.L.S. del Socialismo f raneese li Partito Socialista francese esce dalla Resistenza ringagliardito e· rinnovato: quando nel 1940 la società francese fu sconvolta dalla disfattél, anche il Partito Soeialista senlì il bisogno di un'opera di rinnovamento in profondità. Yu allora costituito un Comitato di azione socialista, che pubblicò illegalmente il < Populaire > ed altri giornali socialisti, ritessè le file deJrorganizzazione, e diede opera generosa, frattanto, alla Resistenza. Al principio del 1943 il e Populaire > pubblicò il programma per la ricostituzione del Partito, preparato dal Comitato d'azione: e il Partito Socialista francese fu ricostituito e riprese vita rigogliosa, nelle sue organizzazioni risorte in ogni parte della Francia, contribuendo alla lotta sino alla liberazione, e prendendo poi il posto che gli spetta nella vita politica risorgente. Gli uomini che lo dirigono hanno dato alla lotta, senza riserve e senza rispannio, tutto il loro contributo; e danno oggi garanzia di preparazione e di idoneità alla direzione e aJrazione. Léon Blum è tuttora riconosciuto primo esponente del Partito: Léon Blum. che dopo essere stato incarcerato e sottoposto al processo di Riom, quando fu manifesto che il processo Si sarebbe risolto in un gravoso atto di accusa contro gli accusatori, poichè Blum da accusato si ergeva ad accusatore preciso e inconfutabile, fu deportato in Germania. E deportato si trova tuttora. Uno dei primi deportati francesi che sono stati liberati dall'avanzata sovietica, rientrato in Francia ha dato notizie di Blum nei termini che riproduciamo testualmente dal e Populaire > del LO febbraio scorso: < Un giorno del gennaio 1944 mentre mi trovavo vicino al recinto che segregava alcuni detenuti politici importanti, uno di questi detenuti. riconoscendo in me un france e. mi ha interpellato. Era Léon Blum ... Malgrado le .. egli mi ha potuto dire qualche parola. e mi ha aiutato a maniencre fiducia e coraggio>. Così, fermo nella sua fiduçia e nel suo coraggio che sa infondere attorno a sè, ritto nell'accu- . a e fis o al uo compito senza pensiero per sè ste so come l'hanno visto al processo di Riom - « ·e accu ala è la Repubblica, noi re tiamo al nolro posto> - i socialisti francesi amano raffigurarsi spesso il loro maggiore esponente. Segretario generale del Partito è ora Danicl Maycr: un giovane bruno, I?iccolo, vivace, energico, che ha dato grande attività alla Resistenza. Fu infatti fra i fondatori del Conseil National de la Ré istance e ne fa parte dalla sua origine; si occupò della redazione del < iPopulairc > clandestino. ed oggi fa parte del suo Comitato direttivo, in assenza di Léon Blum eh~ ne è il dirctt0re. Atti,·i imo, dù un grande impulso alla , ila del Partito. che e in costante ascesa. Vinccnt Auriol è presidente del gru~ po parlamentare sociali la alrasscmblea consultiva; uomo politico e perto. vi ha la presidenza della C~mmissionc di politica estera. Ha a!uto p~r.te importante nella continuità della vita pohhca ad Algeri. . . . d. t d. A dirigere le numerose Comm1ss1~n1 1 s u .10 ciel Partito - che sono ben ?7- e ~tato. chiama lo J ulcs Moch, una delle figure. emment1 ~elrassemblca consulti\·a. Era considerato, pr1m~ della guerra, tru gli uon!iui migliori d~s~inati a1 compiti direttivi: ora. urusce una matur~ta consapevole e pr_eparata all'esperienza d~ll'az10ne e. del sacrificio. Ha combattuto nella resistenza, prima 11ell'intcrno, poi nella flotta Degollista del!~ quale porta ancora la divi?a, ~ ~1ella Res~- stcnza ha visto cadere - negli ulhm1 comb~tt~- menti dell'agosto - uno dei suoi giovani. f~gh, entrambi combattenti valorosi della lotta d1 hbe• razione. . I frequenti interventi suoi e d~i. suoi _co°:lpagnr all'assemblea consultiva, i prec1s1 arhcoh programmatici che egli s~esso, Auriol e .~•foyer ~ubblicano sul e Popula1re >, danno I 1~press1o_ne delle vedute chiare e concrete del Parht? S~cialista di fronte ai problemi dell'attuale d1sagto e della ricostruzione. Altre figure di primo piano milita~o nel gruppn socialista all'asseJl!ble8: . consultiva: Goum che la presiede; An?re. Ph1hp _co!1 le sue larghe vedute di un soc1ahsmo cristiano; Salomone Gmmbach, sempre vivacissimo. e intento_ ai problemi della politica estera, cui la Fr_anc1a r~tornn con una funzione centrale nella r1costruzt0~e europea. Al < Populaire > si occupa della politica estera Ch.arles Dumas: a guardare _il su? profilo fine e sereno di patrizio venct? ~1 antichi ritratti, non si penserebbe ?he eg!1 sia stato membro dell'Esecutivo del Partito ali epoca dell'illegalità, e che sotto l'?ccup~zione abbia condotto a termine la redazione d1 quel volume - « La France trahie et livrée » - che, rip~n~endo quanto già era affiorato al proces_so di Riom, confuta le infondate accuse ai governi del Fronte Popolare, e documenta le responsabilità effettive del disastro accusando con una fermezza che ha sollevato vasta impressione. e 1;1on ~otrà essere facilmente controversa. Di Verd1er_ v1_ce~egretario del Partito. è uscita un'altra pubbhcaz1~ne recente che riassume l'intensa vita clandes~ma del Partito ocialista negli anni dell:o.ccup~z•one. Attorno a questi e agli altri d1r_1genh del Partito - crli :rnziani sempre presenti come Bracke, i gi~vani e i giov8:nissi_mi -. S0f!O.in_pi~ di 200.~ i militanti di ogni regione. 1 m1ho_nt d1 lavoratori che nel socialismo sperano la ricostruzone del loro paese. L. Ritratto(o quasi) di Càlandrin• L'lllusfrazione Ticinese pubblica, a puntate, le memorie « ,non roman.7..ate,. di un giornalista italiano che si cela sotto il boccaccesco nome di Calandrino. li nostro amico Ahi « fotografandolo>, come fa, nel suo ambiente e con la sua mentalità, discopre le e magagne> di un presunto antifascismo troppo acerbo per essere profondo, troppo abile per essere sincero. Calandrino sottotitola il suo < Ha. parlato male di Garibaldi >: testamento di un uomo qualunque. Perchè Calandrino - il vivo, ben vivo Calandrino - vuol fingersi morto per scrivere la sua autodifesa? Per strappare forse più copiose lacrime ai lettori che - nella. tragedia. di tutta una nazione - dovrebbero particolarmente intenerirsi a casi così personali e particolari? Per quale motivo o per quale abitudine si è sentito trasportato ad affidare le proprie pene ad uno di quei « testamenti spirituali> di cui sarebbe bene perdere le traccie, anche se il primo di essi ha dato fama per{ ino al Grande Fratello Arnaldo? Calandrino non ci pa.rla di un Italiano qualunqiie; non tratta. i casi di uno di quei poveri Cristi c:he hanno sofferto duramente, tragicamente, confusamente il fascismo come vorrebbe far credere /"aggettivo e qualunque>. E' la difesa. troppo interessata per essere simpatica - e da nessuno richiesta perchè l'autore non ha pagato con la. prfgio11ee con la torlLLra, il suo, non recente, desiderio di evasione politica. e mora.te - di un giornalista, e in genere di un giornalismo, il quale per fregiarsi di questo titolo, (che Calandrino vorrebbe or far credere che pesasse a tutti o quasi a tutti come un cilicio) doveva ottenere e farsi rinnovare periodicamente tanti, tantissimi, troppi crismi di ortodossia da parte di quei gerarchi per i quali dimostra di sentire quasi soltanto irrisione e compatimento. . Mille volte più intelligente - come molti altri Italiani -· di quanto occorresse per ca.pire, molto per tempo, quale insieme di sudiciume e di incapacità fosse il fascismo - lui ci vive o.a dentro fino al collo. Colto, abbastanza. furbo e padronissimo del mestiere; quando appena poteva con zampa. di velluto - lasciava scivolare nei suoi apprezzatissimi servizi - che sopratu.tto manda.- va dall'estero - qualche frasetta che si poteva interpretare un po' equivocamente e che faceva gongolare gli... antifascisti del suo calibro. Troppi, nei suoi articoli, i fascisti-antifascisti del distintioo, del saluto ram.ano, del «voi>, della camicia nera nelle fes~ comandate e contemporaneamente delfultima storiella contro il regime, del e pissi pissi, bao bao > e del < non di.ira.... di.ira minga> della strettissima intimità.. Quanta ne abbianw conosciuta e quanta ne Ilconosciamo oggi di questa gente! Si dice però che di iscritti ce ne fossero anche in buona fede ... Leggendo il « testamento > si vede un'Italia in cui tutti erano giornalisti, funzionari, gerarchi, ministri e donnette di loro proprietà; ,wn si sente altro, nient'altro che la puzza. di un certo ambien. te che 11wlto ha. fatto, di tutto ha. fatto, per ridurre a tanti Calandrini gli Italiani tutti. Ma c'era. anche un.·altra Italia, c'è l'altra gente che non ha e non avrà bisogno - anche se ha. dovuto subire la tessera - di compiacenti ed illr.,,- sfrafe pagine per difendere solo una propria. posizione, solo le proprie colpe, solo le proprie debolezze e salo i propri compromessi. Di questa Italia Calandrino non parla. o ne parla. troppo poco perchè, norwstante la sua va.sta esperienza, non /"ha mai conosciuta essendo stato anche « allora , troppo occupato da; suoi complicali problemi personali. L'ha intravista, forse con un po' di meraviglia, solamente il 25 111.glio.Di questa avrebbero dovuto parlare! Sarebbe stato più utile - anche nel suo interesse - che la. brillante serie dei suoi articoli non fosse il testamento di un italiano qualunque solo per qualità, ma di un qualunque piccolo modesto oppresso italiano che in altro modo éd in altro ambiente avesse vissuto o almeno ossùvato la tragedia dei vent'anni di fascismo! Ahi.

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