, • Bi SulproblemadellaFederazione Europea Questa collezione di scritti (1), che segue a tre anni di distanza l'analoga raccolta intitolata Federai Union e promossa da M. CHANING PEARCE, attesta l'attività del «Federai Union Research Inslitute», organismo creato dal movimento «Federai Union» per approfondire l'esame dei problemi del federalismo, e dimostra il costante interesse degli uomini politici e degli studiosi inglesi per la creazione di uno stato federale, in cui possano inquadrarsi, almeno in Europa, i diversi stati nazionali fin qui in lotta fra loro. Supponiamo che il lettore non sia del tutto digiuno dei fondamenti dell'idea federale e perciò non insistiamo nel segnalargli quelli fra gli studi del volume che hanno solo un generico valore di propaganda: tale il saggio: La fine dell'urto apocalittico - notevole più che altro, perché scritto da Lord Lothian, subito prima di esser nominato ambasciatore a Washington, nell'agosto del 1939 -, o quello di George Catlin sul tema Unione anglo-americana, che ha il pregio di riportare le dichiarazioni di molti uomini politici anglosassoni favorevoli al federalismo, o quello di K. C. Wheare dal titolo Che cos'è un governo Federale, che ha carattere divulgativo ed è destinato in ispecie al pubblico inglese. Ci soffermeremo invece sugli altri scritti, che portano un serio contributo o alla raccolta delle fonti o alla discussione teorica o alla soluzione delle difficoltà pratiche inerenti al nostro problema. Le fonti, la cui conoscenza è indispensabile allo studioso del federalismo, sono le costituzioni e la storia costituzionale degli stati federali esistenti e esistiti nel mondo. H. R. G. Greaves parla degli Stati Federali in Europa, cercando "di trarre ammaestramenti dall'esperienza della Svizzera, dell'Unione Sovietica. della Germania del secolo scorso e della Spagna repubblicana. La storia della Svizzera dimostra che la differenza di lingua non è un ostacolo alla federazione; dimostra inoltre che, per il successo dell'unione, è necessaria una uniformità di vedute circa i problemi sociali più importanti del tempo; dimostra infine che, se si vuole evitare un sistema troppo rigido, si può astenersi dal creare un tribunale federale investito, secondo l'esempio americano, di una piena giurisdizione sulla costituzionalità delle leggi. Dal fallimento del federalismo in Germania si dovrebbe indurre che l'assetto federale non regge dove sia esclusa la libertà politica e dove uno degli stati abbia un'importanza predominante sugli altri; tuttavia queste due circostanze sussistono pure nell'Unione Sovietica, nella quale la costituzione federale almeno formalmente, ha continuato a vivere finora. La costituzione sovietica presenta diversi lineamenti interessanti per il federalista: la norma, unica nel suo genere, per cui ogni repubblica federata conserverebbe il diritto di ritirarsi liberamente dall'Unione; l'autonomia nazionale garantita dal Soviet della Nazionalità, ch'è una delle due camere costituenti il Comitato Esecutivo Centrale della Unione; la presenza, nei Consigli dei commissari del popolo delle singole repubbliche federate, di delegati del Consiglio dei commissari del popolo dell'Unione; l'influenza e la forza unificatrice spiegate dal partito comunista. è nello stato, questa premessa condurrebbe a una conclusione anarchica; non mai al federalismo, il quale non si propone di eliminare lo slalo ma di coordinare gli stati esistenti entro un nuovo stato più ampio. Il saggio di Barbara Wootton su Socialismo e federazione è, sia per l'importanza del tema sia per l'efficace svolgimento, uno dei migliori del volume. L'autrice si chiede se i socialisti debbano propugnare una federazione europea; e risponde risolutamente di si. Anzitutto la federazione si presenta come un mezzo per evitare la guerra: e ad evitare la guerra i socialisti hanno ancora più interesse che gli altri uomini, perché la guerra ro01pe la solidarietà internazionale socialista, come la storia di questo secolo ha più volte dimostrato, e distrugge ricchezz~ bastanti per alleviare di mollo le condizioni della classe proletaria e per attuare grandi riforme sociali. Né si obbietti che, secondo la teoria marxista, la guerra è determinata in ultima analisi dalla struttura economica e quindi non scomparirà finché non cambierà tale struttura: codesta convinzione non esonera dal dovere di combattere intanto il fenomeno della guerra in sé stesso, cosi come nell'interno degli stati la persuasione che cause economiche stanno alla base dei delitti non esonera dal dovere di combattere il delitto con adeguate sanzioni penali. Inoltre i socialisti aspirano a disciplinare con piani appropriati la vita economica nell'interesse generale, ma una tale disciplina è possibile solo su un'area sufficientemente vasta, che non offrono i singoli stati europei; i socialisti vogliono elevare il tenore di vita dei lavoratori, ma le convenzioni elaborate a tal fine dall'Ufficio internazionale del lavoro sono state frustrate dalla mancala ratifica di molti degli attuali governi nazionali indipendenti; i socialisti desiderano costruire potenti confederazioni di lavoratori, ma l'esperienza dimostra che queste non riescono a estendersi oltre i confini dello stato. Un movimento, che è stato fondalo con l'esortazione ai lavoratori del mondo di unirsi, non può finire in quel socialismo nazionale che si è provato essere solo il socialismo del campo di battaglia e del gabinetto di guerra. Sarebbe utile tradurre in italiano lo studio della compagna Wootton. Fra gli studi che si occupano di questioni pratiche quello di carattere più generale è Governo mondiale e pace mondiale di K. Zilliacus, che è un riassunto del rapporto pubblicalo nell'anno 1942 dalla «Federai Union» sotto il titolo: Federazione, scopo per la pace, arma per la guerra. Vi si indicano le misure suggerite dalla «Federal Uni on» per passare gradualmente dallo stato di guerra a un assetto di pace basato sulla idea federale; e vi si delinea lo schema del trattato che dovrebbe costituire una Confederazione mondiale di stati e, nel seno di questa, uno Stato federale delle democrazie. I probleme economici sono oggetto del pregevole scritto di Lionel Robbins su Aspetti economici della federazione, già contenuto nella precedente collezione del 1940. La sua tesi principale è che, piuttosto che codificare nella costituzione federale il principio della libertà di migrazione e quello della libertà di commercio e quello dell'unità di moneta, convenga statuire che la disciplina della migrazione fra stato e stato, del commercio fra stato e stato e della moneta è riservata all'autorità federale. Due articoli trattano il delicato argomento delle colonie. Norman Bentwich, considerando Il problema coloniale e la soluzione Federale prospetta quattro distinte possibilità nella disciplina d~lle colonie in caso di federazione europea: lasciare le colonie alle nazioni che oggi le possiedono, garantendo alle altre un uguale accesso alle risorse economiche; lasciare le colonie ancora alle nazioni che le possiedono, assoggettando però l'amministrazione coloniale alla disciplina del mandato e a una rigorosa vigilanza di una Commissione dei mandali, che potrebbe emanare dal governo federale europeo ovvero da una Società delle Nazioni mondiale; attribuire l'amministrazione delle colonie al governo federale, sotto la vigilanza della Commissione dei mandati della Società delle Nazioni; infine affidare l'amministrazione delle colonie a un or6ano della Società delle Nazioni. L'autore pr;pende per le ultime tre soluzioni, che garantiscono, insieme con l'interesse degli indigeni, una maggiore equità nella ripartizione fra i vari popoli dei vantaggi politici ed economici derivanti dalle colonie; egli non vede alcun nocumento in una fusi one delle amministrazioni coloniali inglese, francesco e olandese, che darebbe luogo anzi a una sintesi del meglio dei vari metodi coloniali. D'avviso diverso è Lord Lugard nel suo scritto Unione federale e colonie. Il governo della colonia, egli dice, è un sacro impegno che la nazione ha assunto verso gli indigeni ed è quindi inalienabile; rendere internazionale la colonia vorrebbe dire togliere agli indigeni la fierezza naz.ionale che li unisce alla madrepatria e contribuisce alla loro civiltà; se si ammettessero le nazioni più povere a partecipare al governo della colonia, si giungerebbe a uno sfruttamento eccessivo della colonia a danno degli indigeni. Questi sono gli argomenti principali per cui, sempre nell'interesse degli indigeni, è essenziale che le colonie rimangano in mano alle nazioni che oggi le posseggono! Conseguentemente l'autore rifiuta non solo un governo internazionale o federale delle colonie ma perfino un'efficace vigilanza della Commissione dei mandati sull'amministrazione coloniale nazionale: ammette solo che nella costituzione federale si fissi il principio dell'uguale accesso delle altre nazioni alle risorse economiche della colonia e che, a garanzia di tale principio, si istituisca un comitato permanente federale, con poteri non più estesi di quelli della vecchia Commissione dei mandati della Società delle Nazioni. L'articolo è importante come indice della resistenza che gli interessi imperialistici opporranno a una seria attuazione dell'idea federale. Di un argomento strettamente tecnico, cioè di Trasporti e comunicazioni in una Federazione, discorre con competenza Gilbert Walker. E' evidente che la disciplina dei trasporti internazionali spetta al governo federale; ma che dire dei trasporti interni? L'autore è convinto che l'unità della rete ferroviaria europea da un lato e d'altro lato i rapporti di concorrenza e interdipendenza fra trasporti ferroviari e trasporti stradali indurranno ad assegnare al governo federale anche la disciplina dei trasporti interni ai singoli stati; in caso contrario, si avranno difformità di regolamento da luogo a luogo, che permetteranno bensi una migliore aderenza alle condizioni economiche locali, ma potranno nuocere alla unità federale, giacché «trasporti e comunicazioni sono il cemento che lega la federazione». La costituzione degli Stati Uniti:· studio di federalismo è il titolo del saggio di A. L. Goodhart. L'autore confronta la confederazione del 1777 con la costituzione federale del 1787 al 1789: le novità essenziali che hanno permesso alla seconda di raggiungere lo scopo, mentre la prima non era riuscita, sono ìl potere di tassazione e quello di disciplinare il commercio accordati al Congresso federale. Storia contemporanea Sotto l'aspetto teorico meritano attenta considerazione gli scritti di C. E. M. Joad e di Barbara Wotton. La guerra totale della Norvegia per la sua indipendenza Fridtjof Fjord, N orwegens totaler Kriegseinsatz. Pag. 68. Europa-Verlag, Ziirich-New York. Prezzo Fr. 2.90. mento del governo fu subito fissato in modo inequivocabile: all'ultimatum, lungo ben 19 pagine, presentato dall'ambasciatore tedesco tra le 3 e le 4 del mattino del 9 aprile, il ministro degli esteri norvegese rispondeva brevemente che il governo accettava la lotta. La lotta disuguale tra le forze armate dei due paesi durò 60 giorni, in capo ai quali il comandante supremo norvegese ordinava alle sue truppe di cessare la resistenza. La popolazione civile assunse sulle prime un atteggiamento di passiva rassegnazione; fu solo più tardi e piano piano, quando, negli inevitabili contatti con le autorità d'occupazione, essa vide continuamente leso l'innato senso del diritto dalla slealtà, perfidia, disonestà e prepotenza degli occupanti, che un profondo odio e disprezzo per gli stessi ed una ferrea volontà di resistere ad ogni costo si impadronì di lei, sentimento e volontà che darà origine ad uno dei cosi belli, ammirevoli e incoraggianti episodi di lotta vittoriosa della popolazione civile di uno stato contro la forza e la violenza di un concuistalore. fronte interno. Rileviamo che tra l'altro la Norvegia può istruire nella vicina Svezia un corpo di polizia. . Un contributo eccezionale, forse: _m quelle particolari circostanze storiche, decisivo per _la sorte della guerra, recò la flotta mercantile della Norvegia. All'inizio della guerra la_flott~ mercantile norvegese era, per numero di nav!, la quarta del mondo, per attrezzamento la mtgliore di tutte. Il 9 aprile circa _"lo de_lla flotta si trovavano lontano dalla patn~ e s1. sottrassero cosi alle grinf e degli invasori. Subito dopo avvenuta l'aggressione, il governo norvegese requisiva per la durata della guerra la flotta mer: cantile del paese, creando la base legale su cui si riorganizzò, a Londra, la fl~tt~ ~tes~a. !~~- gioiamoci la situazione: un nughaio di na:i disperse per tutti i mari del mo~do, che vemvano dirette e seguite giorno per giorno da qualche centinaio di compagnie di navi~azi?ne .~alle loro sedi in Norvegia, e che dall oggi all mdomani vengono sottomesse agli ordini di un'unica compagnia, è vero la più grande del :°1ondo,, c~e però all'infuori della nozione generica dell es~- stenza della flotta non sapeva null~ sull~ ubicazione delle navi, sui porti :ers 1 0 i qual_i ~sse erano dirette ecc. Come che sia, 1 opera di nor: ganizzazione fu compiut~ e ~o~ t~po reg~lah i numerosissimi e complicatissimi problemi ad essa collegati. . . Fu nei tempi che precedettero la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti, quando la costruzione di navi nuove non aveva ancora raggiunto una particolare intensità, ~u~ndo nella battaglia dell'Atlantico i tedeschi npo~~avan~ grandi successi e le statistiche delle navi mglesi silurate sollevavano apprensioni, che le mill_e navi mercantili norvegesi divennero un coefficiente sostanziale della resistenza del popolo inglese. Dall'8 aprile 1940 al marzo 1944 400 navi norvegesi furono affondate. Gli utili della flotta mercantile costituiscono la base dell'amministrazione finanziaria del governo norvegese, ed assicurano a questo la s~~ piena indipendenza. Senza ricorrere a pr~s~ih 0 ad altro il governo fa fronte con quegh mtroiti a tutte le spese a incominciare dell'appanaggio alla famiglia reale al riarm:'-m~to e ai contributi alla Società delle Naziom e al pagamento degli interessi dei debiti contratti all'estero prima della guerra. Ai compagni perduti Di notte un uomo tutto bianco è stato gettato in un burrone, e tutte le notti un uomo stanco cade in una Fossa e resta nome. L'acqua è muta e s'è messa in lutto, la terra ha nuove ossa ed è silente, il cielo è scomparso nel suo tutto e rimane una tragedia solamente. Il lago s'è latto cimitero per una sola tomba e per il mondo, infiniti ceri tremano nel nero e come Fantasmi s'allungano nel Fondo. Tutte le ombre son diventate tombe e tutte le tombe riposano in pace, opache nel nulla che incombe e in questa eternità il tutto tace. G.A. (Luglio 1944 - In morte di Bruno V.) Il Presidente Upton Sinclair, il noto scrittore socialista americano, ha pubblicato un nuovo romanzo, il quinto della serie dei suoi romanzi sulla vita moderna: «Presidential Agent» (Viking Press, N,ew York). L'eroe del romanzo, l'idealista Lanny Budd, discute i propri dubbi e problemi col suo buon amico, Franklin Roosevelt. La rivista «Time» riporta il seguente brano di una loro conversazione: «Perché, disse Lanny, gli Stati Uniti nel 1937 aiutarono Franco, imponendo un embargo sulla Spagna?» Spiegò il Presidente: «Nel pensiero, io mi paragono ad un uomo il quale guida tre cavalli . .. Uno di questi cavalli è giovane e selvatico; è il mio gruppo del New Dea!, appoggiato dal lavoro organizzato e dai simpatizzanti di esso, gli intellettuali; essi vogliono sempre andare al galoppo ... Il secondo cavallo è molto più vecchio e ha il carattere piuttosto di un mulo ostinato; è il mio blocco degli Stati reazionari del Sud. E poi c'è il mio terzo cavallo, nervoso e capriccioso, il cui nome non oso quasi mai pronunziare. Se glielo dico, Lei lo tiene per sé, non è vero?» «Si capisce, signor Presidente.» Il Joad tratta La filosofia dell'unione federale: attraverso una critica della filosofia fascista, che esalta i fini dello stato, perviene a una concezione di superamento dell'organizzazione statale e di fratellanza umana, che pone quale base etica del federalismo. Su alcune delle idee esposte in questo scritto dobbiamo, col rispetto dovuto all'eminente filosofo, esprimere le nostre riserve. Egli assume che solo i fini dell'individuo sarebbero eticamente elevati, mentre i fini dello stato sarebbero per loro natura spregevoli; ogni progresso intèllettuale, ogni miglioramento morale, ogni perfezionamento del gusto, ogni aumento nella conoscenza umana sarebbero il prodotto dell'individuo e non della comunità; i fini caratteristici dello stato sarebbero «aggressione, vantaggio economico, allargamento territoriale, potere, prestigio e ambizione». Tale assunto non risponde a verità, perché le conquiste dell'uomo nel campo intellettuale, morale, artistico e scientifico sono rese possibili solo dalla collaborazione e dalla vita sociale, di cui l'organizzazione politica è un aspetto insopprimibile: non è sereno disconoscere i frutti che lo stato ha portati e porterà alla civiltà umana e vederne solo i difetti. Ma poi, se fosse vero che tutto il bene è nell'individuo isolato e tutto il male (1) «Studies in Federai Planning», pubblicati da Patrick Ransome, Londra, ed. McMillan and Co., 1943. Narrazione concisa delle vicende della guerra «totale» che il popolo norvegese conduce da quattro anni per la sua indipendenza. Nella notte dall'8 al 9 aprile le forze militari germaniche invadevano, senza preventiva dichiarazione di guerra, la Norvegia. Il colpo, preparato di lunga mano in tutti i suoi dettagli col concorso dei soliti «turisti» e «scienziati», con l'inquadramento dei tedeschi residenti nel paese, con la corruzione di uomini politici e di qualche alto ufficiale norvegese, e con tutti gli altri perfidi espedienti abituali in imprese di questo genere, fu coronato da un ~ieno successo. Le posizioni strategiche più importanti del paese furono rapidamente occupate dai tedeschi. Governo e paese della Norvegia si lasciarono interamente sorprendere dai fatti. Lo stato nordico godeva da oltre un secolo i vantaggi della pace ed era, dal punto di vista militare, del tutto impreparato all'eventualità che in quella notte doveva diventare una triste realtà: l'esercito era piccolo, poche le navi da guerra, le fortificazioni inadeguate alle necessità della guerra moderna. La sorpresa ci fu anche sul terreno politico e diplomatico. L'ambasciatore norvegese a Berlino aveva bensì allarmato alcune volte, l'ultima il 5 aprile, il suo governo, siccome però quei timori erano risultati poi sempre infondati, non si dava ad Oslo più una grande importanza a quegli avvisi. Le notizie pervenute al governo nella notte fatale non lasciarono però sussistere più alcun dubbio su ciò che stava accadendo - ed anche l'atteggiaIl governo norvegese abbandonava nel giugno 1940 il territorio della madre patria e si trasferiva a Londra, dove incominciò subilo ad organizzare la partecipazione attiva alla lotta contro il comune nemico: ricostituì una flotta da guerra, un esercito, una flotta aerea, il tutto si intende in proporzioni piccole, in corrispondenza alle forze del paese, che si distinsero in numerose azioni militari; prepara i piani per la ricostruzione del paese dopo la sua liberazione; creò le premesse giuridiche per punire coloro che collaborarono coi tedeschi, alimentò il «E' il mio cavallo cattolico. Vi sono 20 milioni di cattolici in questo paese, e la grande maggioranza di essi pensano e votano secondo il consiglio della loro Chiesa. Il loro voto è decisivo in qualsiasi. elezione indecisa. Era stato loro detto che il generale Franco difendeva la fede contro i rossi atei.» «Quel che Fu loro detto, era propaganda di Franco, ed era quasi tutto falso.» «Può darsi, ma avrebbero creduto alla parola di un protestante? Io ho bisogno del loro appoggio per il mio programma interno; ecco la mia situazione.» teca Gino I
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