-- 20G zionc e P cspo·rtazionc nog1i ultimi anni prima dello scoppio delln, guerl'a enropcn., s,1nilibl'io che non ha riscontro in nessuno ùei paesi ai qua,li la nostra economia può essere paragonata. Nel 1913 le nostro esportazioni complessi ve rappresentarono solo il 69 per cento delle importazioni, mentre in Austria Ungheria rappresentavano l' 81 por cento, in Francia l' 82, nel Regno ·Unito l' 83, in Gei·mania l' 84. E tanto più preoccupante questo squilibrio in quanto il deficit della nostra bilancia commerciale è stato in costante anniento negli ultiini 12 anni c~e procedettero la guerra europea; è andato gradata1nentc, au1nentando dal 1901 fino a raggiungere 1132 milioni di lire nel 1913. Al quale deficit si rhpediava con partite di credito e principaln1ente con l'oro degli emigranti e dei forestieri (circa 900 n1ilioui di lire all'anno, secondo lo Stringher), rilneùio questo che pone la nostra economia nazionale in una condizione anormale e pericolosa come pur troppo fu ben dimostrato nei tre anni di guerra europea. . Dopo guerra come ci troveremo. con questo grandioso problerna ~ E quanto venne studiato nei convegni tenuti nelle principali regioni d' Ita.lia per l' esa.nie della politica doganale del dopo guerra. Lo studio del pro bleina noi. rapporti coll'industria agricola, venne fatto magistralvieute ùal prof. Ghino Valenti. Il rilncdio vero, naturale fra. l' anzidetta anorinalc situazione, quello solo che può dare il più sicuro a1tidà1nento per l'avvenire, non può esse!'.,Gche questo: da una parte in1portare· di meno e dall'altra esportare di più. ~ il ri1nedio se1npre prospettato e che pure il prof. Valenti esan1iuò ne' suoi diYersi complessi aspetti. Considerando i due grandi· ran1i del1' n.ttività econo1nicn., l' agrièoltura e l'industria, in relazione cio.n la nostra. situazione con1111erciale, si trova che tanto l'una qnahto l'altra. sono più iinportatrici che esportatrici, e quindi concorrono entra1nbe, ed in una n1isura non n10lto di versa, a creare il notato disq uilibrio. Noi huportian10 <lei prodotti agricoli e delle iutlnstrie agrarie· per 1539 n1ilioni di lire e ne esportiamo por 888: ilnportin.1110 per 2186 1nilio11i di prodotti .industr· ali e ne csportimho per 1626. Ciò vuol d,ire che il ri1ne<lio dell' iinportare <li1neno e tlell' esportare di più può essere dato tosì dall' àgicolturn, co1ne <lall' iudus tria. Il prof. YaBibiiotecaGino Bianco lenti fn, però osservare rho t~1i~e ò h~ condizione che risnltè, nel pnssato, e che invece per r a,vvenfre la situazione rispetti va <lell_a' gricoltura. e doll' industl'ia si pros.cnta assai <liffcre1~tf'. Il disquilibrio fra le ilnportazioni e le esportazioni dei prodotti agricoli il prof. Valenti lo fa dipendere principal1nente da tre materie prime provenienti dall'agricoltura di altri paesi, le .quali sono assolutamente indispensabili al1' alimentazione della nostra. numerosa e densa popolazione ed alla vita delle nostre'indnstrie. Esse sonq: il frumento, n legna1ne e il cotone. Posto ciò, tenuto conto delle nostre condizioni di produzione di <lette materie, il prof. Valenti, è d'avviso che la nostra· agricoltura non possa essa stessa con<.:01·- rere alla diminuzione delle in1portazioni. Egli trova invece che l'esportazione dei prodotti agricoli incontri 1neno gravi difficoltà dell'esportazione industriale, in quanto i nostri prodotti agricoli presentano spesso una •maggiore utilità di acquisto in paesi che a causa ·del clima non ,Possoy.o produrli o li producono in condizioni inferiori, sia rispetto al tempo,( ~ia rispetto alla qualità. Discende <la tutto ciò che alla diminuzione delle importazioni, riel caso dell'Italia, può pr0Yvedc1·e pre,·alentomente _l'industria., e che all'agricoltura spetta 1n-eferibilmente il co1npito principale d.{ accrescere le esportaziçni. 'l'ale è l' opiµione del prof. Valenti: e tale, del resto, ~ l' opinione generale. 'l'utto sta sapere e potere in1pl'imere il più gagliardo sviluppo alla esportazione dei nostri prodotti agricoli. E qui il prof. Valenti esa 111 ina le condizioni eù i fattol'i che influiseono sulla v agheggiata possibilità '<lisviluppare tale esportazione. Pone con1e bn.se fondamentale <linon cadere nell'errore di una eccessiva specializzazione. È proprio anzi il principio di specificazione che vuole utilizzare tutte le svariate attitudini di un paese o di un popolo e richiede quindi che vi sorgano quanto più è possibile di imprese di verse agricole od indùstriali. Il principio di specificazione porta ad una sola esclusione: escludere le produzioui che uon trovino nel paese elementi propfai di sviluppo e vin1uo di urìa vita del tutto artificiale. Un altro errore il prof. Valenti ammonisce di evitare: q nello di ritenere c01ne il n1iglio1, partito sia di avere poi propri prodotti esportabili pochi anzichè nnnH)rosi cli.cuti. lmperocehè operando
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