Alfabeta 112 Cfr pagina 17 Cfr I daNew York Colpi di foglie Paolo Valesio L a ricorrenza della nascita di Salvatore Quasimodo sembra esser trascorsa inosservata negli Stati Uniti; e questo non è un segno di impreparazione o ingenuità. Con poche ma importanti eccezioni, la critica nordamericana continua a mostrarsi estremamente sensibile alle mode critiche emanate dall'Italia. (Le eccezioni si ch·amano, fra l'altro, Dante - dove la critica nordamericana ha da circa un ventennio assunto una posizione dominante, se si guarda alla vastità del raggio esplorativo e all'impegno della visuale; e D'Annunzio - nel cui caso alcuni centri di ricerca qui negli Stati Uniti hanno cominciato a restituire a questo autore il suo luogo appropriato, nel canone degli scrittori cruciali del secolo, un decennio prima dell'attuale e un po' affrettato recupero anniversario.) Ma, quasi sempre e quasi troppo, la critica qui ha seguito le mode italiche. Dunque, essa si è presto resa conto che Quasimodo non rientrava pacificamente in una di quelle costruzioni triadiche con cui la letteratura italiana si è fabbricata una serie di simmetrie (apparenti, per non dire illusorie). Dopo Carducci-Pascoli-O' Annunzio non si poteva semplicemente elencare Ungaretti-Montale-Quasimodo: la triade era diventata una diade, oppure uno dei suoi angoli veniva a portare un nome diverso - Saba (è quest'ultimo, in effetti, il triangolo che appare in alcuni titoli nordamericani). Hulme e Rosenberg Franco Buffoni I I 28 settempbre 1917 trovava la morte sul fronte belga Thomas E. Hulme, il teorico del verso libero, organizzatore a Londra nel 1908 del Poets' Club, polemico antitradizionalista e antiromantico, raffinato e avaro (in senso quantitativo) poeta della stagione imagista. Tradotte con sensibilità e competenza da Giancarlo Pavanello, le Poesie di T.E. Hulme - quelle stesse che Pound aveva inserito nella prima edizione di Ripostes (1912), ironicamente intitolando la sezione «Tue Complete Poetica! Works of T.E. Hulme» - appaiono per i tipi di Amadeus, accompagnate dalla traduzione integrale del saggio fondamentale di Hulme, A Lecture pn Modem Poetry (composto nel 1908-9 e pubblicato nel 1914). Correda il volume un'acuta introduzione di Tomaso Kemeny. Se, per certi aspetti (propensione al militarismo, gusto della boutade: «Per quanto mi riguarda sono ovviamente favorevole alla completa distruzione di ogni opera in versi che abbia più di vent'anni»), Hulme non può non ricorAllora? Allora una rilettura di Quasimodo negli Stati Uniti può essere oggi occasione di un ripensamento. Come appare, il verde della poesia di Quasimodo, quand'essa è riletta sull'altra sponda dell'Atlantico? Verde vero o verde falso? (Per riprendere il più azzeccato fra i titoli delle sue raccolte.) Non che qui si voglia appesantire la mano su quello che si usa chiamare un bilancio critico; e neppure si svolgerà una rassegna erudita della «fortuna americana» di Quasimodo. Riguardo alla quale mi limito a due osservazioni. Quasimodo non è stato servito male, in termini di traduzioni angloamericane (più incisivamente reso, forse, dalle versioni britanniche che da quelle americane). D'altro canto,. va ricordato che lo scambio non è avvenuto a senso unico: Quasimodo - all'interno della sua nota e importante attività di traduttore - ha voltato in italiano anche poeti americani; e precisamente, ha dedicato attenzione a due voci significativamente eccentriche: quella di Conrad Aiken e quella di E. E. Cummings. Ma torniamo ai problemi centrali. La distinzione tra le due fasi della poesia di Quasimodo (quella ermetica e quella - come definirla? - dell'apertura sociale) è risaputa. Prevedibilmente, tale disposizione fu oggetto di dispute e scelte nette ai tempi in cui essa si poneva come discrimine militante; e, altrettanto prevedibilmente, la distinzione è stata più tardi negata, nel nome dell'ossessiva ricerca accademica della continuità. Ma quel che più interessa è tentar di comprendere che cosa ci sia sotto le categorie storiografiche. Il termine «ermetismo» è .ormai così saldamente intronato nella storiografia letteraria italiana che sarebbe vano tentar di sostituirvi neologismi; ma sarà pur concesso notare che esso è abbastanza infelice. «Ermetismo» è una parola forte, la quale evoca una poesia della metamorfosi e dell'iniziazione, vale a dire qualche cosa che è pressoché inesistente nella poesia in Italia dopo D'Annunzio. Quelli che s'usa chiamare «ermetici» sono in realtà dei neocrepuscolari; e m quella ripresa crepuscolare, Quasimodo fu una voce centrale. Ma appare nella sua poesia, già in questa fase, una componente che diverrà sempre più sensibile nelle poesie più tarde - lo chiamerò l'elemento divulgativo. Divulgazione non è certo sinonimo di banalità; e, in poesia specialmente, divulgare vuol dire aprirsi a un'effusione cantabile verso la quale non conviene nutrire un atteggiamento condiscendente. Rileggendo Quasimodo si vede in modo particolarmente chiaro quella che è una tendenza generale nella storia letteraria: ciò che all'inizio è scelta difficile - ed osteggiata- di pochi diviene, in un secondo momento, tradizione; per poi finire, in una fase ancora successiva, con l'essere l'approdo di chi scrive nel modo più indifeso. Questo appunto è accaduto con il cosiddetto ermetismo: quando esso ha cessato di essere una tradizione attendibile, non è tuttavia morto: semplicemente, è divenuto il codice della poesia di consumo. Cfr/Poesia darci certo facile marinettismo, per altri e ben più salienti aspetti della sua teorizzazione rimane una delle figure con cui la poesia deve continuare a scontrarsi. Ci sono due modi di considerare la poesia, sostiene Hulme, il primo come una difficoltà da superare, il secondo come uri attrezzo da usare: «Nel primo caso consideriamo i poeti come consideriamo i pianisti, e ne parliamo come maestri del verso. L'altro è considerarla come un semplice strumento da usare per raggiungere certi scopi precisi». E lo scopo preciso, che per i classici poteva consistere nel cantare l'assedio di Troia, per i moderni può difficoltosamente coincidere con la descrizione «delle emozioni di un ragazzo che va a pesca». Per giungere alla affermazione fondamentale del saggio («La nuova tecnica consiste nel rifiuto di un numero regolare di sillabe come base della versificazione»), Hulme passa attraverso alcuni passaggi logici ormai divenuti proverbiali: soltanto le arti che ripetono la loro espressione ad ogni generazione (e fa l'esempio della danza) hanno una tecnica immutabile. «Le arti come la poesia, il cui contenuto è immortale, devono trovare una nuova tecnica ad ogni generazione.» E ancora: «Si ammetterà che le forme del verso, come le abitudini degli individui, si sviluppano e muoiono. Si evolvono dalla libertà iniziale alla decadenza e infine al virtuosismo». Diventa pertanto inattuale, per Hulme, la sonorità della poesia classica, barocca e romantica. La poesia, perché sia moderna, «non può che rinunciare ad appoggiarsi alle grucce di un'orchestrazione in cui trionfa la ripetizione variata, ossia un sistema metrico regolare» e, come riassume Kemeny, «ogni verso, per essere tale e non una sua parodia, deve rinviare a un'esperienza estetica soggettiva e irripetibile». A questo punto è evidente come l'esiguo corpus delle poesie di Hulme non possa assumere una esemplarità teorica. Versi quali «Impigliato nell'altezza provvista di corde del grande albero maestro, I Pende la luna. Ciò che sembra così distante/ Non è che il palloncino di un bimbo, scordato dopo il gioco» dimostrano con chiarezza come la sua moderna classicità consista nell'assicurare il nonfinito cosmico alla finitezza perI dilettanti poeti d'Italia (coloro, dico, che si dilettano di scriver versi, e spesso dilettano e sorprendono il lettore che non sia col naso troppo levato in aria) parlano ancora, in gran parte, con la voce degli «ermetici»; cioè, sono neocrepuscolari. In effetti, la più vivace reincarnazione di questo neocrepuscolarismo oggi è la poesia dei cantautori. È questo che Quasimodo a suo tempo pagò caro (con un genus invidum vatum qual è quello italiano ... ): la divulgatività della sua dizione poetica. E che forse egli paga ancora, in una situazione poetica come quella di oggi che usa e abusa di nozioni scientistiche come quella di «ricerca» (mentre in realtà il poeta non fa ricerca - quasi fosse il membro di una qualche asettica fondazione di studi; il poeta fa alchimia ... ed è così che si torna al «vero verde»). «Ricorda che puoi essere l'essere dell'essere»: ecco un verso di Quasimodo che, per quanto interessante, è assai poco caratteristico della sua effettiva maniera poetica; così come la «furiosa ricerca del reale» che Quasimodo vede in E.E. Cummings è probabilmente assente dai versi dell'americano, e certo non presente nelle poesie del siciliano. Nelle quali si ritrova invece continuamente un senso· bagnato e velato delle cose nel mondo; senso prediletto da coloro per i quali la poesia non è lotta professionistica, bensì consolazione dal vivere. Forse non è grandiosa, questa eredità di Quasimodo; ma io la trovo bella. cettiva del soggetto lirico; e come la vastità del cosmo venga iscritta nella spazialità dominata dalle percezioni del soggetto: «Tre uccelli volarono oltre il muro rosso / nella tana del sole di sera. / O audaci, dannati uccelli che svaniscono dalla mia vista». Un'ultima manciata di versi, con cui Hulme pare invocare la mutazione del cielo in una coperta capace di riscaldare («O Dio, fà piccola / La vecchia coperta del cielo ç:onsumata dalle stelle, / Perché io mi ci possa avvolgere e starmene comodo») ci richiama un paesaggio da The Troopship (La nave militare) di Isaac Rosenberg: «Grotteschi e raggomitolati in modo bizzarro / contorsionisti per piegare al sonno / L'anima assonnata, / siamo coricati in ogni sorta di modi / e non possiamo dormire». Si tratta dei versi con cui Rosenberg (classe 1890) ricorda la traversata della Manica per raggiungere il fronte francese: la sua pallottola sarebbe poi giunta il 1 aprile 1918. A differenza di Hulme, Rosenberg non è militarista: si arruola volontario esclusivamente per il soldo, uno scellino al giorno come militare di truppa. E, a differenza JOH1' L. HEILBROi\ I DILEMMIDI MAXPLANCK Portavo<'e della S<'ienza tedesc·a La carriera scientifica di Max Planck sullo sfondo di una storia della fisica e delle vicende tedesche tra il 1880 e il 1950. Saggi scientifici 222 pp. 16 tavv. L. 29 000 \L\RIA \IICHELASASSI LAS(IENZA DELL'UOMONELLA GRE(IA ANTI(A La differenza fra uomini e donne, fra liberi e schiavi, fra greci e barbari, vista con gli occhi del greco maschio e libero, dal quinto secolo a.e. alla· tarda antichità. Nuova Cultura 250 pp. 22 ili. L. 32 000 .1011 \ Z. H)Li \C I FILOSOFI E IL CERVELLO Un ponte tra filosofia e biologia: da uno dei moderni padri delle ricerche sul cervello e sul sistema nervoso, il punto sull'antico problema dei rapporti tra mente e corpo. Saggi scientifici 264 pp. L. 30 000 \ICOS \ICOLAIIHS LA RAPPRESENTAZIONE Dall'oggetto rderenlt' alla rapprt·sentaziorw simholil'a I processi individuali di maturazione sessuale e l'evoluzione psicoantropologica nel mito, nell'arte, nel linguaggio e nella scrittura. Programma di Psicologia 169 pp. L. 25 000 KAZIMIERZ T\\ ARDO\\ SKI (ONTE NUTO E OGGETTO Un'opera di rilevanza storica nell'ambito degli studi fenomenologici, logici e di psicologia descrittiva. Lectio 172 pp. L. 30 000 MARI A-MIZZAU ECO E NARCISO Parole e silenzi nel connitto uomo-donna Nel microcosmo della coppia, la difficile presa di coscienza femminile in cui la parola della donna è opposizione e ironia. Saggi 160 pp. L. 22 000 LAURAMALVANO FASCISMOE POLITICA DELL'IMMAGINE Durante il periodo fascista l'universo italiano della comunicazione visiva (dalla pittura al cinema, dalla fotografia alla pubblicità) è chiamato per la prima volta a misurarsi con le sollecitazioni di una società di massa. Temi 199 pp. 116 ili. L. 20 000 Bollati Boringhieri
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