Alfabeta 108 mondo «reale» solo laddove le nostre costruzioni falliscono, la realtà ci rivela ciò che non possiamo fare, non ci conferma se le nostre ipotesi sono giuste o sbagliate ma solo se funzionano o non funzionano. Ma il tema su cui Watzlawick insiste part~olarmente è quello dell'atteggiamento etico di una persona disposta ad ammettere che «la realtà è una sua propria costruzione». Questa persona sarebbe innanzitutto tollerante: se si capisce che il mondo è una propria invenzione, non si può non applicare questa scoperta ai propri simili; inoltre questa persona si sentirebbe responsabile dei propri sogni e delle proprie aspirazioni mancate (gli sarebbe precluso l'espediente di attribuire ad altri la colpa dei suoi errori e dei suoi fallimenti); infine, chi fosse consapevole di essere l'artefice della propria realtà. «sarebbe ugualmente consapevole della possibilità, sempre immanente, di costruirla in modo diverso»; sarebbe una persona più libera, un «eretico» nel senso più autentico: «qualcuno che sa che vi è possibilità di scelta». A sostegno di questo punto di vista epistemologico ed etico Paul Watzlawick ha convocato, fra gli altri, i contributi di Ernst von Glasersfeld, Heinz von Foerster, Francisco Varela, in un volume collettaneo pubblicato nel 1981 a Monaco, ora disponibile in traduzione italiana per i tipi dell'editore Feltrinelli (La realtà inventata. Contributi al costruttivismo). Il libro si legge tutto d'un fiato, tanto è ricco di aneddoti, metafore e immagini elaborati in un ampio contesto transdisciplinare (dalla psicologia cognitiva alla neurobiologia, dalla cibernetica alla psichiatria, dalla filosofia all'antropologia), a conferma che il dibattito epistemologico può essere condotto in modo accessibile a un pubblico colto non specialista senza rinunciare al rigore scientifico. Carlo Formenti Clifford Geertz Clifford Geertz (etnografo, epistemologo delle scienze umane, osservatore delle dinamiche politiche e culturali del Terzo Mondo) è ora noto anche in Italia per una raccolta di saggi (Interpretazioni di culture, il Mulino, 1987) che rappresenta probabilmente la proposta teorica più rilevante apparsa negli anni ottanta nel campo delle scienze della cultura. Nell'introduzione al volume (Verso una teoria interpretativa delle culture) Geertz ha presentato il suo metodo della thick description, ovvero della ricerca etnografica come attività complessa e stratificata, terminabile solo in un racconto sensato, e cioè in un'interpretazione che produrrà ulteriori interpretazioni ... Questa idea, insieme a tutto il lavoro critico ed etnografico di cui il volume offre un'ampia silloge, fa giustizia del luogo comune radicato nelle scienze umane (antropologia e sociologia in primo luogo) per cui gli esseri umani non ci interessano per ciò che fanno, dicono e pensano nel contesto della loro esistenza (e delle loro culture), ma per ciò che sarebbero in profondità, e cioè in una dimensione accessibile solo ai codici dei loro studiosi. Naturalmente Geertz non nega il sapere antropologico (anche se ironizza spesso sul suo carattere mitico), quanto piuttosto la ben Cfr nota identificazione di realtà e codici antropologici. Il primo luogo in cui questa identificazione si fa problematica è evidentemente quello deH'accesso, cognitivo oltre che pratico, alle altre culture. Nel saggio a mio avviso più ricco e divertente dell'intera raccolta (Il gioco profondo: note sul combattimento dei galli a Bali) Geertz offre indirettamente un magnifico esempio dello scacco di una metodologia positivistica. Non soltanto l'etnografo, a onta di tutta la sua competenza e dei manuali di ricerca, accede alla cultura studiata in modo assolutamente casuale; ma trova soprattutto, al suo fondo, qualcosa di mobile e di complicato, il complesso di autointerpretazioni che certe forme di cultura danno di esse stesse: «La cultura di un popolo è un insieme di testi, anch'essi degli insiemi, che l'antropologo si sforza di leggere sopra le spalle di quelli a cui appartengono di diritto. Vi sono difficoltà enormi in questa impresa, trabocchetti metodologici da far tremare un freudiano, e anche alcune perplessità morali [... ]. Ma quale che sia il livello a cui si opera, e per quanto complesso, il principio guida è lo stesso: le soSOIS JEUNE ET TAIS TOI cietà, come le vite umane, contengono la propria interpretazione. Dobbiamo solo imparare come riuscire ad avervi accesso.» Si può dire insomma che Geertz si colloca nel versante ermeneutico delle scienze umane e sociali contemporanee. E infatti, con un gesto che non deve aver entusiasmato eccessivamente la comunità antropologica, soprattutto in Europa, riconosce tra i suoi riferimenti teorici Wittgenstein, Schutz, Gadamer e Ricoeur che, al di là di tutte le loro differenze, hanno in comune l'interesse per gli aspetti autointerpretativi delle culture umane. Ma non si deve credere che Geertz abbia scoperto, al culmine della sua carriera di ricercatore sul campo, le impalpabili gioie della filosofia. Ciò che infatti i lettori possono apprezzare di più in questo libro è costituito dalle concrete interpretazioni delle culture (come quella già citata o altre su Bali, sul nazionalismo islamico, sull'arte o sulla natura della religione). E vorremmo aggiungere, senza alcuna irriverenza, che è proprio questo tipo di descrizioni (con l'ironia e la bellezza della sua scrittura, avvertibili in fondo anche nella traduzione italiana) a infondere nuova linfa in una dimensione teorica, l'ermeneutica, che corre talvolta il rischio di sbiadirsi nella mera ripetizione di se stessa. Ciò vale anche per il recentissimo Antropologia interpretativa (il Mulino, 1988) in cui Geertz approfondisce la sua proposta metodologica (soprattutto nell'introduzione e nel primo capitolo Generi confusi) ma non rinuncia a offrire esempi di ermeneutica per così dire militante. Tra questi vorremmo citarne solo uno, il saggio Centri, re e carisma: riflessioni sul simbolismo del potere, in cui è presentata una spericolata analisi comparativa di diversi modi di rappresentare pubblicamente l'autorità politica: un corteo regale nell'Inghilterra del Cinquecento, la descrizione della pompa principesca a Giava e un viaggio diplomatico di un re del Marocco nel 1893. Ciò che si può apprezzare in questa analisi non è solo la capacità narrativa dell'autore, ma il carattere drammaturgico della cosiddetta realtà sociale, quando la si osservi con occhi limpidi. Qu,alcosa che, oltre a Geertz, soltanto un sociologo come Goffman ha saputo fare, e che continua purtroppo a restare in gran parte sconosciuto alle cosiddette scienze contemporanee. Alessandro Dal Lago Reinterpretazione come divulgazione Il rapporto con il passato, soprattutto quando si presenta enigmatico e all'interno di coordinate conoscitive ancora incerte, è sempre il terreno privilegiato dei filologi, degli archeologi, cioè di discipline fortemente specializzate che poco lasciano alla spettacolarizzazione e alla divulgazione delle loro scoperte. Tradurre e comunicare in modo nuovo e comprensibile alcuni di questi temi, così remoti nel tempo, dovrebbe essere compito fondamentale per tutti coloro i quali hanno a che fare con la progettazione di eventi pubblici, aperti a qualsiasi tipo di lettore. Le mostre dedicate a popoli poco conosciuti, l'interpretazione visiva delle grandi mitologie, gli argomenti della scienza contemporanea, i segreti dei mestieri e delle professioni rare e nascoste: questi e altri potrebbero essere i luoghi dove intervenire attraverso un'intelligenza divulgativa e una sorta di dissacrazione nello svelare i grandi topoi della nostra cultura. Due mostre recenti svelano, secondo noi, in modo nuovo e inconsueto la nostra storia; stiamo parlando non tanto dei contenuti delle due mostre quanto del modo in cui sono stati affrontati e risolti, gli aspetti iconografici, da un lato. dell'Iliade pagina 21 e, dall'altro, della civiltà misteriosa dei Fenici. Enrico Baj e il figlio Andrea hanno presentato nel mese di aprile a Roma, nello spazio Filiale Renault 70 personaggi del poema omerico realizzati come se fossero dei burattini-gioco: parte in legno, parte di stoffa, alcune medaglie: insomma il grande mago Baj ancora in azione. L'allestimento, di Pier Luigi Cerri per la grande mostra 1Fenici a Venezia, Palazzo Grassi (aperta fino a ottobre), reinterpreta, invece le tracce di questo popolo attraverso un percorso espositivo che privilegia una scrittura murale, incerta e volutamente gestuale, e una messa in scena dove la documentazione diretta - i cosiddetti reperti archeologici - sono sempre letti dentro una forte tensione spettacolare, una forte filosofia comunicativa. Divulgazione come interpretazione, e non come pura e semplice presentazione museale di un certo contenuto. Enrico Baj e suo figlio Andrea, per quanto riguarda la messa in scena dei personaggi del1' /liade, non si sono limitati, infatti, a riscrivere con un altro linguaggio il grande fascino narrativo del poema; hanno reso più familiari i principali protagonisti, reinterpretandoli con materiali inconsueti ma soprattutto con un'iconografia non classica, così da avvicinare emotivamente (ma senza far perdere la loro forte aurea misteriosa e quindi la propria identità) nuovi spettatori, nuovi interpreti. Solo così l'opera d'arte può vivere «nell'orizzonte dell'~sperienza del passato con l'orizzonte d'attesa del presente» (Jauss). Anche l'allestimento di Pier Luigi Cerri, ideatore con Gae AuFerdinando Grossetti Contra - Cantica poésie - sujet - écriture con un saggio introduttivo di don Sebastiano Ardyas de Arauca e una epistola di Emilio Villa pp. LXI Lire 14.500 lnform. (081) 8987680 Un libro inaspettato... ... un processo di ipercodificazione e transcodificazione ... un festino sul corpo della parola. (Matteo D'Ambrosio) ... una sorta di furibonda ... enigmatica festa ... di chi non vuole accettare le antecedenze storiche... con risultati che si possono definire in taluni casi clamorosi. (Franco Cavallo) ... un itinerario lulliano-leibniziano... in cui la lingua va deflagrando... attraverso le acrobazie della mente. (Aldo Trione) Il libro... è l'evocazione di quella... grande forma informe che rende lo stile imperio delle forme... ed estraneo al compito della glossa legificatrice... La crittografia di F. G. è la dirompenza del paradigma, del segno che ha messo in parentesi il significante... (che) pone e impone non tanto la ricostruzione del testo, quanto l'altro del testo. (Raffaele Perrotta) ... un'opera singolarissima per forza e novità d'invenzione verbale... avventurosa, gremitissima, di straordinaria ricchezza ... un'opera di cui si dovrà tenere gran conto nel parlare della poesia di questi anni. (Giorgio Bàrberi Squarotti) .. .e, tutlavia, un testo al sicuro da ogni ermeneutica che voglia farsi conclusiva... che rimette il tutto in una strategia ricorrente, senza requie... ... che sfida (la stessa) circolarità linguistica. (Adriano Spatola) lenti della mostra veneziana, ope- 1------------------1 ra nella stessa direzione: una lettura che mette in movimento nuove curiosità, che collega direttamente passato e presente. L'intervento di Cerri vuole creare un nuovo pubblico. L'alfabeto utilizzato, per esempio. «Ho scelto una forma di comunicazione anticlassica perché non usa mai la scrittura tipografica. Non è il graffito metropolitano, ma un alfabeto che ho combinato con la mano sinistra, in modo da renderlo ancora più incerto». Anche la mano sinistra dei Baj ha tirato fuori un'immagine anticlassica, per cui Ettore, il suo busto in particolare, si può anche coniugare con una cassetta di legno di una famosa marca di whisky. Fondamentale e vincente, come sempre, è la regia, il progetto, cioè la conoscenza dell'argomento, che viene reinterpretato: solo così il piacere del testo è in grado di rinnovare le nostre capacità interpretative. I lavori di Bay e il progetto di Cerri, pur nati e sviluppati su due terreni professionali diversi, rappresentano, secondo noi, un esempio di come si dovrebbe leggere il passato quando si desidera educare e formare nuovi lettori intorno ad alcuni problemi culturali, generalmente riservati a rari specialisti della materia. Scriveva Goethe: «Ci sono tre specie di lettori: una che gode senza giudicare, la terza che giudica senza godere, e quella di mezzo che giudica godendo e gode giudicando, questa in verità ricrea di nuovo un'opera d'arte». Noi siamo per questo terzo tipo di lettori; i lavori di Bay e di Cerri tendono a ricreare di nuovo un'opera d'arte per nuovi lettori. Aldo Colonetti GUERINI EASSOCIATI NOVITA Giovanni Piana LANOTTDEEILAMPI Quattrsoaggsiullafilosofidaell'immaginazione Percorfsiilosofiinctiornaoll'imma~nazione neisuoriap· portcionilmitol,apercezioniles,uonoil,colorefi,noa ~ungeraeiproblemdei llacostituziodneellenoziondi tempoespazio«.Sag~•, pp.286L,.30.000 Alfredo Civita LAVOLONTEÀL'INCONSCIO Apartirdealmetodoei~ochlinguistdiciWi ittgensteih l'autorceompiuen'inda~nseulcomportamento il discorsqouotidianatotraverlseocategordieivolonetàinconscnioell'ottidciaunàfilosofiniatescaomceontemplazione. «Sag~•, pp.320L,.32. 000 Domenico Losurdo LACATASTROFE DELLGAERMANIA EL'.IMMAGINE DIHEGEL Ilmitodiunacontinuidtàa Hegel alnazismsofatation unalucideadecisivraicostruziosntoerica. «Socrates-, IstitutIotaliano per ~iStudfiilosofici, pp.17L6,.200. 00
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