Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

I Alfabeta 106 Francesco Leonetti. Ho visto qualcuna delle apparizioni tue nel Maurizio Costanzo show. Se vogliamo parlare insieme dei media, e delle nostre esperienze come attori, dico che la tua presentazione recente è molto giocosa. E forse arrischiata. Le calze rosse, il gioco delle mani e delle gambe, l'irrequietezza, il battibecco con lo stesso Costanzo, gli interventi a rottura, rispetto agli altri che vengono intervistati_ da Costanzo (benché noiosi essi siano) mi sono sembrati di una sgradevolezza utile poi, nell'atto successivo in cui tu ti eri già preparato a dire alcune cose di critica acuta sui mali culturali e su certe esigenze di attenzione ... Ciò, quindi, è stato goduto nell'ascolto perché non si aspettava da un tipo curioso come apparivi di essere ... Certo un intellettuale, è ver9, non può in TV mostrarsi frontalmente come un grande recitante, al suo solito, uno che sa tutto o dibatte tutto. Ma dimmi i frutti dell'esperienza tua; e come fare un trattatello di norme quando si vuole agire in questo spettacolo? magari come il trattatello di Gadda per la Rai? Achille Bonito Oliva. Vorrei cominciare con un paradosso e dire che per l'intellettuale moderno è necessario essere telegenico (come me). Questo è un mio giudizio non solo sull'immagine registrata dal mezzo televisivo o fotografico o filmico, o sulla voce registrata che proviene da un dibattito radiofonico (si deve saper porgere la voce, il corpo, ecc. altrimenti è inutile): ma piuttosto sulla consapevolezza del rimbalzo che la cultura ottiene attraverso l'amplificazione dei media (a cominciare dai settimanali). Tale amplificazione non è solo quantitativa ma qualitativa: c'è quindi un duello che l'intellettuale sostiene con un mezzo meccanico. (Con le arti meccaniche, diceva Benjamin per il cinema e la fotografia.) Particolarmente la TV è molto meno meccanica di quanto non sembri: perché la meccanicità sembra portare una mera registrazione; e invece questo mezzo domanda una disposizione non solo di toni stilistici ma anche di ritmi, percorsi e strategie, capaci di sopravvivere a un mezzo, appunto, che facilmente conduce alla banalità e alla noia. Perché consideriamo oggi l'Approdo televisivo di molti anni fa come un punto di non ritorno, un punto basso di retorica televisiva? L'oggetto culturale veniva dato nella sua nobiltà, descritto a volo d'uccello con la macchina da presa e la voce fuori campo, suadente. Quello era un necrologio di una vecchia cultura, che non riusciva a superare il trauma del passaggio dalla civiltà contadina alla civiltà industriale. Oggi ci troviamo negli anni ottanta a un fenomeno di omologazione, a una civiltà post-industriale, o del messaggio elettronico di cui ha detto Mac Luhan. L'intellettuale deve saper usare i mezzi che hanno superato la stilografica e la macchina da scrivere, e anche la contestazione salottiera... Occorre una diversa strategia, con una disponibilità che rispetta il mezzo, tendendo a capirlo. Ebbene la TV produce per un ascolto che include un elemento dionisiaco, la disatte,nzione... L'uscita da una stanza, il passaggio di un piatto a tavola, lo sguardo con la propria donna, il telefono che suona, un libro sfogliato ... Esiste una disattenzione televisiva che va raggirata: non si può essere frontali e monumentali in TV; tu hai detto poco prima una cosa bellissima: l'intellettuale non può essere il grande recitante. E colui che recita oltretutto in una disattenzione sociale. Leonetti. È interessante ciò che dici. Nella TV si produce un'immagine al di qua A più voci Taccuini Dialogo di Achille Bonito Oliva e Francesco Leonetti . della percezione pensata: il problema è questo, ne parleremo poi. Non è come un film. Ti chiedo perciò di differenziare il cinema. Sul set quello che conta assolutamente è la selezione del dettaglio; nella mia propria esperienza di attore mi è accaduto che mi è stato richiesto (da Pasolini) di esprimere per uno-due secondi in primo piano il massimo della sensualità nella parte di Erode. Scelsi di muovere le narici, con viso completamente immobile... Ho poi partecipato a cinque film, e ne ho diretti due brevi, uno con Ugo Mulas per il campus, l'altro politico e proiettato a Pesaro tra tumulti. Ma la TV, invece che la concentrazione sul dettaglio, chiede una strana mobilità minimale. Tu ti muov~su un divano, mostri le calze, esprimi intensità fissa, Bonito Oliva. Assolutamente, non ho nessun accordo con Costanzo, che dice solo: intervenga quando vuole, professore, che va bene mostrare una certa conflittualità. Con Costanzo vado una volta ogni tanto da una decina d'anni. Sotto la telecamera si deve sedurre anzitutto il cameraman a seguire te. In TV, o in questo show, c'è un'autorevolezza ironica,' ludica, garbata, aggressiva, silenziosa, verbale, e perciò giocata sulla molteplicità stilistica del personaggio capace di attirare l'attenzione. Occorre un'osservazione di sé, per giungere a una certa flessibilità. Io sono stato a Domenica in, dalla Goggi, con Baudo, con la Carrà, a Quelli della notte ... L'atteggiamento tardo-umanistico fa credere all'intellettuale che i mass media siano mezzi di Julia Margaret Cameron, Charles Darwin, National Portrait Gallery, 1868-69 quindi appari inquieto: la TV ha a che fare con la disattenzione appunto di chi la fruisce e l'include nel suo vissuto; secondariamente, io direi ... come diresti tu? Ha a che fare col proprio principio, che, per me, è quello della simulazione. Bonito Oliva. Io direi: è quello della seduzione. E mentre il cinema, nel momento in cui ti trovi sotto la macchina, comporta un ruolo obbligato, rispettando la scaletta, in una strategia che dipende dal regista, nella TV la seduzione sta nella capacità di attirare l'attenzione, e cioè di portare i cameramen sempre più su di sé, invece che sugli altri; è una lotta sottile ... Leonetti. Perché? ciò non è prefissato? tu non sei già d'accordo pu,gilatore perdente o vincente che tu sia? riproduzione: e oggi sono invece mezzi di produzione. Leonetti. D'accordo, il Maurizio Costanzo show è inventivo, e mentre mantiene in gioco alcuni libri chiede un livello alt.o e vario d'interessamento. Ma ti domando: il problema non è forse più complicato? tu che cosa vuoi fare? implicare la tua vicina di casa che ti ferma quando fai l'attore e ti ha visto, non ti ferma per i libri? o tu ti metti in una buona relazione col mezzo per una tua strategia che è fondata su ciò che contrabbandi? Il ruolo dell'intellettuale classico è quello che sostiene: ho qualcosa da dire e voglio sia sentito: e quanto pago per ciò, riesco a dirlo, restando me stesso? o se mi sdoppio, fino a qual punto? Bonito Oliva. Io da una parte utilizzo il pagina 9 mezzo perché l'autorevolezza simpatica permette un passaggio d'informazione, che mi sta a cuore e appartiene alla mia sfera di lavoro, la critica d'arte. E direi che c'è un elemento duchampiano: come Duchamp portava un oggetto quotidiano nell'artistico ed era dunque l'autorevolezza dell'artista che lo metteva in cornice, così in questo caso l'artista è chi, mentre parla, con l'autorevolezza conquistata coi libri e col lavoro nei mass media richiama l'attenzione sui problemi che la gente non vuole ascoltare. Ritengo che questo mio gioco col doppio pedale, da una parte con la ricerca, la saggistica, la scrittura, le mostre, e dall'altra parte con la capacità di diffondere un modello nuovo di critico «creativo» che gioca anche coi media, è di chi vive il proprio tempo. Senza abbassare il livello. Perché se mi si chiede di Guttuso io dico che Guttuso è un pittore minore e di Carlo Levi che è un pessimo scrittore. Quindi affronto gli argomenti culturali con la radicalità che mi è consueta quando scelgo gli artisti o scrivo saggistica. Per me c'è anche un aspetto ludico, edonistico: non ho l'atteggiamento strumentale di chi sente di dover usare un mezzo, e ha la coscienza infelice di sporcarsi le mani. Invece c'è un gioco dell'abbigliamento e della messa in scena; non si tratta di rendere estetica la TV, ma di portare le due polarità tanto distanti a un livello di cortocircuito ... E per esempio ho attaccato la moda, ho detto che gli artisti portano una catastrofe linguistica, mentre gli stilisti lavorano a dare risposta a una richiesta di mercato; e il pubblico è d'accordo per una smitizzazione della moda, mentre i mass media per fatti oggettivi sono solidali con essa. Insomma uso il mezzo stando al gioco senza cedere mai su un argomento che mi sta a cuore. Leonetti. Ti dò atto come specialista che hai risolto bene il tuo problema di statura media-italiana bassa del sud, e che hai consapevolezza della tua voce di corvo (erudito). Ma il vero problema è: il visivo si mangerà l'artistico? Bonito Oliva. Occorre un intero trattatello un'altra volta. Leonetti. Riassumo la puntata. Una volta con Vittorini promuovemmo un'inchiesta (o la pensammo solo? non ricordo) se la TV era meglio della partita a carte al bar, o l'ammazzava, con la sua comunicazione vera e muta di partita a carte. Tu dici quasi che possono andare insieme ... Presso Eco il problema-chiave, mi pare, è giustamente: si vede o no la giraffa? Se si vede, la TV è un linguaggio, altrimenti, ahi ahi ... Tu dici bene che il doppio pedale è indis.pensabile ormai, bisogna usare i settimanali o la TV in più, purtroppo. E Angelo Guglielmi connette la TV con l'effimero, che pur bisogna far bene (o con ripetizione o con no-, vità), e ciò che non vuole è la cultura come argomento del linguaggio diverso della TV, senza modo nuovo, giustamente ... Lo scrittore americano di Oltre il giardino dice che c'è una sfera stellare, sia nella TV che nel flipper, o col computer, fuori dalla quale il cittadino ritorna plebe: come sta tornando ahi, ahi ... Splendono là i divi presentatori della banale stregoneria, e i grandi; intanto che la cultura scritta a poco a poco muore. L'arte, al confine, non è scivolata ancora giù, nei ghetti, nelle lapidi, nel calcetto a casa ... È possibile trovare i modi giusti per criticare «estesamente» la cialtroneria e l'abuso pur senza essere apocalitici? E potessimo provare a fare uno spettacolo in TV, tu oppure io.

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