Alfabeta - anno X - n. 106 - marzo 1988

Comune di Milano Settore Educazione Ufficio Scuola e Ambiente AnnoEuropeo· dell'Ambiente - EDUCAZIONE ALL'AMBIENTE E AMBIENTE DELL'EDUCAZIONE Convegno Internazionale dedicato al mondo della scuola 21, 22, 23 marzo 1988 Milano Centro ·dei Congressi CARIPLO Via Romagnosi 6 21 marzo ore 9,30 Apertura ufficiale del convegno Paolo Pillitteri Sindaco di Milano On. Giorgio Ruffolo Ministro Ambiente On. Giovanni Galloni Ministro Pubblica Istruzione On: Vera Squarcialupi Parlamentare Europeo Marilena Adamo Assessore Educazione del Comune di Milano Cinzia Barone Assessore Ecologia del Comune di Milano Pietro Finocchiaro Provveditore agli Studi di Milano Relazioni di: Francisco Varela Silvano Custoza Gernot Bohme Riccardo Luccio ore 15,00 Clotilde Pontecorvo Marcello Cini Omar Calabrese Riccardo Massa Marcello Limina 22 marzo ore 9,30 Relazioni di: Alessandro Meluzzi Giuseppe Tumminello Susanna Mantovani ore 15,00 Antonio Thiery Aldo Colonetti Giovanni Anceschi Albert Mayr ore 21,00 Museo della Scienza e della Tecnica Via San Vittore, 21 Tavola rotonda con rappresentanti del Movimento Verde, delle Associazioni Ambientaliste e delle riviste specializzate sul tema: Il territorio come aula: problemi istituzionali e problemi pedagogici nel rapporto tra ambientalisti e mondo della scuola 23 marzo ore 9,30 Relazioni di: Barry Commoner Enzo Tiezzi Mauro Laeng ore 15,00 Edgard Morin Giorgio Pizziolo Mauro Ceruti Segreteria organizzativa: ,, Gabriella Nespoli ITEM s.n.c., Via Talete 9 20128 Milano telefono (02) 2553034 Durante i giorni del convegno: telefono (02) 88662701 pagina 24 e Cristina Campo Gianfranco Draghi ' E tanto tempo che non leggevo fiabe: eppure ne ho anche scritte e ne dico ancora volatili che il vento del tempo e della parola uccide appena le ho pronunziate, per i miei figli piccoli e i nipoti: questo libro meraviglioso, nel senso che mi ha pur tuttavia dato meraviglia, leggendolo anni fa, nelle versioni stampate prima, mi aveva solo rimanda,to la bellezza, ma ora è come se nel tempo, decantandosi, la sua trama apparisse più pura e intangibile: perdute le foglie, l'albero resta nella sua linea netta e solenne. Così come succhiato da un incanto, sono tratto ancora a rileggere Belinda e il Mostro. Lo rileggo e quale meraviglia, come sempre quale meraviglia: anche qui questa percezione del miracolo: anch'io anni fa ho risteso una versione moderna con trasposizioni di personaggi in un Mostro raccontante e in una Belinda ascoltante, con finale scambio di parti - ho riscoperto da lei l'assurdità (cioè il valore) della richiesta delle rose d'amore d'inverno e il rinnovamento di quel che è amato, il Mostro - forse in lei, in noi? Riconosco, leggendo e rileggendo, vecchi compagni d'arme, pur nelle differenze: come se il lordore della vita fosse tale e non discriminante, ma discrimen lucido, non artefizio di valore, non recupero del corpo (di cui Ceronetti parla altrove spesso lutulentemente, ma quasi con odio ed amore) una essenza del corpo ed «oltre» nel congiungimento delle fatagioni reciproche di vita. Il corpo ~iamo noi, tutt'uno come nel De magia. De vinculis in genere di Bruno si dice: ricreare quella «lunga azione» magica che unisce uomini e Dei. Se trascinare via le ombre, le pisce mattutine, («la piscia mattutina» ripudiata da Guido Ceronetti) lucide come quelle che Gandhi costringeva, era agire di padre autoritario, per moglie e figlie a portare via di persona dalle stanze degli ospiti la «piscia» mattutina è il Mostro? Il Mostro di tutti? Cristina Campo è stata, anzi, l'amicizia tra una giovane donna coltissima intelligente, acuta, perentoria, tenera e ineffabilmente delicata e un giovane uomo sprovveduto ingenuo un po' timido e magari neanche tanto, con la passione della ricerca e dello scrivere (quel giovane uomo che ero io, per li fumi della letteratura inebriato) è stata una di quelle amicizie, di quegli incontri rari, nati sviluppati, all'inizio degli anni cinquanta ed anche oltre fin verso oltre il 1960, quando poi senza che ce ne accorgessimo (senza che lo volessimo per puro caso) coincidenze, siti, amori, storie, impegni localizzazioni diverse, improntitudini diverse, s'è allontanata, è divenuta e mi appare ed era una doratissima amicizia, con le tenerezze delle telefonate mattutine, con una fioritura appena delicata di cavalleria uomo donna, senz'infrangere mai lo spazio frangibile dell'altro, anzi rafforzandolo; è stata una collaborazione intellettuale uno scambio di intensità e di racconti, sopratCfr Alfabeta 106 • • ecens1om tutto chi raccontava era lei per un mio gusto innato e profondo che ho tutt'ora di ascoltare e che è quello che dopo mi volse, forse, ad occuparmi di ricerche sulle grandezze psichiche degli uomini: aveva una faccia fortemente sago- , mata e leggermente orientaleggiante, ma minuta insieme, gli occhi lievemente sporgenti, orecchie piccole e ben formate come le mani che spesso giungeva come in preghiera o in legame, lo sguardo degli occhi leggermente in su ai lati ti trafiggeva fortemente e la bocca era perentoriamente serrata; così l'ho conosciuta: e se di quella perentorietà forse c'è una traccia nel nostro perdersi di vista (ché, ripescando sempre più gli strati persi o obliterati miei e degli altri, nel cammino coi miei sogni e degli altri, di inverarsi sempre più in se stessi in tutte le proprie possibilità, ciò mi pareva la via per ciascuno di una liberazione successiva ... ), oggi riconosco con piacere in quella perentorietà l'autorità, l'austerità, della sua individuazione (già parola rigida, diciamo realtà di poter unicamente essere amata percorrendo il proprio itinerarium), il cammino difficile travagliato amaro e insieme perfettibile di un'ame en quete: molte differenze col tempo si eludono, ma con Cristina c'è ormai solo questa possibilità sul suo libro, roccia forte, luminosa che ho letto e riletto attentamente gustando l'incredibile densità di pale d'altare di concetti e riferimenti, il solido e massiccio dipanarsi della sua grande passio individuale, del suo riproporre l'ambiguità dell'esistenza in una luce che colpisce da tutti i lati, per cui non c'è nella sua assolutezza niente che ti disturbi, nella sua perentorietà è la sua pe- ~entorietà: ma quanta dolcezza quando parla dei bambini e dei vecchi, quanta illuminazione interna! Quando i vecchi raccontano e come i bambini ascoltano e il libro (la vita) in fondo è una fiaba che si dipana tra cervi che aspettano un Artù che non caccia ma tornerà a cacciare, è un misterioso filo di fiaba che percorre tutto il libro ..... Probabilmente i nostri vascelli si dirottarono su cammini paralleli e diversi: arsure, cenobiti e perfezioni religiosamente tangibili non permettevano forse di intendere la ricerca altrettanto assoluta della liberazione dell'uomo e insieme di quel divino diabolus che è in noi: eppure forse no, in queste pagine c'è anch'esso, e solo il destino imperscrutabile del Dio ci divise e l'impossibilità di percorrere, nel tempo, strade percorribili, intensamente, nel cuore: giacciono, inespJorati, in ciascuno di noi i punti che oltre le asprezze e le differenze fanno il nucleo rotondo, il vortice, la fiaba della nostra vera umanità ... Con le luci ed ombre giuste, i santi e i diavoli, gli angeli e i demoni, i protagonisti della fiaba, che fanno la carne il paradosso e l'eccellenza di un essere umano. Perché anche il culto della perfezione e lo spasimo della cerimonia può diventare o rischiare di diventare bieco moralismo, ipocrisia e vacuo rigore, se le mani non fossero lievi, così lievi ... Il libro Gli Imperdonabili è il titolo di un saggio scritto prima del 1970: coloro che imperdonabilmente cercano l'assoluto, ha l'imperdonabile eleganza della ricerca unica e irripetibile: sia lodato il Dio che c'è qualcuno così! Poi potremmo dire altro: ma anticipiamo; bisogna prima tacere e dire questo elogio, perché in tutto o in parte è sempre l'imperfezione ciò che rinnova e riempie la perfezione, il relativo è l'abisso il contenuto la spina dell'assoluto, ebbene sì, anche questo paradosso - sconfitto e perso da Cristina - può pronunciarsi in modo che giochi a favore dell'ala concreta mancante e realizzi anch'esso il contenuto che Cristina Campo si è paurosamente assunto. Posso solo aggiungere questo che mi sovviene mentre sto rileggendo e sto ripensando al libro di Cristina e a quanto ci ho scritto: la ricerca della perfezione è qualcosa di diverso dalla ricerca della compiutezza o della integrità o fa parte anche questo, di un vecchio paradigma, d'uno schema ormai desueto? Integrità e perfezione, integrazione e compiutezza non sono opposti bensì socievoli fratelli, dialoganti figure ... Questo senza che se ne avveda capitava e capita anche a Cristina.-.. Ringrazio fortemente Guido Ceronetti per i suoi lucenti specchi, arditi ritratti di Cristina. L'ho seguito, mi hanno molto molto toccato. Margherita Harwell Pieracci, amica di una vita di Cristina, ha abbozzato un accenno di nota biografica che spinge a desiderare di più di un vero tracciato, un denso ripetersi del cammino che nessuno mi sembra, più di lei, è predestinato, indicato, equipaggiato a fare. Stampato con estrema eleganza come sempre da Adelphi il testo ha due piccoli errori che voglio correggere perché riguardano due miei grandi amici: André Schlemmer e Silvano Giovacchini. Que- ~te le grafie esatte. Anche qualche minuscolo, quasi impercettibile sbaglio di stampa qua e là talvolta in una prosa così precisa lascia perplessi perché non si capisce se è intenzione o una svista puramente tipografica (ma Lavre non è Larve, è il tempo rubato di Chopin, è possibilmente turbato?). Inezie. Questa pignoleria sarebbe piaciuta a Cristina. Nel piccolo sta, illuminatamente, il grande. Intingendosi in questa collana di perle il lettore può goderne il rotondo, assaporarne il lascito, consegnarsi al rammarico: e d'una di esse, queste righe, vorrei che si depositasse il marchio trepidante la leggerezza appunto fiabesca già del resto citata: «I cervi chiusi nel parco, smarrito e leggiadro oggetto d'occhi distratti, non si chiedono: perché non più liberi nella grande foresta, ma perché non più_ cacciati?» Qualche mano di bambino li accarezza: «Re Artù è morto, spiegano ai cervi i bambini, e con lui cacce e tornei, prodigiosi duelli e santi e conviti. Mai più un cervo sarà inseguito dai dodici Cavalieri, mai più porterà corona d'oro al collo, o fermerà la muta levando fra le corna la croce del Salvatore. Mai più sarà cibo il suo corpo alla cena del Santo Graal. Niente più vi minaccia adesso, cari cervi - ed ecco, dalle nostre mani avete il cibo e la bevanda». I cervi chinano il capo, battono con le corna leggermente il recinto. Ma di notte si chiamano l'un l'altro, dolcemente febbrili. Odono, o credono di udire, il corno di Artù. «Egli non è morto, si dicono, non è morto ritornerà. E di nuovo la nostra vita sarà sospesa ad una punta di freccia.» Di questa fiaba, di questa vita, di questa filigrana tessuta detta con le sue mani graziose Cristina Campo ci offre la gioia e il rammarico, la penetrazione e il dolore che accompagna ogni lascito amoroso sapiente e ineluttabile. Voglio in onore di Cristina Campo trascrivere una fiaba brevissima che mi ricorda le figurazioni raccontate da lei. È la fiaba scritta un giorno da un bambino di nove anni in un periodo in cui la sua famiglia si trovava in serie difficoltà finanziarie: e vale per tutti: «C'era una volta una famiglia molto povera. Un giorno il marito Osvaldo andò a pescare, buttò la rete in mare dopo un po' tirò su e vide una donna d'argento. Lui fu felicissimo». Perché (almeno in parte) non si cerca, ma si trova (come Cristina ha lasciato scritto) e così Cristina ha trovato, è lei l'ospite assente e presente a cui allude nell'epitome iniziale (e iniziatica), lei misteriosa narratrice di fiabe di vita. Cristina Campo Gli imperdonabili Milano, Adelphi, 1987 pp. 288, lire 20.000 Album Proust Alberto G. Biuso e on questo volume Mondadori dà avvio a una collana di libri-album che vuole uni-re alle immagini più si~ gnificative della vita di uno scrittore dei testi biografici di qualità e un apparato di indici e bibliografie utile sia per la consultazione che per maggiori approfondimenti. Nel caso di questo volume proustiano il risultato è particolarmente interessante e piacevole. Il saggio di P.L. Rey è esplicitamente debitore a Painter (è sua la migliore biografia di Proust, edita in Italia da Feltrinelli) della maggior parte dei dati e delle notizie che riporta. Rispetto alla monumentale opera dello studioso inglese il testo di Rey si rivela comunque ben riuscito e utile per la sua agile essenzialità. La ricchezza e l'efficacia delle immagini introducono ancora una volta in quel mondo frivolo e insieme colto in cui Proust si mosse e del quale la Recherche costituisce una trasfigurazione ironica, saggia e dolorosa. E a proposito dei rapporti fra l'uomo e l'opera, il testo introduttivo di Raboni è di rara chiarezza, densità ed eleganza. Preso atto che secondo Proust (e giustamente) «un libro è il prodotto di un altro io rispetto a quello che manifestiamo nelle nostre abitudini in società, nei nostri vizi» (cit. a p. XIV), Raboni sottolinea che lo scopo di una iconografia o di qualsiasi indagine

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