pagina 26 un insieme di valori fondamentali del mondo occidentale. La forza di questi stessi valori impedisce di riconoscere l'altra faccia della loro affermazione, fino a farci considerare le culture «vinte» come forme primitive e «irrazionali» di socialità mentre in realtà la scelta di documentarne le pratiche reali può farci riconoscere in esse dei tratti egualitari (nel rapporto uomo-donna), delle politiche del corpo e della sessualità (controllo delle nascite, rapporto fra ritmi del corpo e ritmi della natura) che possono porsi come istanza alternativa di valore anche oggi. Ciò non significa fare della contro-storia né dar luogo a un ennesimo «mito dell'altro», operazioni che Galli stesso non accetta e di cui riconosce il fiato corto. Ma la cautela metodologica e il giusto rifiuto di tornare a un vagheggiamento di mitiche età dell'oro non può significare a sua volta cadere in una cecità storicistica ignorando che «abbiamo probabilmente perduto componenti della personalità e dell'esperienza che hanno dovuto essere sacrificate ad altre esigenze». Galli non esita a misurarsi con questioni assai controverse, fra le quali la sempre combattuta (e sempre ricomparsa) tesi di Bachofen sull'origine del matriarcato, non negando che essa può continuare a suscitare perplessità ma rilevando nel contempo la sua valorizzazione critica da parte di correnti etnologiche ribelli e minoritarie. Occorre chiedersi se dunque non sia proprio il fatto di aver presentato l'egemonia di valori femminili come un possibile storico a suscitare un rifiuto inconscio delle tesi di Bachofen in tanti studiosi. La discendenza matrilineare, ormai riscontrata da numerosi studi, è il residuo di una società matriarcale in transizione verso il patriarcato (E. Reed), ma proprio per questo - lavorando sulle piste interpretative e gli «indizi» rintracciabili dal dibattito sulla Lineare B (Palmer), dalla biologia di Laborit, dalla psicologia analitica di Jung - è possibile ribadire la tesi di una preistoria «matristica» (le Amazzoni) che dà luogo a un fenomeno endemico di ribellione femminile che sopravvive al matriarcato originario e si riproduce tramite il culto di Dioniso. I miti dionisiaci possono aiutare a ricostruire questi eventi di ribellione femminile. e on un simile procedimento «indiziario» Galli delinea la traccia più significativa del suo schema: all'origine della cultura greca vi è un «velo di silenzio» su una «area di esperienza oggetto di emozioni tanto forti da sopravvivervi», i culti della fertilità, i riti orgiastici, la propiziazione dei morti (Murray)~ Sicché quando il culto di Dioniso viene istituzionalizzato anch'esso si è già consumata la sconfitta delle rivolte femminili e «il dio androgino ribelle» viene incorporato nel mutamento istituzionale. La dialettica che sfocia nella democrazia ateniese è la risposta a una ribellione femminile, la tragedia greca diviene il modo per narrare senza angoscia e risolvere nella «catarsi» la memoria della sommossa. «Quando la costruzione dell'egemonia è completata (nel V secolo a.C.) abbiamo una struttura socio-culturale ben definita: il ricordo della ribellione - che non si può cancellare completamente - rimane in forma trasla_ta, mitica e teatrale. È Cfr una sottospecie della storia, che utilizza la possibilità di commistione tra il reale e l'immaginario.» Anche il movimento gnostico fra il primo e il quarto secolo dopo Cristo è presentato da Galli come una ribellione culturale a forte presenza femminile che viene repressa nel corso del processo di istituzionalizzazione del cristianesimo. Non è sufficiente accontentarsi di quella interpretazione storiografica che mette al primo posto il conflitto di ordine teologico fra i Padri della Chiesa e i loro competitori gnostici più colti (Valentino, Marciane). Sotto questa contesa ideologica «brulicano comportamenti collettivi ribelli e duramente perseguitati». Non vi erano, alle origini, confini precisi fra le prime comunità dette cristiane e quelle gnostiche; le donne affrontavano con coraggio la persecuzione perché in quelle prime comunità non solo non erano discriminate ma avevano un ruolo importante. Maestri gnostici e Padri della Chiesa erano intellettuali che tendevano a dare un contenuto colto e istituzionale ai comportamenti collettivi delle nuove comunità religiose, utilizzando costruzioni complesse, miti, leggende ed eredità culturali greche e giudaiche. Ed è in una simile temperie che venne consumandosi lo scontro fra chi riteneva la salvezza dell'anima compatibile con comportamenti erotico-libertari e chi, come i Padri della Chiesa, era drasticamente contrario. Al termine di questo scontro uscì sconfitta la componente più radicale del «movimento» e prevalse la componente che aveva ereditato il tradizionalismo ebraico e subito l'influsso ellenistico. Alleandosi con gli imperatori cristiani, da Costantino a Teodosio, il cristianesimo divenne la Grande Chiesa di Roma per la quale «quasi duemila anni dopo, nel 1977, Papa Paolo VI ha dichiarato che una donna non può diventare prete perché nostro Signore era un uomo!» (Elaine Pagels). Anche nel caso del movimento gnostico Galli, pur misurandosi con l'intero dibattito storiografico da Puech a Loisy a Kelly e a Filoramo, privilegia apertamente la lettura «femminista» dei vangeli gnostici della Pagels accanto alla storiografia delle «Annales» sul rapporto fra sesso e società. Ciò susciterà obiezioni e polemiche interpretative (ma «le fonti sono verificate. Le deduzioni che traggo derivano da queste stesse fonti», osserva Galli nella sua introduzione) come per i capitoli dedicati alla caccia alle streghe e a una sostanziosa rivalutazione della stregoneria come contro-cultura femminile. Ma è lo stesso Galli a rilevare gli atteggiamenti contraddittori di gran parte della storiografia ufficiale sulle streghe, la tendenza a tacere o a sottovalutare (si veda ad esempio lo stesso Trevor-Roper) e comunque a «far scivolare fuori dalla scena della storia» (F. Yates) vicende come quelle della stregoneria e culture «magiche». Anche gli storici sono inconsciamente coinvolti in quello che, con Freud, può essere definito «il trauma della nascita» della cultura in cui siamo cresciuti? E che dire infine delle culture stesse della sinistra e delle tradizioni «rivolùzionarie» in cui agisce una rimozione di fondo delle ribellioni femminili e delle precedenti storie di streghe? (Si veda in proposito il capitolo Dal Alfabeta 105 New England alla Rivoluzione russa). È certo che un libro come Occidente misterioso susciterà polemiche e riconoscimenti contrastanti, sia per la proposta di modello interpretativo che suggerisce (movimento controculturale-repressione-nuova istituzione) coniugando insieme Toynbee, Jung e Alberoni che per il fatto di,chiamare in causa la costituzione storica della ratio occidentale. Ma ciò non può che confermarne l'importanza. Giorgio Galli Occidente misterioso Milano, Rizzoli, 1987 pp. 300, lire 22.500 Sul sandinismo Franco Toscani R aramente succede, nei nostri tempi agitati e convulsi ma privi di movimento reale, di leggere libri che davvero scuotano e obblighino a riconsiderazioni radicali. È questo il caso dell'ultimo libro di Giulio Girardi, uscito anche in edizione latinoamericana, centrato sull'experimentum mundi in atto in Nicaragua e sull'integrazione in corso, nel vivo di un tentativo rivoluzionario coraggioso e generoso, fra sandinismo, marxismo e cristianesimo: l'inaudito di un incontro a lungo ritenuto impossibile se non assurdo sta avvenendo, favorendo il rinnovamento profondo delle varie culture. Molte cose apprendiamo nel volume sulla figura storica di Sandino, ad esempio sulla sua fede religiosa teosofica. Il sandinismo è l'elemento nazionale, la salvaguardia dell'indipendenza e speciSETTIMANALE ... D' /DEE ED' JDEALI -----------JN TUTTELE fDICOLE-----------
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