il Mulino Julia Kristeva In principio era l'amore Psicoanalisi e fede: due modi similie opposti di rapporto con l'Altro Clifford Geertz Interpretazione di culture I principali contributi di uno dei maestri dell'antropologia culturale contemporanea Wolfgang Schluchter Lo sviluppo del razionalismo occidentale Un'analisi della sociologia storica weberiana e dei suoi presupposti filosofici Giancarlo Mazzacurati Pirandello nel romanzo europeo Pirandello romanziere nella linea della grande tradizione europea, da Sterne a Musil Spirit cerca lettori per farne dei duri! vita e sogno, affanno e immobilità, acquistano il senso di un evento irripetibile: tanto più drammatico quanto più controllata è la sua apparizione e il suo fluire nel tempo. Laila Romano La treccia di Tatiana Torino, Einaudi, 1986 pp. 127, lire 12.000 Due libri di Italo Mancini Rodolfo Montuoro Capitano insieme in libreria due volumi di Italo Mancini, diversi tra di loro per il tempo in cui sono nati, lo stile e l'oggetto dell'argomentazione. Si tratta della terza edizione aggiornata del ponderoso saggio sulla Filosofia della religione e di uno scorrevole libretto, quasi un breviario: si intitola Le tre follie e raccoglie una serie di riflessioni recentemente scritte in forma semplice per una rubrica radiofonica. I due testi, pur nella loro differenza, si richiamano e si chiariscono a vicenda. Filosofia della religione è una delle opere più significative della nostra produzione filosofica. Nel remoto '68 l'autore si interrogava in questa sede sul rapporto tra religione e filosofia, cercando di calare il pensiero religioso in quel concreto orizzonte di mondo che ospita le forme e le azioni umane nel tempo storico. Questo tentativo aggrediva le problematiche della creazione, del fondamento, della fede, della parola, dell'evento: temi continuamente mossi da un'insistente domanda sulle condizioni di possibilità dell' «a-priori» divino. Nelle sue opere successive Mancini ha ulteriormente approfondito il senso del suo problematico procedere tra fede, vita e pensiero, consultando altri autori, sviluppando altri filosofici argomenti. Ma forse il senso del suo itinerario umano e intellettuale è proprio custodito in questo suo ultimo libretto di «follie», scorciato al microfono più per l'ascolto che per la lettura o l'esercizio concettuoso del pensiero: «Un tempo mi piaceva essere un pensatore spregiudicato e un creatore di forme logiche: oggi mi piace di più il ruolo di testimone». Questa ammissione sembra_riproporre la vecchia antitesi paolina tra sofia (la conoscenza «logica» dei filosofi) e follia (la testimonianza della croce: la «divina follia»). L'autore traduce invece in altro modo domande non dissimili da quelle che hanno orientato la sua filosofia. Le «tre follie» rimandano infatti alla «terrestrità» dell'uomo e ai suoi rapporti con gli altri uomini: alla nevrosi quotidiana (la follia «insensata»), alla sofferenza (la follia «crudele») e all'amore (la follia «sublime»). E ci consentono di capire meglio il significato di quel «cristianesimo del paradosso» disposto a mediare a «collegare il senso cristiano con altri sensi e con diversi progetti dell'iniziativa umana». Le «tre follie», nel bene e nel male, fanno così lezione di saggezza: chiariscono il senso di quella «fedeltà alla terra» che chiama all'impegno («certe cose, che pur sono un dono di Dio, non scendono inerti dal cielo; senza fronti di lotta e impegno delle coscienze non arrivano»), al riconoscimento autentico degli altri («La formula della pace la fisserei così: mettere in primo piano la coesistenza dei volti, fare dei volti l'assoluto dei nostri atteggiamenti»), alla difficile ma necessaria conciliazione tra i nostri ragionevoli progetti e la «realtà» spesso insensata del mondo («Tocca veramente nel segno colui che sa unire ideale e reale, il dover essere e l'essere, la poesia e la prosa e, se vogliamo dirlo con termini religiosi, la vita del corpo e quella dell'anima»). Italo Mancini La tre follie Milano, Camunia, 1986 pp. 202, lire 22.000 Filosofia della religione Genova, Marietti, 19863 pp. 396, lire 35.000 Forme del melodrammatico Stefano Ghislotti Ciò che il termine «melodrammatico» richiama subito alla mente nel contesto culturale italiano è la vasta tradizione del dramma in musica, iniziata con Monteverdi, proseguita per tutto il XIX secolo e presente oggi con una tradizione inconsumata. Inoltre il termine porta a riflettere sulle trame delle opere e sulle strutture narrative, i personaggi, le relazioni tra dramatis personae, la musica. Se lo spessore semantico resta limitato a questo però si rischia di escludere un settore di notevole importanza, legato al contesto culturale anglosassone. Il melodrammatico è dunque un termine ambivalente, che riporta alla tradizione dell'opera italiana come a quella del romanzo gotico inglese: le due anime del melodrammatico rischiano di restare confinate in saperi specifici e, oltre a non entrare in contatto con la conoscenza comune, non interagiscono· e non possono venir definite per differenza. La connotazione negativa infatti che ancor oggi situa il melodrammatico all'interno delle pratiche culturali basse, legate alla cultura popolare, e all'arte di massa, necessita di uno specifico approfondimento per evitare di far passare in second'ordine e di lasciare indefiniti elementi formali specifici, cadel XIX secolo, secondo le due linee della semiotizzazione del corpo e della somatizzazione della storia. Il modo di rappresentazione melodrammatico insiste sul corpo attraverso una serie di interventi molto particolari, così da far parlare di un corpo melodrammatizzato, al centro di una estetica espressionista che risale al tardo Settecento. Sulle ascendenze del melodrammatico in accezione anglosassone si è soffermato Bruno Gallo, prendendo in esame la Philosophical Enquiry into the Origin of ours Jdeas of the Sublime and the Beautiful di Edmund Burke, del 1756. La rilettura di Longino e di Boileau, l'influenza di Kant fanno di quest'opera un veicolo che diffonde in Inghilterra l'idea del sublime come strongest emotion, legata alle passioni suscitate nel lettore. Pochi anni dopo, nel 1764, Horace Walpole dà alle stampe The Cast/e of Otranto, capostipite riconosciuto del genere gotico e romanzo nel quale le forme del melodrammatico si mostrano con ricchezza. Nei romanzi di Ann Radcliffe inoltre, è possibile riscontrare delle piene tematizzazioni della teoria del sublime in Burke, secondo i modi della contrapposizione violenta degli estremi, dello stile iperbolico, dell'enfasi e della gestualità eccessiva. Su questo piano, che contraddistingue molta produzione letteraria ottocentesca (con influenze dirette su narratori come Balzac), la relazione stabilita con il lettore è legata a scelte effettuate per influenzarne la sensibilità e muoverne le passioni: il romanzo gotico è un romanzo dimidiato, scritto energeticamente al cinquanta per cento dal lettore. Scopo del convegno era dunque quello di mettere a fuoco le forme assunte dal melodrammatico, nelle sue due accezioni italiana e anSta per uscire il primo numero di Methodologia Pensiero linguaggio modelli Rivista quadrimestrale diretta da Felice Accame, Carlo Oliva, Marco M. Sigiani A cura della Società di Cultura Metodologico-Operativa Comitato scientifico: Bruno Bara (Università di Milano, Istituto di Psicologia); Marco G. Bettoni (Eigenossische Technische Hochschule Ziirich); Silvio Ceccato (Istituto Universitario di Lingue Moderne, Milano, Linguistica); Paolo Facchi (Università di Trieste, Filosofia del Linguaggio); Ernst von Glasersfeld (University of Georgia, Department of Psychology, Athens~ GA.); Robert E. Innis (University of Lowell, MA. Department of Philosophy); Vittorio Somenzi (Università di Roma, Filosofia della Scienza); Giuseppe Vaccarino (Università di Messina, Filosofia della Scienza) Un numero L. 15.000 Abbonamento annuale (3 numeri) Lire 40.000 talogandoli sotto la rubrica di meri effetti rappresentativi. Questo in sintesi il punto di partenza del convegno Forme del meloàrammatico: parole e musica (1700-1800), promosso dall'Università di Bergamo e curato da Bruno Gallo. Scopo scientifico principale era quello di porre a confronto le due anime del melodrammatico, cogliendone gli stili di manifestazione e ponendo in luce le forme che esso ha assunto. A far da guida a questo approccio è stato il lavoro di Peter Brooks, che con L'immaginazione melodrammatica aveva posto le basi per questo tipo di oggetti. Inoltre, la presenza di Peter Brooks ha contribuito a dare impulso al dibattito con una ricca relazione incentrata sul «corpo melodrammatico», mettendo in luce l'entità della presenza del corpo nella letteratura glosassone con l'intervento di studiosi attenti a questi settori, di confrontarne la portata e di aprire verso sviluppi più ampi: una volta focalizzato il fatto che si tratta di forme e di modi di rappresentazione, l'analisi del melodrammatico può esercitarsi infatti su molti altri oggetti. Gli atti del convegno saranno pubblicati a cura dell'Istituto universitario di Bergamo. Forme del melodrammatico: parole e musica (1700-1800) Convegno promosso dall'Istituto Universitario di Bergamo 20-22 novembre 1986 Teatro a Genova Alessandra Fava Scrivere per il teatro, convegno presieduto da Eugenio Buonaccorsi e Mauro Manciotti, tenutosi a Genova il 13 e il 14 febbraio, ha visto l'intervento di registi, critici teatrali, drammaturghi, con attiva partecipazione del pubblico. Dall'analisi puntuale di gruppi sperimentali, con le relazioni di Franca Anselmi e Anna M. Cascetta, è emersa la situazione del teatro contemporaneo: dall'afasia si sta tornando alla parola,· ma i neo-autori non sono messi in scena, gli Stabili propongono i classici con famosi attori ed incasso sicuro, il pubblico è poco educato al teatro di ricerca. La vena produttiva italiana non è certo venuta meno; manca tuttavia ai giovani drammaturghi un contatto vivo con la scena, con una compagnia teatrale («l'autore dovrebbe sporcarsi le mani in scena», Rodolfo Di Giammarco) e la conoscenza della partitura ritmica del testo, come ha sottolineato Lorenzo Salveti. Di chi la responsabilità? L'Università dovrebbe dare spazi di sperimentazione e borse di studio (come in Inghilterra e Francia); il teatro comunale rischiare di più con il novello drammaturgo e gli assessori essere più competenti in materia. L'autore si attiene troppo spesso alla letterarietà della produzione tradizionale ed è ancora alla ricerca di un linguaggio che faccia coincidere gesto e parola. Il problema è dunque complesso, le soluzioni proposte numerose, tutte formulate nella convinzione che il teatro ha una vocazione metaforica e fantastica, con cui né televisione, né cinema possono concorrere. Genova: il teatro S. Agostino rialza il sipario. Il teatro della Tosse, cooperativa teatrale, animata da Tonino Conte ed Emanuele Luzzati, ha inaugurato il 16 febbraio il teatro S. Agostino, fu teatro Nazionale, costruito nel 1702, in Piazza Negri. La struttura teatrale, originariamente divisa in palchi, si articola ora in tre spazi: l'Agorà, per dibattiti e incontri; la sala Dino Campana, con circa 200 posti, per musica, teatro sperimentale; il teatro S. Agostino, con 700 posti per le compagnie ospiti. La serata di inaugurazione, presentata da Tonino Conte e Mauro Manciotti, svoltasi nella sala Dino Campana, prevedeva Profondo inchino in tre atti del Teatro della Tosse, regia di T. Conte, M. Jorio e S. Baldacci; Max und Lydia di Doblin; Assassinio speranza delle donne di Kokoschka e Il suono giallo di Kandinski. Guasti all'impianto elettrico hanno permesso la rappresentazione del solo primo atto. Il programma lascia largo spazio al teatro di ricerca, (Mechtild Grossmann, Susan Linke, Fiat Teatro Settimo, Falso Movimento, Magazzini Criminali, Fura del Baus); e prevede l'intervento di compagnie ospiti (Les Piétons, Mummenschanz, Momix). Il S. Agostino si propone inoltre alla città come polo culturale, con il «progetto-colore»: nero (mostra fotografica sul degrado del centro storico), blu (concerto sull'acqua nel porto vecchio), rosso (tornei e duelli nella medievale P.za Sarzano), giallo (i tre atti unici), bianco (notte non-stop affrescando le pareti dell'Agorà con vino e focaccia), il tutto previsto per la primavera-estate 1987. Scrivere per il teatro Convegno di drammaturgia contemporanea Genova 13-14 febbraio 1987 Il teatro S. Agostino Serata inaugurale Genova, 16 febbraio 1987
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