gica, quella del Sudafrica, anche se la si guarda dal punto di vista della letteratura: una storia di spreco e di cancellazione d'una intensa civiltà, quella dei neri. Vivan. Secondo lei c'è grande differenza fra la tradizione letteraria dei neri e quella dei bianchi, in Sudafrica - in senso tecnico, e non soltanto, dal punto di vista tematico? Gordimer. Tecnicamente, com'è naturale, gli scrittori bianchi hanno il grande vantaggio di scrivere nella propria lingua madre. Per quanto bravo possa essere uno scrittore, io ritengo che sia uno svantaggio terribile dover scrivere in una seconda lingua, anche se magari la si è parlata tutta la vita. Naturalmente c'è un motivo pratico per cui i neri scrivono in inglese: vogliono essere letti in tutta l'Africa, e anche al di fuori dell'Africa. Una volta, parlando con Sipho Sepamla di questo problema, gli ho chiesto: «Ma quando tu scrivi, se devi scrivere una lettera d'amore, oppure se devi scrivere a tua madre, usi l'inglese oppure lo zulu?» E lui fa: «Lo zulu, naturalmente: non potrei mai scrivere una lettera intima in inglese». Questo dice già tutto: secondo me, scrivere una poesia o un romanzo in una lingua che non userebbe mai per una lettera d'amore, significa avere dei grandi svantaggi. Vivan. E non crede, Nadine Gordimer, che una grande differenza sia anche costituita dalla tradizione orale, così fortemente presente nella letteratura dei neri? Gordimer. Sono senz'altro d'accordo: ma questo è un vantaggio che hanno i neri, un vantaggio magnifico. Naturalmente crea una grande differenza nello stile, che è diversissimo nella scrittura come anche nella lingua parlata. I neri hanno un modo di esprimersi più fiorito e più formale, che sembra provenire dalle loro lingue africane, e che arricchisce molto' la loro espressione letteraria, soprattutto se si tratta di poesia. Quando i neri parlano tra di loro in inglese, parlano un· idioma altro, una lingua diversa. Vivan. E questo è chiaramente visibile, ad esempio, nella poesia di Sipho Sepamla, o, più ancora, in quella di Mongane Serote. Gordimer. Mongane Serate è un poeta di statura eccezionale; dotato di grande talento. Ma proprio lui ha pagato con più durezza di tutti gli altri l'atrocità del regime: prima il carcere - da cui è uscito in condizioni psichiche disastrose - e poi l'esilio. La produzione poetica dei neri è molto, molto ricca, e piena di promesse, ed ogni giorno emergono nuove voci: basta seguire riviste come «Staffrider» e «Classic» per accorgersene. Vivan. Nadine Gordimer, secondo lei ci si può riferire alla letteratura sudafricana come a un tutto unico, o non crede che essa sia la somma di tradizioni diverse, prive di fusione? Crede esista un comune carattere che fa sì che che si possa parlare d'una letteratura nazionale? Gordimer. Io ritengo che la letteratura sudafricana sia una cosa unica, un tutto, anche se penso che noi bianchi siamo stati educati e cresciuti - io compresa - senza avere alcun rapporto con la cultura nera. Ci hanno detto che la cultura nera non esisteva, che i neri , erano una pagina vuota su cu( i bianchi avrebbero dovuto scrivere ~ he cosa fosse la musica, che cosa fosse la poesia, che cosa fosse il teatro. Ma penso anche che non esiste uno scrittore bianco che non sia imbevuto e influenzato dalla vita e dal pensiero dei neri. È qualcosa che si assorbe attraverso la pelle, le orecchie, attraverso un contatto che avviene comunque, nonostante l'apartheid. Ecco perché i sudafricani che scrivono in inglese non sono scrittori inglesi. Noi non siamo scrittori inglesi. Non lo sono io, non lo è John Coetzee. Vivan. E che cosa vi rende peculiarmente sudafricani? Gordimer. A dispetto dell'apartheid, dei condizionamenti orribili che bianchi e neri hanno un'area in comune, anche se per ora quest'area è - ahimè - limitata. Ed è, sovente, un'area di conflitto, di contrasto. Vivan. Sembra che per una cultura chiusa nella morsa d'una situazione di intrappolamento quale è determinata dall'apartheid, il condizionamento del/' esperienza, trebbe avere. Eppure chi ha scritto il libro è un bianco, non solo, ma un accademico, e per di più un uomo dal temperamento estremamente riservato e chiuso, che conduce una vita ritirata: tuttavia il risultato del suo proiettarsi nell'esperienza d'un povero giovane nero è assolutamente brillante, e rende con atroce vivezza la storia della gente cacciata da Crossroads, uno dei ghetti neri di Città del Capo, o da altri luoghi da dove il governo ha deciso di far sloggiare i neri. Quel che conta, insomma, non è l'esperienza dello scrittore, ma la sua capacità immaginativa. Vivan. Che cosa pensa di tanti scrittori suoi contemporanei, per esempio dei narratori postmoderni? Gordimer. Io penso che queste definizioni, come «postmoderno», e simili, siano delle etichette appiccicate dai critici, e che quello che conta sia il singolo libro. I lettori si ricorderanno, un giorno, non del nouveau roman come tale, bensì di uno o dell'altro romanzo fra quelli che i critici hanno raggruppato sotto l'etichetta del nouveau roman. Gli scrittori son sempre a cercare, a inventare nuovi modi per cogliere l'essenza del vivere. Che cos'è il realismo? Che cos'è il modernismo? E il postmodernismo? Di fatto si tratta di un tutto unico: ognuno di loro esprime l'eterna insoddisfazione che prova lo scrittore nel non poter trovare un mezzo adeguato per esprimere ciò che sente. La vita è talmente sfuggente, e la coscienza è così sfuggente, così elusiva. Vivan. E che dice del concetto d'arte che è tipico del postmodernismo - Coover, Vonnegut, fohn Barth - e dell'uso· che esso fa della tradizione, attraverso la citazione ironica? In Thought, © David Levine (1983) Courtesy Studio Marconi Gordimer. L'idea del libro che consiste di altri libri messi insieme in modo nuovo è una versione, una rilettura del passato. E l'esito narrativo che ne offrono Vonnegut, Barth e Coover mi pare di altissima qualità. Anche Roland Barthes si collocava su questa linea: ed io amo molto Barthes, benché ravvisi una forte ~ontraddizione fra la sua ideologia di siniche essa determina e delle anormalità che essa crea, fra i bianchi e i neri c'è stato, e c'è, un reciproco assorbimento di cultura, e a un certo livello si è formata una cultura comune. È difficile dire bene di che cosa si tratti, di che cosa sia costituita: ma basta guardare alla vita del paese per rendersi conto che esiste. Per prima cosa i neri usano, come noi, l'inglese: e questa è una loro scelta. E poi, nella vita di ogni giorno ci incontriamo continuamente, anche se il più delle volte questo avviene in condizioni anormali. Ma dopotutto ci sono migliaia di persone, bianchi e neri, che lavorano insieme nelle miniere, nelle fabbriche, ed ora anche nei negozi e nelle banche, e questo fa sì che assorbano l'uno dall'altra, cui turalmen te. Per quanto riguarda la letteratura, la narrativa, non accetto il concetto che i neri non dovrebbero creare dei personaggi bianchi, né i bianchi creare dei neri. Naturalmente, ci sono determinate aree dell'esperienza dei neri su cui un bianco non sarebbe mai in grado di scrivere; c'è qualcosa che sta accadendo ora, così remoto dalla vita dei bianchi, che per quanto forte sia il potere immaginativo dello scrittore, non c'è possibilità, non può esserci possibilità, di calarsi nell'esperienza dell'altro. E ciò accade per entrambi, sia bianchi sia neri. Tuttavia questo è un argomento di cui ho discusso a lungo con gli amici scrittori neri - ad esempio, con il giovane drammaturgo Mais.be Maponya, il quale non era d'accordo con me: e proprio lui, di recente, ha inserito un personaggio bianco in un suo dramma. La cosa mi ha fatto vivo piacere, perché io sono convinta ' della realtà esterna, sia più pesante che per altri. Gordimer. Credo che per lo scrittore sudafricano l'innocenza, e l'esperienza, siano meno soggettive che per altri: e ciò è valido per i bianchi, ma anche per i neri. E tuttavia l'invenzione dell'artista gli permette di proiettarsi in situazioni che sono al di fuori della sua esperienza diretta: come ha fatto Sepamla nel suo ultimo romanzo, in cui narra la storia di persone che si trovano in una casa incendiata, e si vedono sparare contro. Sepamla n si è mai trovato in questa precisa situazione, così come ,· 5:· __ Tolstoj non s'era mai 1-- _..,., trovato nella ritira- /--..._ -- ,- - ta di Mosca, così ,,.__,., -- -=::-::=~-~-; 1 ' . , come Coetzee non ha mai speri- ,.-/ 1 . ' mentato su di sé l'odissea di un '·i ';:'1, 1 '-: nero che viene cacciato di luogo in luogo, stanato come un animale selvcrtico dal suo rifugio, costretto a vivere in campi di domicilio coatto. Vivan. Lei naturalmente si riferisce al romanzo di fohn Coetzee La vita e il tempo di Michael K, che è stato appena tradotto in italiano per Rizzo/i. Gordimer. Sì: un libro bellissimo, che ha come protagonista un giovane di cui non si dice mai di ~ che colore sia. E però noi sappiamo che è nero, perché sua madre è una domestica o una lavandaia: e in Sudafrica una donna bianca non farebbe mai un lavoro del genere. Quello che rende nero il personaggio Michael K è la sua esperienza, un'esperienza che solo un nero postra e il suo essere un esteta così totale. L'idèa del ricostruire una realtà con brandelli di altre realtà già elaborate in precedenza è un modo piuttosto involuto di discutere la tradizione: nulla nasce dal nulla, ogni prodotto artistico ha dietro a sé un retroterra, ognuno di noi ha imparato qualcosa da un altro. Credo sia stato Delacroix a dire: «Non ci sono cose nuove da scoprire, ci sono soltanto dei modi nuovi di dire cose antiche». Ciò vale anche per lo scrittore sudafricano, che pure si trova faccia a faccia con una realtà particolarissima, assai dura. Vivan. Che cosa conosce della letteratura italiana, Nadine Gordimer? Che cosa ha letto, e che cosa le piace di più? Gordimer. Debbo innanzitutto confessare che io non so l'italiano, e quindi posso leggere soltanto in traduzione inglese: e purtroppo non c'è molto di tradotto. Oltre a Italo Svevo, che ho già ricordato, e che è stato una delle letture formative della mia gioventù, conosco ed amo Natalia Ginzburg, che apprezzo moltissimo e di cui vorrei leggere il libro sulla famiglia Manzoni. Calvino è uno dei miei autori preferiti, un grande narratore; e recentemente ho scoperto Primo Levi, che mi piace molto. Nel campo della poesia, conosco i versi ardui e intriganti di Andrea Zanzotto. Vivan. Lei viaggia molto, ed è spesso all'estero. Che effetto le fa ritornare in Sudafrica, dopo che ne è uscita? Gordimer. Io sono sudafricana, e per me tornare a Johannesburg significa tornare a casa. E nel mio paese trovo un incanto sempre rinnovato - nonostante tutto - grazie alla sua peculiare composlZlone culturale, che non ha eguale in nessun altro paese al mondo. Il Sudafrica è un gigantesco puzzle razziale, un incredibile intersecarsi di culture, storie e vicende - e lingue - assai diverse tra loro, che si intrecciano e si giustappongono, senza però formare una cultura comune, nazionale. E altrettanto accade per la nostra letteratura: infatti non potremo avere una letteratura veramente comune sino a che non avremo una comune cultura. Verdi ©David Levine (1983) Courtesy Studio Marconi
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==