Maria Corti Voci dal Nord Est Milano, Bompiani, 1986 pp. 166, lire 16.000 Ernesto Galli della Loggia Lettera agli amici americani Milano, Mondadori, 1986 pp. 130, lire 15.000 Eco, Ceserani, Placido La riscoperta dell'America Bari, Laterza, 1984 pp. 132, lire 10.000 Mario Soldati Addio diletta Amelia Milano, Mondadori, 1979 pp. 158, lire 14.000 1. Quale America? In un racconto di E.A. Poe, William Wilson, il protagonista scopre in Inghilterra e insegue per l'Europa il suo sosia o doppio, insopportabilmente pronto a denunciare le sue colpe, fino all'incontro a Roma nel castello del duca di Broglio. Ma l'ultima sfida, un duello, rivela che l'uccisione del rivale coincide con il suicidio stesso di Wilson I rapporti tra America e Europa hanno forse analogie con quel racconto: doppio storico dell'Europa, l'America si è cercata nell'Europa, di cui ha inteso emendare le colpe, e a sua volta l'Europa cerca da tempo dai tratti dell'America la propria vocazione, il modello, spesso temuto come un'ombra negativa, di uno sviluppo anticipato dalla potenza e dal dinamismo tecnologico americani. L'immagine del Nuovo Mondo ha vissuto in Italia un'epoca mitica, inaugurata da Pavese nel 1930 e da lui chiusa con il suicidio nel 1950. Limitata già in quella stagione dal senso della «barbarie americana» di Cecchi o Praz, la leggenda del Nuovo Mondo si è ridimensionata, ma ha continuato a produrre contraddittori poli di attrazione-repulsione. Negli ultimi mesi del 1986 sono apparsi in Italia due libri sull'America molto diversi tra loro per scrittura e intenti, Voci dal Nord Est di Maria Corti e il pamphlet di Ernesto Galli della Loggia, Lettera agli amici americani, casualmente seguiti dalle celebrazioni per gli 80 anni di Mario Soldati, che hanno riproposto i due libri dello scrittore sull'America, America primo amore (1935) e Addio diletta Amelia (1979). Si sta inoltre pubblicando negli USA quella rappresentazione dell' «iperrealtà» americana che Umberto Eco è andato delineando in Dalla periferia dell'impero (1977), come nel saggio Il modello americano, che apriva il volume La riscoperta dell'America (Laterza 1984). Feltrinelli ha inoltre appena reso in versione italiana il saggio del 1986 di Jean Baudrillard, Amérique. L'insolito intreccio di questi sguardi sugli USA non potrebbe essere più provocatorio. Tensione lirica e ironica, pronta all'evocazione e all'ascolto (implicito nel titolo), ma anche scatti arguti e pungenti impertinenze d'una sapiente ingenuità, sostengono l'attenzione di Marta, trasparente schermo in terza persona di Maria Corti. Rovesciando, come osserva Gianfranco Corsini su «Belfagor» (settembre 1986), una tradizione di lettura europea dell'America, Mald'America Marta cerca non la differenza del- !' America dall'Europa, ma la propria diversità dall'America, che filtra su una scena mobile: dal New England all'università nel bosco di Storrs, Connecticut; da Eiladelfia, sulle tracce magari di un'America ottocentesca, ad una Chi- _cagodi cui spiccano non i grattacieli o il Loop, ma i comportamenti diversamente violenti di manager, bande giovanili, ladri capaci di assassinio. È vistosamente assente nel libro New York, come vi sono azzerati stereotipi o facili polemiche. Ma un'attrazione che non può risolversi in un inno di positività inevitabilmente ripropone quel «mal d'America» su cui una lunga tradizione ha dovuto sempre tornare. Marta subisce l'assalto di un negro - certo vittima sociale - nelle strade di Rhode Island, e colloca il negro, anziché il proprio sé di vittima, al centro dell'attenzione; sottolinea il fervore degli studenti della Brown University nel dibattito sulle pillole per il suicidio da distribuire a tutti in caso di guerra nucleare: testimonia con critica neutralità il dubbio irrisolto sulla miglior scelta, tra Italia e USA, del tassista italo-americano incontrato a Filadelfia: tuttavia violenza, grottesco, fallimento del sogno dell'emigrato si insinuano, nonostante la discrezione della voce narrante, nella realtà americana. E il montaggio in parallelo di due episodi contemporanei in una serata a Chicago testimonia con aspra oggettività la morte di una giovane studentessa assalita nel suo appartamento da uno sconosciuto, e l'orgoglio per il sistema americano di un tecnocrate che, nel frattempo, in un appartamento non lontano, offre champagne a un gruppo di perplessi intellettuali, psicologicamente forzandoli al senso di una loro emarginazione. Una lucidà melanconia ritrae infine la piccola chiesa bianca a Little Compton, dove una società Wasp di americani ricchi, debitamente alti, biondi e distanti da poveri, negri e immigrati, celebra un Natale rigorosamente separato. Della Marta acuta dell'acutezza del critico, e «reale» come la protagonista di un romanzo, il Roberto immaginato da Umberto Eco nel suo saggio Il modello americano (1984) aveva anticipato solo in parte la concretezza, ma intera la duplice apertura: di riconoscimento partecipe e di stupore dissenziente. Dopo un'ammirazione infantile per la rivolta contro la tirannia di Flash Gordon, o la lezione di libertà di stampa di Topolino giornalista, l'ipotetico Roberto di Eco si era trovato adulto, sospeso tra il rifiuto del capitalismo americano e la passione per il jazz o il cinema made in USA. Distinguendo tra assimilazione creativa di modelli americani in Europa (forme varie di reinvenzione o creolizzazione) e imitazione riduttiva o «pidginiizazione», Eco addita solo nella serialità, nella rigidità dei prodotti prefabbricati cui l'utente è tenuto ad adeguarsi, secondo la filosofia «o tutto (così) o niente», la vera americanizzazione, e di essa mostra l'ambiguità positivo-negativa, facendo a sua volta emergere quel mal d'America che è sentimento persistente, anzi inevitabile, nella Giuseppina Restivo percezione simbolica degli Stati Uniti. Di qui appunto le oscillazioni di Roberto, come lo spiccato doppio registro di Marta: che ora sfugge ali' America contemporanea identificandosi con la reclusione intellettuale della poetessa Emily Dickinson, e ora la osserva con il pervicace candore del Candide. E quando i due sguardi - lirico nostalgico rivolto a certo passato, e ironico voltairiano sulla prospettiva presente - si sovrappongono, ne sortiscono effetti di surrealtà alla Bufiuel: come nell'evocazione della figurina in pizzo nero della matrigna che Marta/Maria vede con un senso di colpa danzare tra le nuvole dal finestrino dell'aereo Chicago-Providence. Più di Roberto, Marta si interroga (o testimonia le domande dei personaggi che incontra) sulla qualità dell' America. Le risposte non sono univoche, ma come per il tassista di Filadelfia, possono inclinare a favore della patria italiana. Per della Loggia invece nel confronto non vi sono dubbi: spetta all'europeo riconoscere oggi la sua avanzante emarginazione di fronte al modello americano, inteso non come trapianto europeo sull'altro lato dell'Atlantico, ma come realtà altra a lui estranea. Su un'estraneità insiste anche Baudrillard, ma per altra via. Luogo di un'indifferenza e di una morale desertica, realtà di soli simulacri pubblicitari privi di referenzialità, di un'anticultura e un primitivismo che coincidono con la modernità, l'America diviene il paese del paradosso. Mortuaria nelle sue accelerazioni e forse «potenza in menopausa», essa è anche democrazia e «utopia realizzata», perché «rivoluzione» pragmaticamente risolta. Ma in questa scrittura - spettacolare quanto il paese che vertiginosamente descrive - nella sua radicale ripresa della «tesi della barbarie» che richiederebbe un discorso a parte, l'America si sottrae al confronto con l'Europa (deformato in isterica opposizione cultura/anticultura), tanto quanto vi si porge invece, come cultura alternativa, nel discorso di della Loggia. 2. Machiavelli e i puritani Diversi rispetto alla tradizione europea sono per l'autore della Lettera i concetti americani di rivoluzione, legge, politica, democrazia, diversa la valutazione del denaro, della massa-popolo, del lavoro, della funzione dell'intellettuale. L'Europa è colpevolizzata e perciò punita con la decadenza per aver immesso nella sua storia e nel suo far politica un Machiavelli, avendone estromesso Cristo e l'etica, indebitamente sostituiti con ideologie di partito e il prestigio degli intellettuali che le gestiscono; mentre l'America ha mantenuto l'etica protestante come modello comportamentale, moltiplicando le sette religiose anziché ideologie e rivoluzioni, a favore di un parallelo e costante «enforcement of laws». Aliena al ruolo e al peso europeo degli intellettuali, l'America ha dato origine ad una democrazia capitalistica sorprendente per l'europeo, ad un «modernismo» che pone sulle labbra del presidente degli Stati Uniti locuzioni come «God bless you» o definizioni della Russia sovietica come Impero del Male o incarnazione del Maligno. Scristianizzazione (o secolarizzazione) e rifiuto della società di massa sembrano così il segno di un'alterità netta, che separa un Occidente europeo senza coerenza politica da un'America cristiano-democratica sconcertata di fronte alle contraddizioni europee. Un'America peraltro egemone grazie alla spartizione della Germania e dell'Europa con la Russia e alla polarità Est-Ovest istituita con la cortina di ferro. Il Machiavelli teorico gettato dalla finestra della cultura sembra così rientrare per la porta della prassi politica - della Loggia non -lo ignora - ma egli ritiene che non appartenga alla coscienza e all'opinione pubblica americane: in ciò dissentendo ad esempio dal quadro che uno degli intellettuali americani (da lui svalutati in gruppo), un Nobel per la letteratura, ha invece delineato in uno dei suoi più noti romanzi. In Herzog Saul Bellow ha scelto proprio il termine Machiavellians per definire i protagonisti di successo della società americana, ovvero i criteri fondanti dell'ideologia americana dominante. Certo, nella diagnosi di Bellow le recenti difficoltà politiche della Casa Bianca per il cosiddetto lrangate cesserebbero di sorprendere. Rimarrebbe solo da chiarire un divario, non tra modelli reali di comportamento americani ed europei, ma tra consuetudini di retorica pubblica americana e pratica concreta. Come già nell'Inghilterra vittoriana, il persistente puritanesimo anglo-sassone (più conservatore in America come in ogni colonia)può tuttora rivelarsi fonte di un bisogno di identità etica che si fa ipocrisia per la natura stessa della sua genesi. Luogo di estremi, di «enantiodromiche» compensazioni tra materialismo (nel bene e nel male) al più alto tasso noto al mondo, e astratto· idealismo calvinista (come tra ricchi grattacieli e violente povertà di sterminate periferie), l'America sembra riproporre irrisolte tensioni, radicate nelle sue strutture d'origine. Se differenza tra Europa e America si può certo dare, essa appare piuttosto nel minor grado europeo di «enantiodromia» tra persona pubblica e realtà effettiva. La differenza è d'altra parte normale fisiologia del processo di produzione culturale. Il dislivello, una dialettica alterna tra centri e periferie è, rileva Lotman (La semiosfera, 1986), meccanismo fondamentale di innovazione e creatività. Scambio di ruoli, opposizioni e creolizzazioni sono le formule necessarie della fertilità semiotica, dell'accrescimento organico della cultura o semiosfera. Ma nella semiosfera occidentale i poli non sono solo americano ed europeo: anche lo sviluppo russo è di ovvia natura occidentale, e quello giapponese lo ·è per elezione. Non la melanconica sconfitta di un'Europa debole perché laica e scettica di fronte ad un'America forte di vigoria religiosa ed economia democratica, ma una dinamica planetaria innescata dall'Europa, una dialettica di fasi, incroci e alternanze, appare oggi come il più probabile modello del mondo. È significativo come sul problema specifico della comparabilità/compatibilità tra Europa e America avesse già accentrato l'attenzione nel 1979, con risposta inversa rispetto a della Loggia, il Soldati di Addio diletta Amelia: dove con bella condensazione onirica, ricca del precedente amore giovanile di Soldati per l'America, Amelia si sovrappone all'America, il paese della romantica vicenda di Amelia e Riccardo nel Ballo in maschera di Verdi. 3. Magna Europa I vini della California, il nuovo orgoglio delle origini degli immigrati, l'occasionale sostituzione di Beethoven al jazz in una contestazione giovanile americana, o l'abuso della qualifica French laundry di una tintoria di San Francisco, rivelavano a Soldati l'europeizzazione dell'America, d'origine e di relazione, un destino che egli definiva di Magna Europa, analogo a quello della Magna Grecia. Negli anni sessanta-settanta l'Europa ha solo ripreso il pacifismo e gli utopismi laici dei movimenti giovanili americani - che della Loggia curiosamente vorrebbe peccati unicamente europei - né per caso. Il padre della letteratura americana, N. Hawthorne, descrivendo nel suo Blithedale Romance la propria personale esperienza dell'utopia fourierista americana di Brook Farm, ne attribuisce il fallimento alla violenza psichica di un riformatore religioso, Hollingsworth, che induce al suicidio la protagonista-simbolo Zenobia. E un racconto di Henry James, Owen Wingrave, è forse il più radicale - e rousseauiano - manifesto pacifista che la letteratura occidentale conosca: definita crimine, da punire nello statista responsabile con la pena di morte, la guerra vi è rifiutata dal protagonista a costo della sua stessa vita. Né il suo è il pacifismo di un impotente, come, secondo della Loggia, quello degli europei presi tra russi e americani, ma di un giovane superdotato per l'Accademia militare, troppo intelligente tuttavia e superiore per accettare la stupidità distruttiva della guerra. Certo l'illuminismo di James o Hawthorne, come i medievalismi, i machiavellismi o i romanticismi, è diversamente dosato rispetto ai modelli europei, e un'analisi tipologica delle combinatorie potrebbe meglio definire le dinamiche dell'adattamento o diversità culturale nello spazio e nel tempo, le metamorfosi e le innovazioni della semiosfera teorizzata da Lotman. Di esse è segno del resto la stessa lingua inglese: melting pot di una struttura germanica anglo-sassone su cui l'innesto del francese normanno - neolatino - ha contribuito fino al 60% nei registri più colti e specialistici della lingua. Si è predicato con Spengler il declino dell'Occidente, il cui modello si è oggi esteso ben al di là dei due Occidenti atlantici, o meglio dei quattro «Occidenti», con la Russia e il Giappone. Prescindendo da ansie di declino o sete di ao c::s .5 ~ ~ t-- ~ ...... supremazia, tra loro complemen- c:i ~ tari, si delineano oggi molteplici c::s polarità culturali ed economiche, E cui un'Europa unita potrà meglio ~ contribuire nelle probabili formu- ~ le del cosmopolitismo prossimo ~ venturo. ;g_ "5
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