semiperiferica. L'insieme dei contributi presenta uno «stato dei lavori» ricco di prospettive diversificate sia per approccio metodologi- • co che per risultati di ricerca: Wallerstein, Aymard, Ranki, Papadantonakis, Casparis, Keyder, Logan, Lange e Tarrow cercano modelli di spiegazione per lo sviluppo storico di Italia, Spagna e Portogallo, Grecia e Turchia dalla fine della prima guerra mondiale alla nuova crisi generale degli anni settanta-ottanta. Arrighi, in Fascism to Democratic Socialism. Logie and Limits of a Transition, ridefinisce, come ho già detto, il concetto di semiperiferia e cerca poi una chiave di comprensione per lo spostamento politico che si è verificato, in tempi e modi diversi nell'area sud europea, dal fascismo al socialismo democratico. Secondo Arrighi il modello fascista, nelle sue varianti, va studiato come tentativo di risposta alla fase di conflitto acutissimo apertosi nel sistema interstatale con la crisi dell'egemonia britannica e dell'ordine «liber~le» ottocentesco fra le nazioni: una risposta che reagisce ed entra in competizione con il movimento operaio che tentava, durante e dopo la prima guerra, di utilizzare la crisi per instaurare un nuovo ordine socialista mondiale ispirato all'ideologia marxista. Almeno implicitamente Mussolini condivideva l'idea leniniana che la pace del 1918 era solo un armistizio, destinato a sfociare in una nuova guerra di fronte alle spinte dello sviluppo ineguale del capitalismo nei diversi Stati. Al programma socialista di Lenin, che puntava alla mobilitazione delle masse per rivoluzionare l'ordine mondiale in senso socialista, il programma di Mussolini rispondeva con la mobilitazione di massa per rafforzare la tendenza allo sviluppo ineguale, sperando di beneficiare della futura ridistribuzione territoriale del mondo. Il fascismo salazarista tendeva invece a eliminare tensioni e conflitti interni per rafforzare la possibilità per il Portogallo di conservare la sua posizione e di non essere travolto nelle lotte a venire sulla scena mondiale. Se le terapie sono discutibili, la diagnosi vedeva bene il futuro, in opposte direzioni la situazione internazionale dava dustriale, possono essere mobilitate per contrastare l'attacco operaio all'accumulazione. La strategia leninista coglie centralmente questa situazione e costruisce la sua soluzione nella teoria del partito e delle alleanze: solo con la mediazione in alto dell'élite rivoluzionaria, e in basso con la mobilitazione di strati sociali non proletari, è possibile la presa del potere da parte operaia. Se il Rivista trimestrale fondata da Adelio Ferrero in edicola e in libreria il numero 47 nel nuovo formato a colori 100 pagine Lire 10.000 In questo numero: Lo spazio del film scenografie, architetture, paesaggi Sklovskij e il cinema Ardant, Fabbri, Ferrari, Imhoof, Sorlin, Tanner, von Trotta Abbonamento a quattro numeri Lire 35.000 Inviare l'importo a Cooperativa Intrapresa Via Caposile 2, 20137 Milano Conto Corrente Postale 15431208 Edizioni Intrapresa credibilità alla soluzione leninista e a quella fascista. Specie nella semiperiferia del sistema-mondo. In questo periodo la semiperiferia è caratterizzata da un forte dualismo e il proletariato, se è sufficientemente forte per contrastare i processi d'accumulazione, non lo è abbastanza per resistere agli attacchi sul luogo di lavoro o sul piano politico reale. Infatti, in situazioni di accentuato dualismo, le ampie riserve di lavoro non salariato o di lavoro salariato pre-inprogetto leninista fallisce, il fascismo offre un'alternativa che punta su settori sociali intermedi, attratti dall'idea di uno stato forte che li protegga dalla intensificazione della competizione sul mercato e li assicuri contro le minacce alla legge e all'ordine. La mobilitazione anti-proletaria sul piano politico riesce a sconfiggere il movimento operaio e garantisce la ripresa dell'accumulazione. Ma dopo la seconda guerra mondiale le condizioni base del sisterna-mondo mutano: l'anarchia conflittuale sul piano interstatale è soppiantata dall'egemonia USA e dalla formazione dei due blocchi di Stati internamente gerarchizzati. L'espansionismo territoriale perde legittimazione e al suo posto subentra «l'azione di polizia» interna alle sfere di influenza: i movimenti di liberazione nazionale nei paesi coloniali o semi-coloniali vengono accettati e si lotta, invece, per stabilire l'egemonia dell'uno o dell'altro su di essi. Si ricostruisce un mercato mondiale tendenzialmente unitario ma basato sull'investimento diretto più che sull'espansione territoriale o commerciale. Ma questo non è un ritorno al sistema «liberale». Un complesso network di alleanze militari, di accordi monetari, commerciali e finanziari, un'intensa presenza strategica dello stato guida e dei suoi alleati più potenti, costituiscono la struttura portante della nuova unità del mercato mondiale. Il rilancio del mercato, la politica di investimenti diretti e il nuovo ordine interstatale costituiscono, alla lunga, un ostacolo insormontabile alla credibilità del programma fascista nelle semiperiferie. Ma, soprattutto, la nuova fase di espansione, seguita alla riattivazione della competizione sul mercato mondiale, moltiplicava le spinte alla diffusione delle tecniche di produzione di massa dagli USA verso i paesi che disponevano di una struttura industriale. E ciò ha significato, nella semiperiferia, la necessità e la possibilità di dar fondo alle riserve di forza-lavoro non salariate o pre-industriali. Si sgretola così la possibilità di giocare questi gruppi sociali in funzione anti-proletaria, e si pongono invece le premesse di un rafforzamento della capacità contrattuale della classe operaia sul posto a cura di Maria Grazia Torri e Vittorio Erlindo COMUNE DI CARPI Centro di Documentazione Arti Contemporanee TOMASO BINGA - FRANCESCOBONAZZI - ANNA MARIA CHIAVELLI - DANIELA DALMASSO PAOLO GUBINELLI - INNOCENTE - THORSTEN KIRCHHOFF - MARCO LODOLA ANNA LOMBARDI - GIANNI MANTOVANI - PLUMCAKE- MILTON PRINCIPESSA 11 APRILE- 1 O MAGGIO 1987 di lavoro, (anche se·si indebolisce, in una prima fase, la forza contrattuale sul mercato del lavoro perché diminuiscono le possibilità di vita e di qualificazione esterne al lavoro salariato). L'uso dei meccanismi di mercato tende a sostituire la «repressione politica» diretta ma, una volta intaccate le riserve di forza-lavoro e mutate le aspettative dei nuovi salariati, neppure il «mercato» riesce a contenere significativamente la spinta del movimento dei lavoratori. È in definitiva la forza del movimento a imporre la svolta «socialdemocratica», in modi e tempi diversi, nell'Europa del sud. Il controllo sul lavoro può essere esercitato solo combinando l'uso dei meccanismi di mercato con lo «scambio politico» che cede parte del potere di governo a organizzazioni rappresentative del mondo operaio in cambio di restrizioni nell'uso della forza contrattuale legata al posto di lavoro. La risposta (o l'anticipazione) capitalistica di fronte alla forza operaia sul luogo di lavoro - forza «strutturale» la chiamava Arrighi nel 1972- è, nella crisi e nel «centro», l'espansione e la verticalizzazione transnazionale del capitale a livello delle decisioni strategiche • dell'amministrazione e del controllo, della ricerca e dello sviluppo. È questa la nuova incarnazione del «centro». Il «centro» è il cervello, semiperiferia e periferia rimangono ai nervi e ai muscoli (magari «industriali»), con un po' di cervello (semiperiferia) o senza (periferia). Italia, Spagna e Grecia sembrano rimanere in mezzo al guado, di qui una nuova impasse politica. La situazione del «sistema» è però del tutto diversa rispetto a quella degli anni fra le due guerre: la semiperiferia sudeuropea sarà costretta a cercare nuove soluzioni politiche.
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