Mo erni,9,America Alexis de Tocqueville La democraziain America a cura di Giorgio Candeloro Milano, Rizzoli, 1982 pp. 781, lire 44.000 Marshall Berman Ali that is SolidMelts into Air The Experienceof Modernity New York, Simon and Schuster, 1982 trad. it. L'esperienza della modernità Bologna, Il Mulino, 1985 pp. 431, lire 35.000 Harold Bloom Agon. Towarda Theory of Revisionism Oxford University Press, 1982 trad. it. Agone Milano, Spirali, 1985 pp. 348, lire 22.000 Harold Bloom Kabbalahand Criticism New York, The Seabury Press, 1975 trad. it. La Kabbalà e la tradizionecritica Milano, Feltrinelli, 1981 pp. 129, lire 7.000 Harold Bloom The Anxietyof Influence Oxford University Press, 1973 trad. it. L'angosciadell'influenza Milano, Feltrinelli, 1983 pp. 168, lire 19.000 11 «Financial Times», in occasione della festa per il restauro della Statua della Libertà, ha pubblicato stime della situazione demografica, abitativa e lavorativa della città di New York: dati giganteschi, una globale situazione esplosiva, ma sotto controllo più che negli scorsi decenni e, pare, in buona salute. E soprattutto emanante l'incrollabile fiducia americana nel movimento - come sempre, come prima, come alle origini della nazione americana - , nel movimento per se stesso (direbbe Alexis de Tocqueville), nel movimento come ricerca di una «nuova frontiera» (Problems are conqueredby moving on, finding a newfrontier). In tale proposizione, ad oggi, sembrerebbe non potersi leggere che un sarcasmo del tempo dell'apocalisse per l'umanità, e invece l'indicazione è proprio qui: in questa sorte di non poter sfuggire al proprio bene, in questa Americanway che a problemi smisurati reagisce con «sogni smisurati» (un'espressione di «Newsweek»). Nell'immane situazione mondiale, in cui gli Stati Uniti sono uno dei poli decisivi, tener ancora in piedi il «sogno americano» - il cui specchio è fissato nella dedica sul piedistallo di Miss Liberty: The huddled masses yearning to breathefree - è il sintomo di una presunzione d'eternità, che certo richiede una riflessione. La chiave di una tale riflessione non r-ri può essere se non la .«modernità», che in America ha un suo forte e completo modello. «Giuro che comincio a vedere il senso di queste cose, / non è la terra, non è l'America che è così grande,/ son io che sono grande, o destinato a esserlo, sei Tu lassù, o chiunque tu sia, / è percorrere rapidamente civiltà, governi, teorie, s:: / poemi, spettacoli, mostre, per S formare individui»: così Walt ~ i Whitman, il cantore dell'umanità ~ americana. È str~ordinario fino a che punto sviluppi il senso dell'individualità il muovere da condizioni di eguaglianza - come quella che è all'origine della nazione americana: al contempo però esso spalanca l'abisso davanti all'individuo che suscita, perché produce effetti che sfuggono di mano a chi li ha posti in campo. Gli uguali sono afferrati dalla brama di distinguersi, di primeggiare innovando e perciò, insieme, di distruggere. La breccia aperta nel vecchio stato prepara la voragine, il movimento senza tregua induce azioni circolari, vane, oppure sposta le realizzazioni molto lontano dagli iniziali scopi individuali. Ciò che è fatto è presto pronto per essere disfatto. Così inizia l'opera di A. de Tocqueville sulla democrazia in America (Parigi 1835-1840):«Fra le cose nuove che attirarono la mia attenzione durante il mio soggiorno negli Stati Uniti, una soprattutto turi: è il metodo di ricerca seguito da Tocqueville. Alimento all'istinto democratico in America venne fornito dalle condizioni naturali: il paesaggio immenso, le acque sovrabbondanti dei fiumi e degli oceani e il loro lavoro di plasmazione primordiale tali da òffrire sterminati deserti o da accumulare macerie grandiose insieme a promesse di una fecondità sconfinata - il sentimento della distruzione e della vita all'opera insieme. Nei coloni che popolarono l'America - almeno nei coloni della Nuova Inghilterra - v'erano condizioni di assoluta eguaglianza; comune la provenienza agiata e colta, emigravano non per indigenza ma per un miraggio spirituale: far trionfare l'idea puritana, a un tempo repubblicana e democratica, in una terra che consentisse loro di vivere e di pregare a modo proprio (p. 45). Essi giungevano con un'idea vero che in tutto ciò è il germe della felice separazione di religione e politica, ma non toglie che il risultato, nel singolo individuo americano, possa essere un monstrum. Un caos di contraddizioni in perpetua agitazione, che si dibatte tra incatenarsi e scatenarsi, tra ricchezza e perdita, tra futuro e passato, movimento e immobilità, solidarietà e solitudine. Non stupisce che talune menti americane abbiano posto in campo l'astuzia di autoliberarsi da ciò rinchiudendosi con una propria opera di solitudine, come Emily Dickinson con la poesia scegliendo risolutam_ente il polo della povertà (Rivelatore d'immagini, / è lui, il Poeta, I a condannarci per contrasto / ad una illimitata povertà); o come Henry James afferrando il polo della distanza, dell'oscillazione mai posante tra nuovo e vecchio mondo. Nel linguaggio e nella lingua Laurin, L'anello di Hans Carvel, (inciso da A veline) mi colpì assai profondamente, e cioè l'eguaglianza delle condizioni». Egli vi scorge il «motivo generatore» di ogni fatto particolare. E i ►occhio dell'aristocratico liberale che è Tocqueville guarda non solo all'eguaglianza negli Stati Uniti ma·,come affascinato, all'avanzata inarrestabile in tutto il mondo cristiano di questa rivoluzione che ha travolto la feudalità e i re e che certo non si fermerà davanti alla borghesia. Egli rivela d'avere scritto il suo libro «sotto l'impressione di un terrore quasi religioso». Dove andiamo? Si chiede. «Siamo nel mezzo di un fiume vorticoso e fissiamo ostinatamente gli occhi su qualche rottame che ancora scorgiamo sulla riva, mentre la corrente ci trascina e ci spinge all'indietro verso l'abisso» (p. 22). Ora, in America, tale vortice non ha trovato alcun ostacolo, la democrazia vi si è abbandonata ai suoi «istinti selvaggi», primo fra tutti quello di espansione, favorito dalle condizioni del territorio, e regolato gradualmente dal governo in formazione. In America è stato possibile cogliere alle radici le conseguenze dell'istinto democratico. Bisogna leggere nelle origini i germi di tutti gli sviluppi fureligiosa e una teoria politica - premessa per lo scaturire di una società omogenea. L'abitare una «terra di prodigi» fa di loro uomini intraprendenti, avventurosi, innovatori. La potenza della natura offre all'evidente debolezza dell'uomo come un caotico modello di potenza da tentare, esaltando il sentimento d'instabilità e la brama di fortuna. Il deserto che cammina dietro all'uomo tempra rudemente le forze. Il singolare in ciò è che le leggi penali vennero attinte direttamente dalla Bibbia, ed erano quindi terribili e barbariche, mentre gli ordinamenti civili erano formati, sviluppati, adattati, mutati con la partecipazione di tutti i cittadini (p. 49 e sgg.). Tale composizione (e scissione) di spirito di religione e di spirito di libertà come avrebbe potuto non seguitare a generare antinomie dall'anima americana e dalla sua azione nel mondo? Osserva Tocqueville: la religione impedisce all'americano di concepire e osare qualsiasi cosa, la legge gli permette di fare tutto (p. 295). Nella legislazione degli Stati Uniti non c'è limite ai desideri e ambizioni degli individui: di beni, di potere, di reputazione (p. 659). È americani compare il segno cospicuo di tutto questo. Tocqueville osserva come il pensiero vi si esprima per generalizzazioni dovute all'enfatizzazione dell'opinione e stima comune, quindi del pubblico, il che si manifesta con una quantità di termini astratti ignoti alla madrelingua (es. laforza delle cose vuole che le capacità governino); ma, al polo opposto, vi si esprima per una infinità di sfumature dovute alla perpetua mobilità dell'animo, alla passione del «movimento per. se stesso», il che rende incerto il senso delle pa-· role (p. 481 e sgg.). Si osserva insomma nella lingua la stessa contraddizione tra il dinamico e il rigido che domina la vita sociale. Una contraddizione simile si noterà nell'immaginazione degli americani, da un lato espansiva e senza freni apparenti anche in rapporto alle condizioni ambientali, riassorbita dall'altro nello stesso impulso che l'ha liberata, il quale porta l'individuo ad impegnare la sua immaginazione nell'utile che brama conseguire e nella rappresentazione del reale. La situazione non sembra a Tocqueville propizia alla poesia. Ma egli concepisce la poesia in termini classici come «la ricercae la pittura dell'ideale» (p. 487). Alla stregua di tale formula, l'immaginazione poetica sarà del favo/oso e le nazioni aristocratiche, che pongono tra Dio e l'individuo tante entità intermedie, appariranno di gran lunga più fertili d'immaginazione poetica. L'immaginazione democratica riporta i poeti sulla terra e li rinchiude nel visibile. Inoltre per i popoli democratici non esiste, dato il continuo contatto di tutti con tutti nella dimensione pubblica, quella distanza che rende le cose e specialmente le persone misteriose, delicate, mitiche. Infine i popoli democratici, più che alla contemplazione della natura, si esaltano a quella di se stessi (p. 489). Un'occasione per noi di sottolineare come la modernità americana fomenti la passione umanocentrica propria dell'uomo della modernità. Tocqueville, inoltrandosi in questo rapporto tra stato sociale e politico di un popolo e genio dei suoi scrittori, ne desume per gli americani un amore come fugacità, sempre assillato dai seri lavori della vita, per i piaceri dello spirito: così che gli scritti loro dedicati saranno di necessità brevi, lo stile bizzarro, negletto, ardito; opere prive dell'immagine della regolarità e dell'arte, ma in compenso dotate di «una forza incolta e quasi selvaggia» (pp. 474-5). Infine Tocqueville già nota come la democrazia introduca lo spirito industriale in letteratura (p. 477). L'oggi conferma le osservazioni e le intuizioni di Tocqueville anche per ciò che egli dice di una capacità negli americani di visione solo in grande, anzi in grandissimo, in gigantesco (p. 493): «Essi gonfiano continuamente la loro immaginazione e, estendendola oltre misura, le fanno raggiungere il gigantesco>>S. i sviluppa un visionario a livello d'intera umanità che, cieca, Dio conduce all'attuazione dei propri disegni... Alla fine Tocqueville giunge a riconoscere anche quello che è uno dei maggiori talenti dello scrittore democratico, dunque pure americano: la capacità di sondare gli abissi dell'umano, le sue passioni, le fortune, le miserie inesplicabili (p. 491). Egli torna a nominare, in questo punto avanzato della sua opera, l'abisso: l'abisso che è in effetti l'uomo della modernità. 11 «terrore quasi religioso» nel quale ha iniziato il suo lavoro, dinanzi al vortice dell'eguaglianza democratica che spezza ogni ostacolo e domina sulle rovine da essa stessa prodotte, sembra rendere tale lavoro suscettibile di integrazioni al nostro momento, pur che assumano di farsi condurre nel proprio cammino dal pensiero delle origini, come è stato in Tocqueville. Nel libro di Marshall Berman L'esperienza della modernità le origini si presentano sotto specie di Faust, dell'eroe faustiano del movimento e dell'azione alle prese con il problema della creazione, il più originario di tutti .i problemi. Scopo dell'opera è mette.re in rilievo - dalla Parigi di Haussmann e Baudelaire alla Pietroburgo di Gogol' e Dostoevskij alla foresta di simboli di New York - «la dimensione tragica e contraddittoria di tutti i tipi di impresa e creatività moderna» (p. 113). Del resto Tocqueville figura,
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