Alfabeta - anno IX - n. 102 - novembre 1987

Alfabeta 102 G. Simmel Kant. Sedici lezioni berlinesi A cura di Alfredo Marini e di Amedeo Vigorelli Milano, Edizioni Unicopli, 1987 pp. 271, lire 25.000 I l pensiero di Simmel è oggi al centro di interessanti riletture in cui convergono alcuni dei temi più sentiti della cultura filosofica contemporanea. Da un lato, Simmel appare come uno studioso della modernità che per alcuni aspetti, "in particolare per l'attenzione dedicata alla metamorfosi della sfera della percezione sensibile e ai sottili equilibri delle forme di vita e dei rapporti intersoggettivi, offre una prospettiva alternativa a quella weberiana. Dall'altro, le antinomie sospese, il carattere antidialettico e antiutopico del suo pensiero, soprattutto la suafllìnerie sociologica - l'osservazione distaccata della scena urbana tra il XIX e il XX secolo - gli hanno offerto una rivincita rispetto a tutta la generazione dei suoi allievi (Bloch, Lukacs, Kracauer e, sia pur indirettamente, Benjamin e Adorno) che lo avevano duramente criticato in nome di una filosofia della storia fondata su contraddizioni dialettiche e su opzioni pratico-normative, quando non esplicitamente utopiche. La sostanza dell'orientamento simmeliano viene ora giustamente ravvisata nel rapporto di transitività, di bilanciamento reciproco che si costituisce nello spazio vuoto creato dal trionfo dell'economia monetaria tra possibilità e realtà, libertà e necessità, vita e forma. • L'insicurezza della conoscenza e dell'agire è il punto di partenza del discorso simmeliano, ma certo non il segno di una sua fissazione limitativa sul tessuto irregolare, incompiuto e sempre in corso dei processi psichici e vitali. Fondamentale per Simmel è il problema dell'oggettivazione, della forma, ma non, come comunemente si intende, come «reificazione» della vita, irrigidimento delle energie spontanee e creatrici, bensì come problema della costituzione del mondo oggettivo in quanto intreccio di frammenti, finzioni, metafore, il quale, anche solo per essere percepito, per diventare momento di un vissuto, richiede una «costruzione». In questo problema si congiungono i fili della riflessione simmeliana: da un lato, l'analisi disincantata e lucida dell'intellettualismo, razionalismo e uniformizzazione tipici della modernità e del denaro, dall'altro, l'attenzione rivolta all'ipertrofia della soggettività, alla modernità come «psicologismo», «dissoluzione dei contenuti solidi nell'elemento fluttuante dell'anima» (Rodin, in La moda e altri saggi di cultura filosofica, Milano, 1985, p. 155). Ponendosi il problema dei limiti della conoscenza razionalistica, Simmel prende posizione sul rapporto soggetto-oggetto, sulla metamorfosi delle nozioni centrali della tradizione filosofica. Il suo è un incessante sforzo di riformulazione di una nozione di realtà in cui gli elementi di razionalizzazione, di ordine, di tipizzazione non arrivano mai, a totalizzarsi e producono di conseguenza effetti di differehziazione funzionale, equilibri fragili e aleatori, possibilità imprevedibili. Al centro di questo pensiero, solo apparentemente distruttivo, c'è la figura di Kant. Alla filosofia di Kant Simmel dedicò numerosi corsi universitari. Le lezioni del semestre invernale 1902-1903, ripubblicate a più riprese tra il 1904e il 1918, sono ora disponibili in traduzione italiana. Esse presentano, è vero, un «kantiano atiI pacchetti di Alfabeta pagina21 eleKant Laura Bo l/a pico», come suggerisce Alfredo Marini nella prefazione. Ciò che lo divide da Cohen, da Cassirer è sicuramente la sovrana e, allora come oggi, antiaccademica libertà dall'obbligo della citazione e dell'esegesi puntuale del testo. Ma sicuramente il Kant di Simmel, per quanto molto personale, appartiene a un movimento centrale di sviluppo della filosofia kantiana, quello che scorre nel pensiero di Schopenhauer, di Dilthey, di Scheler, di Husserl e anche di Heidegger: la rimeditazione del problema del1'esperienza che consegue alla rigorosa delimitazione kantiana dell'uso dei concetti puri alla materia fornita dall'intuizione sensibile. Per Kant l'esperienza non può consistere in mere impressioni sensoriali che le cose inscrivono sulla tabula rasa della coscienza, né, per converso, le conoscenze dell'intelletto, dotate di universalità e di necessità, possono pretendere di estendersi a ciò che sta oltre il mondo dei sensi. In entrambi i casi, il ruolo della coscienza rimane puramente epifenomenico, contingente ed esterno rispetto al materiale su cui si applica. Al contrario, tanto più la coscienza esalta la sua capacità di dar vita a una conoscenza valida oggettivamente, tanto più essa si ancora in un mondo dell'esperienza strutturato, non semplicemente «oggettivo» perché esterno e diver~o dal soggetto, bensì «oggettivato», frutto di un'attività di formazione. • Kant appare in questo modo a Simmel colui che, svincolando la coscienza da pretese di conoscenza sostanzialistica, ne ha sottolineato il carattere essenzialmente funzionale: con questo non l'ha affatto impoverita, al contrario, ne ha fatto risaltare pienamente l'attività produttiva. .. L a costruzione dell'esperienza per opera della produttività ·della coscienza (come Simmel significativamente scrive: «la oggettivazione kantiana del soggettivo», p. 102) è dunque una sorta di apertura intenzionale che si trova in costante scarto con l'immagine di un'unità e totalità dell'esistente. In questo spazio si apre per Simmel una feconda dialettica con le forze vitali, quelle che Kant - molto lontano, da questo punto di vista, dallo spirito «moderno» (p. 102) - lascia del tutto al di fuori del suo sistema. «Ogni formazione è separazione: la linea mediante cui configuriamo una forma in un piano separa proprio una porzione di questo dalle altre; ed è unificazione: perché ora una parte è contrapposta come unità alle altre» (p. 113). Simmel vede così nell'idealismo di Kant la massima espressione del rapporto - ad un tempo, antagonismo e intreccio - di forma e vita che egli stesso - in virtù dell'analogia prediletta con l'opera d'arte - applicherà alla propria filosofia. Kant è colui che porta all'estremo la separazione di soggetto e òggetto, allorché presenta l'oggettività dell'esperienza e del mondo reale come costruzione della coscienza, frutto dell'attriLa regina di Spagna buzione di unità e logica interna, di «forma» ai dati sensoriali che li allontana e li autonomizza totalmente dalla funzione rappresentativa (pp. 118-9). Ancora una volta, il senso dell'affermazione di Simmel non è l'esaltazione del soggettivismo (il mondo come rappresentazione è una «verità di per sé sterile», p. 120), al contrario, è l'affermazione della forza plasmatrice, oggettivamente dell'intelletto, della sua capacità di far sì che il «senso dello spirito» diventi in pari tempo «il senso delle cose» (p. 120). La forma ha dunque una peculiare «realtà»: attività, energia, funzione della coscienza, essa è tanto poco staccata, astratta dalla realtà oggettiva, quanto poco la linea di un armadio o di una poltrona è separabile dal materiale a cui essa dà forma. La «linea» è la specifica costruzione di uno spazio, costituzione di una realtà che, anche quando non taglia completamente i ponti con i canoni della geometria classica, è qualcosa di ben diverso dal riempimento di un contenitore vuoto con un contenuto. Gli oggetti non «hanno» forma, «sono» forma: la loro linea, il loro profilo è un «evento intensivo» (p. 130), è costituzione di una realtà diversa dalla mera realtà della sensazione, determinata da procedimenti di omogeneizzazione, tipizzazione, sintesi, in una parola, dall'attribuzione di un ordine e di una logica specifica ai dati dell'esperienza (nel caso dello spazio, le cose si spazializzano, assumono un'estensione). Si spiega a questo punto la premessa - a prima vista paradossale - del kantismo di Simmel: la considerazione di Goethe come complemento e sviluppo di Kant: «Kant ha aperto una strada filosoficamente decisiva, che la sua visione scientifica rigidamente intellettualistica ha certamente limitato e che solo Goethe ha poi percorso fino in fondo» (p. 80). Più drammaticamente si potrebbe dire che l'evo moderno prospetta una formalizzazione dell'esperienza fondata sul primato dell'attività dell'intelletto, ma insieme anche una visione_- utopica - come cooperazione di tutte le forze psichiche, oggettivazione creativa di un assoluto nelle forme storiche della cultura. Nel suo rapporto con Kant Simmel mette allo scoperto proprio questo problema. L'istanza di concretizzazione dell'apriori - nella cui ovvietà molti lettori restringono il complesso confronto simmeliano con il kantismo - non significa infatti una sua dis- • soluzione nell'intreccio dei fili vitali, storici e psichici. Tale concretizzazione non è affatto eterogenea all'indirizzo di Kant, bensì ne costituisce uno sviluppo, consistendo in procedure (analizzate molto finemente da Simmel nei suoi scritti sulla morale e sull'arte) di condensazione, tipizzazione, sedimentazione di esperienze storiche, psicologiche, pratiche, attinenti al mondo della volontà, del bisogno, dell'uso. Ne consegue che, se da un lato l'esperienza si dà solo come «formata», dotata di un senso interno e non come puro assemblaggio delle scorie della vita, dall'altro, è formulazione concreta e molteplice, equilibrio flessibile e dinamico di forma e contenuto. Ma occorre ricordare che ogni processo di donazione di forma in Simmel presuppone il raffreddamento della dimensione emotiva e affettiva dell'esperienza, l'esclusione dell'interferenza della vita sensibile nei confronti della attività di oggettivazione nel sapere, nell'arte ecc. Di fronte alla trasformazione radicale della sfera dell'esperienza che trova nel kantismo il suo luogo originario e nella vita moderna il suo scenario Simmel ritiene che si dia comunque un orizzonte di totalità, di verità e di significato: questo è costituito da un mondo di forme o idee, a priori di contenuto che rappresentano una norma mobile e fungente nel flusso della vita e al tempo stesso un mondo di contenuti che si sottraggono alla· distinzione di soggetto e oggetto e di vita e forma. Proposta di integrazione di intelletto e ragione, di conoscenza e vita o presenza di un punto di fuga che dà al pensiero simmeliano una tonalità quasi platonizzante? Comunque si risponda a questo interrogativo, rimane il fatto che, «costruendo» con molta esattezza il problema del kantismo, Simmel ha orientato la coscienza trascendentale verso movimenti di «indietreggiamento», di presa di distanza, di idealizzazione pragmatica o ancora di «rotazione assiale» sullo sfondo della realtà brulicante e imperscrutabile della vita che fanno del conoscere un originale metodo di analisi della vita quotidiana e storica.

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