Alfabeta - anno IX - n. 101 - ottobre 1987

Alfabeta 101 I pacchetti di Alfabeta sacro e il potere che non è la legalità a fondare il potere ma questo stesso a fondare la propria legalità. (Qui la lezione di Dumézil si fonde con Cari Schmitt, con esplicita torsione di destra.) Se gli stalinisti Sadoul e Aragon accusarono subito e volgarmente Bataille di fascismo, anche un marxista eretico e «teologico» come Walter Benjamin espresse le sue preoccupazioni. E tuttavia il problema esiste, poiché un conto è sottolineare limiti e ambiguità possibili della comunità inconfessabile di Bataille e un altro è affermare seriamente che essa lavorava per il fascismo. Il criterio, • staliniano, della collusione «oggettiva» apHans Georg Gadamer L'attualità del bello Genova, Marietti, 1986 pp. 203 lire 28.500 V. Strada, T. Todorov, J. Lotman, H.R. Jauss, M. Bachtin Letteratura e Dialogo «Lettera Internazionale», n. 12 primavera 1987, pp. 33-46 I n L'attualità del bello, che raccoglie varie conferenze di Gadamer, si tratta di mettere all'opera i progetti fondamentali dell'ermeneutica nel nostro incontro-scontro con le opere d'arte. Il titolo del saggio iniziale - il più lungo e strutturato - illustra già bene il programma: Arte come gioco, simbolo e festa. Notiamo subito che l'accento è messo sull'accezione intersoggettiva di «gioco», «simbolo» e «festa»: il gioco, colto come atto riflessivo, evidenzia la cooperazione e il concorso del Mitspieler, del giocatore-con; il simbolo è visto nella sua accezione originaria, come passaporto, come un frammento che assume il suo senso quando trova il pezzo complementare, che lo completa; della festa sottolinea il suo senso comunitario, quando il tempo si sospende e si sottrae alla routine ripetitiva («Che 'nell'esitante indugio vi sia qualcosa di duraturo': questo è l'arte di oggi, di ieri e di sempre», p. 57). Questa dimensione intersoggettiva e comunitaria dell'arte è coerente con il grande progetto gadameriano: oltrepassare il soggettivismo della metafisica moderna contrapponendogli non la dialettica (anche questa è un lavoro tutto solitario) ma il dialogo. In effetti, la grande ambizione di quel filone filosofico che da Husserl arriva fino a Gadamer è stata di liberarci, una volta per tutte, dalla vita interiore. In termini più filosofici: di criticare spietatamente lo spirito soggettivo, in nome dello spirito oggettivo. Così, a fondamento dell'arte non viene più ritrovata qualche istanza squisitamente soggettiva, nel senso di solitaria - il piacere, l'intuizione, l'espressione, il gusto ecc. - ma nozioni che implicano l'essere-con, l'intersoggettività, la comunità ludica e conversante. Il modello ermeneutico diventa il dialogo platonico, dove la comprensione si forma non nell'interpretazione monologica ma nella ricerca dialogica del significato - dove cioè, per riprendere la nostra metafora precedente, la comprensione nasce nello scambio conti- ·i Cormmedi Correggio As.5essoratoallaCultura IstitutiCulturali partiene alla spazzatura storica. La debolezza della «sociologia del sacro» di Bataille e la sua deriva «mistica» sembra dipendere più dall'aver coniugato insieme Mauss e Dumézil, cioè paradigmi diversi, che dall'equivocità stessa di voler progettare una sociologia sacra: la nozione moderna di un potere totalmente secolarizzato, dissacrato, «laico» non sa infatti più occultare la rimozione delle radici teologiche del politico documentata dagli studi di filosofia della politica, così come la nuova attenzione prestata agli «usi simbolici della politica» (Edelmann) e alla politica-spettacolo della società post-industriale non può non fare i nuo dei propri panni. Come sottolinea H.R. Jauss, che ha ripreso questi princìpi nell'ambito dell'analisi letteraria: capire qualcosa di un testo significa capire questo qualcosa come risposta e, in modo più preciso: confrontare la propria opinione con quella dell'altro attraverso il gioco delle domande e delle risposte. Alla base della riflessione ermeneutica c'è, se mi si consente, la flessione del dialogo, la con-vinzione che ci si com-prende reciprocamente conversando. Eppure la conversazione deve misurarsi, almeno di tanto in tanto, con il suo Altro, con ciò che si sottrae alla comprensione conversante, pur costituendone - è qui il punto - la posta e la molla. L'evocazione del classico dialogo platonico è stata sempre, quando la si è fatta, un'arma a doppio taglio: quasi sempre il dialogo platonico, come si sa, è un falso dialogo, dove Socrate si serve dello spaesato assenso dell'altro per dire la sua. Non a caso, del resto, si suol dire che conti con i fondamenti simbolici delle pratiche sociali e con il nuovo dibattito teorico sull'immaginario sociale. Il discorso politico di Bataille sulla comunità rimane invece un vero e proprio discorso-limite, qualcosa che porta alle estreme conseguenze se stesso. Come ha notato Giorgio Agamben, c'è in Bataille stesso «il rifiuto di ogni comunità positiva fondata sulla realizzazione e sulla partecipazione di un presupposto comune [... ] La comunità riposa cioè, in qualche modo, nell'impossloilità della comunità e l'esperienza di questa impossibilità fonda anzi l'unica comunità possibile». Sicché anche Gadamer ha urbanizzato Heidegger (e aggiungo: ha fatto anche rinsavire Nietzsche). Nel senso che ha bonificato in un educato e rammemorante recupero della tradizione, attraverso il dialogo universale, quell'intricata boscaglia, così fitta di sentieri interrotti, che è il pensiero di Heidegger. Aveva ragione Habermas nel sottolineare, per esempio, la ben maggiore dipendenza di Gadamer nei confronti della Tradizione, rispetto ad Heidegger. Nel caso specifico, quando dicevo che Gadamer è anche tradizionalista, mi riferivo appunto al suo sforzo di ripristinare malgrado tutto una certa antica idea di trasparenza dell'arte. Questa trasparenza, certo, non avviene più attraverso la centralità del cogito e la sua funzione fondante bensì, nell'epoca nostra - nell'epoca cioè del vitalismo e del pragmatismo trionfanti - attraverso l' «applicazione» e l' «appropriazione» delle opere, antiche o altre, in funzione della nostra attualità. Tutto ciò appare molto nietzscheano, cioè molto moderno: l'arte classica è tale bsgsp BANCO $.GEMINIANO E$.PROSPERO SalaConferemedel Palazzo deiPrincipi ore21.00 S.p A con Sede Sociale• Otre:,oneGeMfaie In Modeflli giovt.'d2ì9 ottobre Scienza EdgarMorin CarloFonnenti giovt.'d1ì2novembre Arte FiuicoBaj Aldo ColoneUi giovt.'d1ì9novembre Letteratura DanieleDelGiudice Antonio Porta martedì 1 dicembre Fùosofia AldoGargani MaurilioFerram pagina 33 l'idea di società acefala non allude solo all'esclusione della testa in una società senza capi ma alla stessa «autoesclusione dei membri della comunità, che vi saranno presenti solo attraverso la propria decapitazione, la propria 'passione' nel senso stretto della parola». Il richiamo di Bataille a una esperienza interiore dalla struttura antinomica (tale per cui il soggetto deve essere là dove non può e deve «mancare» dove è presente) sembra voler fondare una comunità impossibile, in cui l'esperienza non c'è , più nell'istante in cui il soggetto fuoriesce da sé. non come morto modello, ma in quanto rimane viva per noi, che ce ne appropriamo come nostra. Eppure, non è questa l'ideologia di fondo dei nostri polverosi licei classici? Tutti i nostri noiosi professori di lingue e letterature antiche ci ripetevano appunto questo, che frasette del tipo si vis pacem, para bellum, per esempio, avevano valore in quanto continuavano a trasmetterci, a tutt'oggi, una sempreverde saggezza! N on a caso il termine-chiave del pensiero di Gadamer è l'interpretazione nel senso di Auslegung, come lettura-costruzione di un significato che si dà apertamente nella sua rammemorazione, non interpretazione nel senso di Deutung, che è un'operazione che richiede la mediazione di decodifiche, di pedanti ed erudite decifrazioni iconografiche. Tutto il suo sforzo consiste nel riportare ad una comprensiva trasparenza dialogica tutto ciò che nell'arte ci turba (piacevolmente o spiacevolmente) come risolutamente opaco: l'allegorico, il codificato, l'enigmatico, il cifrato, l'iconologico ecc. Nel gadamerismo, l'oscura allegoria sembra essere l'eresia dell'Auslegung. . E qui è un punto dove la moderna ermeneutica coincide con quella antica, biblica: come ricordava Maurizio Ferraris (in AA.VV., Filosofia '86, Laterza, 1987) l'ermeneutica era anche stabilire i canoni interpretativi contro gli allegorismi ereticali. Questa sottile e comprensiva evacuazione gadameriana degli aspetti opachi dell'arte, di tutto ciò che si sottrae ad una concezione festante dell'opera, come gioco conviviale rappresentativo, è tanto più ambiziosa in quanto egli la allarga a tutte le forme dell'arte moderna e d'avanguardia. «Persino l'arte moderna - scrive - che ci propone così tanti enigmi tormentosi, quando fissiamo il suo volto ammutolito, rimane un modo del riconoscimento: in essa incontriamo l'irriconoscibilità stessa che ci attornia» (p. 113). Disarmante maestria dialettica di Gadamer! (In effetti è molto difficile riuscire a dissentire da lui.) Anche là dove la centralità della funzione del riconoscimento riflessivo nell'arte sembra tramontare, grazie ad un dribbling dialettico tutto torna in ordine: pure il non-riconoscibìle ci fa riconoscere l'irriconoscibilità della nostra condizione storica ... Eppure, quanto a noi - «noi» intesi come generazione maturata nel post-strutturaliIn collaborazione con la rivistaAlfabeta Perinformazioni.: BibliotecaComunale Palazzo dei Principi CorsoCavour 42015Correggio Telefono 0Sl2J(fJ3296

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