Alfabeta - anno IX - n. 101 - ottobre 1987

Alfabeta 101 Giuseppe Gembillo Werner Heisenberg La filosofia di un fisico Napoli, Giannini Editore, 1987 pp. 195, s.i.p. N onostante l'epistemologia contemporanea più raffinata abbia adeguatamente valorizzato gli aspetti filosofici e metafisici «influenti» nelle teorie scientifiche e, in particolare, nella fisica del Novecento, raramente ci si imbatte in ricerche come quella di Gembillo, che affrontano con salda competenza il corpus testuale di uno scienziato del valore di Heisenberg al fine di ricostruirne l'originale abito filosofico. E lo studio di Gembillo - ricco di citazioni testuali e di riferimenti circostanziati all'ampia letteratura secondaria - opera in questa direzione pervenendo a risultati di sicuro interesse, sintetizzati nella forma seguente: Heisenberg (a differenza di Bohr, che muoveva da uno sguardo teoretico generale, e di Einstein, che risentiva di una «metafisica immediata») elabora un linguaggio filosofico attraverso il dialogo storico-teoretico con Platone, Aristotele, Kant, oltre che con la filosofia a lui contemporanea (e in specie con l'empirismo logico); la sua filosofia si può condensare in una sintesi unitaria e coerente e non si riduce all'interpretazione, spesso surrettiziamente attribuitagli, del «principio di indeterminazione»; l'equilibrio tra fisica e filosofia e la serietà con la quale vengono affrontati nodi cruciali del pensiero contemporaneo (il problema del concetto, quello del nuovo linguaggio della fisica, quello del rapporto tra realtà e scienza e del significato del comprendere) rendono la filosofia di Heisenberg un punto di riferimento rilevante per la riflessione attuale sulla scienza. Per il suo impianto metodologico il lavoro di Gembillo apre la strada a considerazioni significative, sia sul piano di una ricostruzione della filosofia della meccanica quantistica, sia su quello - più generale - del rapporto tra filosofia, scienza ed episteEric Dardel L'uomo e la terra Milano, Unicopli, 1986 pp. 223, lire 22.000 I I mercato conosce la terra solo come collezione potenziale di merci e come distanza-costo: e noi stessi, intrigati e dispersi, ne siamo inevitabilmente coinvolti, nel nostro stesso quotidiano e nel sapere scientifico geografico. Eppure non abbiamo dimenticato il primo stupore di fronte alla terra. Di questo stupore ci parla Eric Dardel, autore dimenticato, a lungo assente. E per questo stupore è importante e bello tornare a leggere Eric Dardel e ritrovare, nell' «inquietudine» geografica, la geograficità dell'uomo come «esistenza», come «destino». L'uomo e la terra di Dardel è un libro del vedere, del sentire, dell'esistere: nell'incontro indimenticabile dell'uomo con la terra c'è infatti la terrestrità dell'uomo. E su di essa e sulle sue valenze epistemologi- _che è allora opportuno tornare a riflettere. I pacchetti di Alfabeta mologia nella cultura del Novecento. Mi limito a indicarne qualcuna, rispettando i due piani di lettura. Con acribia ed esaustività Gembillo ripercorre la tappe seguite da Heisenberg nel suo ripensamento filosofico della fisica, certo del fatto che il caso di Heisenberg sia inseribile in una più diffusa esigenza filosofica presente nei fisici che parteciparono all'età aurea della teoria della relatività e di quella dei quanti, ma consapevole anche di quanto per Heisenberg fosse rilevante l'impostazione filosofica a fondamento stabile di ogni ricerca scientifica (p. 9). Se era già chiaro negli anni trenta che la meccanica quantistica imponeva un più generale ripensamento filosofico, Heisenberg era parimenti sicuro che tale ripensamento non poteva sfociare in una filosofia sistematica, ma in una ricerca continua nella quale il dialogo con i punti alti della riflessione sulla scienza fosse prevalente sulla presunzione di una «svolta filosofica» netta. Ecco perché Heisenberg si sofferma sulla filosofia greca, su Democrito, Platone, Aristotele, cosciente di come già in Platone fosse stato impostato correttamente il problema della natura della materia, e di come nel Timeo si trovasse già quella riconduzione delle particelle elementari a una forma geometrica, a una struttura matematica, che dissolveva il materialismo atomistico democriteo (tanto diffuso nel senso comune dei fisici dell'Ottocento) in un «idealismo» di simmetrie fondamentali, fondato sul primato della forma sulla materia (pp. 20-35). La fisica dei quanti fornisce quindi - sottolineando l'idealità del concetto di particella elementare - la risposta adeguata alle domande poste da Platone nel Timeo, e in questo fa valere un «immaterialismo» che si risolverà in puntuali consonanze epistemologiche nell'indagine di Bachelard (che di Heisenberg e di Dirac fu attento «portavoce»). Impossibile qui ricostruire il filo della lettura di Gembillo, che dimostra ampiamente il ruolo significativo svolto dalla filo- .sofia platonica nella definizione del pensiero di Heisenberg, e in particolare del concetto di sim,01etriafondamentale, nella fitta trama di connessioni che lo fanno interagire con la riflessione di filosofi (come Cassirer) e di fisici (come Dirac, Schrodinger, Planck), e all'interno della più articolata epistemologia proposta dalla «scuola di Copenhagen» (e di Bohr in particolare). Basti ricordare che su questa base Heisenberg può confrontarsi con Kant (e di rimando con la logica aristotelica), senza mai addivenire a quella svalutazione completa diffusa dall'empirismo logico nelle sue varie forme (si pensi soprattutto a Reichenbach). Con maggiore equilibrio egli sostiene invece un significato relativo e circoscritto dell 'a priori: la validità di questa impostazione viene adeguatamente vagliata da Gembillo intorno al concetto di causalità e al determinismo, con perspicui e illuminanti riferimenti ad Aristotele (sui termini di «causa efficiente» e di «dynamis») e con un sicuro dominio del variegato dibattito sul tema. Qui trova posto la presentazione del principio di indeterminazione, esito conseguente di un percorso filosofico complesso, e non singola illuminazione dalla valenza soggettivistica e dalle conseguenze morali o religiose. È conseguente rilevare - come fa Gembillo nel terzo capitolo del suo libro - quanto sia distante il tracciato filosofico indicato da Heisenberg dall'epistemologia dell'empirismo logico, e quanto sia stato intenso il confronto polemico. La generalità del confronto (risolta sui temi del linguaggio e della comprensione scientifica della realtà) permette di affrontare per accenni il piano di lettura più esteso. Se da un lato è suggestivo riconoscere come uno degli interpreti più «ortodossi» della meccanica quantistica senta l'urgenza di una fondazione filosofica della nuova teoria appellandosi al pensiero greco, dall'altro ciò conduce a ripensare alle forme del rapporto tra scienza e filosofia nel Novecento. L'empirismo logico, che (in concomitanza con altre prospettive teoriche, quali, ad esempio, quella bachelardiana e L'incontro conlaTerra Eleonora Fiorani In essa, forse, ci sono anche le ragioni della lunga assenza e della dimenticanza e - ora - della riscoperta di un autore, di un testo degli anni cinquanta, di una problematica di straordinario interesse, intensità e bellezza. È accaduto, anzi, per paradosso, che proprio l'intensità e la bellezza del testo siano stati motivo di indifferenza, di rifiuto, di incomprensione, come se si trattasse di un narrare e di un fabulare esteticamente connotati, lontani ed estranei quindi da un ideale di scienza e di scientificità che a lungo ha connotato il sapere geografico, e certo non solo quello. Il piccolo testo di Dardel è solo magica metafora e filosofia, sia pure riferita alla geografia, con infittimento di riferimenti letterari. Eppure era proprio questo che doveva far riflettere e che ci fa ora ritornare sul testo. Il ritrovamento di Dardel va visto, mi sembra, proprio in un'ottica geografica, perché l'incontro dell'uomo con la terra è il primo atto geografico dell'uomo stesso e in ciò il sapere geografico ritrova la sua terrestrità di un sentire e agire territoriale. È dunque ritrovando il «primo stupore dinnanzi alla Terra» (p. 11) che Dardel definisce il senso della geografia, come scienza. Qui è lo scandalo e la provocazione. Il sottotitolo all'opera ne dice significativamente il progetto, l'intento: «Natura della realtà geografica». Qui l'uomo e la terra si dicono l'uno con l'altra, in una sorta di «complicità», «complicità nell'essere», dice Dardel (p. 15) o di identità originaria o di implicanza inestricabile, o di appartenenza reciproca. È del resto significativo che nel 1952, al suo apparire, il testo di Dardel fosse pubblicato nella collana filosofica, e non in quella geografica, della PUF: solo ora osiamo pensarlo come un testo di geografia. Così altrettanto significativa di quella prima «classificazione» è la discussione filosofica e scientifica, epistemologica, che accompagna il testo e che svolge anche rilievi a lato, accogliendone le suggestioni: la terra come scrittura da decifrare; il territorio come testo; l'intima reciprocità tra terra pagina 31 quella popperiana) aveva tentato di fondare un'epistemologia strutturata e compiuta che dissolvesse le problematiche filosofiche, in un rigoroso linguaggio assiomatico e comunque conchiuso, viene svalutato proprio negli anni trenta da uno scienziato che per un verso si richiama ai fatti e alla loro «trascendenza» rispetto a un qualunque linguaggio precostituito, e per un altro verso ritiene non si possa fare a meno dei concetti della fisica classica e delle questioni poste dalla filosofia. Mi pare questo il segno del fallimento dell'intero progetto dell'epistemologia contemporanea, che non è riuscita a costituirsi come sapere autonomo tra scienza e filosofia, se non al prezzo di risultare tautologica o vanamente divulgatoria. Mi pare significativo quindi presentare l'iter teoretico di Heisenberg, a modello di un 'interazione cogente tra fisica e filosofia che permetta il riconoscimento dei reciproci limiti. Gembillo, forse, si spinge oltre, sottolineando singolari coincidenze con il pensiero di Croce (p. 149), riconoscendo in Heisenberg un paladino dell'immaterialismo e schierandosi esplicitamente a favore dell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica, senza tenere nel dovuto conto posizioni divergenti di rilievo (quali quelle di Schrodi_nger, De Broglie, Einstein, p. 141 e p. 153). Tuttavia le questioni intorno alle quali ruota l'ultimo capitolo del volume (rapporto tra natura, realtà e astrazione scientifica, significato del «comprendere», relazione divaricata tra metodo matematico e comprensione del reale) si rivelano cruciali, anche alla luce degli interrogativi sollevati dalle «scienze del complesso», che richiedono forse un ripensamento ancora più radicale ed epocale di quello fornito da Heisenberg, tale da rendere fluttuanti i limiti stessi del dialogo filosofico e del linguaggio scientifico. Ma ciò richiede un riconoscimento dell'abissalità del pensare tardo-moderno e dell'in-fondatezza della tradizione che in qu~sto volume non si vuole, né si può fornire. e mare e i simboli dell'acqua. Dardel infatti ci restituisce l'uomo nella sua integralità e totalità, come ci restituisce lo spessore e la temporalità dello spazio. Ciò a partire dall'assunzione di una «geografia interiore», «primitiva» in cui la spazialità originaria e la mobilità profonda dell'uomo disegnano delle direzioni, tracciano delle strade verso un mondo diverso. Così lo spazio può essere compreso solo in riferimento doppio all'uomo e al mondo, o meglio all'uomo come essere del mondo. Così ogni spazializzazione geografica è concreta e attualizza l'uomo stesso, nella sua esistenza: è un evento: in essa l'uomo si supera e si fugge: è un agire dunque, dell'esistere del sociale e del materiale, ma anche un essere agito (p. 17): è questo il senso del sapere. Per questo, lo spazio della geografia «non è uno spazio bianco da riempire poi con colori» (p. 96), non è lo spazio astratto della geometria: e qui Dardel fa risuonare l'insegnamento di Cassirer: e dice lo spessore dello spazio vissuto come cielo, frontiera, vuoto e deserto, desolazio-

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