Alfabeta - anno IX - n. 100 - settembre 1987

contemporanei e persino a se stesso. Egli significa qualcosa per noi, e possiamo ammirarlo per ragioni che gli sarebbero state incomprensibili. La sua importanza per noi, attraverso quelle che spesso sono le barriere più grosse, di tempo e spazio, di linguaggio e di situazione culturale, può chiarirsi, secondo me, solo studiando il suo contesto nella letteratura. Anche il suo contesto sociale è essenziale, ma rende comprensibile un aspetto diverso dell'autore. I miti e gli archetipi non hanno alcuna sostanza immutabile; sono infinitamente flessibili e adattabili. Se perdono la loro identità diventano altri miti. Penso che gli esempi che ho dato, quale l'origine sconosciuta dell'eroe così come si trasmette dalla nascita di Mosé fino alla trama di Tom Jones e di Oliver Twist, illustrino proprio questo. Innocenti. In L'ostinata struttura, lei ha scritto che il mondo ha una forma matematica perché gli scienziati gliel'hanno applicata. Non crede che sia lo stesso con il mondo della letteratura e i nostri modelli di interpretazione? Voglio dire, qual è o quale dovrebbe essere il rapporto tra la conoscenPintor. Per anni gli editori hanno rifiutato i tuoi libri perché non offrivano garanzie di vendita. Don Juan (Ed. Jaca Book, aprile 1985, tr. di Angela Ambrosini) ne è un esempio. Quando è uscito, nel 1963, vigeva il romanzo sociale e non venne assolutamente notato. Solo nel 1970 sei diventato popolare, enormemente popolare, grazie ad uno sceneggiato televisivo in numerose puntate tratto dalla tua trilogia Los gozos y las sombras. Mi pare abbastanza curioso. No? Ballester. Sì, perché la critica aveva giudicato l'opera troppo intellettuale e impopolare e la televisione, invece, mi ha permesso di vendere un milione di copie. Pintor. Ti sei sempre mantenuto al margine delle mode letterarie, attento alla tua esperienza personale e ai tuoi temi. Si può parlare di «singolarità»? Ballester. Forse ciò deriva dal fatto che ho letto prestissimo le letterature straniere. Quando incominciò la guerra avevo ventisei anni e avevo fatto le letture più importanti della mia vita, mentre gli scrittori delle generazioni successive alla mia hanno avuto difficoltà perché esisteva la censura. Pintor. Quali letture ti hanno influenzato? Ballester. Quelle inglesi del XVIII e del XIX secolo. I discepoli inglesi di Cervantes in particolare Swift e Sterne. Perché il mio modello principale è stato ed è Cervantes. La lista delle influenze teoriche sarebbe lunga: Ludovico Ariosto, Rabelais, e per quanto ~ riguarda la mia concezione del ·@i personaggio non mi è aliena l'inc::i.. fluenza di Pirandello e di Ortega y ~ Gass~t. -. Pintor.. Perché nella metà degli ~ .,C) anni sessanta ti sei trasferito negli E Stati Uniti? ~ '§1 ~ -. Ballester. In seguito al fallimento del Don Juan, che è non tanto il romanzo ma il personaggio cui tengo di più. Negli Usa, poi, ho ~ scritto La saga/fuga de J. B., il più 1 difficile dei miei libri, e quello che ~ ha fatto sì che si prendessero in za oggettiva e l'interpretazione soggettiva nella critica? Frye. Un'opera letteraria è il punto focale di una comunità. Gente diversa la leggerà in modo diverso, sarà d'accordo o no su di essa, e alla fine emerge un qualche genere di consenso. Questo consenso è il residuo oggettivo, ciò che resta dopo che la soggettività degli approcci individuali diviene sempre più datata. L'identica cosa accade nelle scienze; per esempio, Einstein ha dato contributi incalcolabili all'immagine contemporanea del mondo fisico, sebbene non abbia mai realmente accettato la casualità quantistica che oggi fa anch'essa parte di quell'immagine. Innocenti. Certi nuovi indirizzi critici - penso al decostruzionismo - negano che la critica possa giungere al senso dell'opera o addirittura che ve ne sia uno. Ogni tentativo di interpretazione si risolve nella proliferazione del senso in un'infinita catena di differenze. Pensa che questa posizione scettica riduca la critica a un esercizio solipsistico e narcisistico? Secondo lei, l'opera e la critica hanno un senso che possa salvarsi dal nihilismo? Frye. I decostruzionisti parieConversazioni di varie discipline ranno per sé, ma io penso che la fase del «tutto può andare» sia già pronta per essere gettata nella pattumiera. Derrida stesso ha una base «inferenziale» di interpretazione da cui muove e credo che i suoi seguaci scopriranno presto che c'è un numero finito di «supplementi» che possono fondarsi su di essa. In tempi diversi avrebbero riscoperto lo schema polisemico di Dante o qualcosa di molto simile. Innocenti. Lei ha scritto di non credere in una pluralità di metodi critici, cioè nella convivenza di metodi diversi. Che cosa intende esattamente? Frye. Non ricordo di aver detto che non credo in un pluralismo di metodi critici; se l'ho fatto, mi sono espresso in modo disattento, perché è ovvio che esiste un tale pluralismo. Non credo invece in metodi che si escludono a vicenda: penso che un valido metodo critico debba la sua validità a un accordo approssimativo con altri metodi validi. Penso alla validità come a qualcosa che deve essere stabilito non dalla teoria, ma dall'esperienza, con certi tipi di approccio critico che si dimostrano più utili di altri. Innocenti. Qual è la funzione del critico nel mondo cr!ntemporaneo? Frye. Critica e letteratura stanno tra di loro come la. teoria alla pratica, e la funzione della critica è spiegare la funzione sociale e l'importanza della letteratura. E anche occuparsi dei rapporti di generi diversi di esperienza verbale di cui spesso, in pratica, si parla come di qualcosa che sta «fuori» dalla letteratura. Innocenti. Secondo lei, il giudizio di valore va sospeso nell'analisi dell'opera. Spesso giudizi e valutazioni negative hanno avuto conseguenze notevoli per autori come Milton che in passato è stato trattato male dai critici. Crede che vi siano autori che ancora attendono di essere rivalutati? Frye. Dal momento che credo che la critica sia una struttura di conoscenza, non vedo come i giudizi di valore possano essere altro che premesse sperimentali e provvisorie. Ci si avvicina a Shakespeare supponendo che la sua reputazione si basi su qualcosa che ci gratificherà nel lavorarci: si trova che quest'idea è confermata dall'esperienza, ma nessuna reale cultura può basarsi sul giudizio di valore. Giudizi di valore «sbagliati» BallesterD, onJuan considerazione i precedenti. Pintor. Che cosa rappresenta La saga/fuga de J.B.? Ballester. Un cambiamento in direzione del fantastico, un allontanamento dal realismo, un provare delle tecniche nuove con una vena parodistica sia nel modo di raccontare sia rispetto alle correnti intellettuali dell'epoca. È una parodia dello strutturalismo. Pintor. Ami gli effetti e i toni caricaturali, l'umorismo? Ballester. Lo considero il risultato di un'attitudine di fronte alla realtà, nata dalla convinzione che tutto è relativo o al contrario che niente è assoluto; che la realtà è fatta di contraddizioni e chi non vuol buttarsi giù dalla finestra non ha altro rimedio che sorridere. Pintor. E poi cosa hai scritto? Ballester. Romanzi fantastici, non realisti. Fragmentos de Apocalipsis, per esempio, riguarda i miti della Galizia. Poi La isla de LosJacintos cortados, dove unisco alcuni temi della mia narrativa come l'amore e il mito trattati in modo intellettuale e lirico. Las sombras recobradas che sono cinque romanzi brevi raggruppati in due parti: la prima di tematica gallega e l'altra lette'rario - fantastica. Nel 1982 è uscito Dafne y ensueizos che è una ricostruzione della mia infanzia. Pintor. La prima fase è realista, dunque? Ballester. No, teatrale; il primo romanzo è realista. Los gozos y las sombras è realista in senso tradizionale. Anche se non ripeto i procedimenti tradizionali ci sono delle novità nel modo di costruire, di scrivere e di descrivere, ma rientra nella definizione di romanzo realista. Mentre in Off-side e in tutti gli altri romanzi, in un modo o nell'altro, ci sono elementi fantastici. Pintor. Reputi importante l'immaginazione per un romanziere? Ballester. È lo strumento capitale, molto più importante dell'ideologia. L'immaginazione, cioè, lavora sull'esperienza e serve per la A cura di Elisabetta Pintor fantasia. Io non distinguo come si è soliti distinguere l'immaginazione dalla fantasia, come due cose di natura diversa. Si possono inventare fantasie con immaginazione e senza immaginazione. Per me la fantasia consiste nel congiungere in una nuova figura due o più figure che appartengono a ordini distinti della realtà. Pintor. Con il termine mito cosa intendi? Ballester. Il materiale. Sono arrivato a trattare il mito per aver intuito diversi aspetti dell'uomo mito trattabili immaginativamente. Vissuto in Spagna durante la Guerra civile sono stato testimone di come si creava un mito. Allora è nato il mio interesse per il mito inteso non in senso religioso ma in quello storico e sociale. Pintor. Qual è la funzione e l'evoluzione della tua attitudine demistificatrice nei romanzi più rappresentativi? Ballester. Tratto il mito per la prima volta ne El golpe de estado de Guadalupe Lim6n che serve come pretesto per fare una rivoluzione. Ne La saga/fuga de J.B. mi baso su dei miti celtici e invento alcuni miti locali che sono quattro personaggi di diverse epoche storiche i cui nomi cominciano per J e B e hanno un determinato significato per un popolo gallego immaginario. In Fragmentos de Apocalipsis il mito del corpo dell' Apostolo Santiago viene sostituito con quello di Rosamunda de Bendafia. È la sostituzione ironica e parodistica di un mito straniero con uno nazionale. A lato di questa storia che è la storia centrale, ci sono due visioni del mito politico: la prima è quella dell'uomo potente che ha bisogno di vedersi dal di fuori perché egli (il dittatore) moltiplica le sue immagini nell'ambito del suo potere (per esempio Hitler, Mussolini, Franco); l'altra è l'uomo di potere come padrone della vita degli altri, cioè è colui che dà la morte. Pintor. Chi è l'Apostolo Santiago? Ballester. Il suo mito è stato diffuso dai monaci francesi dell'ordine cluniacense della Galizia. Sebbene la leggenda supponga che Santiago sia venuto dal mare, è un mito per certi aspetti agrario. In tutti i casi è un mito portato da fuori. Pintor. Il mitico mondo della Galizia è stato paragonato da alcuni al Macondo di Garda Marquez. Ballester. Il mondo magico gallego è evidentemente molto anteriore a quello di Macondo. Conviene non dimenticare che, secondo alcune dichiarazioni di Garda Marquez una delle sue nonne, gallega, gli raccontava delle storie quando lui era bambino. Si deve supporre che alcune appartenessero alla cultura popolare che questa signora portò dalla sua terra originaria ai Caraibi. Le similitudini tra questi due mondi sono remote. Pintor. Del Don Juan esistono molte versioni. Tu più che descrivere un mito ti chiedi chi è veramente Don Juan. Che cosa hai scoperto? Ballester. La sua coscienza di ribellione di fronte a Dio. La seduzione e l'abbandono delle donne; «la burla» si trasforma in qualcosa di strumentale che non ha le donne per oggetto ma il proprio Dio. Nel poema di Adamo ed Eva voglio esprimere la concezione cristiana dell'amore fra l'uomo e la donna intesa come totalità cosmica in accordo con la Patristica della Chiesa greca. Pintor. Come è nata l'idea di affrontare il mito di Napoleone ne La isla? Ballester. La personalità di Napoleone è stata molto importante nella mia infanzia. Nel mondo che mi circondava era un personaggio molto vivo. Non dico che sono ossessionato da Napoleone, ma è qualcosa che sta lì e viene su di frequente. È una delle mie esperienze fondamentali, delle prime. Mio padre mi raccontava la storia di Napoleone e della battaglia di Trafalgar. Era molto ricordato nel mio mondo infantile che era un mondo di mare. Napoleone era in non sono errori di gusto: sono espressioni di una conoscenza inadeguata circa la letteratura. I giudizi di valore negativi riguardo a Milton, due generazioni fa, non sono serviti né a Milton né al progresso della critica. Erano davvero giudizi politici e morali e ora sono morti come i dinosauri. Non dico che uno scrittore classico non possa mai perdere la sua posizione originaria: Cicerone certamente ha perduto un po' della sua dopo che il clima sociale del primo Umanesimo è cambiato, ma non l'ha perduta perché qualcuno ha dimostrato che non era valido. La «rivalutazione», insisto su questo punto, è una chiacchiera salottiera, non lo studio della letteratura. Innocenti. A che cosa sta lavorando attualmente? Frye. Cerco di continuare il mio studio sulla Bibbia e la letteratura, Il grande codice, con un seguito che conterrà più teoria critica e di più circa la reale infiltrazione della Bibbia nella letteratura occidentale. Chiunque studi la letteratura islamica comincerebbe quasi certamente con il Corano: io vorrei verificare se un procedimento simile funziona anche con la Bibbia e la letteratura occidentale. realtà il centro di un insieme storico molto complesso che includeva naturalmente la Rivoluzione francese che ho conosciuto prima attraverso i romanzi; quelli di Alessandro Dumas, per esempio, che leggevo da bambino. Pintor. Con una certafrequenza usi due linguaggi di grande estensione: quello dei barcos ( della marina per intenderci) internazionale e quello della tauromachia. Ballester. Sì, sono due ambiti linguistici molto definiti e molto ricchi e molto difficili da conoscere e dominare perché sono ampi ma utili per un certo tipo di metafore. Allora attingo da questi due linguaggi così lontani e distinti parole che servono per esprimere quello che voglio dire. Entrambi sono espressivi e ricchi. Pintor. Juan Benet, a proposito della Real Academia Espaizola, dice che è un luogo dove si cospira, ci si diverte e si selezionano candidati... È come un club, che conserva tradizioni pittoresche e che tutti gli anni celebra un funerale per la morte di Cervantes, è proprio così? Ballester. Non mi pare. La Real Academia è un'istituzione simile a quella francese nata dallo stesso spirito colto e con i medesimi fini. Entrambe conservano rituali arcaici; mai comunque come quelli che possiamo osservare nella vita inglese. Quanti poi non sono riusciti ad entrare nell'Accademia - e sono tanti - contribuiscono a formare una leggenda che, se e quando entrano, si affrettano a smentire. Pintor. Fra i tuoi ultimi romanzi quali potrebbero ora essere tradotti in Italia? Ballester. La isla e Fragmentos che in qualche ambiente della Germania è considerato un esempio di romanzo postmoderno: non so che cosa voglia dire e non mi interessa saperlo. L'intervista qui riprodotta è stata registrata a Salamanca nel dicembre 1986.

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