Alfabeta - anno VIII - n. 91 - dicembre 1986

(:$ Aristotele La «melanconia» dell'uomo di genio (Problemata XXX,I) a cura di C. Angelino ed E. Salvaneschi Genova, Il Melangolo, 1981 pp. 53, lire 6.000 Raymond Klibansky, Erwin Panofsky e Fritz Saxl Saturno e la melanconia Tr. di Renzo Federici Torino, Einaudi, 19832 pp. 401, lire 60.000 Wolf Lepenies Melanconia e società Tr. di Francesco Paolo Porzio Napoli, Guida, 1985 pp. 243, lire 30.000 I n questo crepuscolo del secolo, fra la delusione per la caduta di recenti speranze e l'incertezza di un futuro guardato con sempre maggiore diffidenza, sembra diffondersi un rinnovato interesse nei confronti della malinconia. Il celebre testo da cui una indagine su tale tema non può prescindere sono i saggi che alcuni fra i maggiori rappresentanti della scuola di Warburg hanno raccolto in Saturno e la melanconia. Al loro centro sta l'incisione di Diirer del 1514 intitolata Melancolia I. In essa l'artista ha riempito lo spazio di pensiero, creando una serie di rapporti figurativi e di significati filosofici ricchissima, per capire la quale bisogna ripercorrere il concetto e l'immagine di «melanconia» fin dal loro sorgere mostrando come di essi l'incisione diireriana costituisca una summa e una svolta fondamentali. Con µO..mvaxoÀ.~ si indicò uno dei quattro umori presenti nell'uomo (gli altri sono flegma, bile gialla, sangue). A essi si fece corrispondere tutta una serie di elementi del cosmo e del tempo, fino all'identificazione di quattro relativi temperamenti. Le equazioni furono: flegma-flemmatico, bile gialla-collerico, sangue-sanguigno, bile nera-malinconico. Attraverso una scala valutativa in cima si pose il temperamento sanguigno, al posto più basso quello malinconico caratterizzato da ipocondria. avarizia, tristezza, follia ... Ma nel IV secolo a.C. avvenne una importante trasformazione «in seguito all'irrompere di due grandi influenze culturali: la nozione di follia che si ha nelle grandi tragedie e la nozione di furore affermata nella filosofia platonica» (Klibansky, p. 19). Finché col Problemata XXX,/ Aristotele, o chi per lui, non pose con chiarezza l'equazione malinconia-genialità intellettuale. Dopo questa importantissima svolta la riflessione post-aristotelica tornò comunque a una visione meramente patologica, confermata e consacrata dalla medicina e dalla filosofia medioe- -5 vali. Il sentimento e l'immagine ~ c:i... della malinconia, inoltre, furono ~ ....... ....... °' sempre in stretta relazione con il pianèta Saturno e la sua influenza. Tanto che l'infelice carattere e il triste destino del malinconico furono ascritti a questo pianeta. Tuttavia anche nei momenti di più negativo giudizio su Saturno fu presente (ad esempio in Agostino) ~ l'intuizione «aristotelica» delle -e ~ complementari grandi possibilità ~ di prestigio ed eccezionalità a esso Melanconia connesse. Tale componente esplose nell'Umanesimo rinascimentale nel quale la nuova hominis dignitate contrappose alla vita contemplativa sive monastica la rinnovata vita speculativa sive studiosa, ponendo quest'ultima sotto l'influsso di Saturno e in collegamento col carattere malinconico. Nacque così quella tensione fra superiore intelligenza e rischio di autodistruzione che caratterizza la concezione moderna del genio. Fu un umanista neoplatonico come Marsilio Ficino a identificare «quella che 'Aristotele' aveva chiamato la melanconia degli uomini intellettualmente eccellenti con il 'divino furore' di Platone» (Klibansky, p. 244). La enigmatica incisione di Di.irer nasce da questo sostrato profondo, in essa una serie di elementi figurativi tradizionali sboccia in una nuova ridefinizione, nella sintesi simbolica del typus Acediae con il typus Geometriae. In quella figura (che è Di.irer stesso) circondata dagli strumenti e dai e~SEP.E; Giovan i Biuso dico» o in una «prospettiva positiva orientata cosmologico-filosoficamente» (Lepenies, p. 13). Quest'ultima ha il suo testo fondativo nello scritto aristotelico cui si è accennato. Questo frammento (di recente tradotto in un volumetto assai ben curato) più probabilmente pseudoaristotelico nasce comunque in un ambito intellettuale peripatetico. La sua maggiore novità consiste nel liberare il modello malinconico dalla precedente generale impostazione morale-patologica. L'indagine si muove su un doppio e complementare livello. Quello della osservazione fisiologica e quello della speculazione etica e psicologica. Il termine chiave µEÀ.ayxoÀ.txo(- infatti - possiede una vasta valenza semantica, e qui viene giustamente tradotto sia con «atrabiliare» sia con «melanconico». Fisiologicamente, la distinzione centrale è quella fra caldo e freddo, fra riscaldamento e raffreddamento. I soggetti intellettualmente versati {)/ NUOVO',OJ,0 A CA'JAMl FA PAURA. zione aristotelica un precorrimento storico del concetto heideggeriano di angoscia come Stimmung dell'esistenza scientifica», Aristotele, p. 44, nota 2). A proposito di tale connessione Lepenies sostiene che il tramonto del legame astrologico, e dunque obbligante, fra Saturno e il carattere malinconico ha significato per quest'ultimo una nuova dignità con l'acquisizione di una arbitrarietà ormai legata alla sola persona dell'individuo geniale. Anche con questo si spiega come nel Settecento e nell'Ottocento la figura del malinconico abbia avuto tanta diffusione e legittimazione a livello sia sociale che estetico. L a ri~ognizio~e ~torica di Lepemes commcta comunque da un'età più lontana e precisamente dal fallimento della Fronda francese. Da esso conseguì quello che Elias ha chiamato «meccanismo monarchico», nel quale l'inibizione dell'impulso alAntonio Fara, La vita delle ombre, in «Orient Express», n. 16, novembre 1983 segni del sapere e tuttavia così intensamente perduta nella contemplazione di un doloroso pensiero vi è il senso più vero della insuperabile ignoranza nella quale il pensatore si sente alla fine comunque avvolto. «Poiché c'è falsità del nostro sapere, e l'oscurità è così saldamente radicata in noi che perfino il nostro cercare a tentoni fallisce», così scrisse Di.irer, a suggerire lo sfondo inquieto e tragico da cui sgorga la razionalità del Moderno, i cui sviluppi sociali e politici sono indagati in un saggio del sociologo tedesco Wolf Lepenies opportunamente tradotto da Guida. Lf obiettivo di questo studio è duplice: non indagare cos'è la malinconia ma interrogarsi su come e perché vengono attribuite o rivendicate da individui e da gruppi sociali le denominazioni di malinconia e malinconico; analizzare tali denominazioni da un punto di vista storico-sociale. Dunque lo scopo è sostanzialmente quello di aggiungere una terza prospettiva ermeneutica alle due modalità interpretative che dalla medicina e filosofia antiche hanno letto la malinconia o attraverso una «concezione negativa orientata in senso patologico-mesoffrono spesso di una particolare oscillazione fra i due estremi, che li rende a volte depressi altre volte euforici. Nel testo viene sottolineata la funzione di un agente. esterno come il vino in questa variazione temperamentale. Se la costituzione fisica e il dosaggio fra i vari elementi «raggiunge un proprio equilibrio» i melanconici «sono uomini eccezionali» (Aristotele. p. 23), e risultano i migliori nel campo della cultura, dell'arte, della politica. In questa concezione vi è una profonda integrazione fra i vari aspetti dell'unica natura umana: una integrità psicosomatica lontana dal dualismo etico e fisico che pure già Platone aveva introdotto e che riceverà consacrazione dalla dottrina cristiana. Per Problemata XXX,/, l'uomo è anche una macchina soggetta a precise leggi cinetiche e organiche indagabili con rigorose metodologie. La dinamica fra lo «spirito» e la «materia» è un unicum scandito su fasi diverse e costitutivamente integrate. Affermando che «i 'melanconici' sono persone eccezionali non per malattia ma per natura» (p. 27) lo scritto aristotelico sottolinea il legame fra eccesso di umor nero e attitudine alla ricerca concettuale e all'espressione artistica (tanto che W. Slasi intravede «nella nol'azione effettiva ha prodotto - La Rochefoucauld ne è un caso esemplare - i presupposti per il diffondersi della Stimmung malinconica: «Ipertrofia coatta della sfera della riflessione, esclusione dal reale esercizio del potere e la conseguente spinta alla giustificazione della propria situazione producono pessimismo, malinconia, ipocondria» (p. 82). Tuttavia il malinconico del XVII secolo rimase in ogni caso uomo di mondo e perciò, nonostante la lontananza dalla corte, parte integrante del sistema. Il suo progressivo isolamento in una sfera estetico-letteraria inizia con il Settecento, nel quale «la malinconia borghese rappresenta un modo della perdita del mondo che si differenzia notevolmente da quello della nobiltà malinconica. Questa aveva perduto un mondo, l'altra rinunciato a uno che non aveva ancora posseduto» (p. 178). Di conseguenza divenne maggiore la spinta all'interiorità, al sentimento, al distacco dall'agire che caratterizzano in maniera esemplare la figura del Werther goethiano. Col capitalismo la borghesia ha infine abbandonato l'atteggiamento malinconico, risolvendolo nella concretezza dell'economico e conservandone memoria mediante il romanzo europeo da Flaubert a Musi!. Una delle linee di ricerca più feconde del libro di Lepenies riguarda i rapporti fra malinconia e utopia, anzi è proprio da questo che l'autore parte. Il primo grande indagatore moderno della malinconia, Robert Burton (Anatomy of Melancholy, 1621; cfr. la traduzione italiana di Giovanna Franci dell'edizione a cura di Jeàn Starobinski, Venezia, Marsilio, 1983) e il sociologo Robert K. Merton (Socia! Theorie and Socia! Structure, 1964 9) concordano secondo Lepenies nel vedere la malinconia come espressione di disordine individuale e sociale e dunque nel caratterizzare l'ordine come «utopia anti-malinconica» (p. 32). Elemento .unificante delle utopie è il raggiungimento di una azione e una pianificazione totali che rendano impossibile il presentarsi di tale disordine. Ma proprio in questo ogni utopia mostra la propria natura malinconica sia come inibizione all'azione in un mondo tutto ordinato f &/A'Q()I. J.tl. e pacificato sia nella forma dell'occultamento della malinconia nella utopia finalmente raggiunta. Allora la dimensione malinconica del presente, cui si accennava all'inizio, non contrasta con quanto su queste stesse pagine è stato scritto a proposito del fatto che «non è più di moda, oggi, la malinconia» (Cfr. A. Folin, Un sentimento inattuale in «Alfabeta», n. 69, febbraio 1985). Infatti la vera malinconia del nostro tempo consiste nel fatto che la società totalmente pianificata, all'Ovest come all'Est, mira, senza però pienamente riuscirvi, a «rendere impossibili tanto la malinconia del singolo quanto i motivi che potrebbero portarlo alla noia» (Lepenies, p. 168). Il proliferare degli strumenti che tentano di riempire il tempo libero si trasforma nell'oppressione dello svago ovunque, nel moltiplicarsi superficiale dell'informazione a Occidente, o nel suo monocorde e ligio ottimismo (utopico) a Oriente. Siamo ben lontani in ogni caso dalla malinconia diireriana come lucida e disincantata coscienza che la nostra ignoranza delle cose rimane, per quanto ampiamente si estenda la nostra conoscenza, inoltrepassabile. Ciò che costituiva la vera - socratica - malinconia dell'uomo di genio.

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