Alfabeta - anno VIII - n. 90 - novembre 1986

Dov'èfinita lacriticaI eraria? Dialogo sui quotidiani e settimanali di Giul ano Gramigna, Antonio Porta, Giovanni Raboni, Mario Spinella, Aldo Tagliaferri Antonio Porta G iovanni Raboni ha riacceso una polemica sempre serpeggiante con uno scritto uscito sull' «Europeo» (agosto 1986) intitolato Non po' di coraggio signori critici in cui soprattutto sollecita risposte. In questa situazione che cosa si può fare? Ci sono due direzioni nello scritto di Raboni: una denuncia di tipo strutturale, cioè gli effetti dell'atteggiamento di fondo di quotidiani e settimanali che sembrano poco interessati all'emissione di giudizi; d'altra parte, pure in una situazione precaria ci sono delle responsabilità individuali, ci sono critici che rinunciano volontariamente a fare il loro lavoro e si adeguano, all'atteggiamento di fondo, mentre altri, che si adeguano un po' meno, qualcosa riescono a far filtrare. È evidente che se la critica letteraria è costretta a far filtrare, c'è una griglia strutturale che rende difficile il lavoro. Questa discussione avviene nella sede di una Agenzia letteraria, che appunto rappresenta autori; allora, mi pare che una domanda possa essere: «Che cosa si aspetta in realtà un autore dalla critica?» Un autore italiano che pubblica un libro, di prosa o di poesia, si aspetta di essere appoggiato a tal punto dall'ufficio stampa delle case editrici da non prevedere ostacoli critici sul suo càmmino oppure pensa che la critica possa aiutarlo anche a capire la sua opera, o a prendere certe direzioni piuttosto che altre, dunque a capire i suoi errori quando la critica è ben motivata? Si ha l'impressione che gli autori si aspettino delle reazioni acritiche, cioè si aspettino, una volta che riescono a pubblicare un libro, pres- • 1 .... ,; ,. • I I ,l I '. . . , . , T " • • f' . . - I 1.1 l Il I ·• L . . so un editore grande o medio, che gli sia aperta la strada del trionfo. A me pare una distorsione che porta ad un'altra distorsione, cioè alla ricerca dell'appoggio di mass media acritici come la televisione. È più importante che la TV dica che un libro è bellissimo piuttosto che l'opinione di un critico letterario; il che è buffo da parte di certi autori che dovrebbero essere semplicemente indifferenti al fatto che dei lettori si lascino convincere da Pippo Baudo a leggere il loro libro. Mi chiedo: è per quel pubblico che scrivevano? Se fosse così dimostrerebbero una sostanziale debolezza di intenti. L a seconda considerazione viene da alcune affermazioni di Enzo Golino, appunto citato da Giovanni Raboni: «La critica è finita, la critica è soltanto un 'appendice dell'ufficio stampa delle case editrici, fa parte del balletto dell'industria culturale. Vi fate ancora domande sulla critica? È solo questo». Mi chiedo che cosa si aspettano le case editrici dalla critica: solo un'adesione incondizionata al loro operato? Mi sembrerebbe miope per una casa editrice che dovrebbe accettare la scommessa sulle sue scelte e aspettarsi anche delle opposizioni senza che succedano delle tragedie, come invece pare che succedano. Il che dimostra che le case editrici lavorano molto più nella direzione del mercato, e nel senso basso del termine, che non in direzione culturale. Infatti Alberto Arbasino che è intervenuto su questo tema ha detto che le critiche negative suonano stridule. Effettivamente in un coro di consensi un .dissidente sembra solo uno stonato, cioè stridulo. Ma un altro personaggio entra 'I' • • t, ~ I -- . l ,e - - ; f 1 - '9' . -' I ~ ... > J' .,"'=: - - t' I 71 t ••• .! -- I ... ••· f in campo, che forse è il più importante di tutti: il lettore. Il lettore di giornali e di riviste che cosa si aspetta da chi parla di libri sui quotidiani? Io sono convinto che si aspetta dei giudizi perché il lettore è abbastanza preparato per sapere tutto quello che abbiamo detto prima: cioè sa benissimo che c'è il lancio, che c'è la pubblicità, però si dice: i mass media hanno fatto il loro mestiere, la casa editrice ha fatto il suo e a questo punto vorrei sapere se c'è qualcuno che mi dice la verità o perlomeno mi dica quello che pensa. E invece il lettore viene deluso. La critica letteraria «inesistente» incide negativamente sulla stampa stessa, cioè sulla diffusione. La stampa, è ovvio, è basata sulla scrittura, quindi dovrebbe fare della critica letteraria una sua forza. Giovanni Raboni V olevo fare una premessa, per fare chiarezza: qui stiamo parlando di un certo tipo di critica, non stiamo impostando il problema della critica in generale o della metodologia critica, ma ci riferiamo alla critica come servizio, da intendersi come critica militante. Credo che siate d'accordo con me con questa definizione, mi pare sia accettabile; e vediamo se è giusto definirla critica militante, cioè che si svolge su giornali non specializzati, su giornali di informazione e su quotidiani, su settimanali di attualità ecc. e che quindi dovrebbe avere la funzione di informare il lettore. Detto questo, volevo collegare al discorso che ho tentato di iniziare in quell'articolo su !'«Europeo», il discorso che si è fatto sullt stroncature. Il mettere l'accento sulla utilità o meno delle • ◄ ' 1 1 f-' l.i.,.., •_ ,_ - ' 1 ,. • >- ... .. ~ I ~ .. - .. -~ ' 1 f. , . ,........ 4 . .. ;:f .,. ---•...-.+I+! +-t --f- 0-♦ . -r :H . .,. .... ... • • , ~ ~. t • o • ". ,f. . • • . ~ - stroncature mi sembra un altro modo di mistificare, come se solo così si potesse opporsi al conformismo e alle direttive degli uffici stampa delle case editrici. Non è così. Quello che manca secondo me non è soltanto il giudizio negativo quando occorre o quando il critico lo pensa, mancano anche i giudizi positivi, cioè manca qualsiasi tipo di giudizio. C'è un tenersi sulle generali, a parte tutte le eccezioni del caso, c'è un parafrasare quello che l'editore intende, prol?onendo i libri in un certo modo. E il modo in cui più pericolosamente ci si adegua alle informazioni che l'editore dà nel valutare l'importanza del libro a seconda della collana, della tiratura, del lancio pubblicitario. Questi sono i dati da cui partire: un certo tipo di lancio e di tiratura equivale a un articolo in terza pagina ecc. Una collana diversa, una tiratura diversa, un editore diverso equivalgono a una recensione dopo otto mesi in un'altra pagina. È proprio una gerarchia prestabilita. Più che l'organi'.?zazione e il coro di consensi è questo che l'editore impone: la gerarchia. A quel punto il giudizio negativo finisce per essere quasi secondario perché probabilmente il critico non vuole davvero esser capito, perché non sempre il lettore capisce quel tipo di linguaggio, e perché poi alla fine funziona di più la collocazione del messaggio stesso. Un articolo in terza pagina del «Corriere» è un messaggio che sicuramente prevale sul contenuto. In questo senso il discorso sulla stroncatura, o meno, è un aspetto secondario; mettere l'accento su questo aspetto della critica mi sembra un modo di eludere il punto. Prima di vedere cosa dire e come dirlo (anche questo è fondamentale), c'è la neces- ~ TJ.~ 1 T • ,t ,◄ .t Il Il if J,i i - - -~ 'l -· lii I •• - ,. - - .. . - Meditando 1111 Regno: modulo Graffito per quartetto ct·archi ( 1981) sità di una libertà rispetto a queste gerarchie. Sulla terza pagina del «Corriere» dovrebbero, ogni tanto ma anche con una certa frequenza, uscire recensioni anche di piccoli editori se il libro è considerato importante. Ecco, queste attese vanno disattese: questo è una delle strategie più importanti da proporre. Che cosa si aspetta un autore dalla critica è una domanda affascinante che più ancora si lega al discorso delle stroncature: servono agli autori, imparano qualcosa? Su questo ho qualche dubbio. Almeno in un primo approccio all'argomento penso che protagonista dovrebbe essere il lettore. Giuliano Gramigna I o arriverò a dare qualche risposta, ma prima desidero attaccarmi agli ami o alle esche che mi ha gettato Raboni perché mi hanno subito mobilitato. Innanzitutto una piccola osservazione sul fatto che certi libri hanno in terza pagina l'elzeviro, che sarebbe il massimo delle speranze critiche secondo i criteri gerarchici. Si può dire che la destinazione alla terza pagina o all'elzeviro avviene prima che il libro sia stato letto. Ci sono dei libri che per la loro felice nascita o per il Gotha presunto della letteratura e dei loro autori, non possono che andare in elzeviri in terza pagina e avranno sempre un elzeviro in terza pagina qualsiasi cosa accada. Queste cose le posso dire perché le ho vissute dall'interno; quindi è vero che la critica è già handicappata, soggiogata a questo fatto. Non si può scrivere un elzeviro di stroncatura, non è concepibile, non rientra nell'immagine del giornale. Quindi il li- • ~ . - "'tc::s .s O() c::s Cl.. \Q ~ ..... ~ .... ..(:) E ~ ;:,. e s::: C) °' s::: ~ ~ ..(:) ~ - c::s

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