Il conflitto delle origini Il primo documento ufficiale dei cattolici sulla teoria darwiniana dell'evoluzione comparve nel 1860, appena un anno dopo la pubblicazione de L'origine della specie, ed era costituito dagli Atti del Sinodo dei vescovi tedeschi riuniti a Colonia. Ricordo questo esordio per tre motivi precisi e palesemente connessi tra loro: innanzitutto perché la condanna del darwinismo, allora espressa, rimase in sostanza pressoché invariata per tutto il XIX secolo e per almeno un decennio del XX. In secondo luogo perché, diversamente dalle più note intemperanze dei prelati anglicani - addirittura famoso l'intervento del vescovo Wilberforce contro T.H. Huxley - le risoluzioni dei vescovi cattolici tedeschi venivano prese all'interno di una struttura ecclesiale del tutto diversa da quella anglicana, nonché da quelle delle varie chiese protestanti continentali, tradizionalmente segnata da una rigida subordinazione in materia di fede alla gerarchia e perciò assai più efficiente e avvertita, per esempio attraverso il sacramento della confessione, nel vincolare le coscienze. Infine perché, e di conseguenza a quanto appena detto, per l'autointelligenza della Chiesa cattolica esiste un'autorità dottrinale, un «magistero», il cui scopo è di stabilire se nella Chiesa stessa la verità rivelata è testimoniata e predicata nel giusto modo; ciò significa in primis giudicare delle ipotesi, delle posizioni, dei concetti elaborati all'interno della Chiesa, per esempio da nuove correnti religiose, ma soprattutto dalla ricerca teologica, poi anche di idee, teorie, filosofie, cresciute fuori dalla Chiesa per valutarne la compatibilità col contenuto complessivo della fede. La teologia viene così a trovarsi nella duplice veste di produttrice di nuove idee, non sempre accettate - la «teologia della liberazione» ne è il caso più recente - e di presidio della dottrina esplicitamente indicata dal magistero ecclesiastico. La Chiesa cattolica e la sua teologia si presentavano dunque come un fronte unico, dottrinariamente compatto, e attivissimo nel sostenere la condanna totale, senza eccezioni né tentennamenti, del darwinismo; lo stesso Pio IX intervenne più volte in prima persona a sollecitare la massima energia in un clima da crociata così riassunto e commentato da uno scrittore di parte cattolica: è quasi impossibile immaginare oggi il furore che il darwinismo causò nei gruppi religiosi. D'altro canto la teologia della curia romana che dava il La alla campagna non era certo in grado di produrre molto di più degli anatemi; da lunghissimo tempo aveva confuso i compiti propri della «Scienza di Dio» con la pratica pa- °' storale e il suo livello mediocre e <"'-I <::s angusto aveva convinto Rosmini a I:: -~ indicarla, con particolare riferii::),., me,nto a quella insegnata nei semi- ~ nari, come una de Le cinque pia- -. ghe della Santa Chiesa. ~ In effetti la nuova teoria dell'e- -ei E: voluzione contrastava radicalmen- ~ 5 te con l'insieme delle interpreta- .: zioni dei fatti salvifici, delle letture ~ bibliche e delle formule dogmatis:: che. Inoltre non solo era la prima ~ volta che una teoria scientifica di Ì tale portata si diffondeva rapidaì:i mente anche tra il grande pubblico, ma era manifesto che essa inaugurava una nuova fase del conflitto tra scie(lze della natura e dottrina della Chiesa spostando l'accento quasi esclusivamente sulla sfera biologica. D'ora in avanti i luoghi della contesa non avrebbero più riguardato il mondo della natura inorganica ma l'origine della vita sulla terra, l'evoluzione dei viventi, il fenomeno dell'ominizzazione, cioè della comparsa dell'uomo a partire da forme inferiori. L'intero quadro della creazione veniva sconvolto attraverso una diversa immagine del suo centro, l'essere fatto a immagine e somiglianza di Dio. Il lavoro dei teologi e le decisioni del magistero si risolsero comunque nella difesa rigida di ciò che era considerato indubitabile; la gravità degli interventi contro i (pochissimi) cattolici sospetti di qualche concessione al darwinismo testimonia meglio di qualunque discorso l'animus della Chiesa nell'intera vicenda. E le accuse di sacrilegio, di immoralità, di disprezzo di ogni fede rivolte agli evoluzionisti furono in breve ripagati della stessa moneta con le accuse ai cattolici di cieco assolutismo, nostalgia del rogo, viscerale odio per la verità e quindi per ogni morale. La teologia della creazione Non è possibile qui riproporre, sia pure sommariamente, la storia dei tumultuosi rapporti tra teologia e darwinismo, t a maggior ragione per il fatto che recentemente è comparso un volume di parte cattolica ma di apprezzabile equilibrio sull'argomento. 1 Più interessante mi è sembrata una breve indicazione dei modi in cui la teologia contemporanea pone alcuni temi rilevanti per il loro rapporto con le teorie e le ipotesi evoluzionistiche attuali; mi rendo conto che parlare di teologia contemporanea, al singolare su questo punto, è per certi aspetti arbitrario: da quando, con Pio XII, il magistero stabilì di non avere obiezioni contro l'evoluzione biologica dell'uomo da forme inferiori del regno animale, a patto che si salvaguardasse la diretta creazione divina dell'anima «spirituale», esistono piuttosto orientamenti e posizioni in varia misura differenti tra i teo1 logi. D'altro lato mi sembra di poter affermare che al di fuori delle prospettive di cui si dirà, e da altre ad esse vicine, ben difficilmente si potrebbero evitare situazioni conflittuali. È constatazione del tutto ovvia che uno dei luoghi centrali, se non il luogo centrale, della teologia in relazione alle scienze naturali riguarda il concetto di creazione. Che «il mondo è stato creato» è però un asserto della teologia, non della scienza naturale; e su questo punto, una volta inteso con la necessaria chiarezza, dovrebbe venir meno ogni possibilità di dissidio. Detto in termini esemplificativi: lo scienziato credente non è in alcun modo tenuto a ricercare all'interno della natura il carattere creaturale affermato dalla teologia, né tanto meno a vedervi il risultato di un singolo atto creatore. Dio, insomma, non è un unico momento fattivo all'interno dei fenomeni studiati dalle scienze naturali e la creazione non è un evento all'inizo del tempo, ma «il rapporto permanente del mondo col suo fondamento trascendente». Per inciso, l'inizo del tempo di cui parla la dottrina cristiana vuol dire che il tempo è, in quanto dimensione della realtà, esso stesso creato e perciò non eterno, finito sia nella direzione del passato che in quella del futuro: una parentesi, per così dire, nell'infinito della atemporali~. - In rapporto con questo modo di intendere la creazione in generale, la creazione del vivente non può essere intesa come intervento di Dio in un determinato punto della storia della realtà e l'idea che la biosfera sia nel suo insieme il risultato di un processo evolutivo della materia non: solleva obiezioni da parte della teologia. Atteggiamento ben diverso da quello di un tempo non lontano (e certamente non del tutto scomparso) tendente a credere che le spiegazioni e le connessioni di un singolo fenomeno mediante un altro o altri «tirino improvvisamente in ballo Dio» - l'espressione è di Karl Rahner- 2 con l'avanzare della serie esplicativa. Un modo di vivere che tra gli anni trenta e i cinquanta fu alla base delle polemiche sulla biopoiesi, cioè sull'origine della vita; a modo loro e di consistenza teorico-dottrinaria alquanto nebulosa, che non varrebbe la pena di ricordare se non costituissero una specie di forza di riserva per operazioni nostalgiche di violente contrapposizioni; i loro scritti, spesso nella forma dello scienziato che «trova» Dio dietro i ribosomi o nella struttura delle macromolecole, appartengono a pieno titolo a quella che Adorno definiva semicultura. Antropologia teologica Ma il problema più difficile per la teologia riguarda la già ricordata ominizzazione o ominazione, cioè il posto dell'uomo nel processo evolutivo; un conto era ammettere l'ascendenza animale, un altro connettere il fatto con la comparsa di un soggetto individuale in senso teologico, ossia del protagonista di una vera storia della salvezza. Inoltre mentre dapprima sembrava che l'Homo sapiens derivasse da un'unica successione di antenati (monogenismo), ora le prove di una derivazione da ceppi diversi (poligenismo) sono assai più consistenti. La questione di maggior rilievo che si pone al teologo è perciò di conciliare· tale stato di 400 SOSTENITORI PER AELIA LAELIA In quattro anni di lavoro nel campo della letteratura contemporanea la cooperativa editrice Aelia Laelia ha pubblicato una serie di testi di alto livello creativo. 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Gli irriducibili sono fermi ora al punto di passaggio dai sistemi prebiotici ai primi organismi viventi, punto effettivamente oscuro sul quale si possono fare solo congetture che, come sempre quando cresce la complessità, non hanno un supporto sperimentale quanto meno relativo alla loro possibilità, né un livello di attendibilità paragonabile a quello dei momenti precedenti. A dire il vero i praticanti di queste «teologie v9lgari della creazione» non sono di solito teologi ma studiosi di altre discipline, cattolici Continuiamo a progettarci. cose con il dogma del peccato originale; impresa davvero ardua ma per certi aspetti agevolata dal fatto che esistono numerose e assai diverse interpretazioni del peccato originale sulle quali il magistero non si è pronunciato. Il compito di un'antropologia teologica è comunque quello di elaborare una definizione di un uomo che da un lato tenga conto dei risultati dell'antropologia naturalistica (fluidità e pluralità dei passaggi da stato animale a stato umano nel corso dell'evoluzione, incerta classificabilità degli stati intermedi), dall'altro soddisfi le proprie esigenze cogliendo la singolarità del fenomeno umano senza radicalizzare la tradizionale dicotomia di anima e corpo. Karl Rahner ha proposto a tal fine di definire l'uomo come «l'essere vivente corporeo dotato di una trascendentalità in linea di principio illimitata e di un'apertura illimitata all'essere in generale mediante la conoscenza e la libertà»; il che per il gesuita di Friburgo vuol dire: se l'uomo è dotato di tale trascendentalità, se in essa è data la possibilità di un confronto libero e autentico con se stesso, se l'uomo può pensare così ancora una volta il· proprio pensiero e se tale tra- ,, scendentalità manca all'animale - ma, si chiede Rahner, chi ha mai tentato di dimostrarne l'esistenza in esso? - allora è dato quanto il teologo rivendica per l'uomo e la sua distinzione essenziale. In questo modo, ribadendo l'«essere corporeo» dell'uomo viene sottolineato il fatto che la trascendentalità è mediata attraverso una coscienza nel corso del processo evolutivo. Ciò non può essere senza rapporto con l'inizio stesso di quella disciplina teologica che è la cristologia; ricorda infatti Rahner nell'affermare che l'evoluzione del mondo e la storia della sua libertà sono garantite dal dogma cristiano che vede in Gesù il Logos incarnato, in Dio l'irrevocabile promessa salvifica: «Nel nostro contesto è particolarmente significativo che il punto in cui Dio afferra irrevocabilmente e definitivamente l'altro della sua creazione in un'ultima autocomunicazione, non viene caratterizzato come spirito ma come carne». Dal quadro fin qui tracciato, anche se estremamente sommario - molte questioni importanti sono state lasciate da parte - si dovrebbe poter concludere che ogni ragione di conflitto tra teorie evoluzionistiche e teologia è venuta meno. Il condizionale è d'obbligo sia perché su alcuni punti cruciali il magistero non si è pronunciato, sia perché le idee qui esposte sono principalmente frutto della riflessione teologica di Karl Rahner e non è detto che non gli accada post mortem quel che anche in vita accadde al suo altrettanto celebre confratello Pierre Teilhard de Chardin, il gesuita «proibito», talvolta a lui accomunato nell'accusa di perturbazione a ogni livello della vita della Chiesa. Già su un altro tema a Rahner è toccato in sorte di passare dalla massima considerazione ai primi giudizi negativi ispirati dall'alto per le sue simpatie nei confronti della teologia della liberazione; ancora una volta l'accusa - vi è una certa monotonia - è di aver elaborato tesi erronee che «hanno ripercussioni in tutti i campi della vita della Chiesa». 3 Niente del genere, finora, sull'argomento dell'evoluzione, per il quale resta valido quel che si è detto in precedenza: nessun attrito tra la scienza e una teologia che abbia i tratti qui ricordati. Se poi prevalessero altri orientamenti nella Chiesa miranti a riprendere in forme più o meno nuove le intrusioni di un tempo in campo scientifico, cosa da certi indizi non del tutto remota, non sarebbe un problema per ogni coscienza libera e retta: meglio il debole lume di una verità parziale il cui destino è di essere superata, che l'oscurante arroganza di chi, per usare un'espressione di Tommaso d'Aquino, «ha letto un solo libro». Note (1) C. Molari, Darwinismo e teologia cattolica, Roma, Boria, 1984. L'Autore è stato, tra l'altro, presidente del1'Ati (Associazione teologica italiana). (2) Il maggior numero di riferimenti sono tolti da una delle sue ultime raccolte di scritti tradotti in italiano col titolo Scienza e fede, Roma, Ed. Paoline, 1985. (3) D. Ols, Scorciatoie ecumeniche (a proposito del volume di H. Fries e K. Rahner: «Eingung der Kirchen - reale Moeglichkeit») L'Osservatore romano, 25-26 febbraio 1985. Da notare che si tratta di un articolo in prima pagina, collocazione del tutto eccezionale per la recensione di un libro comparso due anni prima.
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