Alfabeta - anno VIII - n. 90 - novembre 1986

l'ermeneuticdaellamente Sergio Moravia _ L'enigma della mente Roma-Bari, Laterza, 1986 pp. 318, lire 35.000 Lf ultimo libro di Sergio Moravia, L'enigma della mente, costituisce una imponente esposizione degli esiti recenti di quello che nella letteratura filosofica anglosassone va sotto il titolo di Mind-body problem, e cioè dei rapporti fra mente e corpo. Ma, accanto alla specifica ricostruzione del problema, si può leggere il caso del Mind-body problem come un esempio dell'ascesa e caduta del progetto neopositivistico di una Unified Science capace di spiegare in base ai protocolli delle scienze della natura ogni tipo di attività e di sapere umano. Da questo punto di vista, la parabola del Mind-body problem nellà seconda metà del nostro secolo trova parallelismi significativi in due vicende analoghe nella filosofia anglosassone, la teoria dell'azione e la teoria della storia. Moravia ne è consapevole, al punto che si riserva di affrontare questi ambiti in «un'altra, assai prossima occasione» (p. 253). Per cogliere l'esemplarità del caso del Mind-body problem non sarebbe inutile, per il momento, leggere il libro di Moravia insieme a due studi che trattano invece della parabola della teoria della storia e della teoria dell'azione: il primo volume di Temps et récit di Ricoeur (tradotto di recente da Jaca Book) e Explanation and Understanding di Von Wright (la cui traduzione italiana, presso il Mulino, è del 1977). La vicenda che si ripete è tracciata nella forma più lineare dalla parabola della teoria della storia: nel 1942 con il celebre articolo «The Function of Generai Laws in History», Cari Gustav Hempel propone una spiegazione di tipo fisicalistico della storia, così da esportare nel campo d'origine dello storicismo gli esiti del fisicalismo. Il tentativo incontra inizialmente un grande successo, in un clima di esaltazione per l'ideale di una Unified Science, ma «a un esame retrospettivo - scrive van Wright - sembra quasi un'ironia della sorte che la teoria positivistica della spiegazione sia stata enunciata in relazione alla disciplina, per l'analisi della quale tale teoria è, per ragioni ovvie, meno adeguata, ossia la storia». Presto infatti ci si accorge di quanto sia difficile sottoporre la storia a un modello fisicalistico; Hempel propone come esempio del suo Covering Law Model il caso di una automobile lasciata in cortile durante la notte, il cui radiatore si congela: una simile storia ha delle cause, è inscrivibile in una legge generale. Ovviamente la cosa diventa più complicata, come nota William Dray, se si fa un vero esempio storico, come la politica di Luigi XIV, che rese impopolare il sovrano nei suoi ultimi anni di regno: o si tracciano leggi molto generali, e del tutto generiche, che valgono anche per altri casi, ma che in realtà proprio per la loro vaghezza non spiegano nulla, oppure si circostanzia analiticamente la vicenda di Luigi XIV, e allora quella non è più una legge, ma semplicemente la storia di Luigi XIV che si attaglia a lui e a nessun altro. Hempel si difende sostenendo che ciò dipende dal fatto che le leggi storiche sono troppo oscure (il che in fondo dà appunto ragione ai suoi avversari); Popper aggira il problema dicendo che le leggi storiche sono troppo banali (il che ha l'aria di una monumentale falsificazione ideologica). Sta di fatto che progressivamente il modello di Hempel viene soppiantato da altre teorie della storia sempre più affini allo storicismo continentale (e sempre più consapevoli di esserlo), per opera di Danto, Mink, t(r ~ _,,,_ ..A .• ---· ----· -- ,. Suire su linea circolare per pochi srrumenri ( 1981) y ~ t ~~ 1 ·1•' ., , . • I ' Hayden White. Così che il tentativo più determinato di una estensione del fisicalismo si è trasformato in una breccia aperta per lo storicismo più tipicamente continentale. Q ualcosa di relativamente simile si può dire per la teoria dell'azione. Che è connessa per motivi evidenti con la teoria della storia (la storia è una somma di azioni), ma che ha una genesi lievemente diversa: quando nel 1955 John Austin tiene a Harvard le conferenze che comporrano How to do Things with Words è perfettamente consapevole di sferrare un colpo contro l'empirismo logico, per il quale le uniche proposizioni sensate sono quelle che descrivono stati di cose esistenti. Ora, Austin assottiglia progressivamente iJ campo delle proposizioni che descrivono uno stato di cose (i constativi), introduce una classe di proposizioni trascurata Maurizio Ferraris dall'empirismo logico, i performativi, che non descrivono una azione, ma la producono, sono l'azione (esempio classico, il «sì» al matrimonio, che non descrive il matrimonio, ma lo realizza); e inultimo lascia intravvedere come l'azione costituisca un enigma che si sottrae alle descrizioni empiristiche. Sono del resto gli anni in cui, con la pubblicazione delle Ricerche filosofiche di Wittgenstein, e con la famosa omologia in esse espressa tra forme di vita e giochi -~ -- ~~ ,- ~ ,> ...... .... , ...._, ' " o o •• ' .... . . \ linguistici, appare chiaro come il gioco linguistico della scienza, quello che nella prospettiva della Unified Science avrebbe dovuto fornire una descrizione unitaria della realtà, è in realtà uno tra i molti gioc~i linguistici, correlato a una tra le molte forme di vita effettivamente esistenti; si evidenzia per questa via il fondamentale irrazionalismo che stava nel cuore del progetto dell'empirismo logico, di privilegiare senza ragioni evidenti il gioco linguistico della spiegazione scientifica. In Austin e in Wittgenstein le istanze critiche e autocritiche sono consapevoli sin dall'inizio e, a differenza che nella teoria della storia, nella teoria dell'azione la parabola sarà in certi casi differente, per esempio come avviene in John Searle che con una opinabile fedeltà nei confronti del suo maestro Austin ritrascriverà di fatto in termini neopositivistici la teoria degli ,. Speech-acts. Nel caso del Mind-body problem esaminato da Moravia la parabola dello sfaldamento del dogma dell'empirismo ha pressappoco questo percorso: con Herbert Fiegl e poi con Piace, Smart, Armstrong, e anche con Richard Rorty ai suoi esordi filosofici degli anni sessanta, si assiste al tentativo di ridurre il mentale al corporeo; il fisicalismo è in sostanza materialismo, sembra superstizioso e inutile postulare un mentale che non sia costitutivamente materia, cioè corpo. In questo senso, la soluzione più singolare, se non più tipica, è la disappearance theory sostenu- (1 I • ta da Rorty e da Feyerabend: «i soli enti esistenti nel mondo sono atomi e aggregati di atomi» (Feyerabend); ne consegue, secondo Rorty, che tutto l'apparatò più o meno spiritualistico con cui si descrivono i processi mentali è una sopravvivenza di epoche precedenti, nelle quali si designavano con termini come «dolore» o «piacere» processi fisiologici che si conoscevano poco o male. Il futuro sarà secondo Rorty (1965) sempre più dominato da un vocabolario materialistico, e se proprio non si arriverà a dire «le mie fibre-C sono eccitate», invece che «sto male» è solo perché l'espressione «materialistica» è molto più lunga e più scomoda. Ma certo, se non scompariranno espressioni come «sto male», dovrebbe comunque estinguersi una scienza inutile come la psicologia. Questa posizione è interessante fra l'altro per una archeologia del pensiero di Rorty, che nei suoi scritti più recenti (Philosophy and the Mirror l)f Nature, 1979, e Consequences of Pragmatism, 1982, recentemente tradotto da Feltrinelli) ritenta il colpo in grande stile, e propone una esclusione della filosofia adducendo in sostanza gli stessi motivi portati un tempo a pro della esclusione della psicologia. D opo avere esaminato nei primi quattro capitoli l'apogeo del fisicalismo, Moravia passa in rassegna, rispettivamente nei capitoli V-VI e VII-VIII, le posizioni del Mind-body problem nelle revisioni e negli oltrepassamenti del fisicalismo (Putnam, Fodor; Kim, Davidson), e negli sviluppi del problema mente-corpo nella tradizione parallela, ma non identica, della «svolta linguistica» inaugurata da Wittgenstein, e elaborata in ordine al Mind-body problem da interventi di Ryle, Bernstein, Norman Malcolm e di altri. È nell'ambito della svolta linguistica che la parabola del Mind-body problem si intreccia più strettamente con quella della teoria dell'azione e, in parte, della teoria della storia. Wittgenstein non aveva alcuna propensione spiritualistica, (i penchants mistici del suo pensiero sono tutt'altra questione); non aveva quindi alcuna intenzione di tessere una apologia del mentale ai danni del corporeo; guardava anzi con sospetto alla psicologia che considerasse la mente come una entità autonoma e sostanziale. Ma per questi medesimi motivi non poteva guardare di buon occhio a una riduzione del mentale al corporeo: ciò di cui deve occuparsi la filosofia è il linguaggio; ciò significa che sia lo spiritualismo sia il riduzionismo a base fisicalistica vanno alla ricerca di entità inevidenti: sentimenti muti provati nel cervello, sensazioni e dati di base altrettanto muti inscritti nei corpi. In entrambi i casi, si ha a che fare con due metafisiche, e il fatto che siano antitetiche e antagoniste non depone per la verità dell'una o dell'altra. E poi, come si è visto, la giustificazione della pluralità dei giochi linguistici contenuta nelle Ricerche filosofiche mette immediatamente in chiaro la natura irrazionale del privilegiamento del gioco linguistico della scienza (dell'empirismo logico, del fisicalismo, dell'ideale di una Unified Science) rispetto a altri giochi linguistici. Conseguenza di ciò, in ordine al Mind-body problem, è per esempio la critica della disappearance theory e dell'esclusione della psicologia e del suo discorso. Per quali motivi non superstiziosi o ideologici si dovrebbe escludere il discorso della psicologia? Esistono linguaggi diversi per descrivere la realtà, e uno di questi (insostituibile quando devo descrivere un fenomeno nel modo peculiare in cui io lo provo) è il linguaggio della psicologia. E così che, come mostra Moravia, Richard Bernstein effettua una riabilitazione del discorso psicologico. Ma nel frattempo Rorty ha abbandonato la disappearance theory, non con una rottura, bensì sviluppandone il nocciolo profondo, e cioè che molti vocabolari, non solo quello psicologico, non 'O C"'l sono affatto veri, però sono utili; ~ quindi il discorso della psicologia -~ può anche qui essere riabilitato t:l.. pragmaticamente, sebbene con ~ ogni verosimiglianza non esista -. nulla di tutto ciò a cui si riferisce. ~ -e Sono le tesi degli scritti rortiani f ~ più recenti, nei quali del resto, co- :::. o me si è detto, Rorty propone con i:: un meccanismo analogo una esclu- ~ sione e una conservazione della fi- . ~ losofia: una esclusione, perché ~ non esiste nulla come l'essere, -o ~ l'essenza o il fondamento; ma an- t:S

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