Alfabeta - anno VIII - n. 85 - giugno 1986

·s tuart M. Kaminsky è l'autore di una serie di romanzi polizieschi che hanno come protagonifta fisso un detective privato, Toby Peters, e che hanno come particolarità scenografica di svolgersi in una Los Angeles anni '40 ricostruita con maniacale esattezza nei suoi particolari di vita quotidiana; particolari che si spigono fino a fare incrociare le avventure · di Toby Peters a episodi nelle vite di personaggi veri: da Al Capone ai fratelli Marx, da Erro_/Flynn a Eleanor Roosevelt, da Howard Hughes a Ernest Hemingway, Gary Cooper, Buster Keaton e via di seguito. Un cocktail magistrale di fantasia e realtà il cui tocco di raffinatezza è dato dalfatto che Stuart Kaminsky è anche un professore universitario (insegna storia del cinema alla Northwestern University, Illinoi~) e autore di pregevoli sggi sulla vita di attori e registi: i suoi studi gli permettono ricostruzioni accurate e citazioni dotte tali da catturare, oltre al canonico pubblico di divoratori di giallo, anche cinefili raffinati in grado di apprezzare tutti gli ammiccamenti del caso. In Italia Kaminsky è pubblicato da Mondadori nella collana «Il giallo». Sono usciti, per ora, nove titoli (non nel loro ordine cronologico originale): Giocarsi la pelle (1633), Il caso Howard Hughes (1682), Non tormentate i vampiri, per favore (1710), Mezzanotte di fuoco (1741), Una pallottola per Erro! Flynn (1761), La strada di t'nattoni gialli (1795), Follie di Hollywood (1846), Quel clown di un detective (1890), Quel cane del presidente (1937), un decimo è in fase di traduzione. 1 Mondadori Ha'anche pubblicato, nella ~ollana «Segretissimo», Piazza Sverdlov (1031), romanzo senza Toby Peters. Questa è la nostra intervista con Stuart Kaminsky. Castellacci. Kaminsky, perché scrive? Kaminsky. Scrivo perché devo. Avevo scritto cinque romanzi prima che un editore accettasse di pubblicarne uno. Credo, comunque, che continuerei a seJvere anche se nessuno dei miei libri fosse mai stato pubblicato: Scrivo perché la scrittura mi dà la possibilità di concretizzare il mio subconscio. Sento che la fantasia e l'immaginazione, le storie, i personaggi e le idee che sono dentro di me desiderano uscire fuori. Per me, raccontare storie è una necessità e una gioia. Non mi fraintenda, .però: non vorrei suggerire bisogni mistici junghiani con relativa liberazione di archetipi personali e collettivi. Mi piacciono anche i soldi che guadagno scrivendo. Scrivo anche delle cose che, probabilmente, non W. Paalen, Nuage articulé, 1938 scriverei se non fossi pagato: in linea di massima amo tutto quello che scrivo. Quando non scrivo mi sento irrequieto e un po' colpevole. Ho molte storie da raccontare. Loro vogliono essere raccontate e io voglio raccontarle. C. Come scrive? K. Normalmente scrivo con una macchina elettrica Silver Reed, ma dallo scorso settembre possiedo un word-processor Maclntosh. Scrivo su carta comune bianca. Quando non ho sottomano una macchina per scrive(e, scrivo a mano su fogli di carta gialla uso legale. Scrivo, di solito, nel mio ufficio alla Northwestern University sebbene abbia in progetto di passare più tempo a scrivere a casa. · C. Quando scrive? K. Scrivo nei fine settimana, durante le vacanze, la notte. La scrittura si insinua fra i miei impegni di insegnante. Cerco di ritardare Critictaeatralem· ilitante Ferdinando Taviani od sempre l'inizio di un nuovo libro. Ci penso su, prendo appunti, faccio uno schema, lo correggo, lo metto da una parte. Poi, quando mi siedo a scrivere, il libro vuole disperatamente venire fuori. Io divento uno strumento per la mia immaginazione. Quando scrivo cerco di fare dalle 15 alle 20 cartelle al giorno; di solito sono abbastanza veloce. C. Qual è stata la genesi del suo primo libro, A Bullet For A Star, tradotto in Italia: Una pallottola per Erro! Flynn? K. Come le ho detto, avevo scritto cinque romanzi prima di A Bullet For A Star. Nessun editore era interessato a pubblicarli. Una bella mattina ho deciso di «cannibalizzare» le parti migliori di quelle cinque storie e di altre commedie e ra'cconti brevi e ho usato il tutto negli altri romanzi che, poi, ho pubblicato. A Bullet Far A Star· uscì un'estate in cui avevo in programma di lavorare alla biografia di Charlton Heston dopo aver passato con lui un intero anno a controllare il materiale. Le biografie che avevo scritto di, Don Siegel, Clint Eastwood, John Huston e Gary Cooper erano tutte andate bene e mi divertiva l'idea di lavorare su Charlton Heston, sui suoi film, la vita e la carriera. Lui era molto disponibile e tutto andava avanti nel migliore dei modi. Ad un certo punto, Heston decise di aggiungere alla biografia parte dei suoi diari. L'editore disse che, secondo lui, non c'era abbastanza spazio sul mercato per due libri di Charlton Heston. Così il progetto fu abbandonato e io rimasi «disoccupato», con un'intera estate davanti. Avevo sempre molto amato i romanzi polizieschi della cosiddetta «scuola dei duri» - Chandler, e he cos'è un critico militante? tuna altrove, è nello sviluppo e nel- disca (benché l'impresa sia una lot- esplorati. Il teatro può essere per- fia ma di un argomento trasversaOgni tanto riemergono op- la crisi della danza occidentale mo- teria) a precedere e guidare i gusti corso non soltanto nella successio- le: il livello-danza del teatro. A coposizioni incongrue per derna». del mercato, giocando d'anticipo e ne dei suoi spettacoli, ma anche se fatte, per di più, lo scritto della l'ambiente teatrale, come quella Ovviamente, in quel che avevo cercando di correre un po' più ve, per linee verticali, attraversando i Guatterini ed il mio, accostati, fra studiosi e critici. Si reggono su -scrittonulla riconduceva allaprati- foce dei propri errori. Ma militan- suoi diversi livelli. sembravano indicare l'una e l'altra battute: «I critici scrivono, non ca della danza orientale (quale za critica non è quèsto continuo Personalmente credo che alla delle due prospettive militanti. Ma leggono», «Gli studiosi di teatro poi? Se di pratica si parla la distin- arrabattarsi per definire il soprav- lunga sia questa lotta che è studio la Bartolucci, sintomaticamente, denon vanno a teatro». Battute non zione dovrebbe passare fra la giap- vento di sempre nuove tendenze. più efficace per la militanza criti- ve equivocare. C'è un modo di molto più sciocche di quelle che ponese e le indiano-occidentali). Questa è un'altra coja: è milizia. ca. So che si può dissentire con pensare il teatro che si aiuta con circolano in altri ambienti, ma che Parlavo del livello-danza del tea- Ed ha le stesse radici della milizia buone ragioni da questa opinione. fantasie di lotta, con l'impalcatura in quello teatralehanno la partico- tro, un problema di lavoro, teorico dei suoi nemici di facciata, quei Ma non è né serio né ragionevole di false contrapposizioni, speran- /aritàd'esser considerate notizie. e pratico, che può essere identifica- critici che hanno gusti opposti ed continuare a non capire che esiste do che le schematizzazioni fatte in Giuseppe Bartolucci riapre in to con la danza orientale non più identici atteggiamenti, vorrebbero anche questo tipo di percorso: è fretta siano un modo di capire memaniera indiretta e meno terra-ter- di quanto possa esserlo con la reci- la piazza pulita, il buon cattivo gu- militanza contro il pensiero al/'in- g/io. Così, invece, si guasta il penra la questione. Nel suo intervento tazione di Alee Guinness. Ma non sto nei teatri, si appoggiano sulle grosso, contro il traffico inintelli- siero. sulla nuova coreografia italiana è qui il punto. Il punto è: come mai zone centrali e viscose del mercato, gente delle parole. Che un critico come Bartolucci, (Alfabeta, n. 80; p. 28) c'è unpasso tutto ciò significherebbe sfuggire la · non sui suoi margini tumultuosi, , di questi tempi, nella stagione '85che è come una crepa e acquista militanza? ma cantano anch'essi stolidamente E essenziale saper suddividere '86, possa dire tutto gongolante un'importanza superiore allo spa- vittoria se credono «fortunatamen- il lavoro teatrale non solo in che alcuni gruppi sono «fortunatazio che occupa nell'economia del- B artolucci persiste a credere te in,fin di vita» qualcuno che non fasi, ma anche per livelli, spe- mente in fin di vita», fa arrossire l'articolo. Dice' Bartòlucci, com- che chi non guarda quel che capiscono. Li abbiamo visti ali'o- rimentarne, per dir così, la strati- chi gli si è trovato tante volte acmentando un mio scritto su teatro e lui sta guardando sia uno pera a Venezia, nell'autunno scor- grafia. In media ogni cinque o sei canto. La cecitàdi uno chepure sta danza nel n. 78 di Alfabeta: «Fran- che non ha imparato la lezione del so, dopo aver capito poco o nulla anni, al mutare più profondo degli dalla parte dei teatri meno protetti camente credo che il discorso di giorno. Ma né Bartolucci, né gli di quel che era avvenuto nel teatro orientamenti e al saziarsi dei gusti, è qualcosa di più maligno delle Taviani sia giovanilmente statico e altri che come lui ci han provato e degli anni Settanta, ora sbuffavano· ·muore la maggior parte dei gruppi inesperte denigrazioni dei Savio/i, distratto insieme, nel senso che le _ ci provano hanno mai dimostrato d'esser stufi d'un festival che risul- anomali, o si ritrova in fin di vita, dei Chiaretti, dei de Chiara, delle sue ragioni, sia pure storiche e di saper davvero capire in anticipo tava loro solo «nostalgia» dello o si immette nelle zone basse della svagatezze dei Davico Bonino, ~ quindi probe, oltre a sfuggire afla il giorno d'oggi. Però non si deci- scorso decennio. routine teatrale. È per aver saputo dell'arrogante trascuratezza con -~ militanza ed all'esplorazione del dono ad abbandonare quell'idea Ciò che Bartolucci e molti suoi distinguere intelligentemente le cui De Monticelli vorrebbe sbaraz- ~ nuovo, riconducono a quella nefa- da sunti scolastici secondo cui ci amici e nemici sembrano non voler forme mutevoli dai princìpi éostan- zarsi di intere zone d'un secolo di ~ sta pratica 'della danza orientale sono opere che appartengono ai capire è che la militanza critica ti, invece, e non perché sono «fanta- cultura teatrale. Ma è un effetto, ~ per la quale molti gruppi ora fortu- tempi ed altre che sono fuori; mo- consiste anche nello studio di quei stici», che altri resistono e si svi/up- non una causa. La causa di questa ~ natamente in fin di vita (tranne il del/i «superati» ed altri no. nodi di problemi che si celano nel pano attraverso coerenti mutazio- flessione etica è una confusione di :.:: ~ fantastico Barba ed il suo Odin) si In alcuni ambienti, come credo fondo del lavoro teatrale e che, ni, riuscendo a non restaresoli pro- pensiero. •()o erano messi in testa di scoprire i accadafra i galleristi, queste prete- non conosciuti e non dominati, prio perché non hanno mai aderito Bartolucci, come molto altri, ha ~ cento modi di muovere l'alluce e i se speculative costeggiano l'atteg- possono bloccarlo. Il nuovo da alla direzione della corrente. difficoltà ad accettare che si possa i:: cento trucchi (segni) dell'inesauri- giamentÒ critico, ma non perché esplorare non è solo nuovi spetta- Per tutte queste evidenti ragioni, esplorare il nuovo senza costruire !:! bile movimento della danza (della gli somiglino. È giusto che chi ven- coli o nuovi gruppi, sono anche i nel mio intervento sceglievo di non sempre nuovi panorami e senza ~ scena) orientale. Il gioco è per for- de stock d'opere d'arte si intestar- livelli di indagine poco o male _occuparmi della nuova coreogra- · fiancheggiare l'uno contro l'altro. ~ L-----.....:..----------~-------------,,.,-,,..,--,--,_:-,_:-,_:,.,_::-,_::-,_::-,_::-,_:--:_:-:_=-:::.,-,_,-::_,-::_c-,:_-::.'"".-::-c-::.-::.-:-=.--::-.-::c.--:-.-=.--:,.-=--=--=---:,.-=.-=--=- -=- -=---=-- - =--=--=-- =-- -- =-- --=-- -- -. -=----------------- c::s ----- ---------------------->

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