Alfabeta - anno VIII - n. 83 - aprile 1986

I codici del linguaggio grafico. trascrivono, visivamente e verbalmente, all'interno di uno spazio progettato con tutte le sue invarianti e variabili, ciò che il committente ha intenzione di comunicare all'ipotetie0 interpr~te. L'interprete è il mercato, intendendo con questo termine non solo il luogo della domanda e dell'offerta, ma soprattutto lo scenario nel quale transitano le informazioni, i comandi, i desideri, le aspettative: tutto ciò che è possibile definire come merce comunicativa.' Nel mercato comunicativo la funzione imperativa2 ha soddisfatto in genere, almeno fino ad ora, le esigenze di un'informazione univoca e non disturbata da rumori esterni; anche la grafica, sia nelle sue dimensioni sistematiche, sia nei suoi singoli artefatti comunicativi, ha rispettato questa sorta di regola non scritta, inserendosi all'interno di tutte quelle istanze progettuali nelle quali l'autonomia del linguaggio è fortemente condizionata e vincolata dallo scopo da raggiungere: creare cioè una relazione ,,. biunivoca tra emittente e ricevente, tra immagine grafica e interpretazione del messaggio da parte del pubbli~o, di quel particolare pubblico a cui già si pensava come segmento di mercato comunicazionale, al momento delle prime ipotesi progettuali. Pensare e realizzare un oggetto già in sintonia con una certa esigenza del mercato, potrebbe apparire, agli occµi di un interprete allevato éd educato a una comunicazione ·del prodotto artistico, inteso come. «atto di' totale e insindacabile libertà», come un'attività nella quale la fuµzione semantica, imposta dalPesterno· al progettista, condizioni a tal punto l'esito finale, da diventare, essa stessa, nient'altro che la proiezione visiva e verbale delle necessità della committenza, committenza che prefigura l'offerta comunicativa e la rende possibile. Il problema di un'intenzionalità esterna all'iter progettuale sembrerebbe inficiare il valore estetico, ma non solo estetico, della comunicazione grafica; da qui, l'imperatività del messaggio e il ruolo ance/lare del progettista rispetto alle informazioni che quel prodotto, quella manifestazione particolare devono veicolare nella direzione dell'interprete. Già Umberto Eco, nel 1968, si chiedeva, analizzando il messaggio pubblicitario: «Si desidera una cosa perché se ne viene persuasi comunicativamente, o si accettano le persuasioni comunicative che riguardano quelle cose che si desideravano già? Il fatto che si venga persuasi con argomenti che conoscevamo già, ci orienta verso la seconda alternativa... In tale caso una mappa retorica della pubblici• tà servirebbe a definire, senza possibilità di illusione, l'estensione entro la quale il pubblicitario, che si illude di inventare nuove formule espressive, di fatto sia parlato dal proprio linguaggio». 5 È chiaro che l'imperatività esterna al progetto sembra essere più presente nella grafica pubblicitaria, rispetto a quell'area della co- • municazione visiva di tipo più sistematico, .o della grafica di pubblica utilità. 6 Tuttavia credo che, pur operando nel mercato comunicazionale visivo con questa distinzione tra informazioriè e comunicazione, sia più complesso il meccanismo progettuale che determina l'artefatto comunicativo, soprattutto tenendo presente le condizioni attuali nelle quali, oggi, agiscono sia il grafico, sia l'interprete; ciò che vorrei dimostrare è che l'imperatività del messaggio non è più sufficiente per comunicare perché la cultura contemporanea dell'interpretazione chiede narrazione, strutture aperte, ruoli scambiabili. U na sorta di ambiguità contrattuale 7 sembra circolare nella cultura delle comunicazioni visive, per cui non tutte le questi ultimi anni, sembra avere sposato la categoria della possibilità; dopo più di 20 anni, il saggio di Eco è del 1962, anche la comunicazione visiva dei prodotti, dei servizi, dell'offerta culturale, è diventata matura, rendendosi parzialmente autonoma dalla sua funzione puramente mercenaria. In un sistema sociale dove l'intenzionalità, pubblica e privata, appartiene sia all'autore sia al fruitore proprio perché nel mercato esistono più intenzionalità comunicative, l'immagine di un prodotto, oltre che intenzionare direttamente un eventuale acquisto, deve soserva finita, non può cambiare nulla di questa obiettiva conformazione, tutt'al più può spiegarsela in diversi modi; questa sua comprensione e percezione è cosa di un breve tempo, mentre l'opera invece perdura». 9 Così anche l'immagine grafica di un prodotto perdura al di là della funzione occasionale, che è alimentata da una strategia commerciale intesa e finalizzata verso quel segmento particolare di mercato. Il fatto che un progetto grafico si sviluppi sempre all'interno di tre tipi diversi di ìntenzionalità, quella del committente, quella dell'auL'aperiti\/t'JBitter Campari, serigrafiasu tela, 400x700 intenzioni e i condizionamenti esterni all'autore sono trascritti nell'immagine finale, appunto perché il gioco della lettura deve essere aperto perché l'immagine possa informare persuasivamente; «l'apertura, dal canto proprio, è garanzia di un tipo di fruizione particolarmente ricca e sorprendente che la nostra civiltà va perseguendo come un valore tra i più preziosi, perché tutti i dati della nostra cultura ci inducono a concepire, sentire e quindi vedere il mondo secondo la categoria della possibilità». 8 Anche il progetto grafico, in prattutto narrare e stimolare nuove, imprevedibili intenzionaJità. Solo a queste condizioni, l'immagine è trainante rispetto al prodotto, pur vivendo una propria autonomia, semantica ed estetica, al di là della strategia commerciale nella quale è stata pensata, realizzata e nella quale ha agito, per un certo periodo di tempo, come occasione di consenso economico. «Dobbiamo tenere presente· che tra autore e fruitore vi è una differenza fondamentale: l'autore è uno e unico, fruitore è chiunque: l'autore decide della conformazione dell'opera, l'osservatore l'ostore, quella dell'interprete, non significa che una delle tre variabili intenzionali sia preminente sulle rimanenti, ma vuole invece sottolineare questo aspetto polivalente e polifunzionale di ogni comunica~ zione grafica. Se si accetta, anche per il progetto grafico, ciò che comunemente si accetta per la produzione artistica (e cioè che la committenza è una delle intenzionalità presenti nell'opera, ma non la sola), forse sarebbe possibile osservare con un atteggiamento diverso questa nostra «civiltà iconica». Ancora Jan Mukafovsky, analizzando il concetto di intenzionalità, precisa che «l'intenzionalità non concerne la sola creazione artistica, ma tutta l'attività creativa dell'uomo: ogni cosa creata o codificata dall'uomo per i propri scopi porta poi per sempre i segni di questo suo intervento. La conformazione dell'oggetto apparirà intenzionale anche molh:>tempo dopo la sua creazione e anche se non si sa più nemmeno a che cosa servisse l'oggetto in origine». ,o Il progetto grafico realizza oggetti intenzionali che, oltre a servire a uno scopo, <<Sonodestinati ad essere fini a sé stessi». Sempre Mukafovsky, «la conformazione dell'oggetto non deve necessariamente agire in uno solo di questi due sensi, servire a uno scopo o essere fine a sé stesso; al contrario, in molti casi, lo stesso oggetto può venire valutato come strumento o come opera d'arte; aggiungiamo che un'intera arte figurativa si fonda proprio su una simile ambiguità della propria conformazione. È l'architettura, i cui prodotti sono indivisibilmente e strumento e opera d'arte»." Con queste riflessioni, non si vuole trasformare totalmente lo specifico semantico della comunicazione grafica in una sua totale valenza estetica; la nostra intenzione è di dimostrare, invece, che la comunicazione grafica, non annullandosi completamente in quanto protesi della committenza, agisce anche come «oggetto autonomo», instaurando con il merca~ to e con l'interprete un dialogo comunicativo che non si esaurisce nell'atto dell'acquisto. La forma non deve tradire il contenuto, per- • ché essa stessa è contenuto, per cui il tradimento sarebbe un autogol comunicativo. D a qui, e forse proprio qui, sta la ragione del mutamento dello scenario della grafica, in questi ultimi anni: l'emergere di una strategia comunicativa più narrativa e meno imperativa. Infatti, per non tradire il contenuto, è necessario parlare, linguisticamente, più codici possibili, introducendo anche tranelli semantici, percorsi labirintici; soltanto in un sistema progettuale aperto il significato di un'offerta comunicativa può esaudire più opzionalità, senza stravolgere, ovviamente, la funzionalità primaria espressa dal quel contenuto particolare. Non è un inno, questo, in onore di un progetto senza regole; non esiste la creatività senza regole. «Anche nell'intuizione artistica», scrive Ernst Cassirer, «ogni comprensione di forma spaziale, ad esempio, è in definitiva legata a questa attività della loro produzione interna e al fatto che questa produzione obbedisce a una legge».12 Commentando questo brano di Cassirer, Emilio Garroni osserva giustamente che «le figure nello spazio non sono quindi il prodotto di un'attività puramente spontanea, immediatamente produttrice di forme concrete, ma sono piuttosto il prodotto di una creatività secondo leggi e regole. Ma libertà dello spirito, così nell'arte come nel mito, non è in alcun modo assoluta, esente da vincoli ... Giustamente, più che di creazione, Cassirer, preferisce parlare di costruzione, ossia di creatività secondo regole anche empiricamente determinate». 13

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