Alfabeta - anno VIII - n. 81 - febbraio 1986

Pierre Rosanvallon LemomentGuizot Paris, Gallimard, 1985 pp. 414, s.i.p. L a vasta e documentatissima opera di Pierre Rosanvallon su François· Guizot - che fu uno dei più importanti pensatori e uomini politici francesi tra il 1820e il 1848 - ripropone all'attenzione del lettore il problema del rapporto tra intellettuali e politica, tra conoscenza ed organizzazione della società. Essa s'inserisce pertanto nel dibattito che si è andato svolgendo in questi ultimi anni su tale tema in Francia prevalentemente nella rivista Débat e in Italia, oltre che su Alfabeta, nell'opera collettiva Sapere e potere (2 volumi, Milano, Multhipla, 1984) e in alcuni libri, tra cui il recente Conoscenza e do-· minio di Mario Galzigna (Verona, Bertani, 1985). Pierre Rosanvallon, che è noto in Italia per il suo volumetto Lo, stato provvidenza (Roma, Arman-. do, 1984) conduce un esame insieme rigoroso e spregiudicato della vasta produzione letteraria di Guizot, sottolineando costantemente il suo rapporto col movimento dei cosiddetti «dottrinari», cui egli appartenne insieme a Victor Cousin, Jouffroy, Remusat e altri. Colui che fu chiamato il «Marx della borghesia» e ne è stato - secondo Rosanvallon - piuttosto il Lenin, ha condotto il più rilevante tentativo teorico-pratico di collegare organicamente sapere e potere, filosofia ed organizzazione della cultura, compiuto nel quadro della società ottocentesca. Il suo obiettivo fondamentale fu quello di ridurre la distanza tra il sapiente e il politico fino a far coincidere le loro imprese tradizionalmente separate e a creare un nuovo tipo di organizzatore intellettuale del potere sociale. In effetti si resta stupiti dell'attualità delle strategie intellettuali proposte ed impiegate da Guizot e dai suoi amici. Spinto all'opposizione dalla svolta reazionaria del 1820,essi si preoccuparono soprattutto di continuare a ragionare secondo un'ottica di governo: «Il potere- scriveGuizot-è spesso colto da uno strano errore. Esso crede di bastare a se stesso, di avere la propria forza;la propria vita, non solo distinti ma addirittura indipendenti dalla società nella quale si esercita, come il contadino sul suolo che lo nutre». La società è in realtà un «tessuto» di opinioni, di passioni, di interessi uniti da una specie di «suscettibilità nervosa»: il governo non ha efficienzase non interagisce con questi elementi che reggono le masse. La tattica di «fare l'opposizione avendo per sc;opodi divenire potere» è funzionale rispetto ad un vasto progetto strategico che si propone insieme di terminare e di assumere la rivoluzione. Terminare la rivoluzione vuol dire innanzitutto porla dietro di noi e non davanti a noi. Il problema non è più quello di radicalizzare il processo rivoluzionario, bensì di gestire una società post-rivoluzionaria in cui non è-- possibile né mutamento radicale né ritorno alla tradizione. Il compito degli intellettuali divenuti «agenti artificiali di mediazione» non è tanto la rappresentazione politica delle volontà degli elettori quanto la garanzia della «circolazione delle intelligenze», l'istituzione «nel cuore del potere politico di una potenza intellettuale collettiva». Nessun ritorno indietro all'Ancien Régime è possibile. Per i dottrinari la rivoluzione deve essere assunta, cioè accettata, appropriata, approfondita. Guizot non pensa solo ed esclusivamente alla Rivoluzione francese, ll_la l movimento che ha caratterizzato i tempi moderni: il secon- , do spiega la prima. La Rivoluzione francese non ha fatto che sanzionare una realtà che esisteva prima di .essa: già precedentemente l'aristocrazia si era ridotta ad una Ca$ta,ad una corporazione di interessi privati interamente dipendente dalla corona e priva di consenso sociale. _, ~' I .\ \ .•. ' ; ,. Voltaire il suo «immenso amore del successo e della moda». L'aspetto frivolo della filosofia del XVIII secolo non era del resto che la contropartita della sua debolezza politica, dell'impotenza in cui essa era costretta dal regime assolutistico. Quando ai romantici, la loro preoccupazione essenziale non era l'azione, ma il plus-valore di notorietà che ricavavano dall'attività politica: l'accrescimento della fama letteraria. Benjamin Constant sembra a Guizot l'esempio dell'intellettuale «interessato», ma privo di convinzioni',e di energia . :.. ·>~:,:/;.f<;}fi-.:.:· r·;-~ ... uali nella tavola rotonda sul «politico» in Italia, tenuta all'Istituto italiano di cultura di Parigi il 29 aprile 1985 sotto la direzione di Rosanvallon (cui chi scrive ha partecipato insieme a Fontana, Tronti e Marramao), la polemica contro il totalitarismo, che è stata il cavallo di battaglia di tanti scrittori francesi contemporanei, occulta l'essenziale. Se ciò che unisce e ciò che separa gli uomini oggi è soltanto l'appartenenza ad agenzie di protezione, lobbies, mafie ... , la «ricorrenza barbara» temuta da Guizot si è pienamente realizzata: il rapporto ·:1i,, ~l ~-- -~ la civilisation, che gli è stato ri.mproverato come una espressione di insensibilità alla questione nazionale, acquista un significato meno retorico e convenzionale. Infatti la civilisation è per i «dottrinari» qualcosa che la società a loro contemporanea è ben lungi dal possedere: noi viviamo - dice Jouffroyin una mescolanza di civilisation e di barbarie. Il primato della civilisation intesa come essenza del processo storico non impedisce a Guizot di avere una concezione quanto mai articolata e complessa della dimensione politica, la quale è pensata insieme secondo una prospettiva relazionale, secondo una prospettiva dinamica e secondo una prospettiva istituzionale. Relazionalmente, la politica è per Guizot lotta: non per nulla egli fu indicato da Marx e da Engels tra gli inventori della nozione di «lotta di classe»: l'individuazione della borghesia come agente sociale che deve battersi contro reazionari ed anarchici è sempre rimasta costante nella sua azione politica, che il 1848interruppe bruscamente. Dinamicamente, il potere non è uno stock, ma è un flusso, è produzione di intellegibilità e lavoro di autorappresentazione: il potere pubblico e l'opinione pubblica si creano insieme. «La pubblicità è nella sfera politica ciò che il mercato è nella sfera economica: • essa produce l'autoregolazione di un sistema che oggi si qualificherebbe come informazionale» (p. 68). Istituzionalmente, lo stato è sapiente: «esso deve governare attraverso il governo degli spiriti, non attraverso lo sconvolgimento delle esistenze» dice Guizot. Del resto forse la parte più importante dell'attività dei «dottrinari» si svolge proprio in una profonda e capillare azione di politica scolastica e universitaria. Trasparenza, 1930. Gouachesu carta,100x70(collezioneCamerini) R osanvallon conclude la sua opera rilevando che l'attenzione portata a.Guizot mette inmostra la fragilità dei fondamenti intellettuali della politica francese di oggi. L'insegnamento di Guizot si può appunto condensare nel principio che nessun potere moderno può disinteressarsi della sua intellegibilità e dei principi su cui si fonda. Quando all'Italia, in un momento in cui le parole nazione, classe, popolo sono sempre più spesso sostituite da quella filosoficamente e sociologicamente inaudita (ma non per questo ingiustificabile) di gente, non è inutile riportare l'opinione di Guizot sul nostro paese: «Capacità intellettuale e capacità politica sono sempre state vivaci in Italia: questo paese non ha cessato di generare grandi dotti ed abili politici. La sua incompletezza proviene dal fatto che queste classidi uomini e di fatti sono restate estranee l'una all'altra. Gli uomini di idee generali, gli spiriti speculativi, non si sono attribuiti la missione, né forse il diritto di agire sulla società; pur confidando nella Secondo Guizot, la modernità non esclude, ma anzi implica l'esistenza di superiorità sociali:·«Latendenza delle società moderne è di respingere ogni ineguaglianza fittizia e di lasciar libero corso alle .ineguaglianze naturali». Gli intellettuali diventati organizzatori sociali costituiscono per Guizot la «nuova aristocrazia», un'élite che si recluta costantemente nella democrazia ·e· che è l'unica giusta, egualitaria e legittima. Questa nuova aristocrazia formata dalle professioni, dal proféssoràto, dalle cariche politiche elettive e dagli incarichi amministrativi, è qualcos·a di essenzialmente differente sia rispetto all'intellettualità illuministica sia rispetto all'impegno pÒlitico romantico: La prima viene criticata·per la sua frivolezza: il çlesiderio di essere brillante e seducente, tipico degli scrittori illuministièi, è per i dottrinari una colpa: Barante rimprovera a politica. Chateaubriand gli pare adatto più a colpire le immaginazioni che a governare gli uomini. Nei confronti di un «politico puro» ,come Guizot, essi restano intellettuali tradizionali all'interno di uno statuto di separazione tra sapere e potere. • ' . E · uno dei meriti dell'opera di· Rosanvallon sottrarre Guizot • e i «dottrinari» alla generica presentazione che li colloca nel quadro del liberalismo. Il vero pericolò cui è esposta la società moderna non è· il dispotismo, ma la dissoluzione sociale, l'estinguersi dei legami tra gli uomini, il ritorno •alla barbarie. Questo è forse l'aspetto· più lungimirante del pensiero di Guizot; il carattere delle epoche barbate t infatti il ritorno all'indifferenziazione dei rapporti sociali; la confusione·di tutti gli elementi, il pele-mele universale. Come si è avuto occasione di rilevare politico amico-nemico è sostituito da quello barbaro che si articola sulla distinzione perennemente reversibile tra socio e criminale. Soltanto sulla base di queste circostanze si può valutare appieno l'attualità del momento Guizot e l'interesse di una reinscrizione del suo pensiero nella situazione attuale. Reinscrizione e non eredità - osserva giustamente Rosanvallon. Infatti «parlare di eredità, nel dominio della storia delle idee, presuppone la trasmissione identica. Ma ciò significa considerare un corpus dottrinale come una specie di stock, che ha una sua integrità propria. Parlare di reinscrizione consiste, in una prospettiva differente, nell'esaminare sotto quali· condizioni una stessa problematica si riadatta e si trasforma in funzione del contesto e del quadro nei quali essa è formulata» (p. 362). Nell'ambito di tale reinscrizione, l'appello costante di Guizot al- 'O verità dei loro principi, hanno du- <"-1 ~ bitato della loro potenza. D'altra .s parte gli uomini d'affari, i padroni ~ della società, non hanno quasi te- ~ nuto alcun conto delle idee genera- ~ ..... li; essi non hanno quasi mai sentito .si il desiderio di regolare, secondo ~ certi principi, i fatti posti sotto il :2 loro potere. Gli uni e glialtri hanno ~ agito come se la verità non fosse oèi altro che qualcosa da conoscersi, e i che non aveva nient'altro da do- ~ -e g ~ mandare né da fare».

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