Alfabeta - anno VIII - n. 81 - febbraio 1986

Novepoeti T ra le numerose opere di poesia inedite che ho avuto in lettura ho scelto, per questo numero di Alfabeta, 'di indicarne alcune, di nove poeti. Altre ne seguiranno in numeri successivi del nostro mensile. Perché questi nove, e perché uniti in qualche misura in due pagine comuni? Perché mi è sembrato doveroso sottolineare il lavoro di poeti, inediti o parzialmente editi, che mi danno la certezza (soggettiva, si capisce) di scrivere per autentica necessità, non per illudersi di «essere poeti» (che è un'antica italica chimera denunciata in una «famosa», ma poco letta, lettera del Giordani che già allora deprecava che gli italiani fossero un popolo per metà di «sonettatori» da cui era lecito attendersi tutto il male possibile, e infatti ... ), né per praticare un'altra specie di illusione, quella che Fortini ha definito «ermetismo di massa», «ermetismo» che ha avuto sbocchi fatali in quell'inevitabile, in tutte le epoche e non particolarVilmaCostantini *** Come un bicchiere d'acqua offerto ad un cavaliere di antiche promesse e tutto era già scritto in un libro che il pomeriggio de~'estate doveva arroventarsi e il ponte della spada sanguinare le mani e il regno di Morgana apparire tra le cornici dei tronchi - ma quanto dolcemente la vite si adagia sull'olmo malato - come le rose attendono di esplodere sul tavolino di vetro disfarsi perdere le spine non pungere e la luce sfinisce contro la tenda e le ombre del crepuscolo sono pronte per l'ultima replica 7 settembre *** È cambiata l'ora e il tempo un nuovo orologio per misurare il ritmo lento delle lunghe pause le rapide scansioni delle presenze multiple due volte sei il ritmo delle stagioni ancora ho davanti la mia giornata riparto da ieri una sola notte dura la mia assenza 8 gennaio *** È deciso la pioggia imbeve la mimosa i rami pesanti mi faranno un grumo intollerabile il diaframma si spezza sarò nuda agli occhi del mondo e il mondo nudo e assordante ai miei occhi ma il vento ha pensato bene di liberàre i gialli pinnacoli nella mia fragile cattedrale di nuovo entrerò per pregare la follia che abita ormai la parola 29 gennaio *** Il freddo improvvisamente ha lasciato afone le strade né una voce amica né una nuova voce solo una busta gigante di plastica grigia dentro è una donna la faccia nera di grasso e polvere stradale una scatola di cartone accanto per chef are non è chiaro rifiutata scartata oppure sceglie di rifiutare il gradino è comunque una sala d'attesa 27 marzo mente nei nostri anni recenti, linguaggio artificiale che Sanguineti ha bollato col nome di «poetese». La mia impressione è che ci sia nel linguaggio della poesia, oggi in Italia, un ritorno di durezza, di impietosa petrosità, lontana, come è nella definizione, da com_yiacimenti narcisistici, e in simbiosi con le forme scarne e nude che la definiscono. Le «cose da dire» sono più forti della necessità della ricerca puramente estetica e vogliono essere dette, come all'interno di un'immensa scommessa, che è quella della possibilità di comunicare. Il rischio lo conosciamo, è la banalità. Sul versante opposto, però, quello di una presunta rinuncia alla comunicazione, il rischio è peggiore: un coerente silenzio. Naturalmente si può sapere che il reale resta inattingibile e contemporaneamente, contraddittoriamente, tentare di dirlo. Il lettore attento di Alfabeta scoprirà da solo il percorso segreto che lega questi exempla. A me pare che si vada da un buio-luce intensi, con passaggi fulminei dall'uno all'altro stato, a una sorta di profonda invocazione, religiosa oppure mitica (nel senso della contemplazione di figure mitiche • ritrovate). In mezzo c'è il «purgatorio del!'inferno» che tutti dobbiamo attraversare. Antonio Porta RenataSpinella MarcEo rcolani A te vengo Risuona nella casa vuota l'eco dei tuoi passi lieve Ombra luce sei Madre nelle quiete stanze Duro al mio vivere lo scorrere dei giorni nell'assenza di te Una ferita Madre nel mio cuore hai aperto La stessa tua ferita sanguinante che il grembo tuo alla luce mi dava Ora la mia luce si spegne al fluire continuo del pianto Luminose erano un tempo queste stanze buie senza te sono rimaste Un lumicino rosso tenue una presenza - l'Altro - mi accompagna Tu mi precedi Madre al luminoso tuo luogo di pace Lontano le tue braccia aperte A Dio in offerta mi presenti a Dio sempre amato - amante lontano come te Madre diletta Tempio era un giorno questa casa Oggi monastero solitario Appare l'ombra tua leggera e bianca il pianto dei miei occhi la nasconde Resto in attesa della tua parola Madre dolce madre mia al tuo richiamo vengo 9 febbraio 1984 da ~n vasaio e il sonno» 1 Modellare, nella creta, figure. Plasmare orlo e curve del vaso nonostante le voci vive che assordano. Finire un corpo sdraiato nel sonno benché le ore notturne mi turbino e nelle tenebre - buie fonti di suoni - fermi la mano, nasconda i vasi e le figure esili, frantumabili. Perché la città non dorme come dormono le mie figure, curve e mute? Perche dilaga nella creta il suono di una finestra in frantumi? Plasmo ma furtivamente, le spalle voltate a un cortile sonoro e spettrale. Aspettando una mano sulla nuca plasmo labbra chiuse, labbra sottili. Prima e dopo, prima della notte e dopo l'alba, impastando la creta come uno specchio, incurante del suono che martella le tempie modellando sonni silenziosi. Su di una guancia addormentata scende il mio pollice muto. 2 Lento, quel tocco della mano. Carezza del vecchio vasaio a una donna giovane, occhi chiusi e nuca piegata. Lento, mentre noi urliamo e la voce è un graffio, una linea spezzata, uno sfregio sull'orlo di coppe armoniose. Sordo, egli volta le spalle. I suoi occhi sono fissi sull'anfora che è bianca, con esseri immersi nel sonno. Il grano sussulta, acceso da un lampo, ma lui è cieco ai colori; la mano rugosa traccia figure, -sonni, orli di vesti senza fruscii. Nessuna foglia stormisce sulle schiene che non respirano. Niente di vivo. I cani abbaiano a muri macchiati di sangue, a ombre di volti che urlano. Perché, invece di modellare una bocca, il vasaio non guarda la mia gola tagliata?

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==