ViareggioD, 'Annunzio Nei giorni 3, 4, 5 ottobre 1985 si è tenuto a Viareggio (col patrocinio del Comune) un convegno su D'Annunzio e lapoesia, oggi, intilato «Stabat nuda aestas». Hanno partecipato, con relazioni e interventi: Stefano Agosti Anna Maria Andreoli Alberto Bertoni Piero Bigongiari Manlio Brusatin Roberto Cari/i Luca CesariArnaldo Colasanti Rosita Copio/i Maria Corti Fausto Curi Paolo Del Colle Luciano De Maria Ugo Dotti Biancamaria Frabotta Pietro Gibellini Alfredo Giuliani Cesare Greppi Guido Guglie/mi Iolanda Insana Mimita Lamberti Niva Lorenzini Valerio Magrelli FerruccioMasini Adelia No/eri Marzio Pieri Piero Pieri Giuseppe Ponte Antonio Porta Patrizia Vicinelli Cesare Viviani Stefano Zecchi Di Luciano Anceschi, impossibilitato per ragioni di salute, è stato letto l'intervento che qui pubblichiamo. Per utilità dei lettori pubblichiamo anche la scheda di presentazione preparata da Antonio Porta. In attesa della pubblicazione degli atti del convegno si anticipano su Alfabeta alcuni scritti che si ritengono significativi, pur consapevoli che questa scelta dà solo un'idea molto parziale della ricchezza delle relazioni e del dibattito particolarmente vivace. Si tratta comunque di scritti che ben rappresentano le varie voci del convegno caratterizzato dal confronto serrato tra critici e poeti. D'Annunzio oggi È senza dubbio merito di nuove iniziative editoriali e dell'avanzare attento degli studi se oggi torniamo a occuparci di Gabriele D' Annunzio con minore diffidenza. Mi riferisco naturalmente ai due volumi mondadoriani della collana «I Meridiani», alla vitalissima prefazione· di Luciano Anceschi, al prezioso lavoro di scavo compiuto da Anna Maria Andreoli e Niva Lorenzini che hanno redatto le note ai testi, indispensabili e illuminanti. Mi riferisco al lavoro di Pietro Gibellini e alla edizione critica di Alcyone ... e si dovrebbero fare molti altri nomi, dunque preferisco rinviare alle note di Andreoli-Lorenzini. Ma non è soltanto questo. Resiste in mezzo alle ceneri di un'opera a volte gonfia di sé, a volte scopertamente «falsaria» e priva di ironie, qualche brace ardente che ancora ci scotta le dita. Resiste soprattutto Alcyone, la stagione più alta e complessa di D'Annunzio, e si può aggiungere subito, credo senza tema di smentite, che senza il risultato di Alcyvne D'Annunzio ;:::.. potrebbe essere serenamente dic::i menticato. .s ~ Per quali meriti e valori Alcyone t:l.. non è ridotto in cenere? Perché il ~ respiro letterario e corporeo della ....., «strofe lunga» continua a catturar-· -~ ci dentro il suo vortice? ~ A questa domanda, soprattutto, ~ 0<> vuole rispondere il convegno che ~ ad Alcyone si riferisce; e credo che ~ il principio di una risposta lo si pos- ~ sa scoprire nelle note che mettono i a nudo la genesi di quest'opera ca- ~ pitale. Alcyone è un diario; il frut- -Si to dello sgorgare quotidiano di mi5 gliaia di versi, poi lucidamente se- ] lezionati, a volte nati già adulti, ~ pronti all'uso. ~ A quale uso, per l'appunto? Una risposta a questa domanda esige anche una ridefinizione della poesia. Scopo del convegno è, in definitiva, proprio questo: scoprire il volto della poesia nuova; è la sfida che unisce gli studiosi, i critici e i poeti di oggi. Rileggere D'Annunzio Luciano Anceschi A.P. R ileggere un poeta le cui prime prove risalgono alla «fine del secolo», a più di cento anni fa, e rileggerlo proprio in questa rapida e turbata fine del nostro secolo, rileggerlo tra amici che si guardano un poco come antichi arùspici - che senso ha? Ecco una domanda che certamente riguarda il poeta, ma che altrettanto certamente riguarda anche noi - noi che lo accostiamo di nuovo, dopo tante esperienze e memorie. Intanto, se vogliamo veramente parlare della poesia, e in particolare di ciò che possiamo dire il movimento generale della poesia, diciamo sùbito che il secolo si è rivelato sorprendente, ricchissimo, e pieno di significati, e tale da intrigar molto i posteri, nel caso che si occupino ancora di queste faccende, e abbiano il gusto della scoperta, e, in qualche modo, della rivelazione. La poesia, diceva Ungaretti, si è mossa, nel suo àmbito, «a salti mortali»; e, nonostante tutti i decreti contrari e la violenza, e nonostante i canti funebri al capezzale, e nonostante tutte le negazioni e le incomprensioni dogmatiche con i loro equivoci riduttivi e paralizzanti, il secolo ha costruito davvero come pochi altri secoli un universo complesso e variato della poesia, anzi in esso la poesia si è venuta determinando sempre più e dal suo interno stesso come una domanda su se stessa, sul proprio significato in una sorta di ansiosa e inquieta, ma stimolante, necessità di dichiarare la propria volontà e il proprio diritto ad esistere. Ha trasformato anche i decreti di morte in una maniera di poetica recuperata; ha urtato contro molte resistenze; e ha dovuto continuamente rendersi conto di sé controllando continuamente i propri registri inquietati ... Nonostante tutto, infine, la poesia non si è ridotta ad una «raccolta di farfalle» da appendere tra discrete cornici in qualche luogo sulle pareti dei Musei - e noi, noi non siamo qui davvero a riscaldare quel «gelato» di cui Jakobson parla con precisione immaginosa in un suo scritto ben noto. La poesia vive, e vive con noi e per noi, vive e soffre, faticosamente vive in una sua insospettata ricchezza- anzi ha saputo visitare certi risvolti di se stessa, i suoi luoghi celati e infernali, e le depressioni e le dissoluzioni di sé trasformandole volta a volta in realtà positive, e ricostruendo se stessa continuamente dopo le disgregazioni e le rovine nella rinuncia, negli allontananti orrori, nella miseria dell'uomo - e riaprendo continuamente, in un modo in cui- l'adeguazione chiedeva sempre inquietudine, instabilità nell'incertezza, il discorso che essa usa fare di sè. Tale, quanto alla poesia, appare veramente il tono del secolo; e per esso la poesia ha sfidato anche i più autorevoli e consolidati veti esterni ed interni, tendendosi al massimo per conquistare una consapevolezza esauriente - o anche diverse consapevolezze esaurienti che a lungo le eran state vietate o ignote, o che le novità del tempo suggerivano al gioco interno dei suoi movimenti e delle sue sorprese. Anzi, per così dire, la poesia è come esplosa con estreme rivelazioni in un tendersi sempre definitivo e sempre riaperto tra esistenza e paradigma, rapporto che merita ancora di essere approfondito. Veramente la poesia fa parte del nostro essere qui, della nostra storia, anzi contribuisce a costruire il . nostro tempo, la nostra storia. Es-·., sa fa, in qualche modo, parte dei servizi segreti della storia. Rileggere D'Annunzio può così essere un esercizio fertile che riguarda anche noi, le nostre ragioni, il sentire di noi che lo accostiamo di nuovo dopo tanto tempo, un tempo in cui ci sono stati anche per il poeta dei lunghi esili. E bene, il poeta rivelerà una sua novità e freschezza - o apparirà lontanissimo come l'alta immagine di un mondo del tutto diverso, di_ una cultura altra in una sua irriducibile connotazione di segni significativi? : _ .... .... _- -~ ~~~r .. ~ ... ~~--- -- .:,::.:·~ ---::.. ~ ~~-~-- -. I ntanto, come leggiamo D' Annunzio? Certo leggiamoD' Annunzio in maniera disforme e nuova - facendo pesare nella lettura la grande esperienza del secolo. Per quel che mi riguarda, ho tentato questa lettura. E veramente egli mi appare collocato nella più resoIuta diversità, in quella irreducibile e sorprendente diversità, quella diversità che forse ha desiderato. Egli nelle opere fu diverso. Ma si hanno, è vero, anche vari aspetti particolari del suo fare e della sua riflessione che attraversano il secolo giungendo fino a noi - e specie come vedremo sotto la forma di una domanda radicale. D' Annunzio vive tutto se stesso come nel- !' euforia di una Europa finisecolare ancora sicura di sé come mente del mondo con tutti i giochi anche negativi delle euforie; noi lo rileggiamo invece nel tempo di una protratta miseria d'Europa, nella scoperta di una sempre più esplicita sorte di tramonto e di perdita, e credo che sia difficile negare che ciò ha le sue conseguenze fino nei minimi timbri e nelle minime vibrazioni della parola e del segno. E, tuttavia, non senza sorpresa, alcuni motivi di quel che si veniva preparando, di quel che avvenne dopo di lui, D'Annunzio li ha avvertiti con una sua particolare lucidità, non esente da una appropriazione insieme rigida e violenta. In ogni caso, egli ha sentito acutamente il bisogno di far sistema tra la metafora operante della «morte dell'arte» e la consapevolezza vissuta circa i nuovi rapporti tra poesia e industria culturale con la poetica dell' «intonazione» come poetica di un particolare manierismo finisecolare, con l'organizzazione verbale delle strutture analogiche - fino alla fortunata, e poi diffusa, proposta delle folgoranti epifanie. Adorno colloca D'Annunzio, tra altri poeti, nei «preludi della industria culturale». In realtà, il poeta fu consapevole della necessità di rinnovare lo statuto della poesia secondo ragioni non metafisiche, non essenzialiste, secondo ragioni che non chiedevano giustificazioni fuori della poesia, anzi in continuo sperimentare che la poesia fa di se stessa. Certo, quale che sia, alla fine, la misura in cui lo si costringa, la maniera con cui lo si può affrontare non appare più sollecitata dall'urgenza inquietata e riduttiva da cui furono spesso mosse le generazioni a lui più vicine fino agli ermetici, le generazioni su cui più incombente si dichiarò la sua presenza vampiresca ambiguamente piena di attrattive, non prive di una certa carica ossessiva, spesso tenuta come nascosta, talora avvertita come una sorta di oscura colpa. Molti traumi sono passati tra il tempo maggiore del poeta e la letteratura che venne dopo di lui - e anche il tempo nostro, di noi,.dico, che leggiamo ancora un poco stupefatti e come increduli di ritrova- 1 re certi avvisiche escono ancora un poco enigmatici dal cuore del labirinto. Una condizione che ci rende più liberi, meno legati a certe ragioni immediate di poetica, e anche a certe riduzioni di prestabilite griglie ideologiche, che accompagnarono il poeta non sempre felicemente per tutta la vita, e anche a certi modi o maniere di lettura che portarono ad ambigue esaltazioni o a ripulse altrettanto ambigue - quando non a ben calcolati silenzi. ---------- ------------·------ ---~---~-------------------------------------------
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