Alfabeta - anno VII - n. 78 - novembre 1985

ro, quando penso il fiume sono fiume, quando penso il numero sono, da parte a parte e dalla testa ai piedi, numero. Ecco l'irrecusabile esperienza del pensiero. Nessuna invenzione, nessuna novità senza di lui. Questo verbo essere è anche un domino bianco, un jolly. La mano non è più la mano quando ha scelto il martello, essa è lo stesso martello, non è più martello, vola, trasparente, tra lui e il chiodo, scompare e si fonde. La mia è fuggita da tempo nella scrittura. La mano e il pensiero, come la lingua, svaniscono nelle loro determinazioni. Quando penso tout-court, senza complemento oggetto diretto, senza determinazione, chi sono? Chi sono, al di là dell'allegria che danno questo brivido di risveglio, la crescita di quest'edera verde, questa fiamma danzante, questo fuoco vivente? Io penso in generale, sono una capacità di pensare qualche cosa, e sono virtuale. Penso in generale, posso pensare qualsiasi cosa. Un albero, un fiume, un numero, un'edera, un fuoco, una ragione o te, che importa. Proteo. lo penso dunque io sono Nessuno. L'io non è nessuno in particolare, non è singolarità, non ha alcun rilievo, è il bianco di tutti i colori e di tutte le sfumature, ricettacolo traslucido e aperto di una molteplicità di pensieri, è dunque il possibile. Io sono, indeterminatamente, nessuno. Se penso. Io non sono niente e non sono nessuno. lo penso, dunque io non sono. Io penso dunque io non esisto. Chi sono? Un domino bianco, un jolly che può avere tutti i valori. Una pura capacità. Non c'è niente di più astratto. Non sono altro che la semplice puttana dei pensieri che mi accostano, li attendo, mattino e sera, all'incrocio, sotto la statua dell'angelo Hermès, esposto a tutti i venti. E, forse, anche il verbo essere è un jolly o un domino bianco. Avrà detto Descartes al diavoletto, nella sua piccola grotta infuocata, la parola di Ulisse al gigante Polifemo, Nessuno? E chi è questo mostro cattivo dall'unico occhio e dal nome molteplice? Il possibile nudo chiamato Nessuno combatte in campo chiuso il mostro moltiplicato. Più crudele di lui, più lucido che il guercio, lo uccide. Aimé! Il multiplo è sempre sacrificato. Ondeggiante e diverso, ci inganna, Montaigne è più profondo di quanto non lasci credere o di quanto noi abbiamo lasciato dire e ridire. Il suo testo variegato, che dirà il disprezzo dei razionali per questa mescolanza, è dalla parte della belle noiseuse-noise, caos di forme e di toni, sovrabbondanza e lusso di circostanza, ma in realtà è dalla parte dell'assenza, del bianco, dell'acqua che ondeggia e.sulla quale non si scrive. Diverso come il multiplo, ondeggiante come una capacità. Il mare fa il rumore di fondo, ma il mare non ha memoria. Sdegnoso di singolarità originali, Montaigne è bianco, acquoso e traslucido. Miche! è tutti gli altri, gli individui, gli antichi, Hsuo amico, il suo altro e Michel è Nessuno. Questo io dipinto è la somma degli altri e del nulla. L'indeterminazione è di due tipi: è caotica o è bianca. Denaro Capita talvolta di leggere pagine piene. Così piene, così sature di senso da finire per guastarsi, con lui. Nessuno comprende il caotico, nessuno comprende la pura singolarità. Queste pagine non si scambiano. Capita talvolta di leggere pagine vuote, così leggiere di senso che circolano agevolmente. Si sono viste e si vedono pagine limite, come a senso zero, le pagine di denaro. Pagine bianche, nulle di senso, indeterminate, sono la pura capacità. Il denaro è l'equivalente generale, vale tutto e vale se stesso, il denaro è il jolly, ha tutti i valori, ha tutti i sensi per non averne nessuno, liscio come un soggetto, bianco come una puttana, un'astrazione, un uomo politico. Il testo più vicino al denaro è il testo più bianco. Il denaro è ciò che si scrive quando non si ha più niente da scrivere, il denaro è ciò che si invia a qualcuno quando non si ha più niente da dirgli. Il denaro è indeterminato, è tutto, come equivalente generale non è niente, come senso bianco. L'informazione, come senso bianco, sta per prendere il suo posto, come equivalente generale. Giovinezza Non crediate che la giovinezza abbia la pelle vergine e il viso liscio per semplici ragioni biochimiche. Queste ragioni hanno a loro volta le loro ragioni. Vediamo. Il tempo irreversibile discende, discende dalla sorgente alle foci, dalla nascita verso la morte. Il rapporto del piccolo d'uomo con l'avvenire forma una specie di ventaglio, il suo tempo può scorrere lungo letti molteplici. Il rapporto del suo corpo con il suo proprio futuro è lo stesso di quello, molto astratto, del soggetto bianco con i suoi pensieri, della mano non specializzata con gli utensili che la determinano, della puttana con i suoi clienti, o del denaro con il testo scritto. Più il corpo è giovane e più è possibile, più è capace del molteplice, e più ha tempo: non tempo nella sua lunghezza e nella sua durata, ma più ha diverse specie di tempo, varietà di letti in cui scorrerà, più ha vallate davanti a sé. Più è indeterminato. L'interesse dell'anziano è nella sua determinazione, il suo corpo è diventato memoria tutto insieme, la sua pelle è segnata, come, al delta del Gange, la terra o la carta. Ogni braccio un po' lento del delta è ingombro di detriti che possono raccontare i dettagli dell'a monte. Il suo corpo è saturo di singolarità. La belle noiseuse è una vecchia nuda. Il caos di colori, di forme, di sfumature forse è dovuto solo all'invasione progressiva dello spazio da parte dei monumenti della storia. Il volume intero del corpo vecchio è occupato da archivi, da musei, da tracce, da racconti, come se avesse fatto il pieno di circostanze. Sì, il vecchio maestro è folle, è nel solco unico e senza ricorso della sua essenza singolare, ha dipinto il suo autoritratto. Il Gange ha fatto il pieno di detriti e di sabbie, i messaggi non passano più, i canali sono saturi di rumore, la belle noiseuse annegata (noyée) in questo rumore, vi è immersa come Achille nelle acque dell'oblio, salvo il tallone, il piede, la sua fragilità. La vecchiaia scompare, determinata dal rumore della sua memoria, fissata dal brusio (noise) della sua storia. Il vecchio folle ha dipinto il suo autoritratto, come Dorian Gray, il quadro è grigio come il suolo degli atelier in cui cadono tutte le nuances. La noise qui non è più possibile, è il suo inverso, essa non è più la fontana del tempo, ma il suo compimento. Non uscirà più nulla dai miscugli del Gange, non uscirà più nulla dall'eccedenza di storia, non esce mai niente dal grigio, dall'accumulo di memoria, non è mai uscito niente dall'orribile massa di libri che riportano la barbarie in nome della s~ienza e dei lumi. Gillette, alle spalle di tutti, fonte dietro i nostri oblii, bella, nuda, bianca, liscia, piange l'origine chiara delle acque. Giovinezza matrice e traslucida. No, no, il neonato, avvizzito, rugoso come un vegliardo, è antico come un libro. È ingombro delle rene discese dalla filogenesi, è la vecchiaia del mondo. La belle noiseuse va a nascere al contrario, sta nascendo, è sul punto di nascere. È la stessa natura. Si libera appena dalle biblioteche accumulate dalla sua storia. Discende con difficoltà da questo caos, dà un calcio alle memorjzzazioni erudite, solo il piede di questo corpo sdegnoso discende da questa nube, bisogna aspettare ancora per il parto, per la nascita naturale di Afrodite. Quando essa sarà nata, avrà sedici anni, vent'anni, non so, non mi ricordo, avrà l'età di Gillette, quest'anno zero, bianca e nuda, dell'inizio. Il vegliardo muore nel rumore, noi moriamo nel rumore. La bella sdegnosa nasce nella contesa, la natura nascente comincia nella contesa. Gillette nasce nel·candore, la nascente natura nasce nel candore. C'è l'origine bianca. C'è la fine nel rumore, come c'è la fine nel bianco, svaporamento. I due caos sono sempre là, come fine e cominciamento. Ginnastica È urgente non essere nulla, per pensare è sufficiente non essere nessuno. L'igiene del pensare, l'ascesi del pensare, si riducono alla ginnastica. La ginnastica significa che si cerca la nudità. Non che sia questione di togliersi il proprio abito, questo non è essenziale. La nudità ginnica o ginnosofica o ginnopedica è molto vicina all'assenza che pensa. La nudità ritorna all'indeterminato. Scacciare ogni opinione dal proprio spirito, ogni idea, ogni odio, è spianare i rilievi della determinazione testarda, è trovare il piano raso e nudo. La tavoletta di cera non scritta ha perso, dimenticato le proprie determinazioni: senza nessuna scrittura, essa è indifferenziata. L'opinione è stabile, essa è rigida, singolare, definisce qualcuno tramite i suoi odi. Il caparbio è differenziato come la pinza del gamberone. Il pensiero inventivo è instabile, indeterminato, dedifferenziato, è altrettanto poco singolare nella sua funzione della nostra mano. Quest'ultima può farsi pinza, può essere pugno e martello, cavo della palma e ciotola, tentacolo o ventosa, artiglio o zampa di velluto. Qualsiasi cosa. Si determina secondo i casi. Cos'è allora la mano? Non è un organo, è una facoltà, una capacità di fare, di farsi J?inzao zampa, arma o recipente. E una facoltà nuda. La facoltà non è speciale, non è mai specifica, è la possibilità di fare in generale. Dire le facoltà dell'anima è un bel controsenso, quando vengono distinte: l'anima è anche una facoltà nuda. È la nudità. Viviamo a mani nude. Le nostre mani sono questa nudità che io trovo nella ginnastica, questa facoltà pura e nuda, liberata dall'esercizio, dall'ascesi di dediffereniiazione. Io penso, dedifferenziato. Così sono qualsiasi cosa, animale, elemento, pietra o vento, numero, tu e lui, noi. Niente. Nessuno. Bianco. Nudo. Il corpo discende il tempo, discende la vallata, il sentiero interrotto della differenza. Corre fatalmente verso la determinazione. Scricchiolante di reumatismi, legnosa, arborescente, allenata quotidianamente a uno e a un sol gesto, la mano è ormai solo un terminale, o tecnico o bestiale. La mano di Renoir vecchio è l'organo della specie pittore. La differenza è la nostra vecchiaia. La metamorfosi, la metempsicosi, momenti tragici in cui il corpo sprofonda tutt'intero nel regno, la diramazione, la classe, l'ordine, la famiglia e il genere. Non sono favole, né miti, né racconti, è il cammino ordinario e fisico del tempo verso il determinato. La sciocca differenza grida aiuto verso la bella indeterminata. La lontana indifferenza inventa fiabe di forme stabili ... L'articolazione perde, come si dice in meccanica, dei gradi di libertà, non ha più che un senso, la propria differenza. La mano non è più che una pinza, il corpo non è più che una bestia, e il pensiero non è più che un'opinione. Essi hanno perduto la libertà. La ginnastica non chiede che ci si metta nudi per dedicarsi all'esercizio. Proprio al contrario, si dà all'esercizio per ritrovare la nudità. È una pratica per risalire il tempo. Essa dedifferenzia il corpo, cerca di· metterlo nello stato della mano nuda. Essa fa del corpo una mano, un soggetto, una facoltà pura e nuda. Essa fa del corpo una facoltà. Ne fa una capacità. Ne fa un possibile. Lo schiarisce. Eccolo, astratto. È divenuto il corpo nudo di nessuno. lo penso nudo e non sono nessuno. Io danzo nudo, io non sono niente. Muri, città, e porto, asilo di morte, mare grigio in cui si rifrange la brezza, tutto dorme. È il respiro della notte. Essa brama come un'anima che sempre segue una fiamma. La voce più alta sembra un sonaglio. È il galoppo di un nano che salta. Egli fugge, si slancia, poi a tempo su un piede danza in cima a un flutto. Il genio esce, nano, piccolo, dal piano, dalla notte. Dal mare grigio, dalla pianura piatta, dalla notte nera, dai muri. Egli danza. No, non è il giorno dell'Afrodite anadiomene, è la notte cattiva dei piccoli mali. Il genio danza su un piede. Non so se questo piede esce dal silenzio o dal rumore. Tutto dorme, la pianura è piatta, la scatola è nera, zero. Esso nasce tra il rumore del mare grigio e della brezza, rumore •di fondo. C'è il nullo, c'è il multiplo, e tutti e due sono dei possibili. La danza nasce dal bianco, dal nudo, o, al contrario, dai clamori. Il piede appare là, vivo e delizioso, danzando, in cima a un flutto, fluttuazione strana tra il furore e il rumore di belle noiseuse, annegata nel caos delle molteplicità. Nicolas Poussin e Pourbus si protendono. Sono disattenti. Non si accorgono di GilleHe, dietro di loro, nuda. Nuda. Nuda primigenia e fonte di lacrime, nuda avvolta d'abbandono, la Derelitta di Bot-

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