Alfabeta - anno VII - n. 77 - ottobre 1985

Edizioni Theoria Collana "I Segni" Montague Rbodes James Tutti i racconti - volume I Racconti di fantasmi di un antiquario Le creature delle tenebre che James. manovra con . ironia e discrezione hanno ben poco a che fare con gli austeri spettri della tradizione gotica: -sono per lo piu orrendi dèmoni, implacabili e straordinariamente pazienti che si insinuano nella mente del lettore impietrito e non lo lasciano piu. Montague Rhodes James Tutti i racconti - volume II Uno spettro scarno e Altri racconti di fantasmi di un antiquario In questo secondo volume di racconti, quasi tutti sconosciuti al pubblico italiano, ]ames si rivela davvero il piu raffinato, eccentrico, originale creatore di incubi della letteratura moderna. Collana "Riflessi" Charles Dickens La casa dei fantasmi Attraverso una prodigiosa caratterizzazione di diversi tipi umani Dickens ci of/re una magistrale parodia di quella « società del terrore » che occupa da quasi due secoli le spettrali dimore della letteratura fanta• stica. Edizioni Theoria vta Domodossola II - 00183 Roma distribuzione CDA r ~ BULZONI VIA DEI LIBURNI 14/TEL.1061 4955207/00ISS ROMA EDITORE. NOVITÀ Elio Pagliarani Poesie da recita La ragazza Carla Lezioni di Fisica e Fècaloro dalla Ballata di Rudi a cura di Alessandra Briganti Biblioteca di cultura n. 299 190 pagine - L. 15.000 Gabriella Di Paola La ragazza Carla: linguaggio e figure con una premessa di Ignazio Baldelli Pubblicazioni dell'Istituto di Filologia Moderna dell'Università "La Sapienza", Roma 106 pagine - L. 8.000 Alberto C. A/berti Sandra Bevere Paola Di Giulio Il Teatro sperimentale degli Indipendenti ( 1923-1936) 550 pagine formato cm. 2-1x21 450 illustrazioni legato con sovraccoperta a colori - L. 80.000 Nelle librerie oppure direttamente dall'Editore 00185 Roma Via dei Liburni, 14 que di aggiungere ariche un essenziale «portapenne» ... ). All'inizio degli anni Trenta Vladimir Smirnov, oppositore della corrente «centralista democratica», suscitava ugualmente nelle prigioni sovietiche un dibattito accanitissimo intorno a sue tesi paradossali (lo ricorda il già citato comunista jugoslavo Ante Ciliga nel suo Dix ans au pays du 'rrzensonge déconcertant ristampato nel '77 da Champ Libre): per Smitnov dunque, benché in maniere differenti, il mondo intero sta muovendosi verso una nuova forma sociale complessiva, il «capitalismo di Stato»..-~he ha nella burocrazia la nuova classe dirigente: su questo piano i vari regimi, fascista o comunista o altro, si assomigliano sostanzialmente. Nel '39 a Parigi Bruno Rizzi darà per parte sua la forma forse più compiuta a questa analisi provocatoria e rivelatrice: persino Trockij ne rimarrà scosso (il suo libro è stato riedito sempre da Champ Libre nel '77). Già il titolo è un programma: La burocratizzazione del mondo; anche per lui grazie all'estensione del potere statale in Urss ha preso il sopravvento una nuova classe, la burocrazia appunto, proprietaria insieme e dello Stato e della proprietà statizzata; ma anche per lui questa nuova formazione sociale è nello stesso tempo giunta a imporsi come classe anche nella Germania nazista, nell'Italia fascista e, tendenzialmente, sta prendendo piede nella stessa America di Roosevelt; né capitalismo, né socialismo, quest'ordine è un tertium che sfugge alla necessità sillogistico-aristotelica - tappa nuova dunque, ma non progresso né evoluzione: piuttosto, una sorta d'inevitabile e generalizzato Medioevo dell'età industriale. Ef ovvio che, sotto la penna di autori così diversi, gli stessi termini non designano necessariamente una stessa verità comune; però la coincidenza pro- ·va almeno che alcuni tra i testimoni più interessanti dell'epoca sotto un'evidenza dichiarata hanno potuto riconoscere anche tutt'altro: appunto, il nuovo è nuovo e gli strumenti ottocenteschi, per esempio della socio-economia, molto spesso più che a vedere nuove realtà servono, si direbbe quasi, a esservi ciechi. Questa è per esempio l'idea di Wilhelm Reich, per cui il fascismo (e in questa rubrica Reich finirà per includere anche il regime staliniano) si afferma non solo per ragioni «strutturali», ma anche, fondamentalmente, perché suscitato e chiamato da masse incapaci di libertà: terreno di coltura del fascismo è appunto per lui l'uomomassa, soffocato e schiacciato nel suo nucleo· primario (per il postfreudiano Reich, le· forze biologico-sessuali) al punto da non poter più superare un suo stadio grezzo e potentissimo, tutto materiato di impulsi feroci meschini biliosi invidiosi lubrichi. In modo analogo, nello stesso '33, alla stessa domanda «Come mai in Germania borghesia e fascismo trionfano mentre la sinistra è sempre sconfitta, nonostante la sua forza?», uno storico e militante come Rosenberg risponderà: perché coloro che non hanno davvero nessun interesse a conservare l'ordine dominante sono in realtà solamente una ridotta minoranza. Significativamente, l'anno prima, lo stesso Rosenberg aveva segnalato nello stalinismo la definitiva trasformazione dell'Ottobre, era diventato· nient'altro che un'ulteriore strategia per imporre tra le nazioni la potenza moscovita (una presentazione di Rosenberg, // comunista senza partito, è stata offerta al pubblico italiano nell'84 da L. Canfora per l'editore Selleria). Chi vince dunque e qual e il vero volto, se dissolviamo ste'reotipi e cliché? Uno dei capitoli di Rizzi parlava •di «regno della' piccola borghesia»; forse oggi si pr'eferirebbe il termine di «società di massa»; eppure già qualcuno all'inizio del secolo aveva preannun- . ciato un avvenire molto simile: per Jan Makhaiskij (è il nome di questo rivoluzionario, nato nella Polonia sottomessa agli zar) la vera nuova classe ascendente sono appunto gli «intellettuali», quella piccola borghesia, cresciuta attraverso il progresso capitalistico e l'estensione della cultura, che ora cerca di strappare il potere alla dominante oligarchia (Le socialisme des intel/ectuels è il titolo di un'an- •tologia di scritti suoi curata da A. Skirda per le Editions· du SeuilPoints nel '79). .lo scrittore autodidatta·· Panait !strati, crederà di aver capito qualcosa d'essenziale lanciando un messaggio urgentissimo: «uomo nudo, uomo che hai solo le tue braccia e la tua povera testa, rifiutati a tutto, a tutto: alle loro idee come alle loro tecniche, alle loro arti come alle loro rivolte confortevoli» (il «loro» è sufficientemente definito dall'opposto uomo che ha solo «le sue braccia»). P roprio a questo punto rientra in campo Souvarine, pur così diffidente verso queste posizioni estreme (in una lettera del '24 deplorava nel suo stesso amico Lazarévitch quel suo operaismo «outrancier» che agli «intellettuali» nega perfino ogni diritto di esistere); in particolare i sette anni di esilio americano, durante e dopo la guerra, gli hanno ulteriorDalla fin de siècle alla fine del nostro secolo, un consuntivo su uno scrittore che. ci è ancora molto lontano, ma anche vicino; guardato dai poeti non con affetto, ma che si colloca alle radici del Novecento per il suo continuo interrogarsi sullo statuto della poesia nella nuova civiltà tecnologica e per il suo instancabile interes~e verso tutti i procedimenti del . fare poetico GabrieleD'Annunzio a cura di Luciano Anceschi e con la collabora.zione di Niva Lorenzini e di Anna Maria Andreoli ' _in due nutneh speciali, n. 5-6 e 7-8, de il verri variamente articolati nel presentare la multiforme gamma degli interventi creativi di poeti e scrittori (Toti Scialoja, Andrea Zanzotto, Antonio Porta, Adriano Spatola, Mario Luzi, Giovanni Raboni, Valerio Magrelli, Milli Graffi, Giulia Niccolai, Giuseppe Conte, Rosita Copioli, Gabriella Drudi) e i testi più propriamente critici, storici e docur:nentali (Stefano Agosti, Maurizio Perugi, Guido Guglielmi, Fausto Curi, Giorgio Bàrberi Squarotti, Marziano Guglielminetti, Anco Marzio Mutterle, Niva Lorenzini, Pietro Gibellini, Guy Tosi, Eurialo De Michelis, Emilio Mariano, Vittorio Roda, Giorgio Zanetti, Marco Bollina, Paolo Ferratini, .Marilena Raggi). Il «socialismo» èTa-loro ideologia perché promette precisamente di abbattere il regime del capitale privato: ma appoggiandosi sul proletariato per conquistare democrazia politica e nazionalizzazione dell'economia, queste masse «intellettuali» tendono di fatto a instaurare niente meno e niente più che un loro dominio di classe (l'egemonia in politica e in economia gli sarà, comunque sia, assicurata da una superiorità fondamentale sui loro alleati proletari, il monopolio ereditario del sapere)- l'ideologia socialista è la loro anche perché offre una giustificazione hegeliana alla storia, comunque sempre in progresso ineluttabile, il prossimo progresso essendo appunto il loro avvento (che, bisogna dire, rappresenta in ogni caso un allargamento e disseminamento effettivo dell'area del potere). D'altra parte, non c'è bisogno di aver letto proprio Makhaiskij per sentire il nuovo secolo in termini analoghi: nel '32 qualcuno completamente alieno dalle filosofie, mente chiarito le idee su questo «regno della quantità» segno di tempi dominati dai grandi imperi, che cercano l'ordine solo «nella materia». Nel '27 Souvarine era stato colpito da un articolo della Pravda sugli Eschimesi che, arrivando nel loro attuale territorio, possedevano una lingua agile e ricca; ma in quelle condizioni primitive di vita anche il linguaggio è diventato primitivo e ridotto (certo, tutto il retaggio di canzoni leggende ecc. sussiste, ma senza essere più capito); anche noi, concludeva la Pravda, siamo ormai degli Eschimesi politici che ripetono parole di Lenin senza più capirne il senso. Abbiamo già notato l'interesse di Souvarine per l'argomento; ma forse solo la poesia ha saputo dire veramente tutta la miseria di questa nuova vita che si va svuotando dall'interno, nel tempo stesso che conserva tutte le sue apparenze esteriori: la terra sì, ma «morta»; immagini, ma solo di «sasso»; uomini, ma con la testa piena soltanto «di paglia»: all'inizio di quegli anni Venti nascono The Hollow Men di Eliot - e anche il loro vuoto finirà per rivelarsi un deliberato «travestimento» difensivo: minacciosa promessa di vita, aprile resta per loro pur sempre il mese «più crudele» ... Effettivamente si direbbe che in una società sempre più intellettualizzata, di necessità, all'esperienza si sia venuto sempre più sostituendo, in tutti i campi, ciò che potremmo chiamare il sapere: e proprio qui sta il nodo storico cruciale. Al contrario, il comunismo di Souvarine, come quello di molti altri, nasce (così dicevano allora gli avversari socialisti) fondamentalmente «dalla guerra»; la barbarie di quella società umana glie!' hanno insegnata non la scuola, i libri, i giornali, ma un'esperienza atroce e indiscutibile; così tutta la sua vita di uomo e di militante prende sin dall'inizio la forma di un perpetuo noviziato, di un continuo imparare dalle cose. Nel suo recente Les hérétiques du Pcf (Laffont, 1980) Pierre Daix lo vede diventare a poco a poco eretico proprio grazie alla sua ortodossia di fondo: non cambia solo lui, cambia la storia e in qualche modo si rovescia; Souvarine (ricorda A. Verdès-Leroux nella sua ricca introduzione di A contre-courant) è della generazione che poteva ancora sbagliare dicendo «non sapevo», ma è insieme anche tra i pochi che hanno saputo vedere certe svolte «nel momento stesso in cui si producevano»; sembra in effetti dotato di una capacità estremamente rara: tra le schiere di scolari e scoliasti, in vari momenti della sua vita ha invece avuto la forza di rinnovarsi da cima a fondo (precisamente, rinunciare alle parole ormai ovvie e sicure significava di fatto rinunciare al proprio essere stesso, alla propria identità: unica lezione legittima, rendere impossibile ogni tipo di lezione). Altri testimoni hanno accettato di pagare qualsiasi prezzo per l'ebbrezza di essere inseriti nel grande movimento attivo e fattivo dello stalinismo (lo diciamo senza la minima ironia), finendo quindi suonatori di piffero per la rivoluzione; all'opposto Souvarine viene via via abbandonando filosofie della storia e categorie generali per ritrovare invece accanitamente dietro lo schermo della realtà ideologica i fatti di carne e di sangue, sola base solida che può salvare forse una qualche alternativa futura; ma proprio in questo risiede infine anche la vittoria dello scrittore, come ha notato sempre la Verdès-Leroux: il suo stile via via alleggerito da formule e stereotipi acquista allora un nitore e vigore assolutamente inconfondibili. Il passato recente ci ha lasciato un ricordo (agghiacciante e grandioso nella sua apparente insignificanza) legato a una morte qualsiasi, una delle infinite morti sanguinose del nostro secolo, quella del romanziere yiddish David Bergeron fucilato nel '52 per ordine di Stalin con tutto un pacchetto di altri scrittori ebraici, nonostante la loro mai smentita fedeltà al regime. Qualcuno ha raccolto le sue ultime parole davanti al plotone d'esecuzione: «Terra, o terra, non coprire il mio sangue»: parole del libro di·Giobbe; e su questa bocca il morituro che si rivolge ormai so- ~ lamente all'avvenire, queste anti- (::! .s chissime parole del suo popolo si ~ caricano di una tale nuova intensi- ~ tà, che non ci sembra arbitrario ~ °' sentire nell'immagine non più solo ....., biblica della terra annientatrice ~ ~ anche il fantasma (forse involonta- g rio ma non meno perfetto) di quel- o la massiccia opacità vittoriosa in f::: tanta parte del nostro tempo. ~ «Terra, o terra, non coprire il mio ~ sangue»: in quella terra era pian- Ì tata anche la bomba di Souvarine. ~

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